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L A CESSIONE DI BENI E LA PRESTAZIONI DI SERVIZ

LA CLASSIFICAZIONE DELL'OPERAZIONE PER VIA TELEMATICA

L A CESSIONE DI BENI E LA PRESTAZIONI DI SERVIZ

La norma nazionale italiana individua con precisione le cessioni di beni. L'art. 2, 1 comma del Dpr n. 633/72 afferma che

“Costituiscono cessioni di beni gli atti a titolo oneroso che importano trasferimento della proprietà ovvero costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento su beni di ogni genere”.

Risultano quindi imponibili agli effetti dell'IVA solo gli atti che comportano l'effetto giuridico derivativo-traslativo della proprietà o di altro diritto derivativo reale o di godimento71. Risultano quindi esclusi dal campo di

69 97/213/CE: Decisione del Consiglio del 17 marzo 1997 che autorizza il Regno di Svezia ad applicare una misura di deroga all'articolo 9 della sesta direttiva IVA 77/388/CEE in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, GU L 86 del 28.3.1997, pagg. 31–32 [EN] 97/213/EC: Council Decision of 17 March 1997 authorizing the Kingdom of Sweden to apply a measure derogating from Article 9 of the Sixth Directive 77/388/EEC on the harmonization of the laws of the Member States relating to turnover taxes, OJ L 86, 28.3.1997, p. 31–32; [SV]97/213/EG: Rådets beslut av den 17 mars 1997 om bemyndigande för Konungariket Sverige att tillämpa en åtgärd som avviker från artikel 9 i sjätte direktivet (77/388/EEG) om harmonisering av medlemsstaternas lagstiftning rörande omsättningsskatter,EGT L 86,

28.3.1997, s. 31–32 .

70 Prop. 1996/97:81 Mervärdesskatt - Beskattningsland för telekommunikationstjänster, m.m. Veedasi inoltre Banca dati Ibfd, Valued Added Taxation in Europe, voce: Sweden, Supply of services, accesso del 17/08/2006

applicazione dell'IVA i fatti che determinano un acquisto della proprietà o di altro diritto reale a titolo originario. Ricordiamo che nel codice civile italiano non è infatti definito il diritto di proprietà, ma che l'art. 832 c.c. afferma che la proprietà si manifesta in quel potere di disporre (inteso come potere di alienazione, di costituire diritti) e di godere di un bene (inteso come potere di godere di un bene in maniera diretta)in maniera piena ed esclusiva72.

Anche in Italia, così come in Svezia73, gli atti della pubblica autorità

determinano una cessione di beni74 sia in quanto l'art. 1 non distingue tra

cessioni volontarie e cessioni coattive e sia anche in quanto l'art. 6 75, secondo

comma lett. a) fa espresso riferimento alle cessioni di beni per pubblica autorità76. L'art. 3, 1 comma definisce la prestazione di servizi affermando che

“(...) Costituiscono prestazioni di servizi le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti d'opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte (...)”.

Ci limitiamo a rilevare77 come a livello comunitario la definizione di

prestazione di servizi sia del tutto residuale, o meglio la definizione comunitaria sia costruita su di una “ancillarità totalizzante”78. Non così nella normativa

nazionale italiana, laddove il legislatore procede dapprima con una elencazione meramente esemplificativa, accompagnandola poi con una disposizione di chiusura79 la quale ricomprende tutte le obbligazioni di fare, di non fare e di

permettere quale ne sia la fonte. La dottrina80 sostiene che sia proprio tale

disposizione di chiusura a permettere alla norma nazionale di essere armonizzata con la disposizione comunitaria, in quanto racchiude lo stesso criterio generale di assorbenza che contraddistingue il dato comunitario.

Per quanto riguarda le operazioni che non sono immediatamente classificabili quali cessioni di beni o prestazioni di servizi o che hanno qualche

72 Mandò G., e Mandò D., op. cit., 2004, pag. 17. 73 Vedasi supra.

74 Vedasi Corte di Cassazione del 7 marzo 1997 n. 7528. 75 Art. 6, Rubricato come: Effettuazione delle operazioni

76 Vedasi in questo senso Commissione Tributaria Centrale 8 aprile 1987 Decisione n. 5491.

77 Verrà data ampia trattazione dell'argomento quando si tratterà della qualificazione delle operazioni dei servizi elettronici quali cessioni di beni o di servizi all'interno della normativa nazionale. Si rinvia pertanto ai capitoli successivi per ulteriori approfondimenti.

78 Centore, P., op. cit., 2006, pag. 102.

79 Cfr l'ultima parte del 1 comma dell'art. 3 del Dpr n. 633/72. 80 Centore, P., op. cit.,2006, pag. 102.

elemento di dubbio, la Commissione Tributaria Centrale81 con Decisione n.

2152 del 19 febbraio 2001 ha affermato che qualora in una operazione sia

“(...) prevalente l'elemento del facere artigianale rispetto a quello del dare, caratteristico del contratto di vendita (...)”

questa sia da classificare quale prestazione di servizi e non quale cessione di beni. L'art. 2 del Dpr 633/72 sottolinea poi il carattere oneroso della cessione e l'art. 3 delinea il carattere della prestazione di servizi, la quale deve essere effettuata verso corrispettivo. Dalla lettura del testo nazionale82 emerge la

necessità, per entrambe le operazioni, che queste si innestino all'interno di un rapporto economico che preveda la reciprocità delle prestazioni: da una parte la cessione o la la prestazione e dall'altra una prestazione che trova la sua specifica causa nella relativa cessione o prestazione83.

Il legislatore nazionale ha utilizzato per le cessioni il termine onerosità, usando invece per le prestazioni il termine dietro corrispettivo. La dottrina, pure avendo rilevato la diversità sia strutturale, in quanto la disposizione della onerosità risulta scissa in due differenti articoli del Dpr, che terminologica, in quanto il testo nazionale utilizza sia la dizione onerosità sia la dizione dietro

corrispettivo, afferma che il testo nazionale risulta equivalente84 a quello della

Sesta Direttiva.

Anche la giurisprudenza nazionale italiana, al pari di quella svedese, ha ribadito la necessità della onerosità della operazione affermando di converso che le operazioni gratuite non sono soggette ad imposta. La Commissione Tributaria Centrale chiamata a pronunciarsi sul tema ha affermato che

“(...) Gli artt. 2 e 3 della legge istitutiva dell'IVA dispongono che l'imposta sul valore aggiunto si applica alle cessioni di beni a titolo oneroso ed alle prestazioni di servizi verso corrispettivo. Pertanto è evidente che le cessioni gratuite sono esenti da imposta (...)”85.

81 Commissione Tributaria Centrale, Decisione del 19 febbraio 2001 n. 2152. 82 Centore, P., op. cit., 2006, pag. 102.

83 Filippi, P., Le cessioni di beni nell'imposta sul valore aggiunto, Edizioni Cedam, Padova 1984, pag. 48, citata da Centore (op. cit), pag. 102.

84 Centore, P., op. cit., 2006, pag. 102.

Anche in Italia ci sono stati problemi relativi alla quantificazione dell'ammontare del corrispettivo. Sul tema l'Amministrazione finanziaria, con Risoluzione Ministeriale del 198086, ha affermato, in un caso vertente in un

processi di ristrutturazione aziendale dove le società avevano stipulato accordi con i quali veniva stabilito che la società che assume personale di altra consociata e viene rimborsata da quest'ultima dei puri costi di cassa integrazione guadagni, nonché degli oneri finanziari per l'anticipazione di tali costi, e ciò fino al momento in cui il personale come sopra assunto viene avviato, che tali importi in quanto corrispondenti al puro costo, non possono essere considerati corrispettivo di operazioni imponibili all'IVA ai sensi dell'art. 3 del Dpr. n. 633/7287.

Volendo effettuare una comparazione dei testi nazionali rispetto alla norma comunitaria e delle disposizioni nazionali tra di loro si può osservare che parallelamente a quanto effettuato dal legislatore svedese anche quello italiano suddivide la qualificazione dell'operazione cessione / prestazione rispetto alla disposizione disciplinante la onerosità, ed ambedue i dati nazionali svedese ed italiano differiscono da quello comunitario il quale accomuna in una unica disposizione l'art. 2 sia l'individuazione delle operazioni che la relativa onerosità.

LADOTTRINA

Nello stesso periodo pre-Direttiva 2002/38/CE, la dottrina88 italiana si era

interrogata principalmente sull'esatta qualificazione delle operazioni online. Si era osservato89 come qualora si fossero qualificate le operazioni effettuate

online quali cessioni di beni gli acquisiti effettuati da un cliente italiano, indipendentemente dal suo ruolo di imprenditore o consumatore finale, presso un fornitore non residente, sarebbero risultati esclusi dal campo di applicazione dell'imposta, in quanto al momento della conclusione del contratto il bene non sarebbe stato fisicamente presente in Italia90. In maniera analoga, le cessioni

effettuate da una impresa italiana nei confronti di un acquirente non residente, indipendentemente dal fatto che questo fosse comunitario o extra-comunitario, si sarebbe dovuto procedere all'applicazione dell'imposta non potendo configuararsi, in difetto dell'effettivo e materiale spostamento del bene, né una cessione intra-comunitaria né una esportazione.

86 Risoluzione Ministeriale n. 366004 del 4 febbraio 1980.

87 Il principio è stato poi ribadito anche con Legge successiva: vedasi art. 8, comma 35, Legge 11 marzo 1988, n. 67. 88 Armella, S., Note sul regime IVA applicabile al commercio elettronico, in Diritto e Pratica Tributaria, 1999, I, pag. 843 89 Armella, S., op. cit., 1999, I, pag. 843

Allo stato dei fatti, le indicazioni fornite dall'Unione Europea e dall'OCSE sulla classificazione delle operazioni che venivano effettuate online non erano ancora vincolanti91 (le indicazioni contenute nelle linea guida enunciate nella

Comunicazione del 17 giugno 1998 non ancora trasfuse in una Direttiva), con la relativa conseguenza che il regime proprio di alcune transazioni che venivano effettuate online sulla base alla normativa nazionale era e poteva rimanere quello della cessione di beni92.

LAGIURISPRUDENZA

In Italia non c'è stato un excursus giurisprudenziale paragonabile a quello svedese in merito alla classificazione dell'operazione quale cessione di beni o prestazione di servizi nel caso di software o di transazioni svolte per via telematica ai fini IVA. Si possono però ricavare una serie di impressioni indirette osservando altre pronunce e pareri.

La Suprema Corte di Cassazione negli anni Novanta93 si pronunciò in tema

di agevolazioni tributarie spettanti alle zone depresse. L'Amministrazione finanziaria aveva negato la spettanza di tali agevolazioni ad una azienda che aveva ad oggetto la fornitura di dati in formato digitale in quanto, a parere dell'Amministrazione, tale attività era carente del requisito dell'industrialità, requisito necessario per potere beneficiare dell'agevolazione. Nello specifico l'Amministrazione finanziaria lo negava in quanto l'attività era caratterizzata dall'intellettualità dei servizi prestati, di gran lunga prevalente rispetto all'attività materiale che fungeva da semplice supporto. La Corte di Cassazione, richiamandosi alla sua precedente giurisprudenza dei primi anni Ottanta94,

riconosceva invece il diritto alla agevolazione in quanto applicabile anche alle imprese che hanno ad oggetto la produzione di servizi.

L'impostazione data dalla Corte di Cassazione venne poi seguita anche dalle Commissioni Tributarie. Nel 2005 la Commissione Tributaria Regionale della Puglia95 fu chiamata a decidere se una impresa produttrice di software

gestionale e personalizzato potesse beneficiare di agevolazioni ed esenzioni territoriali, negate dall'Amministrazione finanziaria in quanto a parere della stessa era assente un vero e proprio ciclo produttivo e un prodotto finale. La Commissione Tributaria Regionale della Puglia riconobbe il diritto alla agevolazione in quanto il concetto di inziativa produttiva poteva ormai

91 Armella, S., op. cit., 1999, I, pag.. 843 92 Armella, S., op. cit., 1999, I, pag. 843

93 Vedasi Corte di Cassazione del 4 aprile 1990 n. 2796, in banca dati Documentazione tributaria. 94 Vedasi Corte di Cassazione del 13 settembre 1983 n. 5549, in banca dati Documentazione tributaria.

pacificamente essere esteso alla realizzazione di processi di trasformazione volti all'ottenimento non esclusivamente di beni materiali, ma anche di beni immateriali, cioè di servizi

L'importanza delle sentenze menzionate emerge evidente in quanto la Corte di Cassazione prima e la Commissione Tributaria poi, pur pronunciando in tema di agevolazioni tributarie, hanno classificato l'attività esercitata di fornitura di dati in formato digitale e di software gestionale e personalizzato come attività diretta all'ottenimento di beni immateriali e quindi di produzione di servizi e non invece come attività diretta alla produzione di beni materiali, affermando quindi che il software personalizzato deve essere qualificato quale prestazione di servizi e non come cessione di beni.

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