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VI. GEOPOLITICA: LA SCIENZA NATURALE DELLA POLITICA

34. La concezione della geografia di Mackinder

Mackinder fece il suo esordio alla Royal Geographical Society, appena venticinquenne, discutendo d'un tema impegnativo come quello della definizione della geografia, delle sue finalità e dei suoi metodi1. Vista la giovane età ed essendosi solo recentemente avvicinatosi alla geografia, è verosimile che il ruolo di Mackinder fosse non tanto quello di creare contenuti originali, quanto di sintetizzare ed esporre in maniera coerente ed efficace le idee dei più esperti studiosi – i vari Keltie, Bates, Galton, Freshfield, Moseley, Bryce – che ne stavano lanciando la carriera; i loro interventi alla sopra citata esposizione di Londra erano infatti diffusamente citati nell'articolo. Ormai pochi continuano a sostenere una sorta di ruolo demiurgico di Mackinder nel ridefinire la geografia britannica o addirittura mondiale, ma certo appare ingeneroso anche l'approccio di coloro che vogliono minimizzarne l'apporto in un processo di sviluppo della materia che pure ci fu, e che vide Mackinder in prima linea2.

In On the scope and methods of geography Mackinder sostenne innanzi tutto l'unitarietà della disciplina geografica: non si dovevano separare la geografia fisica e la politica, assegnando loro ruoli ancillari rispettivamente a geologia e storia, ma le due branche della materia andavano tenute assieme3. Il giovane studente di Oxford faceva aperto riferimento alla già citata discettazione di Bryce sulle relazioni tra geografia e storia, ma rispetto a quest'ultima offriva una differente interpretazione del concetto di geografia politica. Bryce ne aveva data una definizione limitata, come lo studio del rapporto tra confini artificiali e confini naturali; egli la vedeva quale una semplice branca della geografia, a fianco di varie altre geografie: etnografica, sanitaria, commerciale e linguistica4. Mackinder offriva invece una definizione più estensiva e filosofica, che permetteva di capire perché a suo avviso lo stesso aggettivo “politico” fosse insufficiente a esprimere i veri scopi di questa branca della geografia5: «La funzione della geografia politica è tracciare l'interazione tra l'uomo e il suo ambiente»6. La definizione era la stessa adottata da Ratzel. Sulla fattispecie di quest'interazione, Bryce affermava che, benché l'uomo avesse senz'altro una dimensione 1 H.J. MACKINDER, On the scope and methods of geography, cit.

2 Un riepilogo delle diverse posizioni fu realizzato, in un'epoca in cui ancora il dibattito in materia era abbastanza presente, da P. COONES, Mackinder's “Scope and Methods of Geography” after a hundred years, cit., pp. 22-24, il quale offrì un'opinione mediana: Mackinder riprese e sintetizzò idee già presenti nella geografia, ma il suo apporto andò oltre la buona esposizione aggiungendoci anche riflessioni personali. Sulla stessa linea appare anche D.N. LIVINGSTONE, The geographical tradition. Episodes in the history of a contested enterprise, Blackwell, Malden- Oxford-Melbourne, 1992, p. 191. Per l'esaltazione del ruolo di Mackinder, vedi: E.W. GILBERT, The Right

Honourable Sir Halford J. Mackinder, cit., p. 98; E.W. GILBERT, Seven lamps of geography. An appreciation of the teaching of Sir Halford J. Mackinder, “Geography”, vol. 36 (March, 1951), pp. 21-43; G.J. MARTIN, P.E. JAMES, All possible worlds. A history of geographical ideas, John Wiley, New York 1993, pp. 205-208; W.H. PARKER, Mackinder, cit., p. 8; R. WALFORD, Geography in British schools 1850-2000, Woburn, London-Portland 2001, p.

65. Sul fronte della minimizzazione del ruolo di Mackinder, vedi: J.N.L. BAKER, The history of geography, Basil Blackwell, Oxford 1963, pp. 70-86 e 121-126; G. KEARNS, Geography, geopolitics and empire, cit., pp. 195-196. 3 H.J. MACKINDER, On the scope and methods of geography, cit., p. 142.

4 J. BRYCE, Geography in its relation to history, cit., p. 207.

5 H.J. MACKINDER, Syllabus of home reading in Geography, Alden, Oxford, 1888, p. 2. 6 H.J. MACKINDER, On the scope and methods of geography, cit., p. 142.

razionale e morale, la geografia dovesse valutarlo come creatura naturale «largamente determinata e influenzata dall'ambiente della natura»7. L'impostazione assunta da Mackinder si avvicinava a quella di Bryce: riconosceva una crescente indipendenza dell'uomo dalla natura man mano che si sviluppava, ma non di meno una forte influenza ambientale sulla storia umana. Mackinder inoltre evidenziava come ci fossero effetti indiretti, o prolungati, dell'ambiente tramite il meccanismo dell'abitudine. «L'uomo è principalmente una creatura dell'abitudine», scriveva, e dunque il corso della storia in un dato momento «è il prodotto non solo dell'ambiente ma anche dell'inerzia acquisita in passato»8. In tal senso era da escludersi che l'ambiente esercitasse una costante azione immediata sull'uomo, che tende a mantenere in vigore gli effetti delle influenze appartenenti al passato. Inoltre l'uomo, modificando l'ambiente, muta anche le influenze che riceve9.

La fisiologia, scriveva Mackinder, studia l'interazione tra l'uomo e l'ambiente. Questa era però anche la definizione fornita per la geografia politica. Il fatto spaziale, e dunque la variazione locale dell'ambiente e della conseguente interazione, era ciò che distingueva la geologia dalla geografia fisica, la fisiologia dalla geografia: quest'ultima «è la scienza la cui principale funzione è tracciare l'interazione dell'uomo in società e di quel tanto del suo ambiente che varia localmente»10. In merito a tale definizione due considerazioni possono essere svolte. La prima è che Mackinder ravvisava il solo discrimine tra la geografia e le scienze naturali nella presenza o assenza della dimensione spaziale, in tal modo pressoché inserendo la prima nel novero delle seconde, malgrado esplicitamente rivendicasse alla geografia un carattere d'ibrido fisico-umanistico e un ruolo di ponte tra lettere umane e scienze naturali11. La seconda considerazione è che l'inserimento della spazialità differenziava la geografia dalla fisiologia, ma faceva coincidere la definizione di geografia con quella di geografia politica offerta appena una pagina prima: non a caso nella pagina successiva la stessa identica definizione era data proprio alla geografia politica12. Ciò può essere parzialmente imputato a un'ancora certa immaturità di pensiero del Mackinder venticinquenne, ma si spiega principalmente col fatto che la geografia politica era per lui il coronamento di tutto il ragionamento geografico, giustificando così che quest'ultimo andasse a risolversi nelle finalità della prima: la geografia fisica, avrebbe detto molti anni dopo, non andava intesa come fine a sé stessa13. Eppure il suo status non ne usciva troppo sminuito: se la geografia politica coronava, la geografia fisica era incoronata. «Noi sosteniamo – declamava il giovane Mackinder – che nessuna geografia politica razionale possa esistere se non sia costruita sulla geografia fisica e ad essa susseguente»14. In scritti

7 J. BRYCE, Geography in its relation to history, cit., p. 204.

8 H.J. MACKINDER, On the scope and methods of geography, cit., p. 157. 9 Ivi, p. 157.

10 Ivi, p. 143; vedi anche p. 147 su geologia e geografia fisica.

11 Ivi, p. 145; H.J. MACKINDER, Geography as a pivotal subject in education, cit., p. 378.

12 «[...] la funzione della geografia politica è individuare e dimostrare le relazioni sussistenti tra l'uomo in società e tanto del suo ambiente quanto varia localmente» (H.J. MACKINDER, On the scope and methods of geography, cit., p. 144).

13 H.J. MACKINDER, Presidential address to the Geographical Association, 1916, “Geographical Teacher”, vol. 8, n. 45 (1916), pp. 271-277, alla p. 277.

degli anni immediatamente successivi, il giovane oxfordiano tornò a ribadire con forza il ruolo di base e fondamento dell'intera materia ricoperto dalla geografia fisica15; anche se il tema divenne meno preponderante nella sua produzione successiva, non cambiò mai idea in merito16.

Secondo Mackinder la fisiografia spiegava la natura d'un carattere, la topografia lo localizzava, la geografia fisica legava le due indagini introducendo una relazione di tipo causale: perché un dato carattere si trovava proprio lì? La geografia politica, mantenendosi su di un'indagine causalistica, mirava a individuare l'influenza del carattere sulla società umana. Questo era indicato da Mackinder come il campo della geografia, un'indagine sequenziale in cui era permesso fermarsi a un dato gradino, ma non partire da uno superiore senza prima aver scalato i precedenti17. Le stesse domande poste alla geografia politica sarebbero dipese dai risultati dell'indagine fisico-geografica sul territorio in esame18. Un geografo completo doveva perciò essere formato sulle scienze “dure”19.

Aprendo, nel successivo appuntamento serale, la discussione sul proprio On the scope

and methods of geography, Mackinder fece ricorso a una definizione alternativa della

geografia come «scienza della distribuzione», riconoscendo così in maniera ancora più eclatante la sua peculiarità nel fattore spaziale. La geografia non poteva tuttavia limitarsi a registrare dove i vari fenomeni fossero localizzati, spiegava, ma doveva anche darne una spiegazione, individuare le cause di tale distribuzione e indicare quali relazioni li legassero tra loro. La ricerca di cause ed effetti conferiva alla geografia lo status di scienza20.

Mackinder poneva la geografia in posizione mediana tra lettere umane e scienze naturali, rivendicando per essa il ruolo di pontiere «sopra un abisso che a giudizio di molti sta turbando l'equilibrio della nostra cultura»: la sua critica era rivolta «all'estremo specialismo» che osservava nella scienza21. La specializzazione era per lui solo una concessione alla limitatezza umana, poiché la conoscenza è in realtà una e bisognava evitare la disintegrazione della cultura. Le generazioni passate trovavano nelle lettere classiche il punto d'incontro di tutti i specialisti, il terreno comune su cui potevano dialogare. Nell'età moderna anche la filologia classica era divenuta una specialità e solo la geografia, a metà tra le scienze e le lettere, a un tempo teorica e pratica, poteva costituire la piattaforma comune per tutti gli uomini di cultura22. Mackinder non voleva però

15 H.J. MACKINDER, Geographical education. The year's progress at Oxford , “Proceedings of the Royal

Geographical Society and Monthly Record of Geography”, New Monthly Series, vol. 10, n. 8 (Aug., 1888), pp. 531- 533; H.J. MACKINDER, On the necessity of thorough teaching in general geography as a preliminary to the

teaching of commercial geography, “The Journal of the Manchester Geographical Society”, vol. VI, n. 1-3 (Jan.-

Mar., 1890), pp. 1-6; H.J. MACKINDER, Geographical education. The year's progress at Oxford, “Proceedings of the Royal Geographical Society and Monthly Record of Geography”, New Monthly Series, vol. 12, n. 7 (Jul, 1890), pp. 419-421.

16 Lo riscontriamo in H.J. MACKINDER, Geography as a pivotal subject on education, cit., p. 379, dov'è ribadito che senza studiare il lato fisico della geografia non si può comprendere quello umano.

17 H.J. MACKINDER, On the scope and methods of geography, cit., p. 147. 18 Ivi, p. 157.

19 H.J. MACKINDER, Geographical education. The year's progress at Oxford, 1888, cit., p. 532. 20 H.J. MACKINDER, On the scope and methods of geography, cit., p. 160.

21 Ivi, p. 145.

nemmeno eccedere con la sintesi. La geografia aveva attinenza con numerose materie ma non le incorporava interamente. I dati da esse offerti andavano tenuti in conto solo nella misura in cui utili a rispondere alle domande proprie della geografia, senza dilungarsi in inutili digressioni: «è un errore, specialmente dei tedeschi, includere troppo nella geografia»23. Una volta che, grazie ai dati offerti dalle altre materie e rielaborati dalla geografia fisica, la geografia politica fosse giunta a fornire risposte ai propri interrogativi, doveva rivolgersi principalmente alla storia per verificarle24.

La prolusione sulla scopo e i metodi della geografia avvenne il 31 gennaio 1887; meno di un mese dopo l'Università di Oxford, cedendo a un corteggiamento ventennale della RGS, comunicò la decisione di istituire una Readership in geografia, cofinanziata da ateneo e Società25. Una commissione di sette membri, di cui due nominati dalla RGS (Galton e W.T. Blanford), ma che tra i cinque designati dall'ateneo ne includeva almeno tre legati a Mackinder – George Charles Brodrick, Bryce e soprattutto Moseley – scelse di assegnare l'incarico al giovane geografo di Gainsborough26. Nei mesi successivi, trovandosi ancora a Londra, Mackinder pranzò spesso con Bates e Keltie, che gli diedero diversi consigli su come impostare il corso27. Grazie a fondi della RGS poté impiegare l'estate per visitare la Germania e colà abbeverarsi alla fonte della geografia considerata la più avanzata al mondo28 e che fino ad allora aveva conosciuto solo indirettamente, per il tramite soprattutto di Bryce29. Rientrato in patria, a settembre partecipò al congresso della British

Association per presentare l'impostazione scelta per il corso. Il suo progetto consisteva nel

partire dalla descrizione degli aspetti fisici, ossia la geografia fisica, per poi spiegare le cause tramite la geologia e gli effetti per mezzo della geografia politica: l'idea raccolse numerose critiche dai colleghi presenti, perché troppo ambizioso o troppo poco geologico30, ma rispondeva a quell'anelito olistico lanciato in Germania da Ritter e portato avanti da Ratzel.

Il viaggio nel Paese teutonico diede a Mackinder nuova contezza, senza più la mediazione dei propri maestri geografici, di quale fosse lo stato della materia là dove figurava più avanzata. Ai colleghi tedeschi invidiava anche la maggior correttezza con cui, in luogo di “geografia fisica” e “geografia”, utilizzassero rispettivamente i termini di “Länderkunde” e “Allgemeine Erdkunde”. Mackinder indicava inoltre «l'evento centrale nella storia della geografia moderna» nella nomina di Carl Ritter a Berlino, che lo avrebbe reso 23 Ivi, p. 154.

24 Ivi, pp. 154-155.

25 D.I. SCARGILL, The RGS and the foundation of geography at Oxford, cit., p. 444.

26 M.P./C/100, Bodleian, SoG 88, frammento autobiografico [II, 14]; B.W. BLOUET, Halford Mackinder, cit., pp. 44- 45.

27 M.P./C/100, Bodleian, SoG 88, frammento autobiografico [II, 14].

28 B.W. BLOUET, Halford Mackinder, cit., p. 45. Non era la prima volta che Mackinder visitava la Germania: c'era già stato nel 1884, assieme al compagno di studi Baldwin Spencer (destinato a una brillante carriera antropologica), viaggiando da Ostenda a Strasburgo, dal Lago di Lucerna alla Vallonia, con un attraversamento a piedi della Foresta Nera (M.P./C/100, Bodleian, SoG 88, frammento autobiografico [II, 14]).

29 Vedi infra come Bryce riportasse in Inghilterra idee di chiara suggestione ratzeliana, ma anche da Von Richtofen e altri geografi tedeschi. L'attenzione fu ricambiata: si trova Bryce citato come uno dei più influenti geografi britannici in K. HAUSHOFER, Politische Erdkunde und Geopolitik, cit., p. 51.

30 H.J. MACKINDER, The teaching of geography at the universities, “Proceedings of the Geographical Section of the British Association”, 1887, pp. 698-701.

«il più grande professore moderno di geografia», l'uomo in grado assieme a Humboldt, Berghaus e Perthes di rendere la geografia ottocentesca una scienza tedesca31. Della successiva generazione Mackinder esaltava invece la figura di Peschel, capace di riparare agli errori senili di Humboldt che aveva trattato la geografia come un equivalente dell'intera scienza naturale. Peschel dunque aveva restaurato la geografia fisica nel suo ruolo fondamentale per i geografi; aveva inoltre mosso alcune giuste critiche a Ritter e ai suoi seguaci, come Buckle, che nell'affrontare il capitolo supremo della geografia, quello delle relazioni tra uomo e ambiente, l'avevano fatto sottostimando la complessità dei problemi in esame e finendo per concedersi schematismi e determinismi lontani dalla realtà32. Nella rassegna che Mackinder faceva della geografia tedesca coeva si trovavano vari nomi – Von Richtofen, Penck, Krümmel, Wagner, Kirchhoff, Lehmann – e un rapido accenno toccava anche a Ratzel per il suo lavoro nella geografia umana33. Mantenne coi colleghi tedeschi un certo livello di rapporti, come dimostra la sua elezione a membro onorario della Società Geografica di Berlino nel 190334.

Fu dopo il viaggio di perfezionamento in Germania che Mackinder introdusse nel proprio vocabolario l'espressione “geografia filosofica”, intesa come lo studio di sintesi del rapporto tra uomo e ambiente35. Influenzato dall'accresciuta conoscenza della geografia ritteriana, forte del riconoscimento accademico ormai acquisito dalla geografia, non gli fu più necessario indulgere nei paragoni con le scienze naturali; lo studioso di Gainsborough cominciò invece ad associare alla geografia con sempre più frequenza la filosofia e l'arte. Quella disciplina, che in origine gli appariva “scienza della distribuzione”, prese ai suoi occhi a inglobare in sé elementi filosofici e artistici oltre che scientifici36. Negli anni '30 la riflessione lo spingeva a considerare gli elementi filosofici e artistici più essenziali rispetto a quelli scientifici37: la geografia come «scienza idealistica comprensiva» si differenziava dalla «ricerca scientifica»38 e il geografo era più filosofo che scienziato39. Lo scienziato, infatti, analizzava fenomeni che si ripetono sempre in maniera eguale per inferirne delle leggi fisse; il geografo aveva invece di fronte a sé un unico fenomeno, la superficie terrestre, e quello doveva decifrare per trarne uno schema, un modello. In esso varie cause d'ordine differente concorrono a produrre risultati strettamente interconnessi. Non ci sono ripetizioni in questo schema, spiegava Mackinder, non ci sono di conseguenza nemmeno leggi naturali, ma solo similitudini da cui trarre generalizzazioni statistiche, probabilità e non certezze; il geografo non deve astrarre o semplificare, ma comprendere questa «concreta complessità», integrare le conoscenze40. Gli scienziati raccoglievano i dati e li

31 H.J. MACKINDER, Modern geography, German and English, cit., pp. 371-372. 32 Ivi, pp. 372-373.

33 Ivi, p. 374.

34 W.H. PARKER, Mackinder, cit., p. 33.

35 H.J. MACKINDER, Modern geography, German and English, cit., p. 367.

36 H.J. MACKINDER, The development of geographical teaching out of nature study, “Geographical Teacher”, vol. 2 (1904), pp. 191-197, alla p. 192; H.J. MACKINDER, Geography as a pivotal subject on education, cit., p. 382. 37 M.P./K/100, Bodleian, SoG 88, Bozza di articolo [III, 3].

38 H.J. MACKINDER, Progress of geography in the field and in the study during the reign of His Majesty King

George the Fifth, cit., pp. 8-10.

39 M.P./C/100, Bodleian, SoG 89, Reading Address [I, 1].

40 H.J. MACKINDER, Progress of geography in the field and in the study during the reign of His Majesty King

analizzano, ciascuno nel proprio campo specialistico, mentre al geografo spettava il lavoro di sintesi. Lo scienziato poteva permettersi d'isolare i fenomeni, eliminare le incongruità e inferire leggi; il geografo invece, al pari dello storico o dell'economista, doveva accettare «la correlazione delle differenze»41. A completamento di quest'evoluzione del proprio pensiero, pochi anni prima di morire Mackinder giunse a definire la geografia come «filosofia dell'ambiente umano»42. Una «filosofia concreta», che s'occupava non di idee metafisiche bensì di fatti fisici scientificamente raccolti43, ma che traeva le conclusioni dal punto di vista umano, abbandonando infine l'oggettività scientifica per chiamare in causa i valori a fianco dei fatti44.

***

Fin da On the scope and methods of geography, Mackinder pose l'enfasi sulla spazialità, la localizzazione e la sintesi quali caratteri peculiari della geografia. Questo lo inclinò a seguire le tendenze, allora in voga, della geografia regionale, di cui si vantò d'essere stato uno dei pionieri in Gran Bretagna45. La geografia regionale era anche di sintesi, nella misura in cui sintetizzava diversi fenomeni accomunati dalla localizzazione; e la geografia scientifica, non mero elenco di luoghi e cose, che s'immaginava Mackinder, passava per l'organizzazione del discorso non per fenomeni ma per regioni46. È significativo che lo studioso di Gainsborough, a distanza di decenni dalla sua conversione alla geografia, ricorreva ancora a un argomento d'impronta naturalistica per valorizzare l'approccio regionale: siccome «le specie s'originano come varietà locali», è nella dimensione regionale che si può fare biogeografia47. Lo studio regionale non esauriva tuttavia il compito della geografia, come sottolineò in scritti d'età più matura: era la fase in cui la visione mackinderiana della geografia sfumava dalla scienza naturale alla filosofia, e lo studioso rileggeva le proprie vicissitudini intellettuali, in maniera forse un po' forzata, asserendo che già in gioventù, dietro lo schermo degli studi regionali, mirasse in realtà a una geografia mondiale48. Ormai la geografia regionale gli appariva degna solo come prima approssimazione, studi particolari la cui somma doveva andare a delineare una concezione mondiale, giacché «non c'è alcuna regione geografica completa al di sotto o al di sopra della superficie terrestre presa in toto»49. Giunse a contemplare, in uno dei suoi ultimissimi articoli, l'idea d'abbandonare del tutto la categoria di “regione” per sostituirla con quella di “punti focali”: proiezioni d'una singola attività, naturale o umana, che avvenga su scala mondiale, «studi sferici» o schemi da sovrapporre per individuare i 41 M.P./C/100, Bodleian, SoG 89, Reading Address [I, 1]. Cfr. H.J. MACKINDER, The human habitat, cit., pp. 328-

329.

42 H.J. MACKINDER, Geography, an art and a philosophy, “Geography”, vol. 27 (1942), pp. 122-130, alla p. 129. 43 M.P./K/100, Bodleian, SoG 88, Bozza di articolo [III, 3].

44 H.J. MACKINDER, Geography, an art and a philosophy, cit., p. 129.

45 H.J. MACKINDER, Geography as a pivotal subject on education, cit., p. 379.

46 H.J. MACKINDER, On the scope and methods of geography, cit., passim; H.J. MACKINDER, Modern geography,

German and English, cit., p. 371; H.J. MACKINDER, The human habitat, “Scottish Geographical Magazine”, vol.

47, n. 6 (Nov.-Dec., 1931), pp. 321-335, alla p. 323. 47 H.J. MACKINDER, The human habitat, cit., p. 325.

48 H.J. MACKINDER, Geography, an art and a philosophy, cit., p. 128.

49 H.J. MACKINDER, The music of the spheres, “Proceedings of the Royal Philosophical Society, Glasgow”, vol. 62 (1937), pp. 170-181, alla p. 179.

fattori dell'unica regione mondiale50.

Il concetto di biogeografia, chiamato in causa come giustificativo dell'approccio regionale, risaliva a una nuova sistemazione del discorso geografico tentata da Mackinder nel 1895 e plausibilmente ispirata dalle tendenze portate avanti in Germania, in particolare da Ratzel. Il discorso geografico mackinderiano conservava quell'andamento lineare, o se