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2. La Chiesa di Hans Küng

2.3 Chiesa e Regno di Dio

Quella che si configura è, in effetti, nei termini di Küng, la discrepanza tra la “dimensione attuale” e la “dimensione futura” del Regno di Dio. Del resto, riprendendo le parole scritte da Abraham Heschel nel memorandum di preparazione al Concilio, “It is within the realm of history that man has to carry out God's mission”468. Certo altri autori, come Karl Barth, hanno interpretato in modo decisamente più cauto e attento l'intervento divino nella storia. La predicazione messianica di Cristo relativa al Regno di Dio e l'interpretazione della sua successiva morte e resurrezione come segno dell'avvento di questo Regno, sono in effetti il nodo centrale che divide l'ebraismo dal cristianesimo e che determina la successiva costituzione della Chiesa. La storia di questi avvenimenti viene brevemente riassunta anche nel testo di Küng. Qui li riportiamo con l'ausilio di alcuni riferimenti esterni: “Il cristianesimo del periodo apostolico è caratterizzato dall'attesa della fine imminente”469. 465 Ivi p. 62

466 H. KÜNG, La Chiesa, cit., p. 53

467 J. LORTZ, Storia della Chiesa 1, cit., p. 77

468 A.J. HESCHEL, On improving catholic-jewish relations. A memorandum to his Eminence cardinal Agostino Bea, cit.: “è all'interno del regno della storia che l'uomo deve portare avanti la missioni di Dio”

La realtà terrena viene dunque vista con indifferenza, come estranea al messaggio di Cristo. Tuttavia, “dopo che l'attesa della parusia del periodo apostolico non ebbe compimento, la sussistenza del mondo venne giudicata espressione della volontà di Dio”470. Di qui le comunità

iniziarono da una parte a intrattenere maggiori rapporti con le istituzioni pubbliche, dall'altra, si pervenne a una interiorizzazione spirituale ed etica del messaggio del Regno, una “autobasileia del Cristo nell'anima dell'individuo”471. Determinante in questo senso fu la svolta costantiniana, con la

quale l'Impero divenne autentica rappresentazione terrena della Basiléia celeste e l'imperatore esecutore umano della volontà di Dio. Questo in nome dell'unico Lógos, dell'unico principio razionale che, nella teologia di Eusebio di Cesarea, regge entrambe le realtà, oltre che dell'unica pace che doveva sussistere tramite l'esercizio della monarchia imperiale: “Il regno di Dio venturo divenne un prolungamento ed una elevazione della realtà presente. In tale modo la storia della salvezza col suo carattere escatologico veniva assorbita in una 'concezione di sviluppo che abbraccia storia e storia della salvezza'”472.

Con Agostino, ritorna tuttavia con chiarezza la distinzione tra civitas Dei e civitas terrena, fra le quali non vi è affatto concordanza, ma decisa opposizione: “Per lui, stato e chiesa stanno piuttosto in una relazione di tensione nei riguardi della città di Dio finale e perfetta, la quale sola riceverà la totalità degli eletti”473. Due realtà dunque separate fin dall'origine: “due amori dunque diedero

origine a due città, alla terrena l'amor di sé fino all'indifferenza, per Iddio, alla celeste l'amore a Dio fino all'indifferenza per sé”474. La forza di questa contrapposizione agostiniana, subì successive

rielaborazioni anche a seguito delle vicende del papato e dell'Impero. Così si arrivò ai concetti di

regnum e sacerdotium come facoltà diverse e complementari, l'una subordinata all'altra, riferite al

governo degli uomini da un parte e al servizio di Dio dall'altra: “ora come portatrice definitiva delle speranze escatologiche si propone la chiesa identificata con la civitas Dei e, in concorrenza con essa, il sacrum imperium”475. Il corpus christianum, l'insieme della cristianità medievale, retta da

queste due fonti del potere, ritornò a essere considerato un'autentica prefigurazione terrena del Regno di Dio, che doveva semmai difendersi dalla civitas diaboli a cui “appartengono quelli che stanno fuori, gli eretici, i giudei, i pagani”476. Come sottolinea Küng, con il procedere del tempo

questa identificazione si rivelò controproducente, per una Chiesa nella quale si diffondevano corruzione e malcostumi che la facevano somigliare sempre meno alla civitas dei. Questo provocò ancora una volta reazioni sul piano individuale da una parte e sul contesto pubblico dall'altra. Nell'immediato questo fatto diede adito a nuove forme mistiche e pauperistiche di vivere, caratterizzate da una maggiore aderenza alla purezza del Vangelo. Si pensi alla mistica di Meister Eckart o agli ordini mendicanti di S. Francesco e S. Domenico. Passaggio ancora più importante per la storia della Chiesa e il suo rapporto con il Regno di Dio, sarà in effetti il periodo della Riforma, con la dottrina luterana dei “due regni”, che abbiamo già considerato, osservandone anche le complicate implicazioni nel periodo della salita al potere del Nazismo in Germania.

ed. it. a cura di G. Francesconi, Enciclopedia teologica, Brescia, Queriniana, 1989-90, p. 842 470 Ibidem

471 H. KÜNG, La Chiesa, cit., p. 100 472 Ivi p. 844

473 Ivi p. 101

474 AGOSTINO, De civitate Dei, XIV, 28, cit., p. 361 475 P. EICHER (ed), Enciclopedia teologica, cit., p. 845 476 H. KÜNG, La Chiesa, cit., p. 101

Possiamo comunque riprenderla con la descrizione di Paolo Ricca:

“Oltre al regno e governo secolare c'è un regno e governo spirituale, al quale appartengono i cristiani. È un regno dai confini invisibili, governato da Cristo, con la Parola e lo Spirito. Nella misura in cui i cristiani sono governati da Cristo, non hanno bisogno del governo secolare e possono farne a meno, pur facendone parte. I due regni e i rispettivi governi sono diversi per natura e per funzione, ma risalgono entrambi alla volontà di Dio che governa l'umanità in questi due modi: con la legge mediante l'autorità secolare e con l'evangelo mediante la Chiesa […] i due regni e governi, accuratamente distinti, non devono però neppure essere separati o, peggio, contrapposti, e nessuno dei due deve prevaricare sull'altro”477.

Questa dottrina fu poi ulteriormente complicata, come si era visto, dall'introduzione, da parte di Lutero, della figura del principe cristiano e dal principio cuius regio eius religio da cui derivò la divisione delle confessioni religiose sulla base del potere politico sul terriorio.L'approfondimento di questa concezione luterana risulta utile per comprendere il prosieguo del discorso di Küng sull'antitesi tra Chiesa e Regno. L'autore de La Chiesa ritiene infatti che questa concezione darà adito ad una forte statalizzazione della Chiesa che troverà il suo sviluppo più importante nella “clericalizzazione” della città di Ginevra da parte di Calvino, realizzazione della pretesa che l'autorità cristiana possa rappresentare autenticamente la volontà di Dio nello Stato. Di fatto, secondo Küng, “Calvino, come gli altri riformatori, non ha colto fino in fondo il carattere essenzialmente escatologico del regno di Dio, carattere che basta per escludere radicalmente una identificazione non solo con la chiesa istituzionale, ma anche con quella nascosta”478.

Hans Küng conclude la sua breve analisi storica considerando che dopo il periodo in cui erano dilagate le utopie politiche e si era largmente inteso il Regno come ideale morale della realtà dell'uomo, “ci volle l'effetto schoccante della riscoperta (i deisti inglesi, Reimarus e D. F. Strauss) del carattere strettamente escatologico e trascendente della Basileia, da parte di Joahnnes Weis e Albert Schweizer, e il fondamentale rivolgimento della teologia dialettica ('teologia della crisi'), per ritrovare e riformulare con serietà teologica la distinzione tra regno di Dio e chiesa”479. Si può a

proposito richiamare quanto già detto nel capitolo su Barth e la chiesa confessante. La stessa Dichiarazione di Barmen rappresenta una svolta nella dottrina luterana dei due regni, chiarendo definitivamente che il Regno di Dio rimaneva in ogni caso per la chiesa il punto di riferimento soprannaturale a partire dal quale richiamare alla responsabilità l'autorità statale. La teologia dialettica di Barth è interamente dedicata a ristabilire questa trascendenza del messaggio di Cristo, della sua elezione e dunque anche della Basileia. Sulla base di queste considerazioni, non stupisce il modo in cui conclude il discorso Küng, all'epoca ancora fortemente influenzato dal pensiero barthiano. Si preoccupa infatti anch'egli di ribadire la distinzione tra Regno e Chiesa, prima di tutto su un piano temporale:

“La Ekklesía è qualcosa di essenzialmente presente ma che si dissolverà nel futuro; Basiléia qualcosa che irrompe sì nel presente, ma pure essenzialmente nel futuro. La Ekklesía è un pellegrinaggio nel tempo intermedio escatologico, qualcosa di provvisorio; Basiléia è infine la gloria definitiva alla fine di tutti i 477 Cit. in M. LUTERO, L'autorità secolare, cit., pp. 29-30

478 H. KÜNG, La Chiesa, cit., p. 102 479 Ivi p. 103

tempi, una cosa definitiva”480

Inoltre, anche per una questione di consistenza e di sostanza:

“L' Ekklesía abbraccia peccatori e giusti; la è il regno dei giusti e dei santi. L' Ekklesía cresce dal basso, ha un'organizzazione terrena, è risultato di un'evoluzione, di un progresso, di una dialettica, in breve è, in maniera decisiva, opera di uomini; la Basiléia irrompe dall'alto, è un atto imprevedibile, un evento ignoto, in breve è fondamentalmente opera di Dio”481

In effetti, è proprio questa distinzione, in ultima analisi, a rendere possibile il crescere del pensiero utopistico, anche come contestazione della Chiesa esistente: “dai fanatici della Riforma numerosi indirizzi portano poi alle moderne sette apocalittiche, […] come pure, e questo non è meno importante, alle utopie imperiali secolarizzate dell'escatologia socialista (K. Marx, F. Engels e i rivoluzionari russi) e del messianismo nazionale (il 'terzo Reich di A. Hitler quale impero millenario del nazionalsocialismo). Tutti questi movimenti furono radicalmente anti-ecclesiastici)”482

Quello che sembra suggerire Küng è che sia l'eccessiva distinzione, sia la smisurata equiparazione tra il Regno di Dio e qualsiasi realtà umana, a cominciare dalla Chiesa, portino alla degenerazione di tale concetto, su un piano non soltanto teorico ma storico-concreto. La prospettiva auspicabile è dunque quella di un rapporto equilibrato e costruttivo fra queste due dimensioni, entrambe frutto della ricezione del messaggio di Gesù: “in luogo della dissociazione, dal confronto deve emergere con evidenza il legame tra regno di Dio e Chiesa”483. Per fare questo, spiega Küng, la Chiesa può

affidarsi a quelle che fin dall'inizio sono le forme e i riti da lei individuati per perpetuare questo legame:

“Il regno di Cristo, al quale misteriosamente è sottomesso anche tutto il mondo, si realizza nella chiesa: nella predicazione della parola, che fin d'ora opera il perdono delle colpe e crea l'uomo nuovo, annunciando così la perfezione di tutte le cose; nell'amministrazione del battesimo, che fin d'ora incorpora l'uomo con un segno visibile nella comunità finale, in cui l'uomo vecchio è seppellito nella penitenza e quello nuovo risuscita nella fede per appartenere alla nuova creazione; nella celebrazione della cena del Signore, che nella gloria del Padre annuncia e rende presente per gli eredi del regno, finché egli, non ritorni, l'escatologico banchetto della salvezza”484