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3. Una confessione per la chiesa

3.2 Un movimento confessante?

Il primo teologo ad affermare, invece, l'incompatibilità della teologia evangelica con le dottrine naziste fu Herman Sasse. Su quali basi? “La teologia evangelica può discutere coi nazionalsocialisti su tutti i punti del loro programma di partito, persino sulla questione degli ebrei e sulla dottrina della razza”, così riteneva Sasse. Era inaccettabile, però, quanto si stabiliva nell'articolo 24 di Monaco, ovvero che la religione dovesse conformarsi al “sentimento etico della razza germanica”. Questo in base alla “dottrina evangelica del peccato originale”, che:

“contrariamente a quella cattolica – non lascia aperta nessuna possibilità per ammettere che la razza germanica o nordica o altra è per sua stessa natura in grado di temere, di amare Dio e di rispettare il Suo volere, ma che piuttosto il figlio della razza germanica, con tutte le migliori caratteristiche razziali spirituali e fisiche, è condannato alla dannazione come colui che nasce dall'unione di due persone di diversa razza”344

Da questa presa di posizione di Herman Sasse si possono cogliere due aspetti: anzitutto è evidente una certa cautela, che apre ad un possibile dialogo e spera dunque nella possibilità che il nazismo riveda le sue posizioni in campo religioso. In secondo luogo, risulta evidente che il tema della razza rappresenta un problema, se non altro in quanto stabilisce l'appartenenza alla salvezza cristiana su una base materiale, corporea, del tutto naturale ed umana. Questo era evidentemente in contrasto con la tradizionale dottrina protestante che poneva la sola fede come discriminante decisivo per

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l'elezione divina.

Altro documento significativo in questo senso è la cosiddetta “confessione di Altona”, redatta da Hasns Asmussen, risalente sempre al 1933. Questo documento richiama in qualche modo ancora all'ortodossia evangelica. Inizia infatti ribadendo che interesse e compito della chiesa sono l'insegnamento e l'annuncio della Parola di Dio, di Cristo e del suo Vangelo e prosegue affermando che tale messaggio non può essere circoscritto a un certo popolo, in quanto è di portata universale: “noi ci stacchiamo da tutti coloro che vogliono limitare la chiesa ad un determinato ceto popolare, poiché essa esiste per tutti e la sua parola si rivolge a tutti i ceti ed a tutti i partiti”. Altro punto significativo di questo documento è il tentativo, se pur moderato, di slegare la chiesa dall'autorità statale:

“Noi crediamo, insegniamo e professiamo che Dio è il creatore dello stato […] Se in tal modo entriamo in contrasto con l'autorità statale esistente, dobbiamo rispondere di fronte al tribunale di Dio ed alla spada dell'autorità statale. Ma se si verifica il caso che l'autorità stessa opera contrariamente al 'miglior bene dello stato', allora ognuno deve decidere quando è giunto il momento in cui occorre obbedire più a Dio che agli uomini"345

Il testo di Sasse, come quello di Asmussen, erano i primi tentativi di affermare quella che appunto Barth aveva definito la necessità di confessare e riaffermare il proprio credo, contro le eresie che sorgevano da varie altre parti e altri movimenti. Su queste basi nacque lentamente un nuovo “movimento confessionale” che riunì assieme, in maniera non sempre ufficiale, tutti i rappresentanti della chiesa evangelica, che in diversi modi cercavano di opporsi al nazismo e al cristianesimo tedesco.

Nel frattempo, i Deutsche Christen tenevano il loro primo Congresso nazionale, tra il 3 e il 5 aprile 1933, per decidere di introdurre un principio razziale nella dottrina protestante. Il 7 aprile, lo Stato nazista introduceva il “paragrafo ariano” che vietava agli ebrei di esercitare pubblici uffici. La prima, forte protesta religiosa a questo provvedimento venne da Dietrich Bonhoeffer, in una conversazione radiofonica sul tema “la chiesa di fronte al problema degli ebrei”.

Sono diversi gli aspetti rilevanti di un tale intervento. Prima di tutto è interessante la premessa:

“Il fatto, unico nella storia, per cui l'ebreo, indipendentemente dalla sua religione, e soltanto per la sua razza, viene sottoposto dallo stato ad un diritto speciale, pone al teologo due nuovi problemi, da trattare separatamente. La chiesa come giudica questo agire dello stato? Che cosa ne risulta per la posizione della chiesa verso gli ebrei battezzati nelle comunità?

Ad entrambe le domande si può dare risposta solo partendo da un giusto concetto di chiesa”346

Come si intende il testo si divide dunque in due parti: nella prima ritorna centrale il tema del rapporto, nel luteranesimo, tra lo Stato e la Chiesa: “essa non deve né lodare, né biasimare le leggi dello stato, anzi deve riconoscere lo stato come ordine di conservazione voluto da Dio per il mondo senza Dio, essa deve riconoscere la sua funzione”, e tuttavia: “solo la chiesa, che testimonia la venuta di Dio nella storia, sa che cosa sia la storia e quindi anche lo stato. E appunto sulla base di

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questo sapere, essa sola testimonia dell'irruzione di Dio entro la storia, nella persona di Cristo, mentre lo stato continua a fare la storia”347. Fino a che punto dunque l'autorità secolare deve essere

lasciata libera di agire? E quando è opportuno un intervento? Bonhoeffer risponde: "là dove lo stato sembra minacciato nella sua forma specifica, cioè nella sua funzione di produrre giustizia e ordine con la forza”348. Il discorso prosegue individuando tre interventi che sono possibili alla chiesa nei

confronti di uno stato che devii dalla corretta amministrazione della giustizia: 1. “responsabilizzare lo stato”, 2. “mettersi al servizio delle vittime dello stato”, 3. “la terza possibilità consiste non solo nel fasciare le vittime che sono finite in mezzo agli ingranaggi, ma nell'arrestare i congegni della ruota”, e conclude:

“là dove ci fosse ingerenza dello stato nell'essenza della chiesa e nella predicazione, come ad es. nell'esclusione forzata degli ebrei battezzati dalle nostre comunità cristiane, nel divieto della missione agli ebrei. Qui la chiesa si troverebbe in status confessionis e qui lo stato compirebbe l'atto di negare se stesso […] Per la questione degli ebrei oggi la chiesa è obbligata a farsi carico delle prime due possibilità di agire. La necessità dell'immediato agire politico invece deve essere decisa volta per volta da un 'concilio evangelico'”349.

L'idea di Bonhoeffer è dunque che la chiesa svolga un'opera di controllo verso lo stato, al fine di farlo agire secondo la giustizia a cui Dio lo ha ordinato. Soltanto nel venir meno di questa giustizia, la chiesa sarebbe chiamata ad agire per riportare la situazione entro i binari dell'ordine. Nel caso specifico, il regime nazista non stava compiendo il volere di Dio nel condannare gli ebrei su base razziale. Del resto, la chiesa sperava ancora nella conversione di Israele, promessa dalle Scritture, e “nessuno stato del mondo può considerare chiusa la questione di questo popolo misterioso, perché Dio non la considera chiusa”350.

La seconda parte del testo è rivolta soprattutto contro le dottrine dei Cristiani-Tedeschi, per i quali si potrebbe scindere la comunità cristiana in un'autentica comunità ariana, e in una spuria comunità giudeo-cristiana secondo le tesi di Stöker. L'argomentazione di Bonhoeffer è anche in questo caso davvero acuta: egli riporta infatti l'attenzione sulla “prima scissione nella chiesa di Cristo fra un cristianesimo dei gentili e un giudeo-cristianesimo”351. Si riferisce al fatto che nel cristianesimo

primitivo vi era un'effettiva congiunzione tra comunità cristiane ed ebraismo, che nel tempo era andata perdendosi a causa delle influenze greco-romane sulla dottrina cristiana e dell'avversione degli ebrei verso questa setta che era nata al loro interno. “Si avrebbe oggi un processo analogo”, ritiene Bonhoeffer, “là dove un gruppo appartenente alla chiesa della Riforma facesse dipendere l'appartenenza alla chiesa dal rispetto di una legge divina, per es. dall'unità razziale dei membri della comunità”352. Quelli che oggi rivendicassero un cristianesimo tedesco nei confronti di un

presunto cristianesimo giudaico, si comporterebbero paradossalmente proprio come i primi giudeo- cristiani che attribuivano per sé la verità del messaggio religioso, contro il cristianesimo di provenienza pagana. Ciò che invece deve unire o dividere la comunità, non ha a che fare con

347 Ivi pp. 366-67 348 Ivi p. 368 349 Ivi p. 369 350 Ivi p. 370 351 Ivi p. 371 352 ibidem

questioni di stirpe o di sangue, chiarisce Bonhoeffer, ma soltanto con la Parola di Dio: “è questo il criterio per verificare se la chiesa è ancora tale o non lo è più”353.

Questo intervento radiofonico fu sicuramente la prima radicale espressione di avversità di un pastore evangelico verso i provvedimenti razziali dello Stato nazista.