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La geopolitica interbellica in Germania e Italia

VI. GEOPOLITICA: LA SCIENZA NATURALE DELLA POLITICA

33. La geopolitica interbellica in Germania e Italia

Karl Haushofer riprese il lemma composto da Rudolf Kjellén, ossia Geopolitik, ma con significato leggermente differente da quello dello svedese. Haushofer la considerava «la scienza della forma di vita politica nello spazio vitale naturale», sia nella fase di radicamento al suolo sia in quella di movimento storico, rispetto alla geografia politica che era «lo studio della distribuzione spaziale del potere statuale»1. Rispetto a Ratzel, egli voleva integrare la geografia fisica come base fondamentale dell'indagine con scienze quali l'economia, la politologia o la sociologia2: ogni sapere necessario alla «conservazione dello Stato nello spazio»3. In tal modo la geopolitica haushoferiana andava a fagocitare tutte le dimensioni della scienza politica dello Stato immaginatasi da Kjellén, diveniva «terra di confine tra geografia, storia e politica»4. Otto Maull riformulava quest'idea vedendo nella geopolitica l'applicazione dei metodi geografici a storia, economia, sociologia e altre discipline ancora5. Rimaneva comunque fermo il principio della basilarità della geografia, per non incappare nell'errore della sociologia che vuol costruire partendo dal soffitto anziché dalle fondamenta6.

La geopolitica si proponeva dunque come scienza di sintesi e per tale ragione, come spiegava lo stesso Maull, non poteva accontentarsi delle normali carte geografico-politiche, di natura analitica, neanche se coadiuvate dai pur utili cartogrammi, che rimanevano nell'ambito statistico-descrittivo. La carta geopolitica doveva essere esplicativa della morfologia statuale, quindi anche «genetica»7. Tale carta doveva pure essere di sintesi, poiché chiamata a esprimere «lo Stato nel suo insieme, come individuo spaziale dotato di vita e impulsi espansivi»8. Da qui pure la dinamicità della carta geopolitica, con frecce direzionali, sfumature, tratteggi e quant'altro potesse servire a esprimere il mutamento e le forze costantemente agenti.

Haushofer faceva propria anche la descrizione di Robert Sieger, secondo cui la geopolitica è lo stadio di sviluppo della geografia politica che ha il compito di fare una «prognosi» oggettiva sul destino d'una nazione, basandosi sui caratteri territoriali e spaziali. La prognosticità della geopolitica non significava che fosse facile formulare leggi – pratica in cui si doveva semmai mostrare una forte cautela: ci si situava sempre nel campo della possibilità, ammoniva il Generale bavarese9. La geopolitica doveva

1 K. HAUSHOFER, Politische Erdkunde und Geopolitik, cit., p. 49. Cfr. K. HAUSHOFER AT AL., Über die

historische Entwicklung des begriffs Geopolitik in Id. (hrsg.), Bausteine zur Geopolitik, Kurt Vowinckel, Berlin-

Grunewald, 1928, pp. 3-28, alle pp. 16-17.

2 K. HAUSHOFER AT AL., Über die historische Entwicklung des begriffs Geopolitik, cit., p. 19.

3 K. HAUSHOFER, Grundlagen, Wesen und Ziele der Geopolitik in K. Haushofer et al. (hrsg.), Bausteine zur

Geopolitik, cit., pp. 29-48, alla p. 35.

4 K. HAUSHOFER, Politische Erdkunde und Geopolitik, cit., p. 54.

5 K. HAUSHOFER AT AL., Über die historische Entwicklung des begriffs Geopolitik, cit., p. 22. 6 K. HAUSHOFER, Politische Erdkunde und Geopolitik, cit., p. 52.

7 O. MAULL, Über politischgeographische-geopolitische Karten in K. Haushofer et al. (hrsg.), Bausteine zur

Geopolitik, cit., pp. 325-342, alla p. 328.

8 Ivi, p. 332.

confrontarsi realisticamente coi fenomeni vivi nel mondo, non con quanto scritto nei libri; men che meno in quelli dei giuristi che cercavano di costringere la natura in strutture astratte. Ma la natura, diceva Hashofer, sfugge a tali costrizioni perché è pregna di forza vitale. È la geografia ad avere la capacità di mediare tra la natura reale e la teoria intellettuale10.

La funzione prognostica costituiva la principale differenza della geopolitica dalla geografia politica secondo i cultori della Geopolitik. Si trattava di un imperativo che la politica poteva legittimamente attendersi dalla scienza. La sua origine si trovava senz'altro nelle teorie di Ratzel e Kjellén, ma anche nell'anelito dei geografi tedeschi, dopo la sconfitta bellica, di raccogliere le forze e metterle al servizio della patria11. Haushofer e gli altri geopolitici ritenevano la propria scienza legata a doppio filo al contesto in cui era sorta: le sofferenze e mutilazioni patite dalla Germania imponevano di non ripetere gli errori del passato. Gli studiosi che avevano fatto la guerra sentivano il dovere di dare «una migliore protezione scientifica alla forma di vita politica»12. La geopolitica era una disciplina applicata, che trovava il proprio compimento nell'educazione a una visione del mondo su vasta scala e attenta al suolo dei cittadini elettori e del capo politico che la mettesse in pratica13. A esso gli uomini di scienza offrivano, pronto all'uso, quanto necessario per la realizzazione pratica del potere nello spazio14.

Conseguentemente a ciò, Karl Haushofer pensava che la carta geopolitica dovesse essere soprattutto «suggestiva»15. Il suo scopo era convogliare le idee e la prognosi dell'autore, persuadere il lettore e indurlo a condividere le soluzioni proposte dal cartografo. Era un pregio per la carta essere in grado di convincere non solo i Tedeschi, ma anche i lettori di altri popoli: perciò Haushofer si raccomandava che dovesse «convincere [...] non ferire». La carta geopolitica incamerava dunque la soggettività del suo autore, ma non doveva mentire: «le bugie cartografiche hanno gambe particolarmente corte», ammoniva il Generale bavarese16. Egli, giova ricordarlo, non si sentiva un propagandista, bensì uno studioso che poneva la propria scienza al servizio della nazione. Mirava dunque a un sapere oggettivo e corretto, che poi potesse essere utilizzato strumentalmente per un fine politico. La geopolitica, affermava, non è «serva» delle forze politiche, ma si presenta «davanti a loro con fatti concreti e leggi dimostrabili» chiedendo «di essere ascoltata e presa in considerazione»17. Era al “consigliere del principe” di machiavelliana memoria che Haushofer guardava come modello per sé stesso, mentre alla geopolitica rivendicava una dignità pari a quella della politica. La politica aveva non la facoltà ma il dovere

Ideen, Zentral-Verlag, Berlin, 1931]; K. HAUSHOFER, Il Giappone costruisce il suo impero, cit., pp. 245-249 e pp.

330-332.

10 K. HAUSHOFER, Geopolitica delle pan-idee, cit., p. 121.

11 K. HAUSHOFER AT AL., Über die historische Entwicklung des begriffs Geopolitik, cit., p. 11. 12 K. HAUSHOFER, Grundlagen, Wesen und Ziele der Geopolitik, cit., p. 29.

13 K. HAUSHOFER AT AL., Über die historische Entwicklung des begriffs Geopolitik, cit., p. 19; K. HAUSHOFER,

Grundlagen, Wesen und Ziele der Geopolitik, cit., p. 31; K. HAUSHOFER, Politische Erdkunde und Geopolitik, cit.,

pp. 50-53.

14 K. HAUSHOFER, Grundlagen, Wesen und Ziele der Geopolitik, cit., p. 36.

15 K. HAUSHOFER, “Die suggestive Karte” in K. Haushofer et al. (hrsg.), Bausteine zur Geopolitik, cit., pp. 343-348. 16 Ivi, p. 346.

d'ascoltarne le sue verità scientifiche e su di esse fondare la propria azione, pena il ricadere negli errori che avevano portato la Germania alla sconfitta. La geopolitica di Haushofer si poneva al servizio della politica, ma non le si asserviva: la differenza era sottile ma considerevole.

Il medesimo anelito a soccorrere la Patria in pericolo dopo la “Vittoria mutilata” e la crisi socio-economica seguita alla Grande Guerra, oltre allo stesso destino di provare invano a essere seriamente ascoltata dai decisori politici, ebbe la geopolitica italiana, che di quella tedesca fu coeva e stretta parente18. Già Roberto Almagià, negli anni successivi alla Prima Guerra Mondiale, aveva sostenuto la necessità di passare da una geografia politica solo “statica”, ossia rivolta allo studio sincronico dello Stato, a una “dinamica”, che l'analizzasse diacronicamente nel suo percorso evolutivo così come connesso a fattori geografici19. Il collegamento con la visione organicista di Ratzel era evidente, sebbene Almagià evitasse (forse per una conoscenza imperfetta della sua opera, scarsamente tradotta in italiano) di richiamarsi a un autore che reputava troppo determinista, salvo citare altrove Kjellén e Haushofer. La definizione di “geografia politica dinamica” ebbe successo tra i geografi italiani, che volevano mantenere una distinzione con la geopolitica tedesca, convinti com'erano che, dopo Ratzel, i colleghi d'Oltralpe avessero perduto il forte nesso con le basi geografiche per muoversi troppo disinvoltamente tra politica e sociologia20.

A riprendere tale lemma fu anche, in un articolo del 1931, l'allora giovanissimo Ernesto Massi21. In detto articolo la geografia politica statica era avvicinata alla geografia umana, come studio del paesaggio su cui si muovono la geografia politica dinamica e la geopolitica, in ciò considerate strettamente connesse ma non identiche. La geografia politica dinamica rimaneva, secondo Massi, nell'alveo della scienza geografica, mentre la geopolitica se ne muoveva al di fuori, sintetizzando i dati di varie altre discipline. Ciò ch'è forse più interessante, l'allora poco più che ventenne Massi, pur mostrando rispetto per la geopolitica di Haushofer e ancor più per la tradizione tedesca risalente a Ratzel, si immaginava che la cultura italiana avrebbe ben potuto limitarsi alla geografia politica dinamica, senza mai far attecchire la geopolitica. Si può ipotizzare che ciò dipendesse tanto dalla volontà di non mostrarsi pedissequi imitatori dei tedeschi, quanto dalla finalità dell'articolo di promuovere la geografia politica (ancora trascurata se non ignorata dal gotha scientifico nostrano) come disciplina accademica22.

Il maestro di Massi, Giorgio Roletto, aveva mosso i primi passi come studioso della geografia antropica delle vallate alpine; all'Università di Trieste aveva ricevuto l'incarico iniziale come docente di storia economica, per poi passare alla geografia economica e quindi alla geografia politica23. Fu lui nel 1937 ad abbracciare appieno la geopolitica,

18 Cfr. M. ANTONSICH, Geopolitica. The “geographical and imperial consciousness” of Fascist Italy, “Geopolitics”, vol. 14, n. 2 (2009), pp. 256-277, alle pp. 257-259.

19 R. ALMAGIÀ, La geografia politica. Considerazioni metodiche sul concetto e sul campo di studio di questa

scienza, “L'Universo”, vol. 10 (1923), pp. 751-768.

20 M. ANTONSICH, Geopolitica, cit., p. 259.

21 E. MASSI, Geografia politica e geopolitica, “La Coltura Geografica”, n. 6 (1931), pp. 139-145. 22 G. SINIBALDI, La geopolitica in Italia (1939-1942), Libreriauniversitaria.it, Padova, 2010, pp. 19-20. 23 Ivi, pp. 13-15.

identificandola ormai con la geografia politica dinamica quale branca della geografia24. Nel 1939 Roletto e Massi fondarono la rivista “Geopolitica” grazie al decisivo appoggio del Ministro dell'Educazione Nazionale Giuseppe Bottai, che incoraggiava i geografi a prestare la propria scienza alle finalità politiche della nazione25. Il primo numero della rivista si apriva proprio con un saluto di Bottai, nel quale il Ministro fascista poneva in evidenza il deficit di coscienza geografica patito dagli Italiani nel corso della Grande Guerra; a “Geopolitica” era indicato l'ambizioso obiettivo di far sì che della storia di ieri «non [si] ripetano gli errori nella storia di domani»26. L'invito era raccolto da Massi e Roletto, i quali dedicavano il primo editoriale, tra le altre cose, al rapporto tra scienza e politica27.

Va tuttavia notato che designare la geografia come scienza pratica utile alla nazione e alla politica non era affatto originale all'epoca. Una simile nozione si poteva ritrovare tra i geografi di vari Paesi e, non ultimi, tra quelli italiani28. L'originalità della geopolitica non può dunque, neppure in Italia, cercarsi nella pur spiccata ed esplicita politicizzazione della disciplina. Massi e Roletto la contrastavano semmai agli altri tentativi di porre gli studi al servizio dello Stato, tacciati di romanticismo (i letterati) o di teorismo (gli economisti): la geopolitica riportava alle salde fondamenta della geografia29. Ai loro occhi i Tedeschi avevano completato un'evoluzione della geografia politica, non più rispondente alle nuove esigenze scientifiche e politiche, verso la geopolitica, «uno studio geografico-storico dei fatti politici, sociali ed economici e della loro connessione», in cui non manca il fine prognostico di «indicare le direttrici di vita politica agli Stati»: non sfuggiva il collegamento, pur indiretto, con la biologia, dal momento che Massi e Roletto affermavano che la geopolitica tendesse a «una sintesi della vita e della politica»30.

Agli occhi dei due studiosi italiani il rapporto tra la geografia politica e la geopolitica era il seguente: la geografia politica studia il territorio nelle sue influenze reciproche con gli Stati; la geografia politica dinamica osserva l'evoluzione di tale rapporto; la geopolitica travalica i confini strettamente geografici, includendo nella sua analisi anche i rapporti tra gli Stati, sebbene studiati sempre con metodo geografico e in chiave diacronica. Si trattava d'una tipologia d'indagine che da un lato incorporava appieno il dinamismo e l'evoluzionismo importati nelle altre scienze dalla biologia, ma dall'altro, sfociando nelle scienze sociali, «allontana sensibilmente il geografo dalla base naturalistica abituale»31. Va considerato che i geopolitici italiani non vollero prendere una posizione troppo netta nella disputa scientifica tra tedeschi e francesi (coi secondi, come noto, ad accusare di determinismo i primi), mentre posero in evidenza la decisione d'includere i fattori spirituali, culturali e volontaristici nella propria indagine32.

24 G. ROLETTO, Le tendenze geopolitiche continentali e l'Asse Eurafrica, Mondadori, Milano, 1937. 25 Sul lancio della rivista e il ruolo di Bottai si veda G. SINIBALDI, La geopolitica in Italia, cit., pp. 25-28. 26 G. BOTTAI, S.E. Bottai alla “Geopolitica”, “Geopolitica”, vol. 1, n. 1 (1939), pp. 3-4.

27 G. ROLETTO, E. MASSI, Per una geopolitica italiana, cit. 28 M. ANTONSICH, Geopolitica, cit., pp. 260-262.

29 G. ROLETTO, E. MASSI, Per una geopolitica italiana, cit., p. 5. 30 Ivi, pp. 7-8.

31 Ivi, p. 9. 32 Ivi, pp. 8-10.

Questa volontà di differenziamento dalla Geopolitik – malgrado l'augurio di Haushofer contenuto nel primo numero – tornava già nella seconda uscita in un articolo a firma di Edoardo Funajoli33, nel quale s'imputava ai colleghi del Reich d'essere rimasti, in virtù della discendenza da Ratzel, fermi a un determinismo ambientale. Più affine era proclamata la posizione febvriana possibilista, alla quale s'imputava però d'essere scarsamente geografica ed eccessivamente empirica. La geopolitica italiana, secondo Funajoli, era una nuova e vera scienza perché di tenore storicista, «filosofia della geografia».

Tale volontà da parte dei geopolitici italiani di scostarsi dagli omologhi tedeschi, dipingendo questi ultimi come deterministi e ambientalisti e sé stessi come attenti alla centralità dello spirito e alla volontà umana, non deve indurre nell'errore di far pensare che la geopolitica italiana avesse tagliato ogni ponte con le scienze naturali. In una serie d'articoli di Morichini che, per il tramite della «ricostruzione storica della geopolitica come prassi», mirava a «esporre l'essenza della geopolitica come scienza», si legge che la geopolitica è unione tra la storia, «scienza morale», e la geografia umana, che «più si avvicina alle scienze naturali»34. Al fatto geografico egli conferiva valore geopolitico nel momento in cui l'uomo si relaziona con esso, va a formare una «coscienza collettiva» o «”concezione della vita” che è il motore della prassi geopolitica»35.

In un suo commento, Vasto Malachini ribadiva la necessità per la geografia, laddove desiderosa d'avere valore politico (e ciò era da lui raccomandato, essendo «la scienza delle scienze [...] il bene pratico e completo dell'uomo»), di non essere mera scienza naturale ma d'attaccarsi alla dimensione antropica: notava a tal proposito che già taluni zoologi, sfruttando le proprie competenze per elaborare paralleli con le società umane, si erano fatti sociologi rivelando talento filosofico. La scienza superiore è «quello spirito che cerca negli anteriori e sempiterni legami degli uomini con la madre natura le ragioni di tutta la vita, e della storia umana e dei processi evolutivi». La vita spirituale, spiegava Malachini, non sfugge alla natura; lo spirito non può domare la materia. Se così non fosse, del resto, sarebbe impossibile parlare di scienza, ossia di capacità di previsione, dal momento che una volontà svincolata in un'assoluta libertà d'azione sarebbe imprevedibile. In tal modo scienza e spiritualità dovevano accordarsi36.

Umberto Toschi discusse in un articolo sulla rivista del rapporto tra ambiente e genetica – problematica centrale nella discussione darwinista e che, in continuità con essa, Ratzel ripropose negando l'azione diretta dell'ambiente sull'uomo. Toschi rimandava alla necessità di considerare l'uomo nella sua differenziazione razziale, «non tanto assunta dall'ambiente, quanto trasmessa per eredità». Egli ammetteva ma in forma limitata l'influenza ambientale sulla determinazione dei caratteri razziali, preferendo osservare piuttosto la differente reazione che differenti gruppi umani mostrano a eguali sollecitazioni ambientali. Questa diversità di reazione, agli occhi di Toschi, era più 33 E. FUNAJOLI, La geopolitica e la sua legittimità di scienza, “Geopolitica”, vol. 1, n. 2 (1939), pp. 91-95.

34 U. MORICHINI, Geopolitica romana. La fase propedeutica, “Geopolitica”, vol. 1, n. 3 (1939), pp. 153-159, alle pp. 153-154.

35 U. MORICHINI, Geopolitica romana. II. I primi problemi e le prime soluzioni, “Geopolitica”, vol. 1, n. 6 (1939), pp. 351-355.

conseguenza che causa della differenziazione razziale: egli assumeva quest'ultima come un dato di fatto, pre-esistente alla storia, e imputava ai caratteri razziali le diverse attitudini fisiche e psichiche dei gruppi umani. Egli, così facendo, non solo anteponeva la genetica all'ambiente – concezione in fondo coerente col darwinismo – ma anche alla storia: la diversità di sviluppo storico era da lui ricercata nella diversità di patrimonio genetico37.