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V. IL VIAGGIO E L'ESPLORAZIONE: LA NATURA COME MAESTRA

25. I naturalisti scoprono il mondo

Ogni studioso di scienze naturali che si rispettasse, in Età Moderna, non si dedicava esclusivamente all'opera filologica, classificatoria o di sintesi, ma si cimentava anche nell'osservazione diretta affrontando viaggi in terre poco note: l'esplorazione permetteva di riportare in patria considerazioni e campioni sulla geologia, l'ambiente e spesso pure gli uomini incontrati lungo il cammino.

Tipicamente, e per ovvie ragioni, l'attività di esplorazione era svolta durante la giovinezza, prima di diventare “naturalisti da tavolino” quando il fisico non permetteva più di affrontare prove logoranti. Fu intorno ai trent'anni che John Ray e Francis Willughby girarono l'arcipelago britannico in cerca di vegetali e uccelli, e solo per problemi politici estesero il loro girovagare all'Europa per ulteriori anni1. Tuttavia, né Willughby (che morì giovane) né Ray pensarono di pubblicare i propri diari di viaggio. Gli

Itineraries di Ray uscirono postumi, mezzo secolo dopo la sua morte, curati da George

Scott. Il genere del diario di viaggio avrebbe fatto la fortuna di molti naturalisti successivi, donando loro una popolarità rapida e in grado di travalicare i ristretti confini della comunità scientifica; tuttavia, anche quelli di Linneo, relativi al viaggio in Lapponia, furono pubblicati postumi. Lo svedese intraprese questo viaggio a venticinque anni, in un momento di incertezza per la sua carriera e gravi difficoltà economiche, e secondo taluni critici esagerò nel narrare del territorio percorso e dei pericoli incontrati; fatto sta che grazie a esso riuscì a farsi largo in ambiente accademico2.

Il prototipo dello scienziato-viaggiatore è senz'altro Alexander von Humboldt (1769- 1859)3. Proveniente da una facoltosa famiglia prussiana, poté fin da giovane viaggiare in Europa e conoscere importanti naturalisti come Georg Foster e Joseph Banks, entrambi accompagnatori di Cook nell'esplorazione del Pacifico. Dopo aver cercato a lungo un'opportunità d'esplorazione nell'Europa bloccata dalle guerre rivoluzionarie, assieme a Aimé Bonpland riuscì alfine a partire per le colonie spagnole in America, dove si trattenne dal 1799 al 1804, toccando pure gli Stati Uniti. Ormai sessantenne, nel 1829 si impegnò in un'altra spedizione, questa volta nella Siberia russa. Fu comunque la prima, da cui trasse poi un gran numero di pubblicazioni, tra le quali il fortunato diario Voyage aux régions

équinoxiales du nouveau continent, fait en 1799, 1800, 1801, 1802, 1803 et 1804, a dargli una

fama tale da renderlo una delle personalità più note nell'Europa del suo tempo.

Darwin fu un avido lettore di Humboldt. Lesse il Voyage «con cura e profondo interesse» durante il suo ultimo anno a Cambridge, prima di partire nel proprio giro attorno al mondo: fu un testo fondamentale per indirizzarlo alle scienze naturali4. Lo leggeva e rileggeva nel periodo precedente la partenza per sfogare la sua irrefrenabile 1 J.G.T. ANDERSON, Deep things out of darkness, cit., pp. 53-57.

2 Ivi, pp. 64-65. 3 Ivi, pp. 128-145.

4 N. BARLOW (ed.), The autobiography of Charles Darwin 1809-1882. With the original omissions restored, Collins, London, 1958, p. 67.

voglia di conoscere quelle terre lontane5. Lo consultava con sollievo mentre soffriva di mal di mare a bordo del Beagle6, ritrovandovi espresso lo stesso entusiasmo che provava lui nel godere degli scenari tropicali7. Gli studi di Humboldt costituivano per lui una guida nell'interpretare quanto osservava in prima persona8, «un altro Sole che illumina tutto ciò che guardo», per dirla con lo stesso Darwin9. Se prima di partire lo ammirava, dopo aver visto i Tropici quasi lo adorava, perché solo lui era stato in grado di descrivere a parole ciò che provava10. Nel 1833 la sorella Caroline, dopo aver letto le prime porzioni di diario che Charles gli inviava dal Beagle, notava che, «probabilmente per aver letto così tanto di Humboldt», aveva finito per ricalcarne la fraseologia e le espressioni francesi, a dispetto del proprio stile più schietto11.

Darwin ebbe occasione di scambiarsi un paio di lettere e poi incontrare fisicamente Humboldt. Nel 1839 il tedesco scrisse al giovane britannico, in risposta a una lettera di quest'ultimo, per elogiarne il Voyage of the Beagle12. Non senza pomposità, Humboldt scriveva che il fatto d'aver ispirato la dedizione al naturalismo di Darwin «potrebbe essere il più grande successo portato dalla mia modesta opera», e prevedeva un «eccellente futuro» per il suo giovane interlocutore. La lunghezza della missiva, quattro pagine in francese, e la discussione di vari temi scientifici trattati nel diario di Darwin, dimostrano che non si trattava di frasi di circostanza. Nella sua replica un Darwin entusiasta confessava quanto si sentisse onorato dalla risposta e dagli apprezzamenti di un autore che aveva tanto amato13.

Il 29 gennaio 1842, presso la residenza di Sir Roderick Impey Murchison a Londra, avvenne l'incontro tra Darwin e Humboldt. L'inglese non aveva ancora scritto la sua opera più famosa, ma era già abbastanza noto perché l'illustre tedesco fosse interessato a incontrarlo. Sfortunatamente, l'ultrasettantenne Humboldt aveva la tendenza a sproloquiare e l'incontro col suo vecchio idolo fu molto insoddisfacente per Darwin: «Fui un po' deluso dall'incontro col grande uomo – annotava nella sua autobiografia – ma le mie attese erano probabilmente troppo elevate. Non posso ricordare nulla distintamente di quel colloquio, se non che Humboldt era assai allegro e parlava molto»14. Nel 1845, a Hooker che lo informava delle condizioni sempre peggiori dello scienziato tedesco, Darwin offriva una descrizione ancor meno diplomatica del loro passato incontro: «[...] anche quando lo vidi io parlava in maniera irragionevole»15.

5 DCP-LETT-98, lettera di C. Darwin a C.S. Darwin, 28 aprile 1831; DCP-LETT-102, lettera di C. Darwin a J.S. Henslow, 11 luglio 1831. Come si legge nella prima di queste due lettere, Charles, su consiglio del fratello Erasmus, abbandonò allora lo studio dell'italiano per dedicarsi solo allo spagnolo.

6 R.D. KEYNES (ed.), Charles Darwin's Beagle diary, cit, p. 18. 7 Ivi, p. 20 e p. 48

8 Ivi, p. 23, p. 67 e p. 70. 9 Ivi, p. 42.

10 DCP-LETT-171, lettera di C. Darwin a J.S. Henslow, 18 maggio-16 giugno 1832. 11 DCP-LETT-224, lettera di C.S. Darwin a C. Darwin, 28 ottobre 1833.

12 DCP-LETT-534, lettera di A. von Humboldt a C. Darwin, 18 settembre 1839. 13 DCP-LETT-545, lettera di C. Darwin a A. von Humboldt, 1 novembre 1839. 14 N. BARLOW (ed.), The autobiography of Charles Darwin, cit., p. 107. 15 DCP-LETT-826, lettera di C. Darwin a J.D. Hooker, 10 febbraio 1845.