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La comunicazione non verbale (CNV)

La metodologia della ricerca

6.3 La comunicazione non verbale (CNV)

Sempre nell’ottica delle tutele metodologiche la videoripresa permette a chi ne fa uso in fase di studio di soffermarsi su quegli aspetti tipici dell’analisi della comunicazione non verbale (CNV) (Argyle 1992), che sono totalmente esclusi da qualsiasi altro strumento di registrazione dell’interazione, ma che costituiscono buona parte del significato che il soggetto aveva intenzione di veicolare. Scrive Goffman:

“Il vero senso di un messaggio, infatti, dipende dalla nostra abilità di dire se è, ad esempio, trasmesso seriamente, sarcasticamente, a titolo d’esperimento oppure come citazione riportata, e nella comunicazione faccia-a-faccia queste informazioni –cornice- derivano per definizione dagli indizi paralinguistici quali l’intonazione, l’atteggiarsi della faccia e simili, indicazioni che hanno un carattere espressivo e non semantico. Possiamo quindi dire che, quale fonte di informazioni, l’individua trasuda espressioni e trasmette comunicazioni, ma che in quest’ultimo caso la parte che cerca di ottenere le informazioni dovrà pur sempre prestare attenzione alle espressioni, altrimenti non saprà come interpretare ciò che le viene detto” (Goffman 2009: 16-17).

La videoregistrazione insomma rende possibile la riflessione su tutti gli aspetti della comunicazione tra soggetti. Franco La Cecla, nel suo libro sull’analisi del malinteso come elemento imprescindibile per la comprensione della comunicazione tra persone e culture (La Cecla 2009) sostiene che il linguaggio verbale, anche all’interno di una stessa lingua condivisa, è lo strumento par excellence del malinteso. Noi tutti saremmo quindi come “tanti manovali confusi che vanno aggirandosi per le impalcature, trascinando carriole, tirando funi e continuamente scontrandoci con l’incapacità di far capire i nostri ordini o di recepire quelli del manovale accanto” (La Cecla 2009: 35). Ma in soccorso all’ambiguità linguistica e alla babele di significati malintesi arriva l’interazione di persona, fatta di sguardi e di contesti, in quanto “il linguaggio non è tutto e la convivenza umana, più stretta e fianco a fianco procede, più complessa di frequenze e di sguardi comuni si fa, e meno è solo affidata alla lingua […]. Questa logica dell’immediatezza libera la relazione dall’ambiguità del linguaggio e l’affida al

polisemismo delle occhiate, dei gesti, delle espressioni del volto e del corpo” (Ibidem). La videoregistrazione di un’interazione quindi, pur non riuscendo ad affrancarsi totalmente dalla possibilità del malinteso (che costituisce un pericolo ma anche una risorsa e che è connaturato a qualsiasi tipo di incontro), avvicina notevolmente lo studioso al contesto e all’immediatezza in cui ha incontrato l’altro e lo allontana “dal paese spettrale delle astrazioni” (Nietzsche 2005) di cui il linguaggio e basta è portavoce.

Di conseguenza la videoregistrazione dell’intervista si rivela particolarmente interessante se, come nelle interviste sulla morte, si fa riferimento a concetti astratti, difficilmente esprimibili in maniera precisa solo e soltanto con le parole. Avremo infatti che:

“Nell’ambito della gestualità si possono individuare gesti dimostrativi: «quando qualcuno descrive un’azione o un oggetto tende ad usare le mani in questo modo, ossia a generare immagini davanti a sé. Cerca in questo modo di presentare iconicamente l’idea astratta della sua espressione» (Scheflen 1977); gesti di riferimento, quando si usano le mani e gli occhi per indicare posizioni spaziali tipo su e giù, qua e là; gesti simbolici che sostituiscono la parola e sono perciò connotati da un significato condiviso all’interno di un gruppo; gesti qualificativi che qualificano appunto affermazioni, e sono quelli più propriamente meta comunicativi” (Faccioli, Losacco 2003: 75).

Possiamo ipotizzare, in maniera generale, che maggiore è il grado di astrazione richiesto dall’argomento dell’intervista maggiore saranno i gesti su esposti che a tal fine si utilizzeranno. Il nostro linguaggio infatti è fortemente metaforico e fa continuamente uso di metafore che trovano la loro origine nella nostra struttura percettiva e corporea, ma anche nella nostra cultura. Non è possibile dunque un pensiero e un linguaggio disincarnati e privi di metafore (Lakoff, Johnsonn, 1998). Molte di esse, come su esposto, sono di ordine spaziale e possono essere sia rintracciabili che sottolineate solo attraverso un’analisi visuale dei gesti.

C’è poi un altro beneficio della videoregistrazione dell’intervista ed è un beneficio che si incontra quando ad essere interrogate sono persone straniere che non padroneggiano perfettamente la lingua dell’intervistatore. I migranti infatti cercano di spiegare al meglio ciò che pensano ma non sempre ci riescono. Cercano quindi aiuto nei gesti e nelle intonazioni, nelle metafore spaziali e nelle frasi accennate. Riportare solo la verbalizzazione senza questo apparato ausiliario quindi condurrebbe a tralasciare molto del significato che hanno voluto esprimere. In più casi, durante la sbobinatura dell’intervista, mi è stato possibile comprendere il vero significato espresso dal migrante solo e soltanto grazie allo sguardo e al sorriso, per

senza annotazioni di comunicazione non verbale, estrapolata da un’intervista effettuata ad un ragazzo armeno. Il ragazzo parlava molto male l’italiano e si aiutava parecchio con i gesti e la mimica facciale:

“L’anima! L’anima vivere sempre... questo vivere sempre... non posso morten. Solo questo tutto come vestiti cambio... oggi tu sei così dopo tu sei… una donna... come Dio volen, non lo so... io voglio fumare, tu fumi?”.

E confrontiamola con lo stesso brano avente le annotazioni di comunicazione non verbale:

“L’anima! L’anima vivere sempre... questo vivere sempre...non posso morten (fa il gesto dello spezzare una cosa, tipo un bastone) Solo questo tutto (indica il proprio corpo) come vestiti cambio... oggi tu sei così dopo tu sei... (espressione incerta, fa le spallucce) una donna… come Dio volen (mima una specie di influsso dall’alto verso il basso, categorico), non lo so... (ride e sembra imbarazzato)... io voglio fumare, tu fumi?”.

Senza le annotazioni tra parentesi non avrei potuto capire che per l’intervistato la morte è una rottura fisica (il gesto della rottura del bastone), che questa rottura è inerente però solo a “questo tutto”, cioè al proprio corpo e non all’anima, e che la scelta dell’esempio della donna è solo uno qualsiasi (incerto e fa spallucce) e non un concetto cardine della sua idea di reincarnazione. Per lui inoltre Dio fa discendere le sue scelte come un’energia dall’alto verso il basso, in maniera inequivocabile e categorica. L’intervistato poi cambia argomento, ma solo interpretando la sua espressione possiamo capire perché vuole cambiarlo. E’ annoiato? E’ arrabbiato? Pensa di aver dato una risposta stupida? No, dall’espressione capisco che è tranquillo, perché mi regala un sorriso. Ha solo voglia di fumare e non sa come dirmelo.

La comunicazione non verbale, sebbene non sia l’unica a permettere la vera comprensione dei significati, aiuta comunque sempre a donare spessore e colore, potremmo dire “realtà concreta”, alle parole e ai concetti.

Tra le varie interpretazioni e suddivisioni che diversi Autori danno della CNV prenderemo in considerazione quello di Fraser (Fraser 1984) il quale suddivide i canali e i sistemi di comunicazione in “uditivo/vocale” e “gestuale/visivo”. Il canale “uditivo/vocale” coinvolge tutta la produzione linguistica, il sistema intonazionale (inflessioni, accentuazioni, pause, sospensioni) e il sistema paralinguistico (intercalari, borbottii, cambiamenti del ritmo e del tono etc.). Il canale “gestuale/visivo” consiste nell’insieme di comportamento spaziale (contatto e distanza con l’interlocutore, la prossemica, la postura, l’orientazione), movimenti

del corpo (gesti delle mani e cenni della testa), mimica, sguardo, aspetto esteriore e uso di accessori (Raffagnino, Occhini 2000).

Nella trascrizione delle interviste ho riportato tra parentesi le varie comunicazioni non verbali e le ho usate per comprendere meglio il significato verbale. Per ogni intervista è stata scritta una breve introduzione comprendente il contesto, le impressioni, le peculiarità non verbali dell’interlocutore e il suo modo di esporre i concetti, ovvero sia la comunicazione uditivo/visuale che gestuale/visivo.

E’ stata poi presa nota dell’orientazione degli interlocutori secondo le analisi di Thiel (1991). Le possibili modalità di interlocuzione durante un’intervista sono quattro: frontale, ad angolo, a fianco, ai poli opposti. Incidono sulla psicologia generale e sul primo approccio.

“La posizione frontale esprime un’atmosfera interattiva che va dalla pura e semplice conversazione fino ad un’interazione caratterizzata da conflitto, concorrenza o dominanza. E’ la posizione che si assume, ad esempio, durante un colloquio di lavoro, dal medico ed in tutte quelle situazioni in cui è presente una asimmettria di ruoli.

La posizione ad angolo indica un’atmosfera distesa rilassata che si adatta agli incontri tra due amici.

La posizione a fianco è tipica delle interazioni collaborative, dove anche la distanza prossemica minima indica una relazione amichevole e di fiducia reciproca.

La posizione ai poli apposti è quella più frequente tra individui che non stabiliscono nessun tipo di interazione fra di loro: al tavolo della biblioteca, alla tavolo della mensa” (Raffagnino, Occhini 2000: 93-94).

Fig. 7 (ibidem).

Frontale Ad angolo

A fianco

Ai poli opposti

Esiste una scala di valori per l’analisi della comunicazione non verbale, a seconda che si identifichi quantitativamente un atomo della stessa o la globalità significativa dell’evento non verbale totale. In altre parole, a seconda degli autori, può essere utilizzato un metro che prenda in considerazione singoli gesti, sguardi, movimenti o più in generale il senso complessivo di tutta una serie di movimenti, sguardi e gesti. Dal momento che la mia ricerca si è avvalsa della comunicazione non verbale solo come ausilio per la comprensione del contesto e dei significati espressi e dal momento che non ero interessato ad un’indagine troppo specifica ed incentrata sulla CNV, ho optato per una trascrizione di tipo molare. La comunicazione non verbale, interpretata e trascritta, mi è servita quindi per comprendere meglio ed in maniera olistica il mondo simbolico e teorico degli intervistati, e per costruire i “ritratti” personali del capitolo VII.