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2. La Chiesa di Hans Küng

2.4 Distacco dal giudaismo

L'annuncio del Regno trova dunque infine la propria esplicazione nei sacramenti istituiti dalla Chiesa. Questo è del resto ciò che avviene a partire dalle prime comunità giudaico-cristiane, che man mano iniziano a dotarsi di riti sacri che sanciscono un legame di unità tra l'Ekklesía e la

Basiléia, i quali divengono anche un elemento di distacco, da una parte e di relazione dall'altra tra la

comunità cristiana e i giudei, almeno per come viene presentata ne La Chiesa di Küng. Una

480 Ivi p. 104 481 Ibidem 482 Ivi p. 105 483 Ivi p. 106 484 Ivi p. 107

concezione simile, possiamo ricordare, emergeva anche nell'intervento di Lercaro redatto dall'assistente Dossetti al Concilio. Lo stesso studio di Conzelmann sul cristianesimo primitivo, presenta queste come le forme rituali che caratterizzarono la prima comunità cristiana rispetto agli ebrei. Il rito specificamente cristiano, come emerge già dalle lettere di Paolo, che mano a mano viene a sancire l'ingresso nella comunità, è il battesimo. A praticarlo per primo, secondo la tradizione evangelica, sulla base dei sinottici, era stato Giovanni, il Battista appunto, asceta e predicatore che viveva nel deserto. Egli aveva imposto il rito del Battesimo allo stesso Gesù. Il termine deriva dal greco βαπτίζειν, immergere nell'acqua. Questo perché probabilmente, come riferisce Conzelmann, questo rito si canonizzò nelle comunità ellenistiche. Riti di abluzione, come eliminazione delle impurità, erano tuttavia prescritti anche dalla torah giudaica e praticati dagli ebrei: si poteva contrarre impurità in molti modi, ad esempio tramite il contatto o la vicinanza a corpi morti o con determinati fluidi corporei, come risulta ad esempio nel capitolo 15 del Levitico. Il battesimo, presso i cristiani, aveva anzitutto il senso di trasmettere lo Spirito e per questo si legava anche al racconto della Pentecoste nel secondo capitolo degli Atti. In ogni caso, l'idea di levare l'impurità si trasferisce nel concetto di redenzione dai peccati, tramite lo Spirito di Cristo, che aveva redento l'umanità nella sua morte e resurrezione.

Altro aspetto caratteristico delle prime comunità cristiane pare fosse appunto quello di ritrovarsi a condividere il pasto, a cui fu attribuito gradualmente anche un significato rituale. Certamente fin dall'inizio si trattava della memoria dell'ultimo banchetto pasquale di Gesù prima della crocifissione, che d'altra parte rimandava alla sacralità attribuita dagli ebrei alla cena di pesah, in cui facevano memoria della liberazione dalla schiavitù d'Egitto avvenuta tramite il passaggio del mar Rosso, come narrato nell'Esodo al capitolo 14). Nel capitolo 12 troviamo invece le prescrizioni per la cena di Pasqua.

“Si discute ancora molto”, scrive Conzelmann, “sul rapporto che c'era fra culto centrato sulla Parola e culto centrato sulla Santa Cena”485.

L'altro aspetto fondamentale, che certamente riprende ritualità giudaiche, ma successivamente si canonizza in modo caratteristico nel cristianesimo, è infatti la predicazione della Parola di Dio. Il rito cristiano, finì gradualmente, nel corso di diversi anni, per caratterizzarsi nelle due parti della liturgia della parola e della liturgia, cosiddetta eucaristica, ovvero di ringraziamento, che consiste nella memoria dell'ultima cena di Gesù. Questa forma di preghiera di cristiana costituiva a tutti gli effetti, nelle pratiche e nella predicazione, un memoriale dell'evento cristico e un tentativo di stabilire una relazione con Dio.

Il modello della preghiera cristiana, riferisce Conzelmann, era quello del Padre Nostro, che riprendeva l'uso giudaico di pregare più volte al giorno la preghiera ebraica delle 18 benedizioni, o domande, in ebraico “Amidah”, che benedice il signore nelle sue varie caratterizzazioni.

L'annuncio principale della predicazione cristiana, era, come si è visto, quello messianico del Regno di Dio. Successivamente tuttavia si aggiunsero alcuni discorsi, come il “Discorso della montagna” e altri racconti su Gesù che andranno gradualmente a costituire i Vangeli.

Al di là della specifica derivazione ed evoluzione di tali riti, il dato importante è comunque che Küng cerca qui di mostrare come gli elementi che vanno a costituire l'ossatura del cristianesimo fin dal suo sorgere, nascono in effetti all'interno della cultura giudaica.

Certo, la prima comunità cristiana andò allora a costituirsi come una koinonía, una “comunità d'amore” che “legava i membri a una fraterna comunità di vita che si provava nel reciproco aiuto, nella compartecipazione delle sventure e in parte dei beni”486. Fino ad allora, “l'attività della

comunità di salvezza della fine dei tempi si limitava alla comunità giudaica. Ma si doveva arrestare a questo punto?”, si chiede Küng. Storicamente, il giudaismo non cosituì in effetti il limite interno del cristianesimo, “essa non doveva diventare una setta giudaica”487. E se nel battesimo, nella

celebrazione del banchetto e nella predicazione della Parola possiamo trovare gli elementi positivi di questa progressiva acquisizione di autonomia, vi furono certamente anche dei fattori più negativi che caratterizzarono questo vero e proprio processo di separazione. Quelli storicamente più antichi furono sicuramente “il formarsi di una cristianità proveniente dal paganesimo”488, da una parte, e “la

distruzione di Gerusalemme e la fine del culto nel tempio”489 dall'altra.

Il legame fra questi due fatti fu in effetti decisivo per il destino del giudeo-cristianesimo. Il nascere, da un lato, di numerose comunità o di singoli aderenti alla nuova “setta” cristiana che provenivano dal mondo pagano, anche a causa del proselitismo di Paolo e altri come Filippo e Barnaba e d'altra parte, la severa azione punitiva dell'esercito romano che nel 70, abbattendo la strenua resistenza giudaica, distrusse il tempio e la città di Gerusalemme, fatto che venne ulteriormente aggravato dal tragico epilogo, nel 135, della rivolta guidata da Simon Bar-Kochba, provocarono la crescita del cristianesimo lontano dal suo luogo di nascita e sempre meno benevolo verso gli ebrei.

“Così in una storia drammatica, la chiesa tratta dai giudei era diventata una chiesa di giudei e di pagani e finalmente una chiesa di pagani. Nello stesso tempo il giudaismo che aveva rigettato Gesù si mostrò ostile nei riguardi della giovane chiesa”490

Per quanto riguarda la prima questione, Küng rileva anzitutto che “Gesù non si era mai lasciato dominare, in tutto il suo atteggiamento e soprattutto nella sua escatologia, da pensieri di odio e di vendetta contro i pagani”, e qui pone l'esempio dei samaritani, che rivestono più volte nel Vangelo un ruolo positivo, pur essendo per tradizione considerati praticamente “eretici” dagli ebrei della Galilea. E d'altra parte, “Gesù aveva strettamente limitato l'attività sua e dei suoi discepoli a Israele”491.