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Ma a questo punto rimane implicita una domanda: in che cosa consiste tale “causa di Dio” che si rivolge all'uomo?

Hans Küng ne offre una ben precisa spiegazione a partire dal Discorso della montagna. In questo testo fondamentale del Vangelo di Matteo (Mt 5,1-7,28), troviamo infatti un significativo compendio dell'insegnamento di Gesù, che tuttavia non si presenta in termini legalistici come una “somma di comandamenti”, culmina invece in una serie di “promesse di beatitudine” che costituiscono le “conseguenze del messaggio sul regno di Dio”710. A questo punto, Küng esclude

che si tratti di un' “etica a due classi”, possibile per alcuni e non per altri, o semplicemente di un' “etica penitenziale”711 che rivolge all'uomo un invito a convertirsi e chiedere perdono rispetto alla

propria condotta. In questo modo sono rifiutate sia un'interpretazione esclusivista del messaggio di Cristo, sia una visione ortodossa dell'insegnamento del Vangelo come radicalmente distante dalle possibilità umane. Inoltre Küng ritiene che non si tratti nemmeno di un'etica del sentimento che si limita a dare una direzione astratta ed ideale della condotta dell'uomo: “il discorso della montagna spinge ad agire. L'azione non è affatto trascurabile”712. E tuttavia non siamo neppure di fronte a un

“etica sociale”713, concretizzabile in direttive politiche per la formazione di una “nuova società”.

Infine, Küng non aderisce nemmeno all'idea che il discorso della montagna presenti un' “etica di breve durata”, “eccezionale”, legata all'annuncio messianico dell'imminente avvento del Regno. Si tratta invece a suo parere di un invito a fare “la volontà di Dio”714 nella quotidianità. La causa di Dio

che si pone come un orizzonte futuro, “fa appello alla grandezza dell'uomo, tende a un di più, all'illimitato, al tutto”715 e vuole coinvolgere “non solo l'agire, ma l'essere”716 dell'uomo. Si tratta

dunque di un messaggio che da una parte punta all'essenziale di ciò che deve costituire un'etica per l'umanità e d'altra parte porta questo essenziale al massimo livello di aspettativa. Così, spiega Küng, riferendosi come esempio all'unione matrimoniale, Gesù andava oltre le controversie legalistiche rispetto a quali fatti potessero determinarne la rottura e ne chiedeva invece la continuità senza limiti, senza la possibilità di divorzio. Si tratta di “appelli incondizionati, da tradurre in pratica di volta in volta nelle diverse situazioni”717, non di prescrizioni da realizzarsi esattamente così come sono

descritte. Questo perché ciò che Gesù ha di mira, la “causa di Dio”, non è la legge, ma l'uomo: “Con lo sguardo all'eschaton, alla realtà ultima e definitiva, al regno di Dio che viene, si attende una fondamentale trasformazione dell'uomo”718. Così in Essere Cristiani, Hans Küng, andando al cuore

coglie il messaggio del cristianesimo nella “causa di Dio” che diviene “causa dell'uomo”, e ultimamente “umanizzazione dell'uomo”719: “La volontà di Dio, dalla prima all'ultima pagina della 710 Ivi p. 269 711 Ivi p. 270 712 Ibidem 713 Ibidem 714 Ivi p. 271 715 Ibidem 716 Ivi p. 272 717 Ivi p. 273 718 Ibidem 719 Ivi p. 274

Bibbia, tende al bene dell'uomo a tutti i livelli, tende al bene definitivo e completo, in termini biblici alla 'salvezza' dell'uomo e degli uomini. La volontà di Dio è una volontà di salvezza che si traduce in aiuto, risanamento, liberazione”720

Infine, “Dio non viene visto senza l'uomo, l'uomo non viene visto senza Dio”721.

La teologia di Hans Küng, che aveva rifiutato l'invito di Paolo VI a prendere servizio presso la S. Sede, per operare invece a servizio della Chiesa e degli uomini, trova in quest'affermazione probabilmente uno dei suoi punti più alti. Il suo significato viene spiegato più avanti in due direzioni. Anzitutto, il messaggio di Gesù in quanto rivolto all'uomo diviene una relativizzazione della legge: “La causa di Dio non è la legge ma l'uomo. L'uomo stesso viene a prendere il posto dell'ordine assolutizzato della legge: umanità invece di legalismo, istituzionalismo, giuridismo, dogmatismo”,

In secondo luogo, per conseguenza, a divenire relativi, rispetto alla centralità dell'umano, sono anche il rito e il culto:

“la causa di Dio non è il culto, ma l'uomo. L'uomo stesso viene a prendere il posto di una liturgia assolutizzata: umanità, invece di formalismo, ritualismo, liturgismo, sacramentalismo. Il servizio umano non sostituisce il servizio divino. Ma il servizio divino non può mai esimere dal servizio umano, in cui trova la propria affermazione”722.

A questo punto si comprendono pienamente gli appelli di Küng rivolti alle chiese, alle religioni e ai sistemi politici per una loro progressiva umanizzazione.

La sentenza finale di quest'opera che costituisce a tutti gli effetti la summa theologiae del pensiero di questo teologo è dunque che “Essere cristiani significa essere radicalmente uomini”723, proprio a

partire dal messaggio di Gesù che coglie l'essenziale dell'essere umano e lo pone in un orizzonte escatologico che gli permette di realizzarsi in pienezza e radicalità. L'umanesimo, in ogni sua forma, non è dunque qualcosa di alternativo al cristianesimo, il quale invece si propone di portare ogni idea di umanità alla propria realizzazione più piena. Per farlo, si serve però, seguendo il messaggio di Gesù, dell' “altra dimensione”, della “causa di Dio”, che proprio ponendosi nella prospettiva del futuro può essere appello all'agire del presente:

“Seguendo Gesù Cristo l'uomo nel mondo d'oggi può

vivere, agire, soffrire e morire in modo veramente umano: nella felicità e nella sventura, nella vita e nella morte sorretto da Dio e fecondo di aiuto per gli altri”724

6.2 Un criterio etico universale

All'inizio degli anni '80 Küng si rivolse ad alcuni suoi colleghi all'università di Tubinga: l'egittologo

720 Ivi p. 277 721 Ibidem 722 Ivi p. 279 723 Ivi p. 631 724 Ivi p. 688

Helmut Brunner, Josef van Ess della facoltà di islamistica, Heinrich von Stietencron, indologo e infine Heinz Bechert, esperto di buddismo, per sapere se fossero interessati e disponibili a realizzare una serie di incontri di dialogo fra teologia cattolica e religioni. Questo progetto si realizzò con l'accordo di tutti, e sancì un grande successo, tanto che Küng, nel 1984, ne pubblicò alcuni resoconti nell'opera Cristianesimo e religioni universali. La conclusione di questo libro portava il significativo titolo “non c'è pace mondiale senza pace religiosa”.

Sempre nel 1984 usciva un altro importante testo del teologo svizzero dal titolo Teologia in

cammino, il cui capitolo finale, invece, si pone di fronte al tema dei criteri di dialogo tra le diverse

tradizioni religiose. Küng torna ancora una volta ad escludere, le diverse prospettive che già erano emerse in Essere Cristiani, considerandole qui tuttavia dal punto di vista della verità nella religione. Vengono dunque escluse le seguenti posizioni:

1. “Nessuna religione è vera. O meglio, tutte le religioni sono ugualmente non vere”725: per

ribattere a questa concezione ateistica, si può richiamare la riflessione sulla crisi dei moderni umanesimi e sulla finale necessità di avere acceso a un' “altra dimensione”, che sia capace di offrire un significato al “donde” e al “verso dove”. In pratica, una prospettiva futura, che non può essere meglio rappresentata che dal Regno di Dio, certo, tenendo presente che la “causa di Dio” è infine la “causa dell'uomo”, che diviene “l'umanizzazione dell'uomo” 2. “Solo una religione è vera. O meglio, tutte le altre le religioni sono non vere”726: si tratta

della posizione esclusivista sostenuta sia dalla teologia cattolica a partire dall'assioma extra

ecclesiam nulla salus, sia dalla dialettica di Karl Barth che considerava quello cristiano

come l'unico messaggio di redenzione. Questo certo sulla base della fedeltà di Dio in Cristo, più che per la dimensione umana, naturale e storica, che non contavano nulla in funzione dell'elezione divina. Abbiamo visto come si è evoluta la posizione della Chiesa cattolica nel corso dei secoli e come d'altra parte il pensiero di Barth fosse in realtà profondamente legato alla propria condizione storica. Comunque, conclude Küng, nella contemporaneità, le religioni universali, al di fuori della Chiesa, non possono più in alcun modo venire ignorate e costituiscono una sfida decisiva. Questo era chiaramente emerso già in Essere Cristiani. In

Teologia in cammino, ritorna dunque lo stesso messaggio:

“è innegabile oggi un'acutizzazione del problema. Con la scoperta di enormi continenti le religioni universali furono all'inizio soltanto una sfida esterna quantitativa per la cristianità. Ora però esse sono diventate, non soltanto per alcuni illuministi, ma per le stesse chiese cristiane, una sfida interna qualitativa”727

3. “Ogni religione è vera. O meglio, tutte le religioni sono ugualmente vere”728: questa la

posizione del pluralismo portato avanti, fra gli altri da John Hick e Paul Knitter. Küng ribadisce che si tratta di un appiattimento che rischia di non considerare con sufficiente serietà quanto vi è di normativo e di peculiare in ogni tradizione religiosa:

“Come non tutto è semplicemente uno, neppure tutto è semplicemente uguale – nemmeno

725 H. KÜNG, Theologie im Aufbruch, München, 1987, trad. it. di G. Moretto, Teologia in cammino, Milano, Mondadori, 1987, p. 258

726 Ivi p. 260 727 Ivi p. 262 728 Ivi p. 263

nella propria religione. L' 'anything goes', il 'tutto è possibile può meno di ogni altra cosa ridurre al silenzio i problemi della verità, della normatività, della fidatezza ultima, fondamentali per la vita umana”729

4. “Una sola religione è vera. O meglio, tutte le religioni partecipano della verità dell'unica religione”730: infine, eccoci alla concezione propria del “cristianesimo anonimo” di Rahner,

o dell'idea di “tolleranza” di Radhakrishnan. Questa posizione, secondo Küng, al pari del pluralismo, impedisce un reale confronto, assimilando tutti indistintamente verso un'unica direzione, senza tenere affatto conto delle singole specificità:

“Un simile inglobamento speculativo dell'interlocutore blocca il dialogo ancora prima che esso incominci. Dobbiamo tenere fermo il principio: gli uomini che vivono nelle altre religioni devono essere rispettati come tali, non venire sussunti dalla teologia cristiana”731

Del resto, Hans Küng non si dimostra pregiudizialmente contrario a nessuna di queste prospettive, finendo per coglierne, se prese non nel loro significato più estremo, anche degli aspetti positivi, che compendia in quattro principi conclusivi davvero illuminanti:

“Invece di un indifferentismo, per il quale tutto è uguale: un po' più di indifferenza nei confronti della sedicente ortodossia, che si costituisce misura della salvezza o della dannazione degli uomini e vuole imporre, con la forza e la coazione, la propria pretesa di verità;

Invece di un relativismo, per il quale non c'è un assoluto: più senso della relatività di fronte a tutte le assolutizzazioni umane, che impediscono una coesistenza produttiva delle diverse religioni e della relazionalità, che permette di vedere ogni religione nel proprio contesto relazionale.

Invece di un sincretismo, in cui tutto il possibile e l'impossibile vengono fusi, 'mescolati insieme': più volontà di sintesi di fronte a tutti gli antagonismi confessionali e religiosi, che costano ancora quotidianamente sangue e lacrime, affinché tra le religioni, invece dell'odio e della polemica, regni la pace”732

Ancora una volta, per Küng, non si tratta dunque di pervenire a una completa unità, né a una totale differenza: “neppure il cristiano possiede il monopolio della verità, e certamente nemmeno il diritto di rinunciare, nella forma di un pluralismo arbitrario alla professione di verità. Dialogo e testimonianza, in fondo, non si escludono”733. E comunque la questione della verità in campo

religioso, non può che legarsi, ultimamente, al questione dell'etica:

“Se dunque la religione promette un senso ultimo onnicomprensivo per il nostro vivere e morire, annuncia valori supremi e indistruttibili, pone criteri assolutamente vincolanti per il nostro agire e patire e dona una patria spirituale, allora tutto ciò significa che le dimensioni del vero (verum) e del bene (bonum), del senso e del valore nella religione si sovrappongono”734

E del resto, prima di porlo nei confronti delle altre, ogni religione, il tema del vero e del bene

729 Ivi p. 264 730 Ibidem 731 Ivi p. 265 732 Ivi p. 266 733 Ivi p. 267 734 Ivi p. 268