• Non ci sono risultati.

La decorporeizzazione iatrogena della donna

Nel documento La medicalizzazione del corpo della donna (pagine 109-113)

Come la tecnica medica agisce sul corpo femminile

6. La percezione della gravidanza mediata dalla tecnica

6.6. La decorporeizzazione iatrogena della donna

Nel libro Il corpo della donna come luogo pubblico e nella raccolta di saggi I geni in

testa e il feto nel grembo, Barbara Duden affronta il tema del «corpo vissuto delle

donne»57; lo fa «da storica del corpo femminile e non da studiosa di storia della medicina»58: ciò che le interessa, quindi, «non è l’incremento delle conoscenze biologiche o dell’efficacia terapeutica nel corso dei secoli, bensì le conseguenze sociali della

53 Ivi, cit. p. 26. 54 Ivi, cit. p. 28. 55 Ivi, cit. p. 32. 56 Ivi, cit. p. 25. 57

B. Duden, I geni in testa e il feto nel grembo. Sguardo storico sul corpo delle donne, Bollati Boringhieri 2006, cit. p. 105.

58

110

crescente medicalizzazione»59. Duden ha elaborato gran parte delle sue riflessioni sulla medicalizzazione della gravidanza a seguito dei suoi studi storici, durante i quali ha avuto modo di esaminare approfonditamente le memorie del dottor Johann Pelargus Storch, medico condotto che esercitava nel suo ambulatorio nella cittadina di Eisenach, in Turingia, all’inizio del Settecento. Scrive Duden: «Con le annotazioni del dottor Storch abbiamo inserito la gravidanza nel contesto della storia del corpo, prendendo in esame il passaggio dalla percezione sinestetico-tattile a quella visuale-concettuale»60.

Dalle sue memorie emerge come l’approccio di Storch, nei confronti delle donne sofferenti che a lui si rivolgevano, era completamente diverso da quello che i ginecologi di oggi hanno con le loro pazienti. Ovviamente le metodologie mediche erano altre – sicuramente “più arretrate” – ma non era solo questo a fare la differenza: c’era anche un modo più umano, più diretto, non mediato dalla tecnica, di rapportarsi a chi soffriva. Nel XVIII secolo le donne avevano un modo diverso di percepire il loro corpo; era quindi differente anche il modo in cui ne parlavano ai loro medici, che non erano i freddi specialisti di oggi. Le donne si lamentavano per lo più di qualcosa che le colpiva, che accadeva loro, qualcosa a cui oggi non si fa quasi più caso61; raccontavano i loro dolori, le loro sensazioni e i loro sintomi: su questi racconti, quindi, i medici come Storch fondavano l’interpretazione dell’esperienza corporea femminile e da lì partivano per sviluppare le loro cure. A quell’epoca la donna non presentava al medico un corpo che doveva essere esaminato, ma «una storia divenuta carne nella donna. Lo strumento dell’anamnesi è quindi l’orecchio del medico, non l’occhio»62

. Storch aveva a che fare con delle storie di vita, non con dei corpi senza storia da osservare e da sottoporre a esami.

I medici moderni, invece, analizzano referti63. La paziente di oggi «è un’immagine fittizia sullo schermo, […] la sua amniocentesi è in una norma ricavata dall’incrocio di due diagrammi di rischio. Un “caso” in più, da sottoporre all’attenzione della ricerca internazionale»64. A questo proposito, Duden afferma che «quasi tutte le donne incinte

59

Ivi, cit. p. 108.

60

B. Duden, Il corpo della donna come luogo pubblico. Sull’abuso del concetto di vita, Bollati Boringhieri 1994, cit. p. 106. 61 Ivi, p. 18. 62 Ivi, cit. p. 95. 63

B. Duden, I geni in testa e il feto nel grembo. Sguardo storico sul corpo delle donne, Bollati Boringhieri 2006, p. 112.

64

Ivi, cit. p. 120.

L’oggetto specifico del sapere medico moderno è la malattia, per cui la medicina non guarda all’individuo, al suo corpo, alle sue esperienze, alla sua biologia – intesa, come suggerisce Duden, come il “racconto di una

111

[…] oggi sono sottoposte sin dall’inizio a una decorporeizzazione intensiva; nel corso della gravidanza vengono progressivamente private dei loro “sensi” dall’interpretazione diagnostica del loro corpo»65. A differenza del passato, quando il medico si basava per lo più su ipotesi, segni e sintomi, ora abbiamo a che fare con reiterate misurazioni eseguite da macchine. E le donne si sentono spesso disturbate da ogni nuovo controllo66. «Storch lasciava letteralmente in pace le donne che lo consultavano, mentre oggi ogni nuova visita dal ginecologo rivela un punto debole, che richiede attenzione, se non trattamento»67. «Di fronte a questo martellamento di paure virtuali, la superstizione del 1720 appare innocua»68.

Duden sottolinea altresì «la contraddizione tra la [passata] fiducia nella propria percezione sensibile e la dipendenza moderna dalla verifica operativa, ovvero dall’accertamento dei fatti attraverso misurazioni ripetute»69. Nei secoli scorsi le donne

certamente si affidavano ai medici per essere curate, ma non permettevano loro di

definirle70. Prima dell’imporsi dei moderni accertamenti clinici, erano le donne stesse ad

“autodefinirsi”: ad esempio, se una donna non lo affermava in prima persona, non era considerata incinta71. Era solo lei che, percependo il primo movimento del figlio, poteva decretare da sé stessa l’inizio della propria gravidanza72

: «solo il primo movimento del bambino dava alla donna la possibilità di accedere allo status sociale di donna incinta. Ed era un segno del quale solo lei poteva fornire testimonianza. Oggi, il laboratorio lo sa prima di lei, la donna viene a conoscenza della gravidanza incipiente prima di poterla sperimentare»73. Le viene tolta l’esperienza rivelatrice della sperimentazione personale: la donna prima sa di essere incinta e solo in seguito lo percepisce direttamente dai movimenti che sente all’interno del suo grembo.

Oggi «viviamo in una società nella quale si deve essere dichiarati malati, incinte e

vita” (B. Duden, I geni in testa e il feto nel grembo. Sguardo storico sul corpo delle donne, Bollati Boringhieri 2006, p. 114) – bensì alla sua patologia, al suo corpo malato, ai suoi sintomi oggettivi (U. Galimberti, Il corpo, Feltrinelli 1987, pp. 54-55).

65

B. Duden, I geni in testa e il feto nel grembo. Sguardo storico sul corpo delle donne, Bollati Boringhieri

2006, cit. p. 128. 66 Ivi, p. 120. 67 Ivi, cit. p. 120. 68 Ivi, cit. p. 120. 69 Ivi, cit. p. 87. 70 Ivi, p. 113. 71

B. Duden, Il corpo della donna come luogo pubblico. Sull’abuso del concetto di vita, Bollati Boringhieri 1994, pp. 105-106.

72

B. Duden, I geni in testa e il feto nel grembo. Sguardo storico sul corpo delle donne, Bollati Boringhieri 2006, p. 111.

73

112

perfino sani, da un documento scritto»74. Così, mentre «un tempo la gravidanza era prima di tutto la lenta percezione di un’esperienza corporea, ora è diventata la presa d’atto e l’interiorizzazione di un referto medico»75: «oggi la gravidanza è il referto di un’indagine

diagnostica»76 e «la paziente deve imparare a vedersi in base al referto clinico e a sottomettersi a un programma»77. «Essere incinta significa imparare a vivere il proprio corpo come “ambiente fetale”, assumersi la responsabilità di un fardello di rischi geneticamente determinati, dipendere da un complesso sistema di consulenza»78.

Duden riscontra, nella medicina moderna, altre differenze sostanziali rispetto a quella che lei definisce “medicina ippocratico-galenica”. Come il fatto che il “rischio calcolato” o la “scelta terapeutica” fossero concetti completamente estranei ai medici del passato. Oggi, invece, si applica una «valutazione razionale delle probabilità e dei rischi, degli utili e dei danni, dei benefici e dei costi»79. Si sottopone in tal modo la scienza medica «alle impostazioni dell’utilitarismo e agli imperativi del progresso»80 e la si pratica «come

statistica applicata»81.

Una novità assoluta è anche la professionalizzazione della pratica medica: la gravidanza come la intendiamo oggi sarebbe impensabile senza la figura del ginecologo professionista, iscritto a un ordine professionale riconosciuto che detiene un patrimonio di conoscenze condivise. Nella società moderna la donna viene convinta che solo il medico può dirle se è incinta ed è in grado di istruirla su come affrontare la gravidanza, al punto da poter dire che è lui stesso a gestire, indirettamente, la gravidanza stessa82. La medicina del XXI secolo detiene il monopolio sulla salute e decide in piena autonomia in che modo applicare il suo sapere al corpo delle donne.

74

B. Duden, Il corpo della donna come luogo pubblico. Sull’abuso del concetto di vita, Bollati Boringhieri 1994, cit. p. 105.

75

B. Duden, I geni in testa e il feto nel grembo. Sguardo storico sul corpo delle donne, Bollati Boringhieri 2006, cit. p. 111. 76 Ivi, cit. p. 109. 77 Ivi, cit. p. 112. 78 Ivi, cit. p. 112. 79 Ivi, cit. p. 85. 80 Ivi, cit. p. 85. 81 Ivi, cit. p. 85. 82 Ivi, p. 86.

113

6.7. Movimenti nel ventre e flussi di sangue: l’antica pregnanza delle sensazioni

Nel documento La medicalizzazione del corpo della donna (pagine 109-113)

Outline

Documenti correlati