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IVA E SERVIZI DI COMUNICAZIONE: I MOTIVI DEL CAMBIAMENTO

L A POSIZIONE OCSE

L'importanza della tassazione nel luogo dove avviene il consumo ed il raggiungimento di un consenso internazionale sulla nozione di consumo venne ribadita in sede OCSE nel 2001. Nel documento “Commerce électronique et impôts sur la consommation”54 viene infatti affermato come le norme

applicabili in materia d'imposta sul consumo nel caso di scambi transfrontalieri dovrebbero giungere ad un'imposizione nel paese in cui il consumo ha luogo ed occorrerebbe di conseguenza ottenere un consenso internazionale sulle condizioni nelle quali i beni o servizi sono considerati come consumati in un dato paese55.

L'OCSE rileva come l'imposizione nel luogo del consumo permetta di ridurre le incertezze ed il rischio di una doppia imposizione o di involontarie mancate tassazioni, come nel caso di paesi che applichino regole incompatibili ed inconciliabili tra di loro (ad esempio tra principio di origine e quello di destinazione). Inoltre l'imposizione nel luogo del consumo contribuirà a stabilire regole del gioco eque. L'OCSE ha inoltre fornito un concetto di consumo che applicato ai servizi immateriali implica che questi si intenderanno consumati nel luogo dove il cliente li ha effettivamente consumati od utilizzati.

52 Commissione europea, Directorate general XXI, Documento XXI/1201/99.

53 Consiglio europeo di Lisbona, 23 E 24 Marzo 2000. Documento liberamente disponibile all'indirizzo http://ue.eu.int/ueDocs/cms_Data/docs/pressData/it/ec/00100-r1.i0.htm

54 OCSE (2001), Commerce électronique et impôts sur la consommation.Un rapport du groupe de travail n° 9 sur la consommation au Comite des Affaires Fiscales.

Il concetto di consumo è quindi svincolato dal contratto, dal luogo di pagamento, dal beneficiario o dalla localizzazione del prestatore o del cliente al momento della consegna. Secondo una definizione pura di consumo, l'imposta dovrebbe essere quindi riscossa dal paese nel quale il consumo ha effettivamente luogo56.

Tuttavia il principio del consumo puro risulta difficilmente applicabile nella pratica a causa del carattere globale del commercio elettronico, unito alla mobilità attuale delle comunicazioni. Si possono fare degli esempi: se un'impresa statunitense stipula un contratto con un'altra impresa acquirente con sede nel Regno Unito per la prestazione di servizi di consulenza alle sue filiali in Giappone, è possibile dire che il consumo ha luogo nel Regno Unito, dove si trova la sede sociale del cliente, soltanto nella misura in cui tali servizi vanno a giovare alla globalità dell'impresa. Si potrebbe però anche dire che tali servizi sono proprio rivolti alle filiali che hanno sede in Giappone e quindi tali servizi saranno effettivamente utilizzati in Giappone. Un altro esempio: un'impresa francese stipula un contratto con un'impresa canadese per la fornitura di servizi elettronici. Il personale dell'impresa canadese utilizza computer portatili ed utilizza questi servizi nel mondo intero. Il consumo ha luogo in ogni paese in cui i membri del personale utilizzano effettivamente questi servizi57.

L'applicazione di un criterio di luogo di consumo puro, sebbene formalmente corretto, sarebbe nella pratica un peso troppo gravoso per i prestatori, i quali per conformarsi ai loro obblighi fiscali dovrebbero ogni volta determinare il luogo esatto in cui il consumo avviene, problema che si acuisce nel caso in cui questo abbia luogo in molteplici giurisdizioni. Il principio causerebbe inoltre difficoltà amministrative alle autorità fiscali. Da qui la scelta di criteri simili che tendono al principio ma che non si identificano completamente con esso. Il gruppo di lavoro in seno all'OCSE ha quindi proposto alternative: per le transazioni che avvengono tra imprese, è stato suggerito il luogo dove le operazioni del prestatore generano un reddito, oppure il luogo dove è stato stipulato il contratto, la localizzazione del committente, la localizzazione dell'impresa del prestatore o del destinatario. In quest'ultimo caso, la localizzazione o la "presenza commerciale" del destinatario quale ad esempio uno stabilimento al quale i servizi sono forniti. Questo criterio potrebbe applicarsi alla sede sociale, ad una succursale, ad un ufficio principale o ad una sede di attività economiche.

56 OCSE (2001), cit., pag.10 e 11. 57 OCSE (2001), cit., pag.11.

Un'altra opzione potrebbe ancora consistere nel sottoporre ad imposizione i servizi nel luogo dove sono prestati: qualora questi siano resi in luoghi differenti, il luogo di imposizione si identificherebbe con il luogo di stabilimento del fornitore.

Per le operazioni che avvengono tra imprese e consumatori sono stati identificati più criteri e possibilità, fra le quali il domicilio abituale, il luogo di residenza, il centro degli interessi vitali oppure lo stato di nazionalità del cliente. Il gruppo di lavoro dell'OCSE ha però evidenziato come tali parametri non devono essere di troppo difficile applicazione da parte del fornitore, il quale dovrebbe essere in grado di identificare facilmente e con certezza la localizzazione e lo statuto fiscale dei clienti privati. Tuttavia si riconosce come nella pratica sia poco probabile che un prestatore possa disporre di informazioni sufficienti per determinare il "centro degli interessi vitali" o la nazionalità di un cliente privato58. Il gruppo di lavoro dell'OCSE conclude

evidenziando come la scelta del principio del consumo effettivo dovrebbe restare il principio verso il quale tendere, in particolare alla luce dello sviluppo delle telecomunicazioni mobili di terza generazione e delle altre evoluzioni tecnologiche che potrebbero facilitare a medio termine la determinazione del luogo di consumo al momento di un acquisto online59.

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