• Non ci sono risultati.

III. L'EVOLUZIONISMO

13. Darwin e la dottrina della selezione naturale

Charles Darwin (1809-1882) cominciò a concepire la teoria dell'evoluzione per selezione naturale grazie alle osservazioni compiute durante il viaggio sul Beagle, negli anni '30. I grandi fossili animali, la somiglianza tra specie abitanti diverse latitudini, le analogie delle specie isolane con quelle continentali, furono tutti elementi che volsero la riflessione del naturalista inglese verso la variazione graduale delle specie1. Nei decenni successivi giunse a tradurre quelle ispirazioni in dottrina, riunendo tutti i tasselli in un rivoluzionario mosaico teorico.

A Darwin non si deve l'intuizione dell'evoluzione, ma l'aver «fornito all'umanità le basi per credervi»2. Il compito che si diede il naturalista inglese non fu quello di trovare le prove dirette del mutamento delle specie, cosa che reputava impossibile3, bensì d'inferire da una serie di fatti la teoria migliore per spiegarli4. La capacità esplicativa della teoria garantiva per essa, sebbene non nella maniera più rigorosa e provata, ma secondo un metodo comunque ampiamente utilizzato nelle scienze naturali5. Darwin era conscio delle tante ragionevoli obiezioni che si potevano contrapporre alla sua teoria, ma stimava che solo una piccola parte di esse fosse potenzialmente esiziale, e che l'avanzamento delle conoscenze scientifiche avrebbe in futuro diradato pure questi residui dubbi6.

Darwin cominciò a elaborare compiutamente la sua teoria nel 1838 e l'abbozzò in due trattati, uno scritto nel 1842 e l'altro nel 1844, non pubblicati. Intimorito dalle prevedibili reazioni alla sua tesi7, spinto dal perfezionismo a dimostrare minuziosamente ogni asserzione rispondendo preventivamente alle possibili obiezioni, lavorò a lungo a un opus magno che non vide mai compimento. Infatti, nel 1858 Alfred Russel Wallace (1823-1913) inviò a Darwin un proprio manoscritto, contenente una teoria della selezione naturale simile alla sua. Darwin si consultò con gli autorevoli amici Lyell e Hooker, e assieme trovarono una soluzione che non fosse scorretta verso Wallace ma nemmeno facesse perdere a Darwin i diritti di primogenitura sulla teoria8. L'1 luglio 1858, dunque, il saggio di Wallace fu letto di fronte alla Linnean Society, accompagnandolo a un estratto dell'abbozzo del 1844 di Darwin e a una vecchia lettera sempre di quest'ultimo a Asa Gray. L'evento non suscitò grosse reazioni, anche a causa della scarsa notorietà di Wallace9, ma

1 F. DARWIN, The life and letters of Charles Darwin, vol. 2, cit., p. 82

2 B.J. LOEWENBERG, Darwin scholarship of the Darwin year, “American Quarterly”, vol. 11, n. 4 (Winter, 1959), pp. 526-533, alla p. 526.

3 F. DARWIN, The life and letters of Charles Darwin, vol. 2, cit., p. 362.

4 B.J. LOEWENBERG, The mosaic of Darwinian Thought, “Victorian Studies”, vol. 3, n. 1 (Sep., 1959), pp. 3-18; A.E. MCGRATH, Darwinism and the divine, cit., pp. 149-150.

5 A.E. MCGRATH, Darwinism and the divine, cit., p. 152. 6 C.R. DARWIN, On the origin of species, 1859, cit., p. 171.

7 Quando cominciò a concepire la sua teoria Darwin non era ancora trentenne, e rischiava di compromettere una promettente carriera lanciata dalla spedizione sul Beagle. Il problema, secondo S.J. GOULD (Ever since Darwin, cit., pp. 23-27), non stava tanto nell'evoluzionismo – un'eresia allora già diffusa in ambiente scientifico – quanto nel materialismo filosofico: la materia intesa come origine di tutti i fenomeni mentali e spirituali.

8 Cfr. S.J. GOULD, The Panda's thumb. More reflections in natural history, Norton, New York, 1980, p. 48. 9 J.G.T. ANDERSON, Deep things out of darkness, cit., p. 126.

Darwin, spinto a uscire allo scoperto, diede finalmente alle stampe On the origin of species l'anno seguente. Difficilmente soddisfatto da un lavoro che reputava distante dal più ambizioso progetto iniziale, e posto di fronte a una gran messe di critiche cui desiderava rispondere, l'opera passò attraverso sei diverse edizioni fino al 1872, nel corso delle quali ¾ dei contenuti furono modificati10.

Si crede comunemente che quella di Darwin fosse una sfida aperta lanciata contro l'ortodossia religiosa, ma in realtà la ricezione da parte dell'opinione pubblica cristiana fu mista: una parte condannò la nuova teoria, un'altra ritenne di poterla coniugare con la fede in chiave teologico-naturale. Il darwinismo non era incompatibile con la nozione di un Dio creatore, ma solo con quella della “creazione speciale”: ossia con la tesi che Dio avesse creato specie fisse adatte solo ad ambienti ben determinati11. La selezione dei tratti più vantaggiosi da parte della natura, caposaldo della teoria darwiniana, è stata descritta come «intrinsecamente teleologica»12. Lo stesso Darwin sembrò immaginare un inquadramento teologico-naturale alla sua teoria, laddove nell'abbozzo del 1844 scriveva che, sulla base delle nostre conoscenze, è da ritenersi probabile che «il Creatore abbia imposto soltanto leggi generali»13. Sebbene questo contenuto teologico-naturale andasse progressivamente attenuandosi fino ad annullarsi nell'opera di Darwin, in On the origin of species ritroviamo l'accenno alle «leggi impresse sulla materia dal Creatore»14. Nel 1862, per un volume sulla fecondazione delle orchidee15, il naturalista inglese scelse di adottare nel titolo il vocabolo

contrivance, fortemente connotato in senso religioso per il suo vasto utilizzo da parte della

teologia naturale: secondo Asa Gray, se questo volume avesse preceduto piuttosto che seguito On the origin of species, Darwin sarebbe stato canonizzato anziché anatemizzato dai teologi16. Lo stesso botanico americano nel 1861 prese posizione dichiarando compatibili la selezione naturale e la teologia naturale17, seguito poi da commentatori quali Charles Kingsley (1819-1875) e il futuro arcivescovo di Canterbury Frederick Temple (1821-1902): costoro intravedevano nel darwinismo un utile apporto alla teologia naturale, in cui all'anacronistico universo statico di Paley si andava sostituendo uno dinamico diretto dalla divina provvidenza18. Anche se diversi autori religiosi rigettarono la teoria della selezione naturale, un gran numero la adottò come nuovo metodo creativo di Dio19.

La radicale irriducibilità di teologia naturale e darwinismo, con la prima a 10 A.E. MCGRATH, Darwinism and the divine, cit., p. 150.

11 Ivi, p. 157. 12 Ivi, p. 162.

13 C.R. DARWIN, The foundations of The origin of species, cit., p. 134. 14 C.R. DARWIN, The origin of species, cit., 1859, p. 488.

15 C.R. DARWIN, On the various contrivances by which British and foreign orchids are fertilised by insects, and on

the good effects of intercrossing, John Murray, London, 1862.

16 F.. DARWIN, The life and letters of Charles Darwin, vol. 3, cit., p. 274.

17 A. GRAY, Natural Selection not inconsistent with Natural Theology. A free examination of Darwin's treatise on the

Origin of Species, and of its American reviewers, Ticknor and Fields, Boston, 1861.

18 A.E. MCGRATH, Darwinism and the divine, cit., p. 164. Kingsley accettò anche la dimensione casuale e

contingente dell'evoluzione per selezione naturale, così come teorizzata da Darwin, intravedendo in essa lo spazio entro cui si muove il libero arbitrio dell'uomo; tra i maggiori sostenitori di Darwin nella cultura britannica, ruppe con lui solo sulla questione della moralità come frutto generato dall'evoluzione, tesi ai suoi occhi inaccettabile. Cfr. P.J. HALE, Monkeys into men and men into monkeys. Chance and contingency in the evolution of man, mind and

morals in Charles Kingsley's "Water Babies", “Journal of the History of Biology”, vol. 46, n. 4 (2013), pp. 551-597.

simboleggiare un dogmatismo ignorante e il secondo l'introduzione tout court della scienza empirica, appare una ricostruzione ex post e tendenziosa, che ignora come l'opera degli evoluzionisti s'inserisse in un contesto scientifico già battuto dai loro colleghi e predecessori creazionisti20. La stessa descrizione di Darwin come campione dell'ateismo divenne popolare solo sul finire del secolo21, ma poggiava su deboli riscontri fattuali. È probabile che fin dagli anni '40 la visione religiosa di Darwin si facesse più eterodossa, o che accadimenti personali come la morte della giovane figlia Annie nel 1851 ne incrinassero la fede, ma poco o nulla permette di ipotizzare un suo ateismo: si può tutt'al più ravvisare un passaggio dall'ortodossia giovanile a una forma di deismo in età matura, fino all'agnosticismo negli ultimi anni22. Nel 1879, in risposta all'ateo John Fordyce il quale lo interrogava se evoluzionismo e fede in Dio fossero compatibili, Darwin rispondeva che era assurdo anche solo dubitarlo, e che lui personalmente, nella sua vita, aveva spesso mutato giudizio, ma mai si era sentito ateo23. In maniera più pertinente si è parlato di «ateismo metodologico», nel senso che l'universo descritto da Darwin non necessitava di una divinità per funzionare: dalla prospettiva della teologia naturale, egli aveva trasferito gli attributi del Dio di Paley alla natura24.

La maggior parte delle critiche a Darwin vennero non da ambienti religiosi ma da quelli scientifici25. Le insufficienti conoscenze dell'epoca, soprattutto in ambito geologico e genetico, esponevano la teoria darwinista a critiche che il suo stesso assertore faticava a respingere. Come riferito in precedenza, Darwin aveva di fronte stime dell'antichità della Terra assai inferiori a quelle oggi ritenute corrette26. A livello genetico egli era invece costretto a rifarsi a una propria versione della pangenesi27 (l'idea che ogni cellula del corpo produca gemmule che si depositano nell'apparato riproduttore), ignaro, al pari di quasi tutti i suoi contemporanei, dei concomitanti studi di Gregor Mendel (1822-1864)28. Proprio su queste due lacune scientifiche dell'epoca si sviluppò una delle critiche più sofferte da Darwin, quella di Fleeming Jenkin (1833-1885)29. La prima obiezione di Jenkin era che i tempi geologici allora noti apparivano insufficienti all'esplicarsi dell'evoluzione immaginata da Darwin. La seconda era che, secondo l'allora in voga nozione dell'ereditarietà per mescolanza30, i portatori di singole mutazioni difficilmente si sarebbero incrociati con altri individui mutati nel medesimo senso, e perciò le loro 20 M. BLAISDELL, Natural Theology and nature's disguises, “Journal of the History of Biology”, vol. 15, n. 2 (1982), pp. 163-189; A. FYFE, The reception of William Paley's "Natural Theology" in the University of Cambridge, “The British Journal for the History of Science”, vol. 30, n. 3 (1997), pp. 321-335.

21 Tra le opere principali che popolarizzarono quest'idea: E.B. AVELING, The religious views of Charles Darwin, Freethought Publishing Company, London, 1883.

22 A.E. MCGRATH, Darwinism and the divine, cit., pp. 158-159.

23 DCP-LETT-12041, lettera di C.R. Darwin a J. Fordyce, 7 maggio 1879. 24 P. BERGER, The social reality of religion, Faber, London, 1969, p. 180. 25 A.E. MCGRATH, Darwinism and the divine, cit., pp. 150-151.

26 C.R. DARWIN, The origin of species, cit., 1859, pp. 282-287

27 C.R. DARWIN, The variation of animals and plants under domestication, Vol. 2, John Murray London, 1875 (2nd edition), pp. 349-399.

28 Il suo lavoro fu recuperato solo a inizio Novecento, e solo negli anni '30 correttamente interpretato quale confermativo della tesi darwiniana.

29 [F. JENKIN], “The origin of species”, “The North British Review”, n. 46 (June, 1867), pp. 277-318.

30 Secondo tale tesi, i caratteri ereditari dovevano corrispondere a un valore casuale posto tra due estremi, rappresentati dagli omologhi tratti dei due genitori.

mutazioni si sarebbero diluite di generazione in generazione fino a sparire. Quest'ultima critica era tanto efficace, sulla base delle nozioni dell'epoca, che lo stesso Darwin confessò a Wallace di esserne rimasto persuaso31. Nella successiva edizione di Origin of Species, la quinta, cercò di superare l'obiezione ammettendo un ruolo maggiore all'uso e disuso di parti anatomiche, all'azione ambientale e persino all'ereditarietà dei caratteri acquisiti32. Il primo argomento, quello sull'insufficiente anzianità geologica della Terra, fu invece, come descritto in precedenza, utilizzato anche da Lord Kelvin. In tale caso Darwin, forte delle sue conoscenze in materia geologica, rimase fermo nell'idea che la stima del pur autorevole fisico si sarebbe rivelata sbagliata33, ma non di meno dovette prenderla in considerazione e ipotizzare un adattamento della teoria alla stessa. Poco prima di morire, Charles Darwin previde al figlio Leonard che entro mezzo secolo si sarebbero trovate le prove scientifiche corroboranti la sua teoria della selezione naturale: la previsione si rivelò alquanto precisa, visto che tra anni '30 e anni '40 del Novecento le scoperte di George Gaylard Simpson in ambito paleontologico e Ronald Fisher in ambito genetico permisero di superare le residue obiezioni contro la sua tesi34.

31 DCP-LETT-6591, lettera di C.R. Darwin a A.R. Wallace, 2 febbraio 1869.

32 G. DE BEER, Darwin's Origin today in N. Eldredge (ed.), The Natural History reader in evolution, Columbia University Press, New York, 1987, pp. 5-12, alla p. 5.

33 DCP-LETT-6841, lettera di C.R. Darwin a J.D. Hooker, 24 luglio 1869. 34 G. DE BEER, Darwin's Origin today, cit., pp. 7-9.