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I tempi della storia naturale: il contributo della geologia

III. L'EVOLUZIONISMO

10. I tempi della storia naturale: il contributo della geologia

La geologia ebbe un ruolo fondamentale nel promuovere una visione dinamica ed evolutiva del mondo e della storia. È nota1 la fondamentale influenza che ebbe sullo sviluppo del pensiero di Darwin la lettura dei Principles of geology di Charles Lyell, pubblicati tra 1830 e 1833, in cui si presentava la dottrina in seguito chiamata del “uniformismo”. Di contro al “catastrofismo”, ossia l'idea secondo cui la storia della Terra fosse costellata di grandi eventi traumatici che ne hanno segnato lo sviluppo, Lyell avanzava la tesi che a modellare il pianeta siano stati piuttosto lenti movimenti graduali, forze tutt'ora operanti nel medesimo modo e con la medesima intensità che nel più lontano passato. Darwin ambiva a seguire l'esempio di Lyell2 quando, paragonando biologia e geologia, inserì l'evoluzione delle specie dalla selezione naturale proprio tra queste forze che operano lente e graduali tramite l'accumulo di piccolissime modificazioni3. In The

origin of species si argomentava come a segnare l'evoluzione fosse questo lentissimo

processo d'accumulo e convergenza, più che “scorciatoie” come l'incrocio di razze4, l'azione protratta delle condizioni fisiche in diverse regioni naturali5 o l'ineffabile “forza interna” di St. George Jackson Mivart e altri pensatori vitalisti6. Perciò la sua teoria non avrebbe potuto reggersi senza la nuova coscienza degli enormi tempi geologici7, in virtù della cui paternità Darwin attribuiva a Lyell una «rivoluzione nelle scienze naturali»8; né il suo studio delle leggi dell'evoluzione sarebbe stato possibile, se non postulando – in accordo col principio uniformista – che le forze osservabili nella nostra epoca non siano differenti da quelle di ere lontane.

Lyell divenne per Darwin anche a livello personale una guida nei suoi studi. Nelle proprie memorie Darwin lo ricordava assieme a Joseph Hooker come l'amico di cui gli premeva ottenere l'approvazione9, e fu lui a coinvolgerlo nelle attività della Società Geologica10, di cui Darwin sarebbe divenuto pure segretario. Nel 1844, completato il secondo abbozzo della sua teoria delle specie, lasciava scritto alla moglie di pubblicarlo, in caso di sua morte prematura, affidandone la curatela proprio a Lyell o, qualora costui non si fosse dato personalmente disponibile, un altro geologo o naturalista da lui suggerito11. Lyell fu per lui uno sprone decisivo nell'elaborare e rendere pubblica la propria teoria12.

1 F. DARWIN, The life and letters of Charles Darwin, vol. 1, cit., p. 62, p. 68 e pp. 71-73; F. DARWIN, Introduction, p. xi, in C.R. DARWIN, The foundations of the Origin of Species. Two essays written in 1842 and 1844, ed. by F. Darwin, Cambridge University Press, Cambridge, 1909, pp. xxi-xxix.

2 F. DARWIN, The life and letters of Charles Darwin, vol. 1, cit., p. 83.

3 C.R. DARWIN, The origin of species, 1859, cit., pp. 95-96; The origin of species by means of natural selection, 6th edition, John Murray, London, 1872, pp. 201-202.

4 C.R. DARWIN, The origin of species, cit., 1859, pp. 31-32 e p. 43. 5 Ivi, p. 52.

6 C.R. DARWIN, The origin of species, cit., 1872, p. 201. 7 C.R. DARWIN, The origin of species, cit., 1859, pp. 282-287. 8 Ivi, p. 282.

9 F. DARWIN, The life and letters of Charles Darwin, vol. 1, cit., p. 67. 10 Ivi, pp. 67-68.

11 F. DARWIN, Introduction, cit., p. xxvii.

Sempre il geologo britannico, assieme a Hooker, nel 1858 introdusse alla Società Linneana le comunicazioni con cui Darwin e Alfred Wallace rendevano pubbliche le rispettive enunciazioni della tesi evoluzionista13. Curiosamente, malgrado l'appoggio che non fece mai mancare a Darwin, Lyell rimase a lungo scettico sulla teoria del discepolo e amico, convincendosi solo negli ultimi anni della sua giustezza14. Proprio il credo nell'uniformismo che aveva apparecchiato le elucubrazioni di Darwin, spingevano invece Lyell a ritenere che la Terra fosse, sin dalla nascita, più o meno sempre configurata nello stesso modo, e che le estinzioni di specie passate andassero interpretate nel quadro di grandi cicli geologici in cui le medesime specie potevano scomparire per poi riapparire15. A suo avviso gli organismi potevano reagire alle condizioni esterne con mutazioni fisiche ereditarie, ma solo entro una gamma limitata dalla natura della loro specie16. L'importanza della geologia negli sviluppi scientifici della biologia non si limitò però, ovviamente, al solo rapporto tra Lyell e Darwin.

Il termine “geologia” si era diffuso ampiamente solo dal tardo XVIII secolo, mentre prima d'allora “mineralogia” era stato quello più in voga. La volontà di attenersi all'insegnamento biblico e alla supposta anzianità della Terra d'appena poche migliaia d'anni limitò a lungo il valore scientifico dei contributi in tema di geogonia, ma non l'indagine sugli strati terrestri, la loro formazione e i resti fossili ivi contenuti17. Georgius Agricola (1494-1555) fu il primo studioso ad affermare l'influenza degli agenti atmosferici nel modellare la superficie terrestre18 e ad individuare la presenza di più strati geologici19. La convinzione più diffusa, fin da Cartesio (1596-1650)20 almeno, era che la Terra si fosse originata come massa incandescente e che gli strati si fossero sedimentati, secondo il peso specifico dei loro componenti, al suo raffreddamento21. A Stenone (1638-1686) si deve la prima formulazione dei princìpi secondo i quali gli strati geologici si sono venuti a comporre e formare22. Secondo Leibniz (1646-1716) due grandi forze erano all'origine dei mutamenti geologici: l'esplosione di gas contenuti sotto la crosta terrestre e le inondazioni d'acqua23. Nel 1692 John Ray, applicando solo fenomeni normalmente osservabili per spiegare la configurazione del mondo, gettò le basi di quello che sarebbe divenuto l'uniformismo24.

Un importante ruolo fu giocato dai geologi come studiosi dei resti fossili – i quali, malgrado già nell'Antichità fossero stati riconosciuti come resti di esseri viventi, nel Medioevo erano spesso considerati semplici rocce dalla forma curiosa. Il dibattito sulla 13 DCP-LETT-2299, Lettera di J.D. Hooker, C. Lyell a Linnean Society of London.

14 C.R. DARWIN, The origin of species, cit., 1859, p. 310; C. DARWIN, The origin of species, cit., 1872, p. 289. 15 S.J. GOULD, Ever since Darwin, cit., pp. 151-152.

16 C. LYELL, Principles of geology, being an attempt to explain the former changes of the Earth's surface, by

reference to causes now in operation, 3 voll. John Murray, London, 1830-1833, vol. 2, pp. 64-65.

17 A. WOLF ET AL., A history of science, technology, and philosophy in the 16th & 17th centuries, cit., p. 350.

18 G. AGRICOLA, De ortu & causis subterraneorum, Hieronymus Frobenius, Basileae, 1546, l. II. 19 G. AGRICOLA, De re metallica, Hieronymus Frobenius, Basileae, 1556, l. V.

20 R. CARTESIUS, Principia philosophiae, Ludovicum Elzevirium, Amstelodami, 1644, l. IV.

21 A. WOLF ET AL., A history of science, technology, and philosophy in the 16th & 17th centuries, cit., pp. 350-352.

22 N. STENO, De solido intra solidum naturaliter contento, Stelle, Florentia, 1669. 23 G.W. LEIBNIZ, Protogea, Johann Gottlieb Vierling, Leipzig und Hof, 1749. 24 J.G.T. ANDERSON, Deep things out of darkness, cit., p. 62.

loro natura rimase aperto fino al XVIII secolo25, sovrapponendosi con quello più longevo circa il perché del ritrovamento di conchiglie fossili entro strati montani. Se diversi studiosi vedevano in ciò la conseguenza del Diluvio Universale biblico, altri vi intravedevano la dimostrazione della mutevolezza della crosta terrestre26. Molto prima che si concepisse la deriva dei continenti, si cominciò a ipotizzare una dinamica di costante innalzamento e abbassamento dei vari settori della superficie del pianeta.

I fossili non fornivano elementi per una chiara ricostruzione della genealogia delle specie, anzi: l'improvvisa apparizione di nuove specie tra la documentazione fossile fu usata come argomento anti-evoluzionista da Agassiz, Sedgwick e Lyell, tanto che all'imperfezione della documentazione geologica Darwin dovette dedicare un capitolo intero del suo capolavoro27. In compenso, l'importanza dei ritrovamenti fossili per la teoria dell'evoluzione risiedeva proprio nella dimostrazione dei profondi cambiamenti sopportati dalla crosta terrestre, testimoni della sua longevità e mutevolezza. Abraham Gottlob Werner (1749-1817) adottò il metodo di studiare i fossili per datare gli strati geologici e poté apprezzare il succedersi di specie dopo specie28. Fu studiando i fossili nel bacino geologico parigino che Lamarck si rese conto di quanto fossero riduttive le stime sull'età della Terra29.

Nel 1650 l'Arcivescovo James Ussher (1581-1656), compilando una monumentale cronologia della storia antica, aveva fissato la data della Creazione al 23 ottobre 4004 a.C.; tale stima fu a lungo diffusa come nota a margine in varie edizioni anglosassoni della Bibbia, ma non si discostava se non di pochi anni rispetto a quelle precedentemente tentate da personaggi come Beda il Venerabile (673-735), John Lightfoot (1602-1675), Keplero (1571-1630) e Isaac Newton (1642-1727)30. Thomas Burnet (1635-1715) cercò anche di dimostrare la verosimiglianza del Diluvio Universale tramite argomentazioni squisitamente fisiche e geologiche31. L'idea di una creazione immutabile e recente, in piena coerenza col racconto biblico, entrò a far parte del consenso teologico pubblico in Inghilterra32, ma fu presto sfidata là e altrove dalle emergenti prove geologiche. Nel 1774 Buffon attaccò quel computo tradizionale stimando la Terra vecchia di 75.000 anni, ma si scomodò la Sorbona per confutarlo33. Quattordici anni dopo James Hutton, osservando gli strati geologici a Siccar Point, suggerì che la superficie terrestre, così come noi la conosciamo, fosse originata dai due processi di erosione e sedimentazione. Questi processi sono circolari – le acque erodono i continenti, ma le sostanze erose si sedimentano creando nuovi continenti – ed era perciò lecito supporre più cicli di distruzione e ricostituzione, sicché Hutton non si azzardava nemmeno a calcolare l'età della Terra, ma poneva per certo che dovesse avere un'età difficile da concepire per la mente umana34. Tra 1830 e 1833, la

25 A. WOLF ET AL., A history of science, technology, and philosophy in the 16th & 17th centuries, cit., pp. 365-367.

26 Ivi, pp. 366-367.

27 C.R. DARWIN, The origin of species, cit., 1859, pp. 279-311.

28 A.G. WERNER, Von den äusserlichen Kennzeichen der Fossilien, Sigfried Lebrecht Crufius, Leipzig, 1774. 29 J.G.T. ANDERSON, Deep things out of darkness, cit., p. 96.

30 W.W. HAY, Experimenting on a small planet. A scholarly entertainment, Springer, Berlin, 2013, p. 63. 31 S.J. GOULD, Ever since Darwin, cit., pp. 142-143.

32 A.E. MCGRATH, Darwinism and the divine, cit., pp. 218-222. 33 W.W. HAY, Experimenting on a small planet, cit., p. 64.

pubblicazione dei Principles of geology di Lyell chiarì come, di fronte al lento funzionare dei processi geologici, la Terra dovesse avere un'età immane. In ambito evangelico l'abbandono della cronologia di Ussher richiese ancora qualche decennio: la pubblicazione nel 1890 della Primeval Chronology di William Henry Green (1824-1900), professore a Princeton, chiarì agli ultimi scettici che le Scritture non fornivano informazioni sufficienti a stimare l'età della Terra35.

Il superamento delle tesi che volevano il nostro pianeta vecchio di poche migliaia di anni non significò l'immediato raggiungimento della consapevolezza sulla sua reale antichità che oggi ci caratterizza. Eppure essa era necessaria affinché la tesi darwiniana della lentissima evoluzione da mutamenti casuali non fosse invalidata. Finché Darwin rimase in vita, furono proposte stime temporali sull'esistenza della Terra e della vita ancora riduttive. In particolare era stato il grande fisico Lord Kelvin a sfidare, con una brevissima confutazione pubblicata nel 1864, la dottrina uniformista e le stime dei geologi sull'anzianità del pianeta36. Ipotizzando che la Terra originasse allo stato liquido, e che a seguito del raffreddamento il suo interno perdesse una quantità di calore costante e pari a quella ancora osservabile (principio questo stesso uniformista), Lord Kelvin concludeva che il pianeta non poteva essere troppo antico. Le sue stime iniziali prevedevano che la superficie solida fosse apparsa circa 100 milioni di anni fa (e comunque non più di 400 milioni di anni fa), ma col tempo andò persino restringendole a 20 milioni37. Ciò imponeva di scartare l'idea di Lyell della costanza, ancorché dinamica, del pianeta: per giustificare gli esiti attuali dei processi geologici in così poco tempo bisognava immaginare fenomeni più intensi quando la Terra era più calda; nonché accettare ch'essa stesse procedendo da uno stadio liquido a uno solido per via di un processo di raffreddamento culminante nel congelamento e, dunque, nell'estinzione d'ogni forma vivente38 (Lord Kelvin era fortemente in errore sull'anzianità del pianeta, ma anche la visione perennialista di Lyell è stata nel frattempo superata dalla scienza).

All'epoca non solo i maggiori geologi, ma pure due campioni dell'evoluzionismo biologico come Wallace e Huxley accettarono le datazioni “alte” di Lord Kelvin, considerandole non invalidanti la teoria darwiniana: semplicemente, se la Terra era così giovane e l'uniformismo teoria erronea, allora bisognava supporre che la selezione naturale operasse a un ritmo accelerato e se necessario anche variabile39. Nell'ultima edizione della sua opera maestra, anche Darwin si piegò alla datazione kelviniana e ipotizzò (derogando all'uniformismo) che a più violenti cambiamenti geologici nelle fasi primigenie del pianeta dovessero esser corrisposti più rapidi mutamenti biologici40. Solo all'inizio del XX secolo la scoperta che il calore della Terra non è la dissipazione di quello

Experimenting on a small planet, cit., pp. 64-65.

35 R.L. NUMBERS, “The most important biblical discovery of our time”: William Henry Green and the demise of

Ussher's chronology, “Church History”, vol. 69, no. 2 (2000) pp. 257-276.

36 W. THOMSON (Lord Kelvin), The “Doctrine of Uniformity” in Geology briefly refuted, “Proceedings of the Royal Society of Edinburgh”, vol. 5 (1866), pp. 512-13.

37 S.J. GOULD, The flamingo's smile, cit., p. 128. 38 Ivi, pp. 135-136.

39 Ivi, pp. 132-133.

presente allo stato liquido originario, bensì un continuo prodotto del decadimento radioattivo, ha permesso di superare l'obiezione di Lord Kelvin. Se Darwin nel 1872 era costretto a situare il termine del periodo cambriano 60 milioni di anni fa, oggi si ritiene corretta la stima di 490 milioni di anni. Se Thomson collocava il consolidamento della crosta terrestre, e dunque la capacità della Terra a ospitare esseri viventi, tra i 20 e i 400 milioni di anni fa, oggi si ritiene che la vita sia apparsa non più tardi di 3,5 miliardi di anni or sono.

Tornando ai fossili, va infine considerato che essi, nel portare a conoscenza i casi di specie ormai estinte, costringevano a riconoscere la non fissità della natura o, se si preferisce, della Creazione divina. Georges Cuvier nel 1812, lavorando sui fossili di alce gigante, provò l'esistenza d'una specie estinta differente da ogni altra presente41. I creazionisti risposero invocando come causa dell'estinzione dapprima il diluvio universale, e quando quest'ultimo fu scartato come seria ipotesi dalle scoperte geologiche, l'azione umana. Nel 1846 Richard Owen dimostrò che l'alce gigante si era estinta in Irlanda prima che l'isola fosse popolata dall'uomo, assestando un duro colpo alla credibilità del fissismo creazionistico. La vita variava, si era stabilito, ma andava definito in che modo: questo era il compito della sorgente scienza biologica.