4. Salvezza al di fuori della Chiesa
4.4 Da La Chiesa a Essere Cristiani
“A ragione egli muoveva nella sua teologia radicalmente dall'alto, da Dio e dalla sua sovrana e libera azione in Cristo. Bisogna però dare ragione a Rudolf Bultmann – senza per questo abbandonare le intenzioni barthiane – quando dice che, in tal modo, Barth aveva più sopraffatto che assimilato gli importanti risultati della teologia liberale. In ogni caso, soprattutto per ragioni pastorali, mi sembra sia importante tentare di muovere dal basso, dalla esperienza e dalla storia umana. Quindi, per quanto riguarda la cristologia, non tanto muovere da Gesù Cristo, quale figlio di Dio, quanto piuttosto rimettersi nella situazione dei discepoli di Gesù, i quali dovevano porsi la domanda: chi è costui? Questa prospettiva di un lento avvicinarsi a tastoni alla persona di Gesù Cristo e, quindi, a Dio stesso, dovrebbe anche essere la più adatta all'uomo d'oggi”588. Così il teologo di Sursee rispondeva, in un dialogo del 1978 con i colleghi H. Häring e K. J. Kuschel, alla domanda: “dove stanno allora le differenze” (ovviamente con la teologia di Karl Barth). Nell'aprile del 1967 Hans Küng vola a Beirut per partecipare a un incontro tra teologi cristiani e musulmani. Erano presenti per l'occasione anche il segretario generale del WCC, Willem Visser't Hooft e il card. Willebrands. A non essere presenti al convegno furono però proprio i rappresentanti della teologia musulmana: si erano infatti riuniti, per conto prorpio, la settimana precedente. Küng ricorda con grande delusione questo avvenimento, annotando un significativo particolare:
“Quando chiedo al presidente del congresso Charles Malik, allora ministro degli esteri libanese e presidente dell'assemblea plenaria dell'ONU, come mai non avesse invitato oggi – dopo il Concilio Vaticano II con le sue dichiarazioni sulla libertà religiosa e il nuovo atteggiamento della Chiesa nei confronti dell'ebraismo e dell'Islam – teologi musulmani e cristiani insieme, mi risponde: 'Cher Professeur, c'est trop tôt! – Caro professore, è troppo presto!'. 1967, troppo presto? Piuttosto troppo tardi […]
Fin da questo viaggio nel 1967 sono però anche convinto che così come il Libano anche lo Stato d'Israele e la città di Gerusalemme possono trovare pace e stabilità solo attraverso il dialogo religioso e politico tra ebrei e musulmani”589
L'impegno del teologo nel campo internazionale, soprattutto sul tema del dialogo interreligioso, sarà in effetti da allora in poi sempre più significativo. Rispetto a questo viaggio che lo portò prima in Libano e poi anche in Israele e a visitare la stessa Gerusalemme, Küng annota nella sua autobiografia anche un'altra memoria: al ritorno in hotel intrattenne una conversazione con un'ebrea svizzera: “Lei che è un teologo cristiano è sicuramente in grado di darmi una risposta. Qui a Gerusalemme ci s'imbatte continuamente nel nome di questo Gesù Cristo. Che cosa c'è in
587 J. LORTZ, Storia della Chiesa 1, cit., p. 77
588 H. H HÄRING, K. J. KUSCHEL, Hans Küng. Itinerario e opera, cit., pp. 153-154
589 H. KÜNG, Erlebte Menschlichkeit. Erinnerungen, Piper, München, 2013, ed. it. in Una battaglia lunga una vita: ideee, passioni, speranze. Il mio racconto, a cura di C. Galli, Milano, Rizzoli, 2014, p. 414
quest'uomo? Perché è così tremendamente importante per voi?”590
L'occasione di questa domanda fu per lui, come racconta, un vero e proprio stimolo a riflettere in modo approfondito sulla questione: “È la domanda centrale nel dialogo tra crsitianesimo ed ebraismo. […] Citando la risposta tradizionale per cui appunto non si tratterebbe solo di un uomo, bensì del Figlio di Dio, della seconda persona della Trinità, la conversazione sarebbe certo terminata subito”, ma quello che sembra interessare a Küng, non è offrire una risposta corretta, quanto piuttosto proseguire il dialogo, instaurare il confronto. Per farlo, come sembra suggerire l'esperienza raccontata qui, è necessaria non tanto una corretta conoscenza dottrinale, quanto una decisiva capacità di porsi dal punto di vista dell'altro:
“siccome nell'ultimo periodo mi ero dato parecchio da fare con lo studio della ricerca neotestamentaria su Gesù, ho dunque improvvisato una narrazione 'dal basso' su come i suoi discepoli ebrei abbiano visto e vissuto questo Gesù di Nazareth; su quali fossero i contrasti con la Legge e col tempio; come si sia giunti al conflitto con l'establishment giudaico; su come, infine, a causa delle accuse da parte giudaica egli sia stato condannato a morte dal governatore romano Ponzio Pilato e dunque crocifisso a Gerusalemme e di come i primi cristiani fossero convinti che questo Gesù non sia rimasto nel regno dei morti...
Questa conversazione costituisce una sorta di scena chiave per il mio futuro libro Essere Cristiani”591
Certo per arrivare a questo testo Hans Küng dovrà passare anche per la feroce critica cattolica alle sue opere La Chiesa e Infallibile? Una domanda. Si trattò di un dibattito che verteva principalmente su questioni ecclesiologiche. Del resto, risulta già chiaro dalle tesi presentate sulla Chiesa come nuovo popolo di Dio che la strada percorsa da Küng mirava ad una svolta democratica, se vogliamo, sinodale, della Chiesa, che rivedesse decisamente la gerarchia e soprattutto il ruolo del pontefice e della curia vaticana. A questo tentativo di rivedere, “dal basso”, non solo la teologia a livello teorico, ma la stessa ecclesiologia, Küng accostava, comunque, il desiderio di una chiesa maggiormente aperta al dialogo, capace di realizzare in modo autentico la propria unità, seguendo la strada del confronto ecumenico con le altre confessioni cristiane e di concretizzare la propria cattolicità aprendosi ad un rapporto costruttivo con le altre religioni. Alla nostra analisi interessa maggiormente questa spinta verso l'esterno, propria della riflessione sulla Chiesa di Hans Küng, rispetto alle controversie interne nelle quali pure il teologo svizzero non mancò di portare, a proprie spese, un apporto decisamente significativo. Possiamo riportare in proposito anzitutto il parere di Herman Häring e Josef Nolte, che curarono un testo di saggi critici su La Chiesa di Küng edito nel 1971:
“Si possono rilevare tre tipi assai polivalenti di ecclesiologia: l'ecclesiologia conservativa che mira alla conservazione del patrimonio e della conferma di una prassi autosufficiente; una ecclesiologia speculativa che mira alla costruzione di uno spiritualistico mondo ecclesiastico, e, per ultimo, un'ecclesiologia critica orientata sulla causa di Gesù, che appare spesso alle sue precedenti come assurdità, come anti-ecclesiologia. Non ci dovrebbe essere alcun dubbio che il libro di H. Küng, La Chiesa, risolutamente e per la prima volta da parte cattolica aspiri ad un'ecclesiologia critica. Quindi questa pubblicazione serve alla discussione in un tempo nel quale le speranze del Concilio Vaticano II minacciano di divenire episodi – a meno che tale contestazione provenga da parte di una gerarchia timorosa, di un'ecclesiologia sorpassata o di una atarassia 590 Ivi p. 415
accademica utile più per la propria tranquillità che per il bene del mondo”592
Hans Urs von Balthasar il cui punto di vista è più critico, non manca comunque di rilevare che:
“Küng ha fatto un colossale lavoro di pulizia, come Ercole nelle stalle di Augia, o come un ciclope che accumula massi. Questo è un libro fatto con molto zelo e minuzioso lavoro, inserito in uno schema chiaro e pulito. In molti dei temi accennati si comincia a respirare: finalmente si chiamano le cose con il loro nome! Voglio citarne alcune: 'la chiesa e i giudei', 'la chiesa e gli eretici', sul significato della scomunica, su tutte le forme di trionfalismo nella chiesa, la sua clericalizzazione, il rovesciamento, anche all'interno del papato, del 'primato del servizio' in un 'autoritarismo rigido, intollerante ed aggressivo'”593
Il teologo von Balthasar coglie inoltre nel testo il grande influsso di Karl Barth. Sulla questione del popolo di Dio, rileva invece che la concezione di Küng, che rifiuta la gerarchia a vantaggio di una differenza di carismi e ministeri posti sullo stesso piano, è certamente derivata dalle lettere paoline, in particolare la Lettera ai Corinti. Da altri scritti tuttavia, come gli Atti degli apostoli, non si può negare che appartenesse, già alla prima comunità di Gerusalemme, una struttura più verticistica che riconosceva nei primi apostoli i propri capi, a cui era attribuita, riprendendo una tradizione ebraica, anche la capacità di trasmettere il proprio ministero.
Interessante è poi la discussione che si sviluppò con Yves Congar. Questo teologo francese che lo stesso Küng aveva sempre tenuto in grande stima, rileva ancora una volta la portata di novità, dirompente per l'ecclesiologia, che emerge dal testo La Chiesa:
“Küng, al contrario, il cui libro inaugura una collezione di ricerche ecumeniche, vuole affrontare con fermezza e con coraggio il problema che maggiormente divide i cristiani, quello della chiesa e, all'interno della chiesa stessa, quello dei ministeri.
Küng è dominato dalla passione della veridicità e dalla volontà di dire solo ciò che ogni cristiano, riferendosi ai medesimi testi biblici e alla medesima storia, potrà riconoscere e tenere in sé”594
Congar valuta positivamente anche la presa in considerazione, nel testo, della questione ebraica:
“il medesimo obbiettivo conduce Küng non solo a tener conto dei fatti della storia della chiesa e non solo delle tesi ideali, ma a giudicare questi fatti alla luce delle esigenze del Vangelo e a sviluppare un programma di vita ecclesiale conforme a queste esigenze stesse. Da qui un interrogativo che ritorna spesso sotto questa forma: che cosa significa per la chiesa la promessa fatta a Israele, in quanto ancora valida per i giudei del giorno d'oggi? Un paragrafo interessante”595
e tuttavia precisa più avanti: “buona visione dei rapporti tra chiesa e giudaismo, benché, a parer nostro, Küng sia lontano dall'aver messo in atto tutti gli apporti dell'Antico Testamento alla costruzione del popolo di Dio”596. Hans Küng risponderà a questa critica in modo piuttosto seccato, 592 H. HÄRING, J. NOLTE, Diskussion um Hans Küng 'Die Kirche', Freiburg im Bresgaum, Herder, 1971, trad. it. di
S. Fausti, Dibattito su “la chiesa” di Hans Küng, Brescia, Queriniana, 1973, pp. 12-13 593 Ivi p. 326
594 Ivi p. 202 595 Ivi p. 203 596 Ivi p. 205
ribadendo che la sua presentazione dei rapporti tra Antico e Nuovo Testamento e del sorgere del cristianesimo dal progressivo distacco dal giudaismo, è dettagliata e completa: “Si poteva fare di più? Certamente, soprattutto se non si avesse dovuto temere di aumentare ancora il numero di pagine del libro. Esso doveva d'altra parte restare un libro sulla chiesa e non divenire un libro su Israele”597. Più avanti tuttavia si rivelano in questa risposta anche alcune indicazioni interessanti, sul
metodo interpretativo seguito da Küng, che non fanno che confermare quanto detto finora sulla necessità di fare teologia partendo “dal basso” e con una prospettiva cattolica non autoreferenziale:
“Non si doveva, partendo da una determinata precomprensione dogmatica del piano e della storia della salvezza, con l'ausilio di una esegesi 'spirituale', fare violenza all'Antico Testamento, con una
'interpretazione' cristiana e astorica, trovando dappertutto, già nell'Antico Testamento, la chiesa cristiana prefigurata in Israele”598
e ancora:
“Dal punto di vista storico, tuttavia, come spiegato, la chiesa si rifà a Gesù di Nazareth, e, almeno oggi, non possiamo più interpretare Israele come una preforma della chiesa. Questo non solo va contro le regole di una seria ermeneutica veterotestamentaria, ma appesantisce anche, in modo inutile, il dialogo con i giudei, che, giustamente, ritengono tale interpretazione 'pneumatica' dell'Antico Testamento una presunzione cristiana”599 Apprezzata da Congar è anche la distinzione metodologica del libro tra Wesen e Unwesen, essenza e anti-essenza, nel senso di forma storica, della Chiesa. In particolare, riguardo al tema del popolo di Dio, riconosce che “Küng reinserisce tutta una antropologia spirituale nell'ecclesiologia. Può così, come facevano correttamente i Padri, applicare alla chiesa dei testi evangelici troppo spesso riservati al campo della 'spiritualità' personale”600.
E tuttavia questa aderenza ai testi evangelici risulta in fin dei conti secondo Congar eccessiva e particolaristca. “Küng pratica una specie di Scriptura sola”601, puntualizza il teologo francese. Non
solo, ma il libro di Küng rappresenta “un sensazionale ritorno del paolinismo nel pensiero cattolico”602, una concentrazione quasi esclusiva sulle lettere di Paolo, che addirittura secondo
Congar “rasenta il 'corintismo'”. Questo può certo essere positivo sempre per la sua portata di novità e per il dialogo con il mondo protestante, “ma a priori non si può ridurre l'ecclesiologia apostolica a Paolo”, inoltre “di Paolo, ma ancora più di Giovanni, Küng non ha seriamente sfruttato tanti temi e testi teologici”603. Inoltre, a mancare è ancor più chiaramente ogni riferimento alla Tradizione e al
Magistero: “Secondo Küng la Tradizione e il Magistero non hanno per così dire, parola […] Quanto ai testimoni della Tradizione, essi non sono mai interrogati. Secondo noi questo è un grave impoverimento”604.
Infine Congar, pur riconoscendo che l'autore de La Chiesa “supera risolutamente la ristrettezza di
597 Ivi p. 226 598 Ivi p. 227 599 Ibidem 600 Ivi p. 204 601 Ivi p. 207 602 Ivi p. 208 603 Ivi p. 209 604 Ivi p. 210
una 'gerarcologia'”605, ritiene che avrebbe potuto, con queste premesse, avviare un discorso ancora
più aperto al mondo e meno concentrato sulle questioni interne:
“Il paoloinismo avrebbe permesso una visione più cosmica. Nell'insieme delle sue pubblicazioni, Küng rimane nel quadro delle questioni della chiesa. Da questo punto di vista, e nonostante le sue posizioni favorevoli al Popolo di Dio, egli è un chierico”606. Congar ammette, da una parte, che
“questo libro costituisce un contributo decisivo e che non si potrà più scrivere sulla chiesa dopo di esso come si faceva una volta”. In particolare, rileva l'importanza della profondità storica con cui Küng sa trattare il tema delle strutture della chiesa. Tuttavia, ritiene anche che “Esso stesso [questo libro] d'altra parte sarebbe stato impossibile prima o senza il Vaticano II”607.
Il teologo francese sembra dunque in conclusione insoddisfatto di un'opera dalle buone premesse che presenta però uno sviluppo deludente rispetto alle aspettative, pur avendo il pregio di proporre una prospettiva radicalmente nuova e da questo punto in poi non più eludibile. “L'unica vera teologia del laicato”, ammette Congar, “sarebbe un trattato sulla chiesa riequilibrato e liberato per prima cosa dell'ingerenza e del monopolio della gerarchia. Abbiamo finalmente questo trattato? No, a causa delle riserve che abbiamo dovuto fare e, in particolare, di quelle sull'insufficienza di una teologia della relazione al mondo”608.
Riguardo al tema ecumenico, Yves Congar rileva infine che la forte apertura verso la dottrina protestante non è affatto compensata da un tentativo di dialogo con la chiesa orientale che è qui totalmente assente. A prevalere è dunque, anche secondo Congar, il legame di Hans Küng con Karl Barth:
“Küng frequentava Barth; a Tübingen è a contatto quotidianamente con colleghi protestanti. Egli ha fatto sua fin dal profondo la grande preoccupazione della Riforma: che la chiesa, lungi dal prendere il suo posto, sia sottomessa al Signore!”609
La critica di Congar si configura chiaramente come una provocazione verso il giovane collega, che cerca forse di portarlo a condurre a compimento fino in fondo le pur interessanti e fondamentali istanze messe allo scoperto ne La Chiesa. Se questo era l'obbiettivo dello stimato teologo francese, ha incontrato sicuramente le corde dell'anima sensibile e impetuosa di Hans Küng, portandolo ad affilare ancora di più la sua critica della Chiesa e del cristianesimo nelle opere successive.
Di tutt'altra natura, ma probabilmente utili al medesimo risultato, saranno invece le forti critiche rivolte a quest'opera da parte del Vaticano. Con una conferenza stampa del 5 luglio 1973 la Congregazione per la Dottrina della fede promulgò la dichiarazione che abbiamo già riportato all'inizio della seconda parte del presente lavoro, relativamente ai testi La Chiesa e Infallibile? Una
domanda che avvertiva e ammoniva “il Prof. Hans Küng di non continuare ad insegnare tali
opinioni e gli ricordava che l’autorità ecclesiastica gli aveva affidato l’incarico di insegnare sacra teologia nello spirito della dottrina della Chiesa e non invece opinioni che demoliscono”610
Considerando i documenti della valutazione del Vaticano a proposito de La Chiesa, per come sono riportati nel testo a cura di Häring e Nolte, si possono riscontrare alcuni elementi interessanti. Fra i
605 Ivi p. 216 606 Ivi p. 219 607 Ivi p. 220 608 Ivi p. 221 609 Ivi p. 222
610 SACRA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Dichiarazione riguardante due libri del prof. Hans Küng, Vaticano, 15 febbraio 1975, cit., § 1088
punti positivi enunciati si rileva ad esempio:
“Lodevoli la sincerità e la franchezza nel riconoscere le deficienze morali della Chiesa cattolica; una certa prevalenza dell'elemento giuridico-umano a danno dell'elemento carismatico; e lodevole il desiderio di una riforma, di un rinnovamento, che renda la Chiesa più rispondente alla sua missione di servizio all'umanità, di testimonianza della verità e della vita cristiana” . Sono tuttavia deprecate anzitutto “una certa svalutazione dell'origine divina della Chiesa” e “una certa svalutazione della natura della Chiesa, come istituzione divina, dotata di poteri veri e propri di magistero, di ordine e di governo, spettanti unicamente ad alcuni membri, cioè alla Sacra Gerarchia, e in nessun modo comunicabili, come tali, ai fedeli”611
È poi interessante l'ultimo punto critico rilevato nell'elenco iniziale: “Eccessivo ecumenismo, per cui vien fatto di dubitare non soltanto della retta fede (oggettiva), ma anche della buona fede dell'Autore”612, probabilmente alludendo alla possibilità che veicolasse esplicitamente una
concezione protestante della chiesa? O comunque fin troppo influenzata da Barth?
Per quanto riguarda i temi da noi considerati, la Congregazione vaticana nota anzitutto che “Il Küng distingue eccessivamente tra Regno di Dio e Chiesa”. Annota inoltre in breve riassunto le posizioni presentate da Küng in merito al rapporto Chiesa-Isaraele:
“la Chiesa ha trascurato ben presto i Giudei; anch'essa ha peccato perseguitandoli; il nazismo non sarebbe stato possibile senza il secolare antisemitismo cristiano. Vi sono state reazioni all'antisemitismo da parte di singoli cristiani; ma molte personalità ed anche massimi rappresentanti della Chiesa hanno preferito conservare il silenzio o non hanno parlato con energia, per opportunismo e ragioni politiche”613
La Congregazione non presenta una risposta diretta a tali accuse, limitandosi invece a contestare l'opinione di Küng secondo cui Cristo non si sarebbe rivolto direttamente ai pagani: “molti sono i testi evangelici da cui si può rilevare un mandato missionario di Cristo, anche se esso è stato poi gradualmente meglio compreso dalla comunità”614.
Infine, circa l'assioma extra ecclesiam nulla salus la commissione curiale puntualizza che: “deve essere inteso in senso morale, cioè per chi è fuori della Chiesa colpevolmente”615.
Per quanto riguarda la vicenda del testo del 1970 sull'infallibilità papale, originata dalla pubblicazione del testo Infallibile? Una domanda616, anch'esso fu oggetto di una severa perizia
presso la S. Sede. La questione aveva del resto già riguardato la conclusione delle opere Strutture
della Chiesa del 1962 e La Chiesa del 1966, per Küng si trattò dunque di portare a compimento una
battaglia che conduceva da diversi anni per una Chiesa più democratica ed ecumenica e soprattutto più consapevole della propria dimensione storica, della storicità delle proprie assunzioni dogmatiche.
Al di là della specifica questione dottrinale, questi avvenimenti risultano significativi perché
611 H. HÄRING, J. NOLTE, Dibattito su “La Chiesa” di Hans Küng, cit., pp. 41-42 612 Ivi p. 42
613 Ivi pp. 44-45 614 Ivi p. 45 615 Ivi p. 47
616 H. KÜNG, Unfehlbar? Eine Anfrage, Zürich-Einsiedeln-Köln, 1970, trad. it di G. Re, Infallibile? Una domanda, Brescia, Queriniana, 1970
portarono Hans Küng verso il definitivo superamento di una prospettiva fortemente dogmatica che l'aveva visto finora, pur con l'impiego di un metodo storico-critico, concentrarsi sulle questioni interne alla struttura della Chiesa. Nei lavori successivi si scorge infatti una maggiore apertura al mondo, nella direzione che Congar sembrava suggerirgli nelle sue critiche e che ne La Chiesa appariva ancora soltanto come abbozzata. Infatti, poco dopo l'esplosione delle polemiche su
Infallibile? Una domanda, Küng partì per un lungo viaggio, che lo condurrà dalla Russia fino
all'oriente e poi in Australia e Nuova Zelanda, dandogli la possibilità concreta di ampliare il proprio orizzonte personale e scientifico:
“Nel luglio 1971 mi si aprono prospettive molto promettenti. Sono finalmente libero di lasciarmi alle spalle ciò che ho detto, scritto, pubblicato, replicato e analizzato nell'ultimo anno, dopo l'uscita di Infallibile? nel luglio 1970, cosa che mi ha occupato, assillato, innervosito e spesso tormentato notte e giorno. Finalmente