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Ratzel e gli altri: naturalismo e geografia in Germania

VI. GEOPOLITICA: LA SCIENZA NATURALE DELLA POLITICA

30. Ratzel e gli altri: naturalismo e geografia in Germania

Assieme al naturalista e viaggiatore Alexander von Humboldt, la nascita della geografia moderna è tradizionalmente accreditata a Carl Ritter (1779-1859) e alla sua proposta olistica e comparativa. Anch'egli conobbe un tirocinio improntato all'osservazione della natura, grazie all'approccio pestalozziano della scuola di Salzmann in cui fu educato. Avvicinatosi alla geografia rifiutò infatti d'intendere la materia come mera elencazione di dati. Ispirato dai princìpi platoniani e idealistici di cui era imbevuto, rovesciò la dedizione per i dettagli decontestualizzati in un'enfasi sull'insieme, il Tutto della natura interdipendente. Tra i trenta e i quarant'anni d'età, inoltre, Ritter seguì corsi d'anatomia e fisiologia, traendo spunti metodologici che cercò di trasferire alla geografia. Imitando la botanica, invitava a ragionare per forme, individuare già visivamente le analogie tra fenomeni ed enti, cercare di raggrupparli in classi. L'obiettivo era quello di sostituire le minuziose ma poco significative descrizioni generali con una più concisa, focalizzata sul carattere dominante del continente, Paese o territorio in esame. Ispirandosi a quanto avveniva nell'anatomia, cercò di rendere anche la geografia una materia comparata. Nelle sue descrizioni gli elementi geografici erano spesso paragonati a corpi o membra, le forze geografiche a quelle biologiche. L'ambizione era quella d'individuare leggi naturali valide per la geografia, capaci di illustrare la perfetta armonia vigente in natura1.

La maggiore differenza tra Ritter e la successiva generazione di geografi naturalisti – oltre a un miglioramento, per questi ultimi, delle conoscenze e tecniche d'indagine dovuto al progredire generale delle scienze – si trovava nella sua impronta finalista e determinista. Idealista e cristiano, Ritter leggeva la storia come espressione della volontà divina. Il suo imperio si manifestava in un rapporto deterministico tra l'ambiente e l'uomo. Osservando il mondo alla stregua d'un perfetto meccanismo, in cui la volontà di Dio si compie plasmando e indirizzando l'uomo tramite l'azione dell'ambiente, il geografo tedesco riteneva persino possibile prevedere scientificamente il destino dei popoli2. L'immagine della realtà ritteriana cozzava con quella darwiniana. Egli vedeva l'armonia di fondo laddove Darwin rivelava il tragico e costante divenire della lotta per l'esistenza; indicava chiaro il fine fissato da Dio quando lo studioso inglese descriveva un meccanismo naturale capace di funzionare secondo logiche immanenti, indipendenti dalla presenza o meno di un dio e d'uno scopo; assegnava all'ambiente un ruolo d'attore protagonista nella storia, mentre Darwin cercava di ridimensionarlo alla luce del peso della genetica e del caso.

Malgrado la dura critica cui fu sottoposta l'impostazione di Ritter da parte di Oscar Peschel (1826-1875), Friedrich Ratzel volle riallacciarsi a essa, pur in maniera critica e conscia dei suoi limiti, e su quelle basi costruire una nuova geografia olistica o, com'egli la definiva, “ologeica”. In piena antitesi con Peschel, laddove quello (malgrado un importante saggio antropologico, di cui Ratzel stesso riprese il titolo per una propria opera: Völkerkunde del 1874) individuava solo nella geografia fisica possibilità realmente 1 H. CAPEL, Filosofía y ciencia en la Geografía contemporánea, cit., pp. 51-57.

scientifiche, Ratzel declinò la materia in senso umano e politico. Di certo pesò la sua stretta relazione con le scienze naturali e l'evoluzionismo nello spingerlo a una simile impostazione.

Ratzel a quindici anni era divenuto apprendista in una farmacia di Eichtersheim: quell'esperienza, proseguita poi in Svizzera e nella Ruhr, rappresentò il primo e precoce contatto con lo studio della botanica e della storia naturale3. Riuscì a persuadere i genitori a fargli intraprendere gli studi universitari in zoologia a Jena, Berlino e Heidelberg, dove conseguì il titolo nel 1868 con una tesi sugli oligocheti. Durante gli studi all'Università di Jena Ratzel fu allievo di Haeckel, a fianco del quale s'impegnò nella divulgazione delle idee darwiniane in Germania4. Darwin, assieme a Alexander Von Humboldt e Agassiz (quest'ultimo conosciuto personalmente alcuni anni dopo a Harvard), fu l'autore che gli insegnò – per sua stessa ammissione – l'unità della vita e la sua comprensione «ologeica» che avrebbe poi messo in pratica in opere come Anthropogeographie e Die Erde und das

Leben5. Nel 1869, solo venticinquenne e neolaureato, Ratzel diede alle stampe una rassegna

delle teorie darwiniane così come mutuate da Haeckel, nell'opera Sein und Werden der

organischen Welt6, che solo di poco anticipava Natürliche Schöpfungsgeschichte, l'opera del maestro sullo stesso tema. Nel 1873 tradusse in tedesco il manuale sull'anatomia dei vertebrati scritto da Huxley7. Gli fu offerto un posto al Museo di Storia Naturale di Stoccarda, che considerazioni di natura economica lo spinsero a rifiutare per mantenere il posto ottenuto da corrispondente della “Kölnische Zeitung”: non fosse stato per tale evenienza, indipendente dagli interessi scientifici ma legata alle esigenze finanziarie, Ratzel sarebbe forse rimasto uno zoologo senza mai approdare alla geografia8.

In quegli anni e nei successivi Haeckel, partendo dalla centralità che l'ambiente ricopre nella selezione naturale, elaborò il concetto di ecologia come studio dell'influenza ambientale sugli esseri viventi, da compiersi nel contesto delle ricerche evoluzioniste; il discepolo Ratzel s'avvicinò invece sempre più a Moritz Wagner, conosciuto dopo la Guerra Franco-Prussiana a Monaco, dove l'autorevole naturalista dirigeva il Museo Etnografico. Nel 1871 Wagner aveva reso pubblica la sua tesi della speciazione dall'isolamento geografico9. Nel 1872 e 1873 Ratzel trascorse diverso tempo col «venerato, paterno amico» (come avrebbe scritto nella prefazione della sua opera fra poco detta) a ragionare sull'applicazione alla vita dei popoli della teoria della migrazione degli organismi. Fu proprio quest'idea della storia come «una grande somma di movimenti» a spingerlo a concepire la Anthropogeographie, volta a mettere in relazione geografia e storia, indagare i problemi al limite tra le due materie e in particolare approfondire l'influenza della prima sulla seconda10. Diciassette anni più tardi, prefando la seconda edizione, Ratzel volle

3 H. WANKLYN, Friedrich Ratzel, cit, p. 6.

4 H. CAPEL, Filosofía y ciencia en la Geografía contemporánea, cit., p. 279. 5 F. RATZEL, La terra e la vita, vol. 2, cit., p. 664.

6 F. RATZEL, Sein und Werden der organischen Welt, cit.

7 T.H. HUXLEY, Handbuch der anatomie der Wirbelthiere, J.U. Kern, Breslau, 1873. 8 H. WANKLYN, Friedrich Ratzel, cit, p. 8.

9 M. WAGNER, Über den Einfluß der geographischen Isolierung und Kolonienbildung auf die morphologischen

Veränderungen der Organismen, Akademische Buchdruckerei von F. Straub, München, 1871.

10 F. RATZEL, Geografia dell'uomo (antropogeografia), Fratelli Bocca, Milano-Torino-Roma, 1914, pp. v-vi [ed. or.:

ridimensionare in parte quell'enfasi sulla teoria wagneriana: scrisse allora ch'ella era il fondamento della biogeografia ma, in quanto riguardante la formazione della specie, non strettamente collegata con la geografia umana11. Nel decennio abbondante passato a Monaco, Wagner rappresentò comunque la sua più stretta frequentazione12 e si può ritenere che l'influenza su Ratzel non scemasse mai13.

Costretto dalle necessità economiche, Ratzel era divenuto corrispondente della “Kölnische Zeitung”, per la quale viaggiò in Francia, Italia, Ungheria e, tra 1874 e 1875, Nordamerica. In quest'ultima meta del suo itinerario studiò con sguardo etnologico le comunità di tedeschi ivi emigrati. Nel frattempo non aveva abbandonato l'accademia, ma proseguiva gli studi all'Università Tecnica di Monaco, dove si specializzò in geografia: per questa materia nel 1875 ottenne il rango di libero docente e l'anno seguente la cattedra. Nella scelta del cambio di materia, dalle scienze naturali alla geografia, non v'erano profonde motivazioni scientifiche o culturali: Ratzel confessò d'essere stato motivato dalle maggiori opportunità professionali che in quella fase offriva la geografia14. Il cambio di disciplina s'accompagnava non di meno alla posizione sempre più libera e a tratti critica che stava assumendo rispetto al darwinismo15. Un esempio è la critica contenuta in

Völkerkunde, l'opera più etnografica del neo-geografo tedesco. Colà rimproverava gli

evoluzionisti d'aver assunto una forma mentis rigida: nelle loro ricerche sulle origini e lo sviluppo avevano finito coll'interpretare ogni stato d'arretratezza d'un popolo come un gradino non salito nella scala evolutiva. Darwin era stato più lucido dei suoi epigoni, scriveva Ratzel, ma anch'egli in Descent of man aveva visto gap eccessivi all'interno della specie umana, avvicinando troppo i selvaggi alle bestie. L'obiezione del tedesco era che non esistevano solo ascese lungo la scala evolutiva, poiché i popoli e le civiltà potevano progredire così come regredire16.

Un ruolo importante in questo parziale distacco dagli antichi maestri darwinisti potrebbe averlo giocato la riscoperta della fede da parte di Ratzel. Cresciuto da luterano, aveva abbandonato quasi del tutto la fede durante gli anni universitari per poi farvi ritorno entro la metà degli anni '7017. Rispetto al periodo monacense (1875-1886), in cui ancora i risultati delle scienze naturali occupavano molti dei pensieri di Ratzel, gli anni di Lipsia, e in particolare l'ultimo decennio della sua vita, lo videro sviluppare una crescente attrazione per la filosofia18. Marconi vede nell'opera ratzeliana il tentativo di conciliare il metodo positivo scientifico col finalismo19. Non si arrivò però mai a una rottura totale con la biologia. Come scrive Claval, «i contatti che aveva avuto con gli ambienti naturalisti 11 Ivi, p. xi.

12 H. WANKLYN, Friedrich Ratzel, cit, pp. 25-26.

13 M. HALAS, Searching for the perfect footnote. Friedrich Ratzel and the others at the roots of Lebensraum, “Geopolitics”, vol. 19, n. 1 (2014), pp. 1-18, alla p. 6.

14 J. BRUNHES, La Géographie Humaine. Essai de classification positive. Principes et exemples, 2a ed., Librairie

Félix Alcan, Paris, 1912, p. 43.

15 H. WANKLYN, Friedrich Ratzel, cit, pp. 19-20.

16 F. RATZEL, Völkerkunde, zweite gänzlich neubearbeitete Auflage, 2 voll., Bibliographisches Institut, Leipzig-Wien, 1894-1895, vol. 1, pp. 14-15.

17 H. WANKLYN, Friedrich Ratzel, cit, p. 20. 18 Ivi, p. 35.

durante la propria formazione influenzarono durevolmente la sua concezione della scienza geografica»20. Ciò traspare dai contenuti delle opere di Ratzel, in cui una parte dei metodi delle scienze naturali erano impiegati nello studio dell'uomo, e dal perdurare dei contatti con quegli stessi ambienti anche dopo la sua specializzazione in geografia umana (ad esempio, nel 1883 fu eletto membro dell'Accademia Tedesca di Scienze Naturali “Leopoldina”). A Lipsia entrò in contatto con Karl Lamprecht e il suo centro di storia universale e culturale, che interpretava la cultura come modo naturale e precondizione della vita sociale, tratto d'unione d'individuo, società e natura21, ma ciò fu confermativo, più che sostitutivo, dell'influsso ricevuto dal darwinismo e dal wagnerismo nella formulazione della sua teoria spaziale biogeografica22. Uno degli ultimi scritti ratzeliani, dedicato al tema del Lebensraum, era ancora una riflessione sulla biogeografia (come specificato pure nel sottotitolo) in cui riecheggiavano i ragionamenti intrattenuti anni prima con Moritz Wagner. L'articolo era contenuto in un volume collettaneo dedicato a Albert Schäffle, uno degli studiosi più impegnati nel coniugare scienze naturali e sociali23.

Quando nel 1882 Ratzel pubblicò il primo volume di Anthropogeographie, la base di partenza erano evidentemente le scienze naturali. Si è già ricordato come l'opera trovasse la propria genesi nel confronto con Moritz Wagner e l'intenzione di traslarne la teoria sull'origine della specie alla vita dei popoli. Oltre a ciò, Ratzel esordiva inserendo l'antropogeografia all'interno della biogeografia, come studio della parte terrena dell'uomo (distinta dal suo libero arbitrio) cui si applicano i concetti propri alla biogeografia. La Terra era per lui un unico complesso di forza di gravità ed energia solare in cui tutte le cose sono legate: la vita organica è, secondo la teoria abiogenetica, continua trasformazione di sostanza inorganica in organica e decomposizione di quest'ultima in inorganica, tutto procedendo dalla terra e a quella riconducendo. Tra natura inorganica e umanità esiste dunque un nesso evolutivo: entrambe sono radicate nella terra, hanno «una specie di parentela tellurica»; la storia dell'umanità è continua evoluzione sulla e colla Terra, non semplice coesistenza ma vivere assieme. La vita, spieava, è essenzialmente unitaria, poiché assume molteplici forme ma è sempre rappresentata nella sua essenza dal protoplasma interno a tutte le cellule: tra piante e animali la differenza è solo superficiale, l'uomo si distingue unicamente per l'intelletto. La vita organica è collegata sincronicamente, dunque, e pure diacronicamente: la vita presente è connessa alla passata, le evoluzioni più elevate si svolgono sulle inferiori e le presuppongono. Tre fatti fondamentali caratterizzavano secondo Ratzel la vita organica: la comparsa di nuove forme, l'estinzione di vecchie forme e la tendenza generale all'evoluzione verso forme più elevate e perfette24. Un altro concetto di sapore evoluzionista da lui espresso fu quello della «unità spaziale della vita»: siccome il medesimo suolo ha generato ogni organismo, affermava, ovunque si 20 P. CLAVAL, Essai sur lévolution de la géographie humaine, cit., p. 44.

21 P. CHIANTERA-STUTTE, Destino Mitteleuropa!, cit., pp. 34-35.

22 U. JUREIT, Mastering space: laws of movement and the grip on the soil, “Journal of Historical Geography”, vol. 61 (2018), pp. 81-85.

23 F. RATZEL, Der Lebensraum. Eine biogeographische Studie in AA.VV., Festgabe für Albert Schäffle zur

siebenzigsten Wiederkehr seines Geburtstages, H. Laupp, Tübingen, 1901, pp. 103-189. Cfr. H. WANKLYN, Friedrich Ratzel, cit, pp. 41-42.

trovano le stesse famiglie morfologiche25.

In Anthropogeopraphie il geografo tedesco ripercorreva e commentava alcune fasi dell'evoluzione delle scienze naturali. Modernamente l'intuizione di trattare gli eventi storici come fatti naturali era stata avanzata da Spinoza, Leibniz e Kant, mentre Herder aveva tentato di svilupparla in pratica. Tale concezione non era riuscita a farsi strada tra gli storici ma, per il tramite di Taine, Buckle e Spencer, era giunta alle scienze naturali e là aveva dato i suoi frutti26. Ratzel criticava il modo in cui Comte aveva reso troppo complesso il concetto di milieu, caricandolo di caratteri sociali, laddove Lamarck lo intendeva come la somma solamente di condizioni esterne (suolo e clima) e razza27. Alcuni rilievi erano da lui mossi anche a Darwin: wagnerianamente, Ratzel voleva che nella sua teoria si sostituisse la selezione naturale col combinato di migrazione e isolamento; inoltre riteneva prematuro affermare, come lo studioso inglese, che la natura dell'organismo pesasse sulle variazioni genetiche più delle condizioni esterne, pur mostrandosi conscio che le modificazioni da esse indotte fossero limitate28.

Il debito del tedesco rispetto alla biologia evoluzionista traspariva chiaramente soprattutto nella sesta parte di Anthropogeographie, dedicata al mondo organico. In essa era spiegata l'origine della lotta per l'esistenza: gli elementi del mondo organico sono vicini ed affini, ma premuti dalle stesse necessità combattono tra loro. La vita dell'uomo è una lotta con la natura, massimamente aspra con quella organica: l'essere umano la divide in amica (le specie alleate o sottomesse) e nemica, votando quest'ultima alla distruzione29. Tutti gli esseri che vivono a spese degli altri, siano essi predatori, parassiti o germi, entrano in conflitto con l'uomo (anche indirettamente, attaccandone le specie amiche) e questa lotta è una delle limitazioni principali all'esistenza umana; ma la lotta più aspra, frequente e diffusa per l'uomo, spiegava Ratzel, è quella che combatte contro i propri simili30. Nel descrivere il modo in cui la penetrazione commerciale europea relegava gli altri popoli ai gradini più bassi della scala produttiva, il geografo tedesco osservava che estinguendo l'organismo economico di quei popoli spesso causava la loro fine: l'organismo più forte aveva così la meglio sul debole e se ne nutriva31.

Complesso è comunque delineare il peso della lotta per l'esistenza all'interno delle teorizzazioni di Ratzel: lo si trova infatti affermare che essa avrebbe un ruolo troppo preponderante all'interno della teoria dell'evoluzione. Ma immediatamente precisava che la biosfera «è intessuta in una trama di reciproca ostilità», in cui ogni essere cerca senza sosta di soppiantare ed assimilare gli altri32. La lotta per la vita, sotto forma di lotta per lo spazio, era un Leitmotiv in tutta la sua riflessione e la competizione veniva dipinta quale essenza medesima della storia. Malgrado la suddetta notazione critica, non si può considerarlo un elemento marginale nella costruzione teorica.

25 F. RATZEL, La terra e la vita, vol. 2, cit., p. 670. 26 F. RATZEL, Geografia dell'uomo, cit., pp. 15-24. 27 Ivi, p. 25.

28 Ivi, pp. 47-48. 29 Ivi, pp. 469-474. 30 Ivi, pp. 517-519. 31 Ivi, p. 94.

In Die Erde und das Leben del 1901 Ratzel definiva la vita della Terra «come un'onda nella grande corrente dell'evoluzione dell'universo», «un continuo divenire e trapassare, come un costante scorrere di onda sopra onda». Con ancor più forza tornava il tema della centralità dell'energia solare: «Quel che di meglio offre la terra le viene dal sole: la vita riposa sulla luce e sul calore»33. Spiegava infatti come una gran parte delle proprietà della superficie terrestre siano dovute al Sole, al punto di invitare a «venerare in lui con grato animo il plasmatore della terra e la sorgente della vita terrestre», poiché dall'irradiazione solare deriva quella dispersione d'energia che è la fonte della vita34. Se in

Anthropogeographie aveva sostenuto che gli esseri organici sono per metà terrestri (i loro

componenti chimici) e per metà solari (la loro energia), in questa nuova opera riconosceva alla parte solare una decisa preminenza poiché sono la luce e il calore a far acquisire foggia, vita e movimento alla parte terrena35. La base delle affermazioni ratzeliane era scientifica, ma i toni dal sapore quasi mistico: un sottile legame con gli astri nell'unità fisica del cosmo, scriveva poco più avanti nell'opera, crea un'unità spirituale che allarga straordinariamente l'orizzonte rappresentativo della nostra esistenza, mentre la conoscenza del Sole allarga la «patria» umana all'universo intero. Del resto, secondo il geografo tedesco scienza e religione sono imparentate, figlie dell'ammirazione per l'immensità della volta celeste36. Autori come Richard Peet sono partiti da questo tipo di affermazioni per sostenere che, sullo sfondo di un determinismo naturalistico, avrebbe agito in Ratzel una fondamentale componente mistica37.

I rapporti tra scienze naturali e geografia politica tedesca non si esaurivano nella figura di Ratzel. Quando Albrecht Haushofer, figlio di Karl, scrisse delle origini della geopolitica, oltre all'ispirazione di Ratzel citava anche una serie di geografi della scuola scientifico- naturalistica che si erano volti ai problemi politici38. Tra essi c'era Albrecht Penck (1858- 1945), formatosi in botanica, chimica, mineralogia e geologia. Per i primi cinquant'anni della sua vita s'occupò di problemi geomorfologici, divenendo un'autorità internazionale in materia. Nel clima della Prima Guerra Mondiale prese però a interessarsi alla politica, pubblicando studi sui confini alpino e orientale e partecipando nel dopoguerra al movimento nazionalista. Due dei più stretti collaboratori di Karl Haushofer nella pubblicazione della “Zeitschrift für Geopolitik” erano Erich Obst (1886-1981), di formazione geologo, e Hermann Lautensach (1886-1971), fisico e chimico. Alfred Hettner (1859-1941), il primo professore di geografia in Germania a essersi laureato in quella stessa materia, era stato allievo dello stesso Ratzel a Lipsia. Dallo studio dei climi, Hettner passò presto a indagare il modo in cui essi influivano sull'essere umano.

Karl Haushofer non fu mai un naturalista, in nessun momento della sua vita, ma tramite Ratzel s'imbevette di concetti delle scienze naturali traslati alla geografia politica. Il padre di Karl, Max Haushofer, era collega di Ratzel all'Istituto Tecnico di Monaco e risulta 33 Ivi,, vol. 1, p. 76.

34 Ivi, pp. 86-87.

35 F. RATZEL, Geografia dell'uomo, cit., p. 572; F. RATZEL, La terra e la vita, vol. 2, cit., p. 616. 36 F. RATZEL, La terra e la vita, vol. 1, cit., pp. 94-95.

37 R. PEET, The social origins of environmental determinism, cit.

che i due si frequentassero39. Karl Haushofer adottò Politische Geographie come testo obbligatorio del corso all'Accademia Militare di Monaco40. Quando pensava alla geopolitica, descriveva un incontro della storia con le nozioni della biogeografia e dello studio delle razze (che alla sua epoca fungeva, pur con tutte le sue note storture, da antesignano della genetica moderna)41.

Al di là dell'utilizzo di categorie quale quella di spazio vitale, si può osservare l'influsso naturalistico-ratzeliano su Haushofer anche nel modo in cui descriveva la nascita della nazione giapponese con ferma analogia organicistica. I suoi riferimenti andavano alla «struttura cristallina» (Kristallgestaltung) o alla «formazione statuale cellulare» (Zellenstaatsbildung), nel quadro di una «biologia statale» (Staatsbiologi[e])42. Questo processo di formazione di due cellule statuali, embrione della futura nazione nipponica, era avvenuto in un luogo privilegiato: un altipiano protetto di un arcipelago oceanico che, secondo i canoni wagneriani, era sede ideale per una etnogenesi43. Il processo di formazione nazionale, nella parole di Haushofer, «ci richiama fortemente al processo di