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3. La Lettera ai Romani nell'interpretazione di Küng

3.2 La Chiesa come nuovo popolo di Dio

Ancora una volta, anche per La Chiesa di Küng, il confronto con l'ebraismo è profondamente utile alla Chiesa per riflettere su se stessa, sulle proprie strutture. L'autore si era chiesto effettivamente, alla metà di questo capitolo, come questo possa avvenire: “Che significato ha tutto ciò per la chiesa di oggi, se anch'essa vuole concepirsi come il nuovo popolo di Dio?”527. Lo sviluppo di questo

quesito offre un significativo stralcio di ciò che, nel 1967, a poco più di un anno dalla chiusura del Vaticano II, Hans Küng chiedeva alla sua Chiesa, riassunto in quattro importanti tesi, tratt i proprio dal confronto con il giudaismo, che riportiamo qui di seguito. Premettiamo tuttavia il testo del paragrafo 9 della costituzione conciliare De Ecclesia, che pure rimane il riferimento centrale, anche qui, per l'opera di Küng. Ecco come si esprime questo testo, a proposito della Chiesa come “popolo di Dio”:

9. È gradito a Dio chiunque lo teme e opera la giustizia (cfr. At 10,35) a qualunqe tempo e nazione egli appartenga. Tuttavia è piaciuto a Dio di santificare e salvare gli uomini non separatamente e senza alcun legame fra di loro, ma ha voluto costituirli in un popolo, che lo riconoscesse secondo la verità e lo servisse 524 Ivi p. 162

525 Ibidem 526 Ivi p. 167 527 Ivi p. 139

nella santità. Scelse perciò la stirpe d'Israele perché fosse il popolo che gli appartiene; con esso ha stretto alleanza, lo ha progressivamente istruito, lungo la sua storia gli ha rivelato se stesso e il disegno della sua volontà, e lo ha consacrato per sé. Tutto questo però non era che preparazione e figura di quella alleanza nuova e perfetta che avrebbe concluso in Cristo, e di quella rivelazione piena che sarebbe stata trasmessa dal Verbo stesso di Dio fattosi uomo. “Ecco venir giorni, dice il Signore nei quali io stringerò con la casa d'Israele e con la casa di Giuda un'alleanza nuova... Porrò la mia legge dentro di loro e la scriverò sul loro cuore; io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo... Tutti mi riconosceranno, dal più piccolo al più grande, dice il Signore” (Ger 31,31-34). Questa alleanza nuova l'ha istituita Cristo: il nuovo patto nel suo sangue (cfr. 1 Cor 11,25). Egli chiama dai giudei e dai pagani, per formare in essi un unità che non è più secondo la carne, ma nello Spirito, cioè il nuovo popolo di Dio. Infatti coloro che credono in Cristo, i rinati non da seme corruttibile, ma da uno incorruttibile, che è la parola del Dio vivente (cfr. 1 Pt 1,23), non dalla carne ma dall'acqua e dallo Spirito Santo (cfr. Gv 3,5-6), costituiscono "la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato... quelli che un tempo erano non popolo ora sono il popolo di Dio" (1 Pt 2,9-10).

Questo popolo messianico ha per capo Cristo “consegnato per i nostri peccati, risuscitato per la nostra giustificazione” (Rm 4,25), che regna glorioso in cielo, dopo aver ottenuto il nome che è al di sopra di ogni altro nome. Lo statuto di questo popolo è è la dignità e la libertà dei figli di Dio, nel cuore dei quali, come in un tempio, inabita lo Spirito Santo. La sua legge è il nuovo comandamento di amare come Cristo ci ha amati (cfr. Gv 13,34). Il suo fine è il regno di Dio, iniziato sulla terra da Dio stesso, ma destinato a dilatarsi sempre di più, per essere portato a compimento alla fine dei secoli, quando apparirà Cristo vita nostra (cfr. Col 3,4); allora “anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della schiavitù per partecipare alla gloriosa libertà dei figli di Dio”(Rm 8,21). Perciò il popolo messianico, anche se di fatto non comprende ancora la totalità degli uomini e ha spesso l'apparenza di un piccolo gregge, è però per l'intera umanità germe sicurissimo di unità, di speranza e di salvezza. Costituito da Cristo per la comunione di vita, di carità e di verità, viene assunto da lui come strumento di redenzione per tutti ed è inviato a tutti gli uomini come luce del mondo e sale della terra (cfr. Mt 5,13-16)

Come già Israele secondo la carne in cammino nel deserto veniva chiamato chiesa di Dio (Dt 23,1 ss.), così pure il nuovo Israele che avanza nel tempo presente, che cammina alla ricerca della città futura e stabile. (cfr. Eb 13,14), si chiama Chiesa di Cristo (cfr. Mt 16,18); Cristo infatti l'ha acquistata col suo sangue (cfr. At 20,28), l'ha riempita del suo Spirito e rifornita dei mezzi appropriati per la sua unità visibile e sociale. Dio ha convocato l'assemblea di coloro che credono e guardano a Gesù autore della salvezza e principio di unità e di pace, e ne ha fatto la sua Chiesa, perché per tutti e per ciascuno, il sacramento di questa unità salvifica. Chiamata ad estendersi a tutte le parti della terra, essa entra nella storia degli uomini, ma allo stesso tempo trascende i tempi e i confini dei popoli.La Chiesa avanza tra le tentazioni e le tribolazioni, sostenuta dalla forza della grazia di Dio che il Signore le ha promesso, affinché per la debolezza della sua carne non venga meno alla perfetta fedeltà, ma resti sposa degna del suo Signore; e sotto l'azione dello Spirito Santo non cessi di rinnovare se stessa, finché mediante la croce giunga alla luce che non conosce tramonto.528

Di seguito, i punti della riflessione di Küng:

“a) tutti i fedeli sono un popolo di Dio: una clericalizzazione della chiesa è esclusa”529. Si tratta di

una critica diretta alla distinzione nella Chiesa cattolica tra clero e laici. Del resto, sottolinea Küng, il termine “laico” deriva proprio da λαός, “popolo”: concetto di grande importanza, biblicamente parlando, e di grande importanza nell'intera storia biblica, come abbiamo analizzato in precedenza. Non vi dovrebbe dunque essere nessun privilegio dei “chierici” rispetto alla comunità dei fedeli.

528 COSTITUZIONE DOGMATICA SULLA CHIESA, “LUMEN GENTIUM”, par. 9, in Enchiridion Vaticanum 1: documenti del Concilio Vaticano II, cit., §§ 308-310

Dev'essere dunque riportata una “fondamentale unità”530, una “unità di tutti in un'unica comunità-

popolo”, fondata su ciò che le è proprio e caratteristico: la fede:

“In definitiva non è importante se uno ha nella chiesa una carica o quale carica, ma se egli è schiettamente e semplicemente anche nel suo ufficio, un 'fedele' e ciò significa una persona che crede, ubbidisce, ama e spera”531.

Tale fede, deve essere rivolta semplicemente a Dio, “presso il quale non c'è eccezione di persona o privilegio di sangue, di razza, di posizione sociale, di carica”532. E Dio si è rivelato, secondo il

credo cristiano, appunto in Cristo, che deve dunque essere l'unico capo del popolo e che ha offero agli uomini “la dignità e la libertà dei figli di Dio”533, secondo il dettato della Lumen Gentium.

“b) Tutti sono popolo di Dio in forza della chiamata di Dio: una monopolizzazione della chiesa è esclusa”534. Se precedentemente si è vista la caratterizzazione del popolo dal basso verso l'alto, qui

emerge il concetto di chiesa come “istituzione di Dio”, della quale “l'essenza e l'esistenza sono oggetto della predestinazione di Dio”535. Ogni vocazione, diviene dunque chiamata al “servizio del

popolo di Dio”, un servizio escatologico, ovvero indirizzato alla salvezza. A partire da ciò dev'essere evitato anche qualsiasi “fraintendimento soggettivizzante”: la salvezza non appartiene al singolo credente, ma all'intera comunità divinamente eletta, infatti: “a differenza di altre religioni soteriologiche orientali, il messaggio cristiano ha sempre dimostrato la sua superiorità, nel fatto di non essere indirizzato soltanto alla salvezza del singolo”536.

Quella che sembra configurarsi finora, sulla base di queste tesi di Küng, è dunque una Chiesa formata da un rapporto diretto tra una comunità di uguali, che si distinguono semmai per i diversi servizi che svolgono, fondata su Dio come riferimento comune, che rappresenta la salvezza del popolo, avvenuta per mezzo di Cristo. Questa concezione di forte unità e uniformità viene in qualche modo compensata dal terzo punto, con una dimensione di libertà:

“c) Tutti diventano popolo di Dio mediante la propria decisione umana: è esclusa una ipostatizzazione della Chiesa”537: L'uomo è dunque libero di fronte all'adesione alla chiesa, non

solo, ma alla stessa chiamata di Dio: “La chiesa è sempre e dovunque esistente sulla base della libera adesione umana”; “Gli uomini sono chiamati, e devono rispondere. Sono scelti, e devono dire di si”538. La chiesa è dunque composta dagli uomini che hanno fede in Dio, in altre parole, dalla

comunità dei credenti. Certo, chiarisce Küng, “senza dubbio la chiesa come comunità è essenzialmente più che non la somma dei singoli”, e tuttavia, “questa comunità dei credenti, identica con il nuovo popolo di Dio, costituisce la struttura fondamentale della chiesa”539. In

conclusione, Küng sembra ritornare alle premesse de La Chiesa, dove distingueva tra essenza e non-essenza o forma storica, nel dare la pennellata finale a questo quadro della chiesa come nuovo popolo Dio.

530 Ivi p. 140 531 Ibidem 532 Ibidem

533 Cit. da COSTITUZIONE DOGMATICA SULLA CHIESA “LUMEN GENTIUM”, cit., § 309 534 H.KÜNG, La Chiesa, cit., p. 141 535 Ivi p. 143 536 Ivi p. 142 537 Ivi p. 143 538 Ivi p. 144 539 Ivi p. 145

“d) Il popolo di Dio di tutti i fedeli è un popolo storico: una idealizzazione della Chiesa è esclusa”540

Non solo l'adesione umana, ma la specifica comunità umana caratterizzata da un dato tempo e un preciso contesto, è dunque l'autentico popolo di Dio. Ma come si concilia questo con il fatto che appunto esista un'idea di Chiesa? Che si debba poter definire ciò che la Chiesa è al di là di ogni sua concreta determinazione? L'idea che Küng propone è quella di una Chiesa che, in quanto umana, non è ideale e perfetta, e tuttavia è “in cammino”:

“attraversa un tempo molteplicemente imperfetto rispetto all'ultimo compimento, incontro al regno di Dio escatologico al quale Dio stesso la conduce […] Continuamente in viaggio attraverso il buio del rifiuto e dell'errore, la chiesa è in continuità dipendente dalla misericordia e dalla grazia di Dio”541