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Riforma dei testi liturgici – questione dei perfidi Iudaei

2. Il documento De Iudaeis – fase preparatoria

2.3 Due temi cruciali: la riforma dottrinale e lo Stato d'Israele

2.3.1 Riforma dei testi liturgici – questione dei perfidi Iudaei

Giovanni XXIII, il 27 marzo 1959, primo Venerdì Santo dalla sua elezione a Pontefice, recitando la Preghiera universale evitò l'espressione “oremus pro pefidis Iudeis” propria del rito, sostituendola con “oremus etiam pro Iudaeis”. Questo mutamento fu reso ufficiale del messale del 1962 che cambiò la formula da “Oremus et pro perfidis Iudaeis ut Deus et Dominus noster auferat velamen

de cordibus eorum; ut et ipsi agnoscant Jesum Christum, Dominum nostrum.”104 a “Oremus et pro Iudeis: ut Deus et Dominus noster auferat velamen de cordibus eorum; ut et ipsi agnoscant Iesum Christum Dominum nostrum”. Riguardo a questo tema, possediamo un documento dello stesso

John Osterreicher risalente al 1954, che si concentra sui due aspetti problematici di questa preghiera: da una parte il termine “perfidi”; dall'altra il fatto che soltanto per l'invocazione agli ebrei, a differenza delle altre presenti nella Preghiera Universale, non si invitava la folla a inginocchiarsi ed era omesso l' “amen” di risposta e l'oremus rivolto ai fedeli come invito a un momento di raccoglimento nella preghiera. Si passava dunque direttamente e sbrigativamente alla formula di intercessione:

Omnipotens sempiterne Deus, qui etiam Judaicam perfidiam a tua misericordia non repellis: exaudí preces nostras, quas pro illius populi obcaecatione deferimus; ut, agnita veritatis tuae luce, quae Christus est, a suis tenebris eruantur. Per eumdem Dominum. Amen.105

Che cosa significano queste particolarità liturgiche?

Per quanto riguarda l'espressione “perfidi”, già una nota del 10 giugno 1948, di Pio XII, tramite il card. Micara, specificava che non si trattava di un termine offensivo, se colto nel suo significato latino, che indica semplicemente: “infidelitas, infideles in credendo”. Infatti, come chiarisce Osterreicher, perfidia, letteralmente, non è altro che il contrario di fides:

“Fides and perfidia are set in opposition: the faith that justifies, and the unbelief that leaves man to

his 'injustice', his fallen nature”106. Del resto il termine “perfidi” era stato usato dalla Chiesa per

indicare anche gli eretici e gli scismatici. Si tratterebbe dunque un sinonimo di “infideles”, “incredula”. Come si è visto anche in precedenza, stando alle Scritture e alla Tradizione, si può semmai rimproverare agli ebrei un'infedeltà data dall'indurimento e dall'ostinazione, pur di fronte alla venuta di Cristo e alle sue azioni miracolose, una sorta di “accecamento volontario”. “Cum enim peccatum infidelitatis consistat in renitendo fidei, hoc potest contingere dupliciter. Quia aut renititur fidei nondum susceptae, et talis est infidelitas paganorum sive gentilium. Aut renititur fidei Christianae susceptae, vel in figura, et sic est infidelitas Iudaeorum”107, così si esprimeva Tommaso. 104 “Preghiamo anche per i perfidi ebrei, affinchè il signore Dio nostro tolga il velo dai loro cuori; cosicchè anch'essi

riconoscano Gesù Cristo, nostro signore”. Il testo riportato successivamente rimane uguale a parte l'eliminazione del termine “perfidi”

105 “Dio onnipotente ed eterno, che nemmeno alla perfidia dei giudei rifiuti la tua misericordia: esaudisci le nostre preghiere, che ti rivolgiamo per l'accecamento di questo popolo; affinchè riconosciuta la luce della tua verità che è Cristo, escano dalle loro tenebre. Per nostro Signore. Amen”

106 J. OSTERREICHER, “Pro perfidis Judaeis”, in Theological Studies 8 (1947) pp. 80-96: "Fides e perfidia stanno in opposizione: la fede che giustifica e l'incredulità che lascia l'uomo nell' 'ingiustizia', nella sua natura decaduta" 107 TOMMASO D'AQUINO, Summa theologiae II IIae q. 10 a. 5, cit., vol. 14, p. 220 (trad. di P. Tito S. Centi O. P.):

Del resto, conclude Osterreicher, l'intercessione per gli ebrei, mira a liberarli dalla loro cecità e portarli a riconoscere la salvezza di Cristo. In questo senso va inteso anche il termine “perfidi”. Per risolvere queste problematiche, la soluzione può essere semplicemente quella di tradurre correttamente, nella lingua corrente, questo termine discusso, e dunque tenere la liturgia nella lingua “vernacolare”.

Per quanto riguarda il rito delle risposte e dell'inginocchiamento, le opinioni sono assai divergenti fra gli esperti. La motivazione ufficiale, risalente ad Amalario di Metz era che secondo la narrazione dei Vangeli, gli ebrei si erano inginocchiati davanti al Crocifisso deridendolo e definendolo con scherno “re dei giudei”. Posto che si possa ritenere questa una motivazione valida, è comunque ravvisabile in Mt 27,29, Mc 15,18 e Gv19,13 che furono i soldati romani e non i giudei a schernire Cristo sulla croce. Si può notare inoltre che nel definire il Crocifisso come “re dei giudei”, i romani deridevano e offendevano lo stesso popolo ebraico. Dunque, conclude Osterreicher, “Israel and mankind are here seen as one, for as the favors bestowed upon the Jews were given for the sake of all, similarly the Jews are held responsible for the deeds of the Roman soldiers, and likewise all men are in a certain sense accountable for those of the Jews, who acted, as it were, in their name.”108

In ogni caso, sul piano storico, quello che è chiaro è che vi fu un'evoluzione della liturgia del venerdì santo, derivata anche dall'influsso dei costumi popolari: a parere di Canet, Leclerq e Varnet, si può attribuire al crescente odio verso il popolo ebraico, tipico dei cristiani medievali, una progressiva modificazione del rito. Del resto, consultando le liturgie di paesi ed epoche differenti, si trovano varie discrepanze. Il primo riferimento al “non flectamus” relativo all'intercessione per i giudei, si trova in un manoscritto dell'Ordo Romanus I databile al nono secolo, ritrovato a Einsiedeln. Dagli studi di questo documento, sembra abbastanza sicuro che l'usanza di non inginocchiarsi abbia avuto origine nel Regno Franco. A questo punto, Osterreicher, riassume così l'evoluzione di questo rito: “Oremus and Flectamus until the ninth century; Oremus without

Flectamus from the ninth century to the end of the sixteenth century; neither Oremus nor Flectamus

after the sixteenth century.”109. Questo quanto riportato dall'approfondimento di Osterreicher.

Nel XX secolo, la sensibilità dei fedeli era certamente pronta per una maturazione, richiesta da più parti sia da nel mondo ebraico che in quello cristiano, che trovò effettività nel gesto di Giovanni XXIII, e troveranno ulteriore sviluppo nei lavori del Concilio Vaticano II.

Torniamo dunque a considerare il lavoro della sottocommissione preparatoria composta da G. Baum, L. Rudolff, J. Osterreicher e G. Tavard, per vedere come nei loro testi emerga con forza questo aspetto legato all'insegnamento, alla predicazione, alla dottrina e alla liturgia del cattolicesimo.

Abbiamo visto che molti erano i riferimenti scritturistici a cui veniva data un'errata interpretazione derivandone una condanna neotestamentaria del popolo ebraico. Nella liturgia, nell'arte, nell'insegnamento e nella predicazione della Chiesa, erano disseminate ancora non poche tracce di quell'idea di Israele come popolo reietto da Dio, destinato alla diaspora a causa dell'uccisione di Cristo, la cui colpa gli sarebbe ricaduta addosso come fardello per tutte le future generazioni. Se si voleva dare segno di un concreto cambio di passo, volto alla riconciliazione tra Chiesa ed Israele, non era sufficiente dichiarare i principi teorici di tale legame, si doveva invece provvedere a rendere operativo questo nuovo insegnamento. Le proposte avanzate dai membri del Segretariato sono

"consistendo il peccato d'incredulità nell'opporsi alla fede, esso può avvenire in due maniere. Perché, o ci si oppone alla fede non ancora abbracciata: e abbiamo l'incredulità dei pagani, o gentili; oppure ci si oppone alla fede cristiana già abbracciata. Se questa era stata abbracciata in modo figurale, avremo l'incredulità dei giudei”

108 J. OSTERREICHER, “Pro perfidis Judaeis”, cit. : "Israele e tutta l'umanità sono qui visti come una sola cosa: dato che i favori elargiti ai Giudei furono donati per la salvezza di tutti, ugualmente, gli ebrei sono ritenuti responsabili per le azioni dei soldati romani, e allo stesso modo tutti gli uomini sono in un certo senso responsabili per quello che fecero quegli ebrei che agirono in loro nome"

109 Ibidem: “Oremus e Flectamus fino al nono secolo; Oremus senza Flectamus dal nono secolo in poi; né Oremus né Flectamus dopo il sedicesimo secolo”

numerose e ne diamo conto di seguito: - Testo di Rudolff aprile '61110:

“a. A revision of the teaching regarding the Jews”111, da attuarsi a partire dalle interpretazioni della Scrituttra

che abbiamo presentato nei 4 punti iniziali della nostra analisi. Inoltre, “b. The unbroken economy of salvation may be emphasized by extending the feasts of the saints to the Just Men of the Old Testament”112,

riprendendo un' usanza del patriarcato di Gesrusalemme, “at least in the form of Votive Masses or one feast of all the saints of the Old Testament (after a careful revision of the perspective Liturgical texts).

c. a revision of the lessons of the Divine Office where these do not stand up to the dictates of charity and historical truth or invite misinterpretation”113

Qui si suggerisce ad esempio di modificare ulteriormente la seconda liturgia notturna del Venerdì Santo, conformandola al rito bizantino. Infine:

“e. The removal of pictoral representations from ecclesiastical buildings that, apart from being contrary to the truth, are highly offensive to the Jews”114

Ad esempio si citano i casi della rappresentazione di omicidi rituali, che si presumeva facessero gli ebrei, nella chiesa francescana polacca di Zebrzydowska o nella parrocchia di Rinn, presso la diocesi di Bressanone in Alto Adige.

- Testo di Osterreicher aprile '61115:

“Ne serait-il pas utile aux plus grand bien des âmes, que les fêtes de Juste de l'Ancienne Alliance, célébrées seulement, aujourd'hui, dans l'archidiocèse patriarcal de Jérusalem, soient, d'une manière ou d'une autre, étendues à l'Eglise universelle? […] Il est exact que les prières liturgiques, surtout celles de l'administration des sacrements, révèlent sans cesse la continuité entre l'Ancien et le Nouveau Testament. [...] Néanmoins, une messe en l'honneur de saint Moïse, législateur, prophète et confesseur, de saint David, roi, psalmiste et prophète, ou de saint Isaïe, prophète et martyr, aiderait l'unité de l'economie du salut à être connue du cœur aussi bien que de la tête. […]

OBSERVATIONS PRATIQUES: […] Il rendrait donc service à la cause de l'ultime réconciliation d'Israël 110 Cit. in M. VELATI, Dialogo e rinnovamento, cit., pp. 491-95

111 Ivi p. 494: "a. Revisione dell'insegnamento circa gli Ebrei”

112 Ibidem: "L'ininterrotta storia della salvezza deve essere enfatizzata estendendo le festività dei santi agli uomini giusti dell'Antico Testamento"

113 Ibidem: "Al limite nella forma di Messe votive o di una festa di tutti i santi dell'Antico Testamento (successiva a una attenta revisione della generale inquadratura dei testi liturgici) c. Revisione delle letture nel corso dell'ufficio divino quando non rispettano il dettato di carità e verità storica o invitano a scorrette interpretazioni"

114 Ibidem: "La rimozione di rappresentazioni pittoriche dagli edifici ecclesiastici che, oltre a essere contrarie alla verità, sono assai offensive nei confronti degli ebrei"

115 Ivi pp. 501-502 : "Non sarebbe utile al maggior bene delle anime, che le feste dei Giusti dell'Antico Testamento, celebrate oggi soltanto nell'arcidiocesi patriarcale di Gerusalemme, fossero, in un modo o nell'altro, estese alla Chiesa universale? […] è chiaro che le preghiere liturgiche, soprattutto quelle relative all'amministrazione dei Sacramenti, rivelano incessantemente la continuità tra Antico e Nuovo Testamento […] Nulla più che una messa in onore di san Mosè, legislatore, profeta e confessore, di san Davide, re salmista e profeta, o di sant'Isaia, profeta e martire, aiuterebbe dunque l'unità della storia della salvezza a essere conosciuta dai cuori ancor prima che dalle menti. OSSERVAZIONI PRATICHE: Renderebbe dunque servizio alla causa della finale riconciliazione d'Israele con la Chiesa, che i responsabili della formazione dei seminari e dell'insegnamento catechistico fossero incoraggiati a presentare il ruolo del popolo d'Israele in base al disegno divino in un modo che renda piena giustizia alle

meraviglie del piano salvifico di Dio. […] Esprimiamo il desiderio di vedere completata l'opera mirabile, iniziata da papa Giovanni XXIII, di espungere dai libri liturgici le espressioni che ledono inutilmente la sensibilità degli israeliti"

avec l'Eglise, que les responsables de la formation des séminaires et de l'enseignemnt cathéchétique soient encouragés à présenter le rôle du peuple d'Israël selon le dessein divin d'une manière qui fasse pleine justice aux merveilles du plan salvifique de Dieu. […] On peut exprimer le désir de voir compléter l'œuvre admirable, commencée par le pape Jean XXII, d'expurger les livres liturgiques des expressions qui heurtent bien inutillement la sensibilité des Israélites”

Viene in particolare portato l'esempio dei responsori della preghiera degli uffici notturni del giovedì e venerdì santo:

Seconda risposta del terzo nottturno, Venerdì santo: Jesum tradidit impius summis principibus

sacerdotum et senioribus populi

Seconda risposta del secondo notturno, Giovedì santo: Denariorum numero Christum Judaeis

tradidit

Seconda risposta del terzo notturno, Venerdì Santo: Tenebrae factae sunt dum crucifixissent Jesum

Judaei. 116

Di fronte a questa confusione circa la responsabilità della crocifissione, sarebbe opportuno, secondo Osterreicher, precisare in nota al testo giovanneo della Passione che per “Iudaei” si intendono le autorità del popolo ostili a Gesù.

I notturni erano una celebrazione del triduo pasquale, nota anche come “ufficio delle tenebre”, il cui nome nasceva proprio dal passo del Vangelo: tenebrae facte sunt, presente sia in Matteo (Mt 27,45) che in Luca (Lc 23,44) e in Marco (Mc 15,33), che ne narrava di un'improvviso oscuramento del cielo al momento morte di Cristo in croce. Questa liturgia era caratterizzata dalla contemplazione enfatica del racconto della Passione di Cristo, tramite un susseguirsi di recitazioni di salmi, lamentazioni, responsori e preghiere penitenziali e la creazione di un'atmosfera del tutto particolare. La cerimonia si svolgeva illuminati da sole 15 candele, passata la mezzanotte del Giovedì, Venerdì e Sabato Santo: tre notti a memoria del tempo passato dalla morte alla resurrezione di Gesù. Si componeva dell'ufficio Mattutino, costituito da 3 notturni, e dalla finale recita delle Lodi. I notturni contavano la recita di 3 salmi e l'ascolto di 3 letture, ognuna seguita da un responsorio: quelli a cui si riferisce il documento di Osterreicher che stiamo considerando. Alla fine di ogni salmo veniva spenta una candela, l'ultima candela, che rappresentava Cristo, rimaneva invece accesa e nascosta dietro l'altare, durante la recita del Benedictus, mentre ogni altra luce era spenta. Alla fine delle lodi, anche quest'ultima luce era estinta e il celebrante, assieme ai presenti, iniziava a fare strepito battendo i libri dell'ufficio o altri oggetti contro i banchi. Questo gesto simboleggiava il terremoto che secondo i Vangeli vi sarebbe stato dopo la morte di Gesù. Il livello enfatico di questa celebrazione fa bene intendere quanto la liturgia della Passione fosse sentita presso la popolazione e quanto potesse dare adito anche ad errate ed esasperate interpretazioni. Per questo Pio XII promosse negli anni '50 un'ingente riforma dei riti del cerimoniale della Settimana Santa che ne snellì la forma, eliminando le pratiche più enfatiche come la velazione della croce sull'altare o l'incensazione dell'ostia nel corso della liturgia del venerdì santo. Venne inoltre introdotta in questa celebrazione la preghiera per l'unità della chiesa, mentre si eliminarono dal rito del lunedì le preghiere per il papa e

contra pesecutores ecclesiae (contro i persecutori della Chiesa).

Anche la distinzione tra il racconto del Passio, che spesso veniva cantato, e la lettura del Vangelo, venne tolta unificando i due momenti. Ma il dato più significativo di questa grande riforma fu certamente lo spostamento degli orari. Fu spostata infatti la liturgia del Giovedì e del Venerdì al pomeriggio o alla sera, invece che al mattino e anche la messa pasquale venne spostata dalla mattina alla notte del Sabato Santo. Questo complicò notevolmente la pratica di cerimonie di usanza popolare come l' “ufficio delle tenebre”, che in un primo tempo venne recitato al pomeriggio invece che di notte. Nel periodo del Concilio Vaticano II sarà infine completamente riformato l'ufficio

116 Ibidem : Un empio condusse Gesù ai sommi sacerdoti e agli anziani del popolo – Per una manciata di denari consegnò Cristo ai Giudei – Si fece buio quando gli Ebrei crocifissero Gesù

mattutino, e l' “ufficio delle tenebre” cadrà in disuso, resistendo solo presso determinati gruppi più tradizionalisti.

Tornando al testo di Osterreicher, si trova anche qui la denuncia delle raffigurazioni pittoriche e scultoree ostili all'ebraismo, a cui si suggerisce di rimediare: “On peut encore signaler que quelques église dans plusieurs pays perpétuent dans des sculptures ou des peintures la légende du meurtre rituel”117. Viene portato il significativo esempio della cattedrale anglicana di Lincoln: qui si

venerava un martire bambino, di nome Ugo, che secondo la leggenda avrebbe trovato la morte in un omicidio rituale praticato da un ebreo chiamato Jopin. L'unico documento storico che si possiede, tuttavia, è la confessione estorta a quest'ultimo, mentre non vi sono prove del ritrovamento del cadavere dell'infante presso la sua dimora. In ogni caso, il dato significativo è che, in quegli anni (1959), le raffigurazioni di questo episodio erano state fatte rimuovere dalla cattedrale.

Infine, nei vota V, VI e VII del testo di agosto, ripresi nel testo latino di novembre, si torna a chiedere rivolgendosi ai Padri Conciliari:

1. Alla Commissione Liturgica l'istituzione di una festività dei Giusti dell'Antico Testamento 2. Alla Commissione per i Seminari, che presenti al Concilio direttive e raccomandazioni

sull'importanza di presentare la continuità con Israele nella storia della salvezza

3. Ancora alla commissione liturgica, che completi l'opera avviata dal Santo Padre di modifica delle formule liturgiche offensive verso il popolo ebraico.