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La richiesta del taglio cesareo come problema etico

Nel documento La medicalizzazione del corpo della donna (pagine 148-150)

Come la tecnica medica agisce sul corpo femminile

8. La medicalizzazione del parto

8.5. La richiesta del taglio cesareo come problema etico

Il continuo aumento dei tagli cesarei su richiesta trae origine dal «cambiamento culturale indotto dalla medicina attuale che sta modificando il comportamento sociale nei confronti della maternità, della gravidanza, del parto, dell’allattamento»47

. Imponendo ai medici il rispetto della libera scelta della donna ci si augurava un ritorno al parto naturale; inaspettatamente, si è avuta invece un’esuberante domanda di parto medicalizzato, un’imprevista «richiesta di taglio cesareo senza indicazione medica»48

che ha colto di sorpresa gli stessi ginecologi49. Il fenomeno «nasce in maniera tanto sorprendente ed inopportuna che, nel momento in cui la critica sociale e femminile è molto forte nei confronti dello spropositato numero di tagli cesarei effettuati dagli ostetrici, silenziosamente ed inaspettatamente le donne gravide chiedono di loro il taglio cesareo mettendo in discussione l’autorità medica, stizzendo i ginecologi […] e sollevando così problemi di liceità etica»50: richiedendo da sé una vera e propria operazione chirurgica, la donna ridimensiona il ruolo del medico, che ha sempre ritenuto spettasse solo a lui consigliare o decidere interventi così invasivi.

Sul piano bioetico si tratta, a tutti gli effetti, di una richiesta nuova nel suo genere. Il principio di autonomia, nato a tutela del paziente, affinché il medico non potesse imporgli alcun trattamento senza il suo consenso, viene in questo caso interpretato in chiave attiva: si è passati dalla facoltà di rifiutare un intervento medico alla possibilità di sottoporsi

volontariamente ad esso. Assistiamo infatti a «una richiesta di intervento medico in

assenza di indicazione medica»51, sulla base dell’assunto che la donna di oggi ha il diritto di decidere per se stessa e quindi anche il dirittodi scegliere in che modo dare alla luce il proprio figlio52. Spesso il medico che deve effettuare il taglio cesareo non concorda con

47

L. M. Chiechi, Donna, etica e salute, Aracne 2006, cit. p. 127.

48

Ivi, cit. p. 127.

49

Nel 1998, nelle Marche, fu varata una legge regionale che aveva tra i suoi obbiettivi quello di garantire «la partecipazione consapevole e attiva della donna alla scelta del parto da effettuare» (Legge Regionale n.22 del 27 luglio 1998: Diritti della partoriente, del nuovo nato e del bambino spedalizzato. Citata in: L. M. Chiechi,

Donna, etica e salute, Aracne 2006, p. 132). L’intento del legislatore era frenare il dilagare dei tagli cesarei,

cercando di favorire il parto spontaneo. In realtà, le statistiche relative agli anni successivi dimostrano che si è verificato l’esatto contrario, con un progressivo aumento dei tagli cesarei su precisa richiesta delle partorienti. Dati molto vicini a questi sono stati ricavati anche da studi effettuati in Inghilterra (L. M. Chiechi,

Donna, etica e salute, Aracne 2006, pp. 132-133).

50

L. M. Chiechi, Donna, etica e salute, Aracne 2006, cit. p. 127.

51

Ivi, cit. p. 127.

52

Non si pensi che il taglio cesareo sia scelto soprattutto dalle donne meno informate e più inclini a lasciarsi influenzare dal loro ginecologo: tra le partorienti che lo richiedono, infatti, troviamo spesso anche le donne

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tale richiesta della donna: quindi il principio di autonomia messo in discussione, paradossalmente, è quello del medico53. Il fatto che sempre più spesso siano donne giovani e sane a richiedere il taglio cesareo, magari per timore di subire delle lacerazioni vagino-perineali, è sintomo del lento imporsi di «un nuovo modello decisionale alternativo a quello fondato oggi troppo spesso su un ancora diffuso paternalismo»54. La donna non si affida più ciecamente al medico, ma si informa e prende autonomamente decisioni meditate e ponderate.

Risulta difficile conciliare la richiesta del taglio cesareo con i princìpi bioetici basilari. La stessa Federazione Internazionale dei Ginecologi e degli Ostetrici (FIGO) «ha chiaramente stigmatizzato che il taglio cesareo per ragioni non mediche è eticamente non giustificabile»55. Marsden Wagner sintetizza il problema descrivendo il parto vaginale come la logica conseguenza della gravidanza, stato di cui la donna deve assumersi la responsabilità, senza farla ricadere sul medico chiedendogli di farle avere un parto non naturale56.

«In termini bioetici la decisione di acconsentire o meno ad una richiesta di taglio cesareo dovrebbe essere esaminate sulla base di tre fondamentali principi: autonomia, beneficenza, non maleficenza»57 (cfr. par. 3.5). Poiché la loro applicazione diventa difficoltosa in un ambito in cui non esiste una distinzione netta tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, è più opportuno «ragionare in termini di probabilità di rischio e di accettazione di rischio; e se la persona esperta nel quantificare il grado di rischio è il medico, la persona che deve scegliere l’accettazione del rischio non può che essere la donna»58. Secondo Chiechi, è necessario che le due autonomie coinvolte, quella del medico e quella della partoriente, si implementino a vicenda, ma in ogni caso la decisione finale su quale sia la scelta migliore deve spettare sempre alla donna59.

A rendere controverso il taglio cesareo è il fatto che esso «rappresenta l’espressione non di una serie di motivazioni eticamente corrette ma di elementi fortemente

medico (L. M. Chiechi, Donna, etica e salute, Aracne 2006, p. 128). Poiché le stesse ginecologhe incinte lo richiedono frequentemente, non meraviglia che poi non lo neghino alle loro pazienti (L. M. Chiechi, Donna,

etica e salute, Aracne 2006, p. 136).

53

L. M. Chiechi, Donna, etica e salute, Aracne 2006, p. 128.

54

Ivi, cit. p. 131.

55

Ivi, cit. p. 134.

56

M. Wagner, Choosing caesarean section, The Lancet 2000, 356: 1677-1680. Citato in: L. M. Chiechi, Donna,

etica e salute, Aracne 2006, p. 134.

57

L. M. Chiechi, Donna, etica e salute, Aracne 2006, cit. p. 130.

58

Ivi, cit. p. 131.

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conflittuali»60. Qui non si tratta del diritto a una prestazione medica, diritto che non può essere messo in discussione se legittimo, cioè se rispetta i fondamentali princìpi bioetici. «È l’imporsi come via alternativa al parto vaginale che allarma; il taglio cesareo è nato ed è rimasto fino ad ora un intervento imposto dalla necessità, da una patologia, indispensabile per far fronte ad una emergenza o per salvare una vita. Una conquista

medica»61. Insomma «ha sempre avuto una indicazione medica, non è mai stato

considerato una via alternativa al parto naturale. La vera novità è oggi invece proprio questa ed è una novità culturale»62.

Nel documento La medicalizzazione del corpo della donna (pagine 148-150)

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