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III. L'EVOLUZIONISMO

12. Biologia pre-darwiniana in Germania

Nella Germania della prima metà dell'Ottocento il fissismo trovava meno assertori che in Gran Bretagna o in Francia1. L'osservazione del progredire delle forme organiche racchiuse nei fossili – da semplici negli strati più antichi a complessi in quelli più recenti – suggeriva, a pensatori educati all'idealismo da Platone, Kant e poi Hegel, che uno spirito imponesse la propria volontà sulla natura, indirizzandola verso una progressiva perfezione: tale idea fu alla base della Naturphilosophie. I biologi tedeschi ne furono certamente influenzati, sebbene è disputato in qual misura2.

La Naturphilosophie rispondeva all'esigenza di trovare una visione unitaria dei processi naturali, in risposta alla percepita insufficienza della meccanica galileiano-newtoniana – così efficace rispetto alla materia inerte – per spiegare i fatti della materia vivente. Al pari di Buffon in Francia, oltre Reno Goethe promosse un passaggio dalla classificazione di tipo linneiano delle forme esteriori allo studio delle interrelazioni e delle dinamiche naturali. Ispirati anche dagli studi di Luigi Galvani sull'elettricità interna agli esseri viventi, sia Goethe sia Fichte individuarono nella polarità una legge cosmica. Con Friedrich Wilhelm Joseph Schelling (1775-1854) si arrivò alla più coerente enunciazione della Naturphilosophie. Per lui la Natura era uno dei due poli, con lo Spirito, dell'Assoluto. In quanto spirito in potenza, la natura possedeva una Weltseele, una “anima del mondo” che nell'uomo, suo apice, diviene autocosciente. La natura era un unico organismo universale, animato da una forza unitaria che lo muoveva dalla semplicità alla complessità, verso il fine dell'autocoscienza. La natura era polare, racchiudeva in sé tesi e antitesi: i fenomeni magnetici, elettrici e chimici rispondevano a questa polarità e determinavano un'assoluta fluidità, un continuo divenire del mondo.

In parallelo a queste speculazioni metafisiche, sul finire del Settecento diversi naturalisti tedeschi cercarono un fondamento per una teoria unificata delle scienze della vita; un fondamento che coniugasse metodi e concetti della scienza newtoniana con le particolarità dell'indagine biologica. Ereditavano inoltre la diatriba che nella prima metà del secolo aveva opposto il vitalista Georg Ernst Stahl (1659-1734) ai meccanicisti Herman Boerhaave (1668-1738) e Friedrich Hoffmann (1660-1742). Ammiratore di Newton, l'olandese Boerhaave descriveva il corpo umano alla stregua d'una macchina, funzionante secondo princìpi meccanici fissati ab origine da Dio. Stahl riteneva altresì che l'equilibrio meccanico appartenesse agli enti inanimati, mentre quelli viventi dovessero far fronte a una tendenza alla decomposizione; a contrapporvisi era secondo lui un agente, l'anima, che esiste separatamente dalla materia e controlla tutti i processi e meccanismi corporali e li indirizza verso uno scopo. Allievo di Boerhaave, lo svizzero Albrecht von Haller accettava 1 J.S. WILKINS, Species, cit., pp. 124-125.

2 L'impronta impressa dalla Naturphilosophie romantica sulla biologia tedesca della prima metà dell'Ottocento è spesso postulata dagli studiosi, ma T. LENOIR (The strategy of life. Theleology and mechanics in Nineteenth-

Century German biology, University of Chicago Press, Chicago, 1982, pp. 5-6) ritiene che si tratti di un caso di

il vitalismo nella misura in cui se ne poteva espungere il finalismo. Nella sua teoria non c'era spazio per un agente razionale e volto a uno scopo, ma la materia era tuttavia soggetta a speciali forze vitali – sensibilità e irritabilità – che facevano le veci delle forze newtoniane all'interno degli organismi viventi.

In questa riflessione irruppe Kant3. Il filosofo sostenne che le scienze della vita dovessero riunire, nel proprio quadro esplicativo, meccanismo e teleologia. Il teleologismo kantiano non era quello religioso e antropomorfizzato della teologia naturale britannica, bensì il risultato di un'analisi critica del meccanicismo e dei suoi limiti esplicativi. A introdurre questo pensiero kantiano nel discorso biologico fu Johann Friedrich Blumenbach. Della scuola di Von Haller, Blumenbach rivide la tesi vitalista del maestro restituendole un carattere teleologico. Secondo il medico di Gotha, le forze vitali non andavano concepite come entità indipendenti dalla materia, bensì come proprietà emergenti da specifici assetti e ordinamenti assunti dagli elementi costitutivi degli organi in cui le suddette forze si manifestano. Ispirato dall'idea buffoniana della moule interieur e da quella di vis essentialis di Wolff, descrisse un'energia formativa (nisus formativus o

Bildungstrieb) che presiede agli esseri viventi, li fa sviluppare secondo una forma specifica

e per tutto il corso della vita si impegna affinché tale forma sia mantenuta. Questa visione, descritta come “materialismo vitale”4, fu fatta propria anche dal fisiologo Johann Christian Reil (1759-1813) e influenzò il filosofo Johann Gottfried Herder (1744–1803).

Studi come quelli di Johann Friedrich Meckel (1781-1833) o Karl Ernst von Baer (1792- 1876) contribuirono a definire la nozione d'un piano organizzativo dell'organismo secondo criteri embriologici e princìpi morfologici. Von Baer stabilì che lo sviluppo embrionale non convergesse verso forme definite ma si separasse da esse: le caratteristiche e le strutture relazionali generali a un più vasto gruppo sono le prime a formarsi, seguite poi da quelle più particolari della specie. In questa sua teoria, opposta a quella della ricapitolazione di Meckel (secondo cui l'embrione nel suo sviluppo ripercorre le forme delle specie da cui è evoluto), Von Baer continuava a sostenere l'esistenza d'una forza teleologica, una

Gestaltungskraft (“forza di disegno”).

L'idea vitalista del Bildungstrieb dominò la biologia tedesca di inizio Ottocento, ma prima della metà del secolo il discorso si era spostato sui limiti funzionali che la fisiologia pone alle forze naturali5. Sul finire degli anni '30 Theodor Schwann (1810-1882) enunciò la teoria cellulare: la cellula era riconosciuta come unità basilare della struttura e dell'organizzazione d'ogni organismo. Lui e Rudolf Virchow (1821-1902), un altro importante teorico cellulare, stabilirono che una cellula nasce solo da un'altra cellula, e andarono a invalidare sperimentalmente la teoria della generazione spontanea della vita da sostanza inorganica. Schwann, assieme a studiosi quali Ernst Brücke (1819-1892) e Emil Du Bois-Reymond (1818-1896), ruppe col vitalismo e cercò di ridurre la vita a una spiegazione meccanica di tipo fisico-chimica; negli anni '50 i pensatori materialisti promossero in ambito scientifico e in quello popolare l'idea che vita e coscienza 3 Ivi, pp. 2-4.

4 Ivi, p. 9. 5 Ivi, p. 12.

consistessero in nulla più che materia in movimento. Queste tendenze furono importanti nel preparare il pubblico tedesco al darwinismo6.