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III. L'EVOLUZIONISMO

17. Rivoluzione darwiniana e social-darwinismo

Ciò che Copernico aveva rappresentato per l'astronomia e Galileo e Newton per la fisica e la meccanica, Darwin fu per la biologia: con lui s'avviò una rivoluzione che portò ad applicare il metodo scientifico allo studio della vita1. Ma proprio come per gli altri illustri studiosi, anche l'influenza di Darwin travalicò ben presto i ristretti confini della biologia per investire tutte le scienze. Bayly descrive un cruciale momento di svolta nell'Ottocento, che mette fine a una fase d'accumulazione di dati sui fenomeni naturali, cominciata nel Rinascimento, e dà il là a un nuovo momento di rielaborazione di quella massa di dati in un'ottica dinamica, diacronica ed evolutiva2. L'evoluzionismo, secondo le parole di Capel, «si convertì in una sintesi esplicativa di tutta la realtà»3.

Nel momento in cui il darwinismo travalicava i confini della biologia per invadere il campo delle scienze politiche e sociali, inevitabilmente finiva per occupare anche l'agone politico. In un'epoca di grandi mutamenti, caratterizzati dalla rivoluzione industriale e dall'allargamento del suffragio elettorale, non poteva mancare una riflessione innovativa sull'uomo, il suo posto nel mondo e il rapporto con gli altri esseri. In Gran Bretagna i radicali democratici avevano adottato la prospettiva trasmutazionista per attaccare la tradizione e figurarsi una progressiva evoluzione; Darwin rese l'evoluzionismo digeribile non solo ai colleghi studiosi da un punto di vista scientifico, ma anche ai concittadini liberali da uno politico: il suo evoluzionismo malthusiano non andava in direzione di esperimenti socialisti ma esaltava la funzione benefica della competizione4.

Il termine “social-darwinismo” fu coniato negli anni '80 dell'Ottocento e divenne moneta corrente nel corso del Novecento. Dopo la Seconda Guerra mondiale ha assunto un valore prevalentemente spregiativo, sulla scorta dell'opera critica di Richard Hofstadter, Social Darwinism in American Thought, 1860–1915, pubblicata nel 1944 nel contesto d'una critica ideologica al fascismo. Il termine nasceva tuttavia di tenore neutro ed è oggi universalmente diffuso per descrivere quel fenomeno culturale consistente nell'applicazione dei princìpi naturali, in particolare evoluzionisti, alla riflessione sulla società umana; un fenomeno che ebbe ampia propagazione nell'età del positivismo. È importante notare che, nella sua accezione più ampia (e interessante) non limitata al solo utilizzo della teoria darwiniana, il social-darwinismo è più antico del darwinismo stesso: vi si potrebbe, ad esempio, includere Thomas Malthus. In questa sezione ci si concentrerà tuttavia sul social-darwinismo in senso stretto, ossia sull'applicazione del darwinismo alla società, descrivendone in breve tappe ed evoluzione da un punto di vista scientifico- disciplinare. Nell'economia della presente tesi non si seguiranno le narrazioni 1 B.J. LOEWENBERG, Darwin scholarship of the Darwin year, cit., p. 526. Cfr. B.J. LOEWENBERG, The mosaic

of Darwinian thought, cit.

2 C.A. BAYLY, La nascita del mondo moderno. 1780-1914, Einaudi, Torino 2007 [ed. or.: 2004], p. 379. 3 H. CAPEL, Filosofía y ciencia en la Geografía contemporánea, cit., p. 277.

4 P.J. HALE, Political descent. Malthus, mutualism, and the politics of evolution in Victorian England, Università of Chicago Press, Chicago, 2014, pp. 11-13.

costruttiviste circa l'origine socio-politica del social-darwinismo5. Un'analisi più dettagliata dei suoi temi sarà oggetto del prossimo capitolo.

Il social-darwinismo è paragonabile alla teologia naturale: in entrambi i casi le scienze naturali venivano incorporate, adattate a un'altra disciplina, e trattate come se fossero una sola6. Del resto, trattando di natura si trattava pure di umanità e ciò era ancor più vero man mano che si scostava la cortina della religione posta a tutela della separazione dell'uomo dal resto del creato. Wallace cercò una contorta via scientifica per tenere l'uomo fuori dalle leggi evoluzioniste e preservarne l'unicità “teologica”, scontrandosi con Darwin che pure fu sempre cauto nell'includere l'umanità nei propri discorsi. Haeckel in ciò procedette a briglie ben più sciolte, traducendo il darwinismo in un discorso filosofico materialista.

L'introduzione del discorso social-darwinista è tuttavia attribuita, tradizionalmente, a Herbert Spencer (1820-1903). Spencer era un biologo, cui si deve ad esempio l'introduzione dell'espressione “sopravvivenza del più adatto”, fatta propria anche da Darwin7; ma era anche molto altro, un autentico polimata, e forse proprio per questo applicò l'evoluzionismo a svariate materie e ne fece l'arco di volta d'una filosofia di sintesi. Spencer fu esposto alle idee evoluzioniste di Erasmus Darwin e Lamarck fin dalla giovinezza, tanto che se ne trova palese traccia anche nelle sue opere precedenti a On the origin of species. Nel suo primo libro del 1851, Social statics, l'allora redattore del “Economist” discusse di come la vita in società stesse adattando l'uomo alla stessa, tanto che un giorno il mantenimento dell'equilibrio sociale sarebbe divenuto a suo avviso spontaneo8. Nel successivo Principles

of psychology (1855) avanzò la teoria che la mente umana fosse soggetta a precise leggi

naturali e che dunque i fenomeni psicologici abbiano sempre avuto cause fisiologiche9. Nel 1862 avviò la pubblicazione del monumentale System of synthetic philosophy, nel quale cercava di mostrare le leggi evolutive in atto in ogni ambito dell'uomo, inclusi etica e sociologia10. Negli anni '70 Spencer era ormai tra i filosofi più in voga del momento. La sua idea di fondo era che l'evoluzione consistesse nel passaggio dall'omogeneità all'eterogeneità, dall'incoerenza alla coerenza e dall'indefinito al definito11. In queste tre dinamiche si riassumeva la legge fondamentale della realtà: essa era seguita non solo dagli esseri organici ma anche dalla natura inorganica, informava a sé la chimica come la fisica, spiegava l'ordine cosmico dei pianeti come quello sociale dell'uomo. Questo progresso evolutivo permetteva di ambire al raggiungimento della perfezione, che Spencer vedeva in una società umana ultra-differenziata e ultra-integrata, a tal punto da aver eliminato ogni competizione violenta sostituendola con quella pacifica in campo economico.

5 Cfr. ad es. R. PEET, The social origins of environmental determinism, “Annals of the Association of American Geographers”, vol. 75, n. 3 (Sep., 1985), pp. 309-333.

6 J. SAPP, Genesis, cit., p. 43.

7 Nella sesta edizione della sua opera principale, Darwin giudicò “survival of the fittest” un'espressione «più accurata, e talvolta altrettanto conveniente», di “selezione naturale” (C.R. DARWIN, On the origin of species, 1876, cit., p. 49).

8 H. SPENCER, Social statics, John Chapman, London, 1851.

9 H. SPENCER, The principles of psychology, Longman, Brown, Green and Longmans, London, 1855. 10 H. SPENCER, System of synthetic philosophy, 10 voll., Williams and Norgate, London, 1862-1892. 11 H. SPENCER, First principles, 2nd edition, Williams and Norgate, London, 1867, p. 396.

La dottrina evoluzionista applicata all'ambito sociale ispirava un dilemma morale: se il successo del più adatto si traduceva in un miglioramento dei posteri, era più giusto aiutare coloro che arrancavano nella lotta per l'esistenza ovvero abbandonarli al loro destino? Lo stesso Darwin affrontò il problema in Descent of man, auspicando che la nuova consapevolezza delle leggi di ereditarietà ed evoluzione spingesse l'uomo a praticare un'accorta selezione sessuale e, soprattutto, a non ridurre artificialmente la lotta per l'esistenza che abilita la selezione naturale12.

Una risposta ancora più esplicita fu quella fornita dal cugino di Darwin e illustre polimata Francis Galton (1822-1911). Fin dalla prima pubblicazione di On the origin of

species, egli decise d'approfondire le implicazioni antropologiche e sociali del

darwinismo13. Conducendo esperimenti sull'ereditarietà del talento e sulla divergenza caratteriale dei gemelli, giunse alla conclusione di poter ribaltare la proverbiale asserzione di Locke, per cui l'individuo sarebbe “tabula rasa” compilata da ambiente ed esperienze, e dare invece la preminenza alla natura, ossia alla genetica14. Coerentemente a ciò, Galton prese a perorare una nuova società in cui l'educazione superiore fosse aperta a tutte le classi, il reddito derivante dal proprio lavoro più importante rispetto ai beni ereditati dai genitori, i più deboli destinati al celibato e i più forti degli altri popoli incoraggiati a immigrare15. Le politiche matrimoniali per il miglioramento della stirpe furono da lui approfondite nell'opera Inquiries into human faculty and its development del 1883, dove coniò anche il termine “eugenetica”16. Con tale nome lanciò una nuova disciplina «che riguarda tutte le influenze che migliorano le qualità innate d'una razza, e anche quelle che le sviluppano fino al massimo vantaggio»17. Nel 1907 nacque una Società d'Educazione Eugenetica con Galton presidente onorario e nel 1912 si tenne il primo congresso internazionale dedicato alla nuova scienza. Essa ricevette un diffuso sostegno: a difesa dell'eugenetica si mossero radicali e socialisti (attratti da una riorganizzazione scientifica e meritocratica della società), come Karl Pearson, George Bernard Shaw, i coniugi Webb e persino le femministe (persuase dall'importanza che la nuova disciplina riconosceva alle donne nel controllo delle nascite e nella scelta del compagno con cui riprodursi)18. In generale, gli intellettuali e l'opinione pubblica progressisti si mostrarono inizialmente i più interessati all'eugenetica19.

L'applicazione pratica dell'eugenetica è però comunemente attribuita al nazismo: il che 12 C.R. DARWIN, The descent of man, 1871, vol. 1, cit., pp. 167-175; C.R. DARWIN, The descent of man, 1874, cit.,

pp. 617-618.

13 D.W. FORREST, Francis Galton. The life and work of a Victorian genius, Taplinger, New York, 1974, p. 84. 14 F. GALTON, Hereditary genius: an inquiry into its laws and consequences, Macmillan, London, 1869; The history

of twins, as a criterion of the relative powers of nature and nurture, “Fraser's Magazine”, vol. 12 (1875), pp. 566-

576.

15 F. GALTON, Hereditary genius, cit., p. 362.

16 F. GALTON, Inquiries into human faculty and its development, Macmillan, London, 1883.

17 F. GALTON, Eugenics: its definition, scope, and aims, “American Journal of Sociology”, vol. 10, n. 1 (1904), pp. 1- 6.

18 M. BOULTER, Bloomsbury scientist. Science and art in the wake of Darwin, University College London Press, London, 2017, pp. 102-114.

19 M. FREEDEN, Eugenics and progressive thought. A study in ideological affinity, “The Historical Journal”, vol. 22, n. 3 (1979), pp. 645-671; D. PAUL, Eugenics and the Left, “Journal of the History of Ideas”, vol. 45, n. 4 (1984), pp. 567-590.

è vero, ma tale consapevolezza ha finito per oscurare la sua più vasta popolarità nel mondo e nello spettro politico. Già nel 1905 in Germania fu fondata la Gesellschaft für

Rassenhygiene, allo scopo di migliorare l'umanità escludendo dalla riproduzione i tratti

indesiderati. Durante il regime nazista la rivista della Società, Archiv, divenne un organo del Comitato di Salute Pubblica20. Tra i fondatori della Società e condirettore di Archiv era Ernst Rüdin (1874-1952), che ebbe un ruolo di primo piano negli studi di genetica psichiatrica volti a dimostrare, per l'appunto, un ruolo preminente dell'ereditarietà rispetto all'ambiente nelle psicopatologie. La sua opera per eradicare dal lignaggio (tramite sterilizzazione) i geni ritenuti portatori di disordini psichici lo ha esposto all'accusa di complicità coi programmi di eutanasia nazisti21. Ben note sono infatti le politiche eugenetiche praticate dal regime di Hitler ed è per questo che non saranno qui ripercorse22. Anche negli Usa, tuttavia, prassi pur differenti ma ispirate ai medesimi princìpi furono seguite per decenni23. Del resto negli Usa e, in maniera inferiore ma non trascurabile, in Gran Bretagna gli scienziati eugenisti guardarono con interesse e talvolta collaborarono attivamente coi colleghi tedeschi24. È stato anche notato come, sia negli Usa sia in Germania, nella prima metà del Novecento, si potessero osservare collegamenti e sovrapposizioni, a livello di personalità e temi, tra il movimento eugenetico e quello ambientalista25.

L'influsso del social-darwinismo fu globale e andò ben oltre i confini del mondo anglosassone. In Germania, oltre a Haeckel, altri autori concorsero a tradurre il darwinismo in scienza sociale; in particolare Albert Schäffle (1831-1903) dedicò la sua opera principale alla struttura e vita del corpo sociale, cercando di combinare scienze sociali e naturali in un unico sistema pur mantenendo la dimensione spirituale propria dell'idealismo26. Il social-darwinismo è stato da taluni autori individuato come un'influenza importante sull'origine dell'ideologia nazista27, ma di certo la sua diffusione inizialmente fu favorita dagli ambienti liberali e socialisti mentre risultò indigesta a gran 20 P. WEINDLING, Health, race, and German politics between national unification and Nazism, 1870-1945,

Cambridge University Press, Cambridge, 1989, p. 500.

21 J. JOSEPH, N.A. WETZEL, Ernst Rüdin: Hitler's Racial Hygiene mastermind, “Journal of the History of Biology”, vol. 46, n. 1 (Spring, 2013), pp. 1-30.

22 Sul tema si può consultare R. PROCTOR, Racial hygiene. Medicine under the Nazis, Harvard University Press, Cambridge, 1988.

23 E. BLACK, War against the weak. Eugenics and America's campaign to create a master race, Four Walls Eight Windows, New York, 2003; M.S. PERNICK, The black stork. Eugenics and the death of “defective” babies in

American medicine and motion pictures since 1915, Oxford University Press, Oxford-New York, 1996.

24 B.W. HART, Watching the “Eugenic experiment” unfold. The mixed views of British eugenicists toward Nazi

Germany in the early 1930s, “Journal of the History of Biology”, vol. 45, n. 1 (2012), pp. 33-63; S. KÜHL, The Nazi connection. Eugenics, American racism, and German National Socialism, Oxford University Press, Oxford-

New York, 1994.

25 G.E. ALLEN, "Culling the herd": Eugenics and the Conservation Movement in the United States, 1900-1940, “Journal of the History of Biology”, vol. 46, n. 1 (Spring, 2013), pp. 31-72; F.-J. BRÜGGEMEIER, M. CIOC, T. ZELLER (eds.), How green were the Nazis?Natura, environment, and nation in the Third Reich, Ohio University Press, Athens, 2005; T.M. LEKAN, Imagining the nation in nature landscape preservation and German identity,

1885-1945, Harvard University Press, Cambridge 2004; L.K. NYHART, Modern nature, University of Chicago

Press, Chicago, 2009; F. UEKOTTER, The green and the brown. A history of conservation in Nazi Germany, Cambridge University Press, Cambridge, 2006.

26 A.E. SCHÄFFLE, Bau und Leben des sozialen Körpers, 4 voll., Laupp, Tübingen, 1875-1878.

27 G.L. MOSSE, The crisis of German ideology. Intellectual origins of the Third Reich, Grosset and Dunlop, New York, 1964, pp. 88-101.

parte dell'opinione pubblica cattolica e protestante28. Lo stesso Haeckel negli anni '60 dell'Ottocento era un liberale radicale e vari altri divulgatori del darwinismo in Germania – Preyer, Gustav Jaeger, Alexander Ecker – utilizzarono la nuova teoria per sostenere la necessità politica di competizione, proprietà privata e laissez-faire29. Ratzel, nella prefazione del suo compendio della teoria darwinista, citava esplicitamente come movente di aver fatto «la propaganda più sicura per le tendenze progressiste» (il riferimento era alla scienza ma la scelta semantica non poteva che ricollegare alla politica)30. Grazie all'influenza dei biologi tedeschi e col sostegno dei partiti social-democratici, l'eugenetica trovò interesse scientifico e applicazioni pratiche in Scandinavia31. Malgrado il predominante clima neo-lamarckiano, pure la Francia ebbe un attivo e influente movimento eugenista32. In Asia Orientale il social-darwinismo e persino l'eugenetica entrarono nel dibattito, spesso indirizzandolo verso uno spirito di raggruppamento panasiatico contro la dominazione europea33.

L'evoluzionismo era ormai penetrato nella coscienza di molti popoli. Con esso avevano trovato accesso o più salda conferma numerose idee sulla natura, sull'uomo e sulla società che sarà compito del prossimo capitolo descrivere.

28 A. KELLY, The descent of Darwin. The popularization of Darwinism in Germany, 1860-1914, University of North Carolina Press, Chapel Hill, 1981, pp. 22-23.

29 R. WEIKART, The origins of Social Darwinism in Germany, 1859-1895, “Journal of the History of Ideas”, vol. 54, n. 3 (1993), pp. 469-488.

30 F. RATZEL, Sein und Werden der organischen Welt. Eine populäre Schöpfungsgeschichte, Gebhard und Reisland, Leipzig, 1869, p. 10.

31 M BJÖRKMAN, S. WIDMALM, Selling eugenics: the case of Sweden, “Notes and Records of the Royal Society of London”, vol. 64, n. 4 (2010), pp. 379-400; N. ROLL-HANSEN, Geneticists and the eugenics movement in

Scandinavia, “The British Journal for the History of Science”, vol. 22, n. 3 (1989), pp. 335-346; A.

SPEKTOROWSKI, E. MIZRACHI, Eugenics and the welfare state in Sweden. The politics of social margins and

the idea of a productive society, “Journal of Contemporary History”, vol. 39, n. 3 (2004), pp. 333-352.

32 W. SCHNEIDER, Toward the improvement of the human race. The history of eugenics in France, vol. 54, n. 2 (1982), pp. 268-291.

33 Y.J. CHUNG, Better science and better race? Social Darwinism and Chinese eugenics, “Isis”, vol. 105, n. 4 (2014), pp. 793-802; J.A. THOMAS, Reconfiguring modernity. Concepts of nature in Japanese political ideology,

IV. TEMI DELL'EVOLUZIONISMO,