2. La Chiesa di Hans Küng
2.2 La comunità giudeo-cristiana
Tenendo presente ancora la ricerca dell'unità nella differenza tra l'essenza e la forma della Chiesa, viene qui indagata da Küng la prima forma storica del cristianesimo, quella Urgeschichte in cui Barth individuava il vero e unico legame tra storia e rivelazione. Facendo riferimento a passi del Vangelo e degli Atti degli Apostoli, come At 24,5 e At 28,22, il testo ricorda che i primi cristiani erano in effetti ritenuti, e si autoconsideravano, una setta, αίρεσις, interna all'ebraismo, al pari di altre come gli Esseni e i Farisei: la setta dei Nazareni. Lo stesso s. Paolo, come riferito in Atti 24,14, si difende al processo davanti al Sommo Sacerdote dicendo: “io servo al Dio dei miei padri, secondo la Via che essi chiamano setta, credendo a tutto ciò che è conforme alla legge e che è scritto nei profeti”.
Ne emerge dunque una comunità ancora profondamente legata al giudaismo dall'osservanza della legge per i riti sacrificali e inizialmente anche dal rito della circoncisione, oltre che dalle forme di aggregazione. Un gruppo, inoltre, ancora lontano dall'idea di evangelizzare i pagani.
Queste considerazioni di Küng hanno effettivi riscontri nella storiografia: se prendiamo ad esempio l'autorevole storico del cristianesimo Joseph Lortz, nella sua Storia della chiesa sono presentati certo vari “ambienti culturali” nei quali il cristianesimo ebbe modo di diffondersi e subire influssi, fra i quali principalmente, oltre a Israele, la Grecia e il mondo ellenistico, l'impero romano e la civiltà medio-orientale. Tuttavia l' “ambiente del cristianesimo nascente” è senz'altro giudeo:
“Nella regione giudaica s'erano formate diverse correnti al tempo di Gesù”457; “il Cristianesimo non
giunse al Giudaismo dal di fuori, ma sorse da esso come dal suo seno materno”458. 454 H. KÜNG, La Giustificazione, cit., p. 21
455 H. KÜNG, La Chiesa, cit., p.49, p. 168, p. 233, p. 304, p. 449 456 Ibidem p. 119
457 JOSEPH LORTZ, Geschichte der Kirche in ideengenschichtlicher. Eine Sinndennung der christlichen
Vergangenheit in Grundzügen 1: Altertum und Mitteralter, 1965, trad. it. di L. Mariconz e B. Ulianich, Storia della Chiesa considerata in prospettiva di storia delle idee, Alba, Edizioni Paoline, 1969, p. 53
Infine:
“Gesù era stato condannato e crocifisso a Gerusalemme. A Gerusalemme era anche apparso agli undici Apostoli. Questi rimasero colà 'concordi nella preghiera con le donne e con Maria, Madre di Gesù e i fratelli di lui' (At, 1, 14). Tutti assieme erano circa 120 uomini (At 1, 15) che lì, dopo 50 giorni, sentirono e sperimentarono la discesa dello Spirito Santo. Questo fu l'inizio della comunità primitiva di Gerusalemme; i suoi membri erano Giudei”459
L'importanza di questo dato è ribadita ancora più avanti da Lortz:
“Il fatto più importante per la comprensione storica è che coloro che si erano convertiti al messaggio di Gesù Cristo formavano un'unica comunità con gli Apostoli e come tali vivevano; per il resto però non si staccarono in un primo tempo dalla Sinagoga, né interiormente, né esteriormente, e non si sottrassero all'autorità del Sinedrio. I membri della nuova comunità sentivano di essere veramente il compimento del Giudaismo”460
Ovviamente questo atteggiamento iniziò a suscitare ostilità presso gli altri ebrei, e di qui derivarono le prime forme di persecuzione e i primi martiri. In ogni caso, rileva lo storico, riferendosi alla comunità primitiva: “la concezione nazionalistico-giudaica del regno del Messia non era stata ancora da essi superata”461. Sarà poi soprattutto Paolo, spiega Lortz, a portare definitivamente il
cristianesimo al di fuori dei suoi confini giudaici. Ma la questione decisiva, evidenziata da Küng, è la convinzione di questa comunità di essere il vero Israele, idea condivisa del resto con le altre sette che erano presenti all'epoca. Ben presto tuttavia, come nota Küng, a questa convinzione se ne aggiunse una più radicale: quella di essere il “nuovo” Israele. Decisiva per questo mutamento fu sicuramente la resurrezione di Gesù che lo consacrò come il messia, che annuncia “il regno di Dio”. Questa predicazione soddisfaceva le attese anticotestementarie del giudaismo e fu una delle chiavi del successo della nuova setta, come riconosce anche Lortz: “L'insegnamento di Gesù culmina nell'asserzione di essere il promesso Messia. Presso i Giudei l'attesa del Messia era un fatto centrale. Sotto questo aspetto il Cristianesimo era il compimento diretto del Giudaismo”462. Possiamo
considerare in proposito anche gli studi del teologo e biblista Hans Conzelmann che in Le origini
del cristianesimo scrive: “I cristiani non avvertono la loro fede come una nuova 'religione' o una
nuova filosofia del mondo e della storia e non vedono la loro comunità come un'associazione religiosa che si è separata da Israele o ha preso le distanze dall'istituzione”463. Gran parte dello
sviluppo iniziale del testo di Küng è, del resto, dedicato al tema del “regno di Dio”, come nodo centrale del messaggio di Gesù. Anche Conzelmann è di questo avviso: “il contenuto totale della fede è determinato dalle apparizioni del Risorto […] [i cristiani] mettono i loro ascoltatori (e se stessi) di fronte al regno di Dio imminente”464, e ancora: “definiscono Gesù con i titoli che Israele 459 Ivi p. 80
460 Ibidem 461 Ivi p. 84 462 Ivi p. 65
463 HANS CONZELMANN, Geschichte des Urchristentums, Göttingen, 1969, trad. it. di B. Corsani, Le origini del cristianesimo, Torino, Editrice Claudiana, 1976, p. 62
dava al salvatore che gli portava la redenzione: 'messia', 'figlio dell'uomo'”465.
Nella prima parte del testo La Chiesa, l'annuncio messianico del Regno di Dio è in effetti il tema dominante: “Il Regno di Dio nella predicazione di Gesù non appare, come presso alcuni rabbini, come qualcosa che si deve raggiungere o far scaturire con l'osservanza fedele della legge. Esso appare al contrario come la potente azione sovrana di Dio stesso”466. Naturalmente, a questo punto
Küng segue il proposito metodologico esposto all'inizio dell'opera, concentrandosi sulla dialettica che è presente tra la Chiesa e il Regno di Dio, o Βασίλεια: ancora una volta due realtà non identificabili né contrarie in assoluto. Anzitutto va rilevato che lo sviluppo del concetto ebraico di “Regno di Dio” sarà determinante proprio nella nascita dell'idea di Chiesa. Tale genesi può trovare, secondo Küng, un significativo riscontro nella differenza fra i due testi neo-testamentari di Luca, ovvero il suo Vangelo e gli Atti degli Apostoli, circa l'uso del termine βασίλεια, largamente presente nel primo testo, decisamente più raro nel secondo. Se infatti, il racconto della vita terrena di Gesù, si presenta come una narrazione del suo annuncio messianico, d'altra parte la storia della formazione della comunità post-pasquale, descritta negli Atti degli Apostoli, contiene la testimonianza della progressiva presa di consapevolezza, dei primi cristiani, che in Gesù Cristo il Regno di Dio si è realizzato. Oggetto della loro fede diviene dunque la persona di Cristo, e caratteristica della loro “chiesa”, quella di essere testimone della realizzazione del Regno. Joseph Lortz spiega in proposito: “la Chiesa è la continuazione della redenzione in quanto essa l'annuncia agli uomini e la comunica come realtà (parola e sacramento). Tutti gli uomini debbono essere redenti. Perciò è compito della Chiesa penetrare nel mondo e vincerlo”. E commenta:
“sotto questo aspetto acquista un particolare significato per la storia della Chiesa, assieme all'elemento puramente religioso, tutto ciò che nell'insegnamento di Gesù definisce la relazione del Cristianesimo col mondo […] due indirizzi, quello della fuga dal mondo e quello dell'impegno nel mondo, sono diventati essenziali per lo svolgersi della storia ecclesiastica”467