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L’epifania del feto…

Nel documento La medicalizzazione del corpo della donna (pagine 104-107)

Come la tecnica medica agisce sul corpo femminile

6. La percezione della gravidanza mediata dalla tecnica

6.3. L’epifania del feto…

La prima rappresentazione grafica realistica, a noi pervenuta, di un feto umano risale al 1799, a opera di Samuel Thomas von Sömmerring (1755-1830), il più autorevole anatomista tedesco, e del disegnatore Christian Köck. Per Duden ciò significa che l’umanità ha vissuto all’incirca 8000 anni “senza feto”, dalla biblica creazione dell’uomo – che i contemporanei di Sömmerring, basandosi sulle Scritture, collocavano più o meno nel 6000 a.C. – fino alla pubblicazione delle sue tavole anatomiche27. Possiamo far risalire la nascita della moderna anatomia a più di 300 anni prima del 1799: ma mentre nel frattempo il corpo umano veniva sezionato, studiato e raffigurato in tutte le sue parti, il feto – che oggi può essere visto così facilmente attraverso le ecografie – rimase invisibile per ben tre secoli. E questo malgrado il suo aspetto fosse sicuramente noto, grazie agli aborti. In tutte le rappresentazioni antecedenti quella di Sömmerring, il contenuto del grembo della donna incinta era ancora raffigurato simbolicamente: non venivano illustrati feti umani realistici, i disegni riportavano piuttosto bambini già completamente formati e pronti a nascere28, collocati in quel recipiente rovesciato che era la tipica immagine, anch’essa simbolica, dell’utero. Non esisteva la mentalità dello sviluppo fetale, persisteva un pregiudizio “ottico” che portava all’ostinata mancanza di una forma prenatale del bambino29. 24 Ivi, cit. p. 47. 25 Ivi, p. 47. 26 Ivi, cit. p. 48. 27

B. Duden, I geni in testa e il feto nel grembo. Sguardo storico sul corpo delle donne, Bollati Boringhieri 2006, p. 70.

28

Ivi, pp. 72-73.

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Sömmerring si domandava come mai nessuno, prima di lui, avesse visto la forma fetale umana per quello che era davvero. Egli attribuiva ai suoi predecessori una ritrosia nel percepire gli stadi iniziali della formazione di un essere umano e dichiarava di non comprendere i pregiudizi secondo i quali il feto era una forma mostruosa. Gli anatomisti del passato volgevano al corpo delle donne gravide quello che Sömmerring chiamava

sguardo intenzionale: non “vedevano” ciò che non coincideva con la loro opinione, anche

se in realtà seguiva perfettamente l’ordine naturale; per questo gli aborti e i bimbi prematuri erano considerati cose non mirabili e disprezzati come frutti difettosi30. La novità di Sömmerring, dunque, risiede nel suo schierarsi «a favore della possibilità che un essere appaia morfologicamente differente nelle diverse fasi del suo sviluppo e tuttavia, ogni volta, compiutamente bello»31. È quindi grazie a lui che inizia a farsi strada, nell’embriologia umana, l’idea di sviluppo.

Neanche Sömmerring, tuttavia, è esente da critiche. Egli diede precise istruzioni al disegnatore affinché riproducesse sulla tavola non un feto esattamente come lo vedeva, ma ciò che secondo l’anatomista era “significativo”, estrapolandolo dall’osservazione di vari campioni in suo possesso. Inoltre, il disegno di Köck doveva essere un’espressione grafica dei risultati di tutte le misurazioni che Sömmerring aveva effettuato sui feti, visualizzata in proiezione isometrica e non come apparirebbe all’occhio di un ipotetico osservatore, cioè in prospettiva centrale32. «Sömmerring vuole un simulacro dell’oggetto, non un facsimile di ciò che appare. Non vuole una copia, ma un costrutto. […] Con tale precisione, Sömmerring priva della sua ingenuità l’atto sensibile del vedere e forza all’osservazione di una “realtà” costruita»33. Possiamo considerare questo l’inizio della

trasformazione – oggi pienamente compiuta – del bambino non ancora nato in un “feto”. I disegni di Köck non sono che un’anticipazione delle sue moderne rappresentazioni,

rigorosamente determinate tecnicamente 34 , frutto di tecnologie che vanno dalla

microfotografia intrauterina alla radiografia, all’impiego degli ultrasuoni35

. 30 Ivi, p. 79. 31 Ivi, cit. p. 77. 32

B. Duden, I geni in testa e il feto nel grembo. Sguardo storico sul corpo delle donne, Bollati Boringhieri 2006, pp. 79-80.

33

Ivi, cit. pp. 80-81.

34

Duden parla, a questo proposito, di tecnogenesi delle immagini del nascituro, intese come record costruiti meccanicamente (B. Duden, I geni in testa e il feto nel grembo. Sguardo storico sul corpo delle donne, Bollati Boringhieri 2006, p. 81).

35

B. Duden, I geni in testa e il feto nel grembo. Sguardo storico sul corpo delle donne, Bollati Boringhieri 2006, p. 81.

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6.4. … e le sue conseguenze sociali

Secondo Duden nel 1799, con l’apparizione sulle pagine degli atlanti anatomici della forma fetale umana, emerge un nuovo tipo di donna e dunque, necessariamente, un nuovo rapporto tra i sessi. La maternità, la gravidanza e il parto non si riferiscono più al bambino

sperato, ma all’essere umano in divenire. L’utero diventa “nicchia” per un nuovo

individuo; la gravidanza, da esperienza vissuta solo dalla donna in modo palpabile e sensibile, diviene una realtà ottica visibile a tutti, un’esperienza condivisa; il parto, da epifania del bambino, si trasforma in una fase di un processo biologico36.

«Durante l’Illuminismo […] in ogni dettaglio della morfologia e della fisiologia tipicamente femminili gli studiosi cercavano un appiglio per giustificare il ruolo “della femmina” nella natura, nell’economia e nelle istituzioni […]. Nella storia delle donne, l’iconografia dei trattati medici ottocenteschi è diventata la chiave per capire in che modo la “biologia”, come forma di pensiero del XIX secolo, acquisì potere sociale»37

: dopo aver ricercato “scientificamente” per anni, nel corpo delle donne, una giustificazione al loro ruolo nella società – ruolo che ovviamente era stato attribuito loro dagli uomini – le tavole anatomiche esplicitavano queste scoperte in maniera evidente.

«Si può dire che, a partire dal tardo secolo XVIII, il corpo della donna sia stato utilizzato per creare un nuovo tipo sociale. […] A partire dal 1800, l’interno della donna viene reso pubblico, sia dal punto di vista medico sia da quello poliziesco e giuridico, mentre parallelamente – ideologicamente e culturalmente – viene intrapresa la privatizzazione del suo esterno. […] Mentre da un lato […] la donna, grazie alle leggi, all’educazione e all’etica, [è rinchiusa] nella “sfera privata”, il suo grembo diventa, scientificamente e attraverso una mediazione professionale, l’utero pubblico. Il corpo della donna diventa il luogo nel quale si compie un processo che riguarda direttamente lo Stato, la salute pubblica, […] nonché la Chiesa e il marito»38

. Paola Borgna, al pari di Duden, sostiene che la moderna costruzione sociale del corpo femminile ha portato a una serie di pratiche e di politiche – in ambito medico, giuridico, sociale – responsabili di una vera e propria «espropriazione del corpo della donna»39. In altri termini, secondo la

36 Ivi, pp. 76-77. 37 Ivi, cit. p. 75. 38

B. Duden, Il corpo della donna come luogo pubblico. Sull’abuso del concetto di vita, Bollati Boringhieri 1994, cit. pp. 106-107.

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visione femminista, «il corpo [della donna] non è una forma puramente naturale, […] esso rappresenta un luogo in cui si inscrivono i rapporti prevalenti di dominio e subordinazione»40.

Nel documento La medicalizzazione del corpo della donna (pagine 104-107)

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