3. Una confessione per la chiesa
3.3 Una chiesa del Reich?
Nel frattempo proseguivano tuttavia le mosse per la creazione di una Chiesa del Reich. Hitler aveva avuto la rassicurazione che il Vaticano era disponibile per un concordato e il 25 Aprile nominò Ludwig Müller “plenipotenziario per gli affari della chiesa evangelica”, affidandogli il preciso compito di procedere alla riunificazione delle 29 chiese regionali in un'unica Reichskirche, diretta dal centro.
Venne formata una commissione dei massimi esponenti della chiesa evangelica tedesca: il vescovo Kapler, presidente del Consiglio superiore, il vescovo di Hannover Marahrens, luterano, e Hermann Hesse, pastore riformato vicino alle idee di Barth e infine lo stesso Müller. Accanto a questo gruppo dirigenziale, tuttavia, era forte la presenza e l'influenza dei Cristiani-Tedeschi, capeggiati da Hossenfelder, che mirava a sottrarre a Müller la carica di vescovo del Reich.
La commissione promulgò un manifesto in cui certo si invitava ad “ascoltare il richiamo dell'ora”354,
indicando nel tempo presente il momento propizio per la riunificazione delle chiese. Tuttavia, rimanevano fuori gli elementi ideologici principali del movimento dei Deutsche Christen, che di tutta risposta elaborarono un programma in 10 punti in cui enunciavano i loro obbiettivi:
1. Noi vogliamo la Chiesa evangelica del Reich d'impronta luterana con l'inserimento delle comunità riformate cui vengano garantite le loro caratteristiche specifiche.
2. Noi non vogliamo una chiesa di Stato, ma neppure una chiesa che sia uno Stato nello Stato, ma una chiesa evangelica del Reich che riconosca in base ai principi di fede l'autorità dello Stato nazionalsocialista e annunci il vangelo nel Terzo Reich
3. La chiesa evangelica del Reich è la chiesa dei cristiani tedeschi, cioé dei cristiani di razza ariana
4. La chiesa così formata non deve essere né il covo della reazione né un luogo di discussioni democratico-parlamentari
5. La Chiesa evangelica del Reich viene sostenuta dalla fiducia del popolo e guidata dal vescovo del Reich355
Gli altri 5 punti stabilivano in generale l'organizzazione interna che avrebbe dovuto assumere tale chiesa. Nel maggio 1933 si forma un primo fronte di opposizione all' “eresia” dei Cristiani- Tedeschi, con la fondazione della rivista Junge Kirche per veicolare le proprie idee. Nella sostanza, questo movimento non si poneva obbiettivi politici ma soltanto dottrinali, non era contro Hitler ma contro i Cristiani-Tedeschi, con i quali per altro condivideva l'idea che la chiesa dovesse dimostrarsi più vicina al popolo e meno burocratizzata. E Karl Barth? Risalgono a questo periodo i quaderni
353 Ivi p. 372
354 Cit. in S. BOLOGNA, La Chiesa Confessante sotto il nazismo, cit., p. 96 355 Ivi p. 97
della serie chiamata Theologische Existenz heute356. Quello di Barth, che si distanzia sia dal
cristianesimo tedesco, sia dai gruppi neo-riformatori evangelici, è un richiamo alla riflessione sul tempo presente:
“Ci chiediamo: la decisione a volere e ad agire così scaturì dalla chiesa stessa, cioè da una parola di Dio percepita dalla chiesa? Oppure era una decisione internamente non necessaria, ma scaturita dall'entusiasmo politico oppure anche dalla prudenza politica e quindi era una decisione, benchè presa dalla chiesa, sostanzialmente non-chiesastica?”357
La risposta a questi quesiti la troviamo nella prima tesi esposta qui da Barth in diretta contrapposizione con gli obbiettivi dei Cristiani-Tedeschi:
“1. La chiesa non deve 'fare di tutto' perché il popolo tedesco 'ritrovi la sua strada verso la chiesa' ma perché nella chiesa stessa si ritrovi il comandamento e la promessa della libera e pura Parola di Dio” e ancora al punto 3: “La chiesa non deve affatto servire agli uomini e tantomeno al popolo tedesco. La Chiesa Evangelica Tedesca è la chiesa per il popolo evangelico tedesco. Essa serve soltanto alla Parola di Dio. È per volontà ed opera di Dio se tramite la sua Parola si serve agli uomini e quindi anche al popolo tedesco”
Se fin qui si ribadisce, nello spirito de L'Epistola ai Romani, la centralità della Parola di Dio e il ruolo di testimonianza della chiesa, successivamente Barth affronta più direttamente il tema della razza e dell'ideologia nazista, dissociandosene apertamente e rivendicando l'autonomia della chiesa dall'autorità statale:
“4. La chiesa crede all'insediamento divino dello Stato come rappresentante e portatore dell'ordinamento giuridico nel popolo. Essa però non crede ad una determinata forma di Stato e quindi nemmeno nella forma nazionalsocialista di Stato. Essa annuncia il Vangelo in tutti i regni della terra, essa lo annuncia anche nel Terzo Reich, ma non sotto di lui e nemmeno secondo il suo spirito.
5. La comunità degli appartenenti alla chiesa non viene determinata dal sangue e quindi nemmeno dalla razza, ma attraverso lo Spirito Santo e il battesimo. Se la chiesa evangelica tedesca dovesse escludere i cristiani di origine ebrea o dovesse considerarli come cristiani di seconda classe, avrebbe cessato di essere cristiana”358
Si delineava la prospettiva di un autentico movimento confessionale di opposizione non più soltanto ai Cristiani-Tedeschi, ma al nazismo in quanto tale. Barth critica nei suoi quaderni il tatticismo dei movimenti neo-riformatori che pretendono ancora di attirare le simpatie del Führer e rivendica la necessità di difendere il Vangelo indipendentemente dalla politica: “la chiesa e la teologia non possono entrare in letargo anche nello stato totalitario, non possono accettare nessuna moratoria e nessun livellamento. Esse rappresentano il limite naturale di ogni stato, anche di quello totalitario”359
Nel frattempo Ludwig Müller diventava vescovo del Reich e in settembre faceva approvare, per la
356 Vedi: K. BARTH, Theologische Existenz heute!, 8 Aufl., München, Chr. Kaiser Verlag, 1933, ed. it. a cura di F. Ferrario, Esistenza teologica oggi!, Torino, Claudiana, 2005
357 Ivi p. 105 358 Ivi p. 106 359 Ivi p. 107
Prussia, una legge che licenziava i pastori non-ariani.
Il pastore di Dahlem Martin Niemöller, lanciò allora un appello per formare una Lega d'emergenza, inoltre, assieme a Bonhoeffer e altri 22 pastori firmò una lettera aperta contro l'introduzione di criteri razziali nella chiesa. Anche qui venivano presentati 4 punti:
1. M'impegno ad esplicare il mio ufficio di servitore del Verbo vincolato solamente alla sacra Scrittura ed alle Confessioni della Riforma, quale corretta esegesi della Scrittura
2. M'impegno a protestare contro ogni violazione di tale stato confessionale con incondizionata dedizione
3. Sento con tutte le mie forze di essere responsabile verso coloro che vengono perseguitati
4. In base a tale obbligo testimonio che una violazione dello stato confessionale si è venuta a creare nell'ambito della chiesa con l'applicazione del paragrafo ariano360
Riportiamo di seguito una riflessione del Manuale del Kirchenkampf di Niemöller circa la necessità di formare un “chiesa confessante”:
“È difficile dire da quando esiste o è esistita una chiesa confessante. Chi tenta di predisporre una tavola cronologica, si rende immediatamente conto di questa difficoltà. Senza alcun dubbio il lavoro precedente dei teologi, l'aver decisamente abbracciato una teologia del Verbo e lo stringersi assieme delle comunità religiose credenti sotto l'usbergo della parola di Dio hanno esercitato una funzione preparatrice. Ma l'ora del professare la fede scoccò solo quando questa professione venne richiesta, quando alla comunità religiosa venne posta l'impellente domanda sui veri e propri fondamenti della sua fede e come pensava la propria esistenza cristiana in questo mondo così costituito”361
In queste ultime parole, così come nel riferimento al Verbo, si sente certamente un'eco delle riflessioni di Karl Barth. Ad ogni modo, come proclamava anche un articolo apparso su Junge
Kirche il 10 agosto 1933, quello che cercava la Chiesa Evangelica Tedesca era una nuova
confessione, che riprendesse i toni di quella scritta ad Altona da Hans Asmussen. La guida spirituale di questo movimento confessionale, venne ben presto assunta proprio dal pastore evangelico professore a Bonn, Karl Barth. Certo i contrasti interni rimasero ampi: la posizione di Barth, condivisa soprattutto da Bonhoeffer, era quella di opporsi apertamente allo Stato nazista, non soltanto di essere un'alternativa al movimento dei Deutsche Christen. Questa idea non era però condivisa dalla totalità dei pastori vicini al movimento confessante, come emerge da questa discussione dell'ottebre del '33 riportata da Bologna:
“A questo punto Knack dichiara che la teologia di Barth non ha dato risposta ai problemi pratici, mentre Böhm afferma che non si può rifiutare in blocco tutto il nazismo solo perché sostiene una religione pagana, perché in fin dei conti ha dei meriti per la sua politica sociale (difesa del matrimonio, del fanciullo ecc.) Barth: 'Su queste cose si può e si deve dire di sì. Ma come la mettiamo coi campi di concentramento, con il modo in cui vengono trattati gli ebrei? Con lo stato totalitario?... Prendere posizione dovrebbe in realtà anche voler dire prendere posizione su queste cose. Deve poter essere un si o un no!”362
360 Ivi pp. 111-112 361 Ivi p. 117 362 Ivi p. 125