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5. Dalla crisi di ottobre alla dichiarazione Nostra Aetate

5.4 La votazione finale

Nel settembre 1965 il testo, emendato, è pronto per l'approvazione finale. Il Coetus Internationalis

Patrum tenta un'ultima mossa diffondendo opuscoli che delegittimano questo documento e i suoi

autori da vari punti di vista. Tuttavia, come si diceva, l'ultima significativa opposizione alla versione definitiva della Nostra Aetate arrivò da parte ebraica: il testo ultimato infatti, non solo non faceva più cenno alla questione del deicidio, ma affievoliva la condanna alle persecuzioni, dato che del

206 H. FESQUET, La Jordanie interdit l'accès des Lieux saints aux prélats qui ont voté la déclaration sur les juifs, in Le Monde, 27/11/1964: “La Giordania vieta l'accesso ai luoghi satnti ai prelati che hanno votato la dichiarazione sugli ebrei”

207 Ibidem: “il governo non intende immischiarsi nelle questioni religiose che può contenere la dichiarazione sugli ebrei adottata dal Concilio. Ma, per quel che riguarda i suoi aspetti politici, ci tiene a fare presente il suo profondo rifiuto alla possibilità che una tale dichiarazione possa essera accolta”

"deplorat et damnat" presente in tutti i testi precedenti, era rimasto soltanto il termine "deplorat". Un telegramma di Joseph Lichten, appartenente alla loggia B'nai B'rtih, esprimeva la costernazione della comunità ebraica statunitense per questi cambiamenti al testo.

Intervenne anche il filosofo francese Jacques Maritain che riferì al card. Journet: "j'ai eprouvé une vraie blessure en voyant qu'on a supprimé les mots et damnat après le mot deplorat. Si le Concile accepte une telle omission, c'est un grand recul par rapport aux condamnations du racisme et de l'antisémitisme"209. Del resto va ricordato che Maritain era stato in passato fra gli attivisti a favore

della causa ebraica in campo cristiano: oltre ad aver partecipato alla conferenza di Seelisberg, aveva scritto già nel 1937 un importante saggio dal titolo L'impossible antisémitisme210 e nel 1948 si

rivolse direttamente a papa Pio XII perché si pronunciasse esplicitamente contro l'odio razziale anti- ebraico, senza tuttavia sortire risultati.

Significativo fu infine l'intervento del teologo francese René Laurentin, pubblicato da Le Figaro, che ebbe grande eco soprattutto presso i vescovi francesi. Questo sacerdote sottolineò il fatto che la questione del deicidio aveva caratterizzato il documento fin dall'inizio e dunque un passo indietro, sarebbe stato decisamente sconveniente. Non si poteva dargli torto: come si è visto lo stesso Jules Isaac riteneva l'accusa di deicidio come il morbo principale dell'anti-giudaismo cristiano e della stessa opinione erano anche i consiglieri ebraici del card. Bea a cominciare da Heschel e Werblowsky. Laurentin ricordava ancora, come già aveva fatto con insistenza il card. Lercaro, che già il Concilio di Trento aveva attribuito la colpa della morte di Cristo a tutta l'umanità, non solo, ma s. Paolo e i vangeli ribadivano più volte l'ignoranza degli ebrei dell'epoca rispetto alla portata del loro gesto.

In ogni caso, l'esigenza di un'approvazione era imminente. Il voto finale al documento si tenne il 15 ottobre 1965. Fu approvato attraverso votazioni successive sugli specifici punti. La questione relativa all'emendamento del termine "deicidii" trovò 245 contrari. Si aggiunsero all' oppsizione anche alcuni vescovi africani, che denunciavano la mancanza di ogni riferimento alla religiosità del loro continente. Il 20 novembre i voti contrari all'intera dichiarazione furono 99. Alla promulgazione definitiva, il 28 ottobre 1965, si ridurranno a soli 88.

Viene di seguito riportata la dichiarazione Nostra Aetate nella versione ufficiale, promulgata dal Concilio Vaticano II.

209 Ivi p. 427: “Ho provato un vero dolore nel vedere che erano state soppresse le parole et damnat dopo la parola deplorat. Se il Concilio accetta una tale omissione, si tratta di un grande passo indietro circa la condanna al razzismo e all'antisemitismo”

DECLARATIO DE ECCLESIAE HABITUDINE AD RELIGIONES NON-CHRISTIANAS – "NOSTRA AETATE"211

1. Nostra aetate, in qua genus humanum in dies arctius unitur et necessitudines inter varios populos augentur, Ecclesia attentius considerat quae sit sua habitudo ad religiones non-christianas. In suo munere unitatem et caritatem inter homines, immo et inter gentes, fovendi ea imprimis hic considerat quae hominibus sunt communia et ad mutuum consortium ducunt.

Una enim communitas sunt omnes gentes, unam habent originem, cum Deus omne genus hominum inhabitare fecerit super universam faciem terrae (1), unum etiam habent finem ultimum, Deum, cuius providentia ac bonitatis

testimonium et consilia salutis ad omnes se extendunt (2), donec uniantur electi in Civitate Sancta, quam claritas Dei illuminabit, ubi gentes ambulabunt in lumine eius (3).

Homines a variis religionibus responsum exspectant de reconditis condicionis humanae aenigmatibus, quae sicut olim et 211 DICHIARAZIONE SULLE RELAZIONI DELLA CHIESA CON LE RELIGIONI NON CRISTIANE, “NOSTRA

AETATE”, in Enchiridion Vaticanum 1: documenti del Concilio Vaticano II, cit., §§ 853-871:

1. Nel nostro tempo nel quale il genere umano si unifica di giorno in giorno più strettamente e cresce l'interdipendenza tra i vari popoli, la Chiesa esamina con maggiore attenzione la natura delle sue relazioni con le religioni non-cristiane. Nel suo compito di favorire l'unità e la carità tra gli uomini, e anzi tra i popoli, essa esamina innanzitutto qui tutto ciò che gli uomini hanno in comune e che li spinge verso una reciproca convivenza.

Infatti tutti i popoli costituiscono una sola comunità, hanno una sola origine, poiché Dio ha fatto abitare l'intero genere umano su tutta la faccia della terra (1), hanno anche un solo fine ultimo, Dio, la cui Provvidenza, testimonianza di bontà e il disegno di salvezza si estendono a tutti (2) finché gli eletti saranno riuniti nella città santa, che la gloria di Dio illuminerà e dove le genti cammineranno nella sua luce (3).

Gli uomini attendono dalle varie religioni la risposta circa gli oscuri enigmi della condizione umana, che anche oggi come ieri turbano profondamente i cuori degli uomini: la natura dell'uomo: che cosa sia l'uomo, che cosa sia bene e che cosa sia peccato, quale origine e quale fine abbiano i dolori, quale sia la via per raggiungere la vera felicità, che cosa sia la morte, infine che cosa sia quell'ultimo e ineffabile mistero che abbraccia la nostra esistenza, da quale noi traiamo la nostra origine e verso cui tendiamo.

Le diverse religioni

2. Dai tempi più antichi fino a oggi presso i vari popoli si nota quasi una percezione di quella forza arcana che è presente al corso delle cose e agli avvenimenti della vita umana, anzi talvolta una conoscenza della divinità suprema o anche del Padre; tale percezione e conoscenza compenetrano la loro vita di un profondo senso religioso. Invece le religioni legate al progresso della cultura, si sforzano di rispondere alle stesse questioni con nozioni più raffinate e con un linguaggio più elaborato. Così, nell'induismo gli uomini scrutano il mistero divino e lo esprimono con la inesauribile fecondità dei miti e con i penetranti tentativi della filosofia cercano la liberazione dalle angosce della nostra condizione o attraverso forme di vita ascetica, o per mezzo della meditazione profonda, o rifugiandosi in Dio con amore e confidenza. Nel buddismo, secondo le sue varie forme, viene riconosciuta la radicale insufficienza di questo mondo mutevole e si insegna una via per la quale gli uomini, con cuore devoto e confidente, siano capaci di raggiungere lo stato di liberazione perfetta o di pervenire allo stato di illuminazione, sia suprema per mezzo dei propri sforzi, sia basandosi sull'aiuto venuto dall'alto. Ugualmente anche le altre religioni che si trovano nel mondo intero si sforzano di superare, in vari modi, l'inquietudine del cuore umano proponendo delle vie, cioè dottrine, precetti di vita e riti sacri.

La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto in queste religioni è vero e santo. Essa con sincero rispetto considera quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella Verità che illumina tutti gli uomini. Essa però annuncia, ed è tenuta ad annunziare, il Cristo che è "via, verità e vita" (Gv 14,6), nel quale gli uomini trovano la pienezza della vita religiosa e nel quale Dio ha riconciliato a sé tutte le cose (4).

Essa perciò esorta i suoi figli affinché, con prudenza e carità, per mezzo di dialoghi e della collaborazione con i seguaci delle altre religioni, rendendo testimonianza alla fede e alla vita cristiana, riconoscano, conservino e facciano progredire i valori spirituali, morali e socio-culturali che si trovano presso di loro.

La religione musulmana

3. La Chiesa guarda con stima anche ai musulmani che adorano l'unico Dio, vivente e sussistente, misericordioso e

onnipotente, creatore del cielo e della terra (5), che ha parlato agli uomini. Essi cercano di sottomettersi con tutto il cuore ai decreti anche nascosti di Dio, come si è sottomesso Abramo, al quale la fede islamica volentieri si riferisce. Benché essi non riconoscano Gesù come Dio, lo venerano però come profeta; onorano Maria la sua madre verginale, e talvolta pure la invocano con devozione. Inoltre attendono il giorno del giudizio, quando Dio retribuirà tutti gli uomini risuscitati. Per questo essi apprezzano la vita morale e rendono culto a Dio, soprattutto con la preghiera, le elemosine e il digiuno. E sebbene nel corso dei secoli, non pochi dissensi e inimicizie sono sorti tra cristiani e musulmani, il sacrosanto sinodo esorta tutti a dimenticare il passato e a esercitare sinceramente la mutua comprensione, nonché a difendere e promuovere insieme, per tutti gli uomini, la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà.

hodie corda hominum intime commovent: quid sit homo, quis sensus et finis vitae nostrae, quid bonum et quid peccatum, quem ortum habeant dolores et quem finem, quae sit via ad veram felicitatem obtinendam, quid mors, iudicium et retributio post mortem, quid demum illud ultimum et ineffabile mysterium quod nostram existentiam amplectitur, ex quo ortum sumimus et quo tendimus.

2. Iam ab antiquo usque ad tempus hodiernum apud diversas gentes invenitur quaedam perceptio illius arcanae virtutis, quae cursui rerum et eventibus vitae humanae praesens est, immo aliquando agnitio Summi Numinis vel etiam Patris. Quae perceptio atque agnitio vitam earum intimo sensu religioso penetrant. Religiones vero cum progressu culturae connexae subtilioribus notionibus et lingua magis exculta ad easdem quaestiones respondere satagunt. Ita in Hinduismo homines mysterium divinum scrutantur et exprimunt inexhausta fecunditate mythorum et acutis conatibus philosophiae, atque liberationem quaerunt ab angustiis nostrae condicionis vel per formas vitae asceticae vel per profundam

meditationem vel per refugium ad Deum cum amore et confidentia. In Buddhismo secundum varias eius formas radicalis insufficientia mundi huius mutabilis agnoscitur et via docetur qua homines, animo devoto et confidente, sive statum perfectae liberationis acquirere, sive, vel propriis conatibus vel superiore auxilio innixi, ad summam

4. Scrutando il mistero della Chiesa, questo sacro sinodo non ha dimenticato il vincolo con cui il popolo del Nuovo

Testamento è spiritualmente legato con la stirpe di Abramo. La Chiesa di Cristo infatti riconosce che gli inizi della sua fede e della sua elezione si trovano già, secondo il mistero divino della salvezza, nei patriarchi, in Mosè e nei profeti. Essa confessa che tutti i fedeli cristiani, figli di Abramo secondo la fede (6), sono inclusi nella vocazione di questo patriarca e che la salvezza della Chiesa è misticamente prefigurata nell'esodo del popolo eletto dalla terra di schiavitù. Per questo la Chiesa non può dimenticare di aver ricevuto la rivelazione dell'Antico Testamento per mezzo di quel popolo con cui Dio, nella sua ineffabile misericordia, si è degnato di stringere l'Antica Alleanza, e che essa stessa si nutre della radice dell'ulivo buono su cui sono stati innestati i rami dell'ulivo selvatico che sono i popoli pagani(7). La Chiesa crede, infatti, che Cristo, nostra pace, ha riconciliato i giudei e i pagani per mezzo della sua croce e dei due ha fatto un popolo solo in se stesso (8). La Chiesa inoltre ha sempre davanti agli occhi le parole dell'apostolo Paolo riguardo agli uomini della sua stirpe: “i quali possiedono l'adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse, i patriarchi; da essi proviene Cristo secondo la carne” (Rm 9,4-5), figlio di Maria vergine. Essa ricorda anche che dal popolo giudaico sono nati gli apostoli, fondamenta e colonne della Chiesa, e la gran parte dei primi discepoli che hanno annunciato al mondo il Vangelo di Cristo. Come attesta la sacra Scrittura, Gerusalemme non ha conosciuto il tempo in cui è stata visitata (9) e i giudei in gran parte non hanno accolto il Vangelo, anzi non pochi si sono opposti alla sua diffusione (10). Ciò nonostante secondo l'Apostolo, i giudei, in grazia dei padri, rimangono ancora carissimi a Dio, i cui doni e la cui chiamata sono irrevocabili (11). Con i profeti e con lo stesso Apostolo, la Chiesa attende il giorno, che solo Dio conosce, nel quale tutti i popoli invocheranno il Signore con una sola voce e “lo serviranno sotto lo stesso giogo” (Sof. 3,9) (12).

Essendo perciò così grande il patrimonio spirituale comune a cristiani e a giudei, questo sacro sinodo vuole promuovere e raccomandare tra loro mutua conoscenza e stima, che si ottengono soprattutto con gli studi biblici e teologici e con colloqui fraterni.

Anche se le autorità giudaiche con i loro seguaci si sono adoperate per la morte di Cristo (13), tuttavia quanto è stato commesso durante la sua Passione, non può essere imputato né indistintamente a tutti i giudei allora viventi, né ai giudei del nostro tempo. E quantunque la Chiesa sia il nuovo popolo di Dio, i giudei tuttavia non devono essere presentati né come rigettati da Dio, né come maledetti, quasi che ciò scaturisse dalla sacra Scrittura. Pertanto tutti facciano attenzione a non insegnare nulla, nella catechesi e nella predicazione della parola di Dio, che non sia conforme alla verità del Vangelo e allo Spirito di Cristo.

Inoltre, la chiesa, che condanna tutte le persecuzioni contro qualsiasi uomo, memore del patrimonio che essa ha in comune con i giudei e spinta non da motivi politici ma da religiosa carità evangelica, deplora gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell'antisemitismo dirette contro i giudei in ogni tempo e da chiunque. Del resto, come la Chiesa ha sempre sostenuto e sostiene, il Cristo nel suo immenso amore, è andato incontro alla sua Passione e morte a causa dei peccati di tutti gli uomini, perché tutti possano ottenere la salvezza. È compito dunque della Chiesa, quando predica di annunciare la croce di Cristo come segno dell'amore universale di Dio e come fonte di ogni grazia.

5. Fraternità universale

Non possiamo, però, invocare Dio come Padre di tutti, se ci rifiutiamo di comportarci da fratelli verso alcuni uomini creati a immagine di Dio. L'atteggiamento dell'uomo verso Dio Padre e quello dell'uomo verso gli uomini fratelli sono così connessi che la Scrittura dice: “Chi non ama, non ha conosciuto Dio” (1 Gv 4,8)

Viene dunque tolto il fondamento a ogni teoria o prassi che, tra uomo e uomo, tra popolo e popolo, introduce discriminazione in ciò che riguarda la dignità umana e i diritti che ne ne derivano.

Di conseguenza la Chiesa condanna, come contraria alla volontà di Cristo, ogni discriminazione tra gli uomini e ogni persecuzione perpetrata per motivi di razza o di colore, di condizione sociale o di religione. Perciò il sacro sinodo, seguendo le tracce dei santi apostoli Pietro e Paolo, ardentemente scongiura i cristiani di, “tenere tra i pagani una condotta irreprensibile” (1 Pt 2,12), se è possibile, e, per quanto dipende da loro, di stare in pace con tutti gli uomini (14), così da essere realmente figli del Padre che è nei cieli (15).

illuminationem pertingere valeant. Sic ceterae quoque religiones, quae per totum mundum inveniuntur, inquietudini cordis hominum variis modis occurrere nituntur proponendo vias, doctrinas scilicet ac praecepta vitae, necnon ritus sacros.

Ecclesia catholica nihil eorum, quae in his religionibus vera et sancta sunt, reicit. Sincera cum observantia considerat illos modos agendi et vivendi, illa praecepta et doctrinas, quae, quamvis ab iis quae ipsa tenet et proponit in multis discrepent, haud raro referunt tamen radium illius Veritatis, quae illuminat omnes homines. Annuntiat vero et annuntiare tenetur indesinenter Christum, qui est "via et veritas et vita" (Io 14,6), in quo homines plenitudinem vitae religiosae inveniunt, in quo Deus omnia Sibi reconciliavit (4).

Filios suos igitur hortatur, ut cum prudentia et caritate per colloquia et collaborationem cum asseclis aliarum

religionum, fidem et vitam christianam testantes, illa bona spiritualia et moralia necnon illos valores socio-culturales, quae apud eos inveniuntur, agnoscant, servent et promoveant.

3. Ecclesia cum aestimatione quoque Muslimos respicit qui unicum Deum adorant, viventem et subsistentem, misericordem et omnipotentem, Creatorem caeli et terrae (5), homines allocutum, cuius occultis etiam decretis toto animo se submittere student, sicut Deo se submisit Abraham ad quem fides islamica libenter sese refert. Iesum, quem quidem ut Deum non agnoscunt, ut prophetam tamen venerantur, matremque eius virginalem honorant Mariam et aliquando eam devote etiam invocant. Diem insuper iudicii expectant cum Deus omnes homines resuscitatos remunerabit. Exinde vitam moralem aestimant et Deum maxime in oratione, eleemosynis et ieiunio colunt. Quodsi in decursu saeculorum inter Christianos et Muslimos non paucae dissensiones et inimicitiae exortae sint, Sacrosancta Synodus omnes exhortatur, ut, praeterita obliviscentes, se ad comprehensionem mutuam sincere exerceant et pro omnibus hominibus iustitiam socialem, bona moralia necnon pacem et libertatem communiter tueantur et promoveant.

4. Mysterium Ecclesiae perscrutans, Sacra haec Synodus meminit vinculi, quo populus Novi Testamenti cum stirpe Abrahae spiritualiter coniunctus est.

Ecclesia enim Christi agnoscit fidei et electionis suae initia iam apud Patriarchas, Moysen et Prophetas, iuxta salutare Dei mysterium, inveniri. Confitetur omnes Christifideles, Abrahae filios secundum fidem (6), in eiusdem Patriarchae vocatione includi et salutem Ecclesiae in populi electi exitu de terra servitutis mystice praesignari. Quare nequit Ecclesia oblivisci se per populum illum, quocum Deus ex ineffabili misericordia sua Antiquum Foedus inire dignatus est, Revelationem Veteris Testamenti accepisse et nutriri radice bonae olivae, in quam inserti sunt rami oleastri Genti (7). Credit enim Ecclesia Christum, Pacem nostram, per crucem Iudaeos et Gentes reconciliasse et utraque in Semetipso fecisse unum (8).

Semper quoque prae oculis habet Ecclesia verba Apostoli Pauli de cognatis eius, "quorum adoptio est filiorum et gloria et testamentum et legislatio et obsequium et promissa, quorum patres et ex quibus est Christus secundum carnem" (Rom 9,4-5), filius Mariae Virginis. Recordatur etiam ex populo iudaico natos esse Apostolos, Ecclesiae fundamenta et columnas, atque plurimos illos primos discipulos, qui Evangelium Christi mundo annuntiaverunt.

Teste Sacra Scriptura, Ierusalem tempus visitationis suae non cognovit (9), atque Iudaei magna parte Evangelium non acceperunt, immo non pauci diffusioni eius se opposuerunt (10). Nihilominus, secundum Apostolum, Iudaei Deo, cuius dona et vocatio sine paenitentia sunt, adhuc carissimi manent propter Patres (11). Una cum Prophetis eodemque Apostolo Ecclesia diem Deo soli notum expectat, quo populi omnes una voce Dominum invocabunt et "servient ei umero uno" (Soph 3,9) (12).

Cum igitur adeo magnum sit patrimonium spirituale Christianis et Iudaeis commune, Sacra haec Synodus mutuam utriusque cognitionem et aestimationem, quae praesertim studiis biblicis et theologicis atque fraternis colloquiis obtinetur, fovere vult et commendare.

Etsi auctoritates Iudaeorum cum suis asseclis mortem Christi urserunt (13), tamen ea quae in passione Eius perpetrata sunt nec omnibus indistincte Iudaeis tunc viventibus, nec Iudaeis hodiernis imputari possunt. Licet autem Ecclesia sit novus populus Dei, Iudaei tamen neque ut a Deo reprobati neque ut maledicti exhibeantur, quasi hoc ex Sacris Litteris sequatur. Ideo curent omnes ne in catechesi et in verbi Dei praedicatione habenda quidquam doceant, quod cum veritate evangelica et spiritu Christi non congruat.

Praeterea, Ecclesia, quae omnes persecutiones in quosvis homines reprobat, memor communis cum Iudaeis patrimonii, nec rationibus politicis sed religiosa caritate evangelica impulsa, odia, persecutiones, antisemitismi manifestationes, quovis tempore et a quibusvis in Iudaeos habita, deplorat.