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Perché proprio la Tuscia per questa ricerca

La Provincia di Viterbo e l’immigrazione

5.5 Perché proprio la Tuscia per questa ricerca

I motivi che mi hanno spinto a scegliere e a circoscrivere questo territorio per la mia ricerca sono fondamentalmente di carattere affettivo e di partecipazione attiva al territorio: da ormai sette anni infatti mi sono trasferito a vivere nel viterbese, al principio in un casale ubicato nelle campagne del comune di Orte e da cinque anni a Chia, minuscola frazione di Soriano nel Cimino (400 abitanti in tutto), sempre nella Provincia di Viterbo. Dunque è questo il territorio in cui vivo e di cui, piano piano, sono riuscito a capire le caratteristiche umane, la struttura sociale e la storia, molto più profondamente del territorio in cui sono nato e cresciuto, ovvero la città di Roma. Questo è accaduto perché, credo, la Provincia in generale, al contrario della multiforme e spaesante metropoli, manifesta la sua complessità piano piano e non in un istante solo. Al principio infatti si presenta, per chi è “straniero”, come più semplice ed immediata da capire, sotto uno sguardo d’insieme aereo e onnicomprensivo, quasi monotona, ed è solo in un secondo tempo che lascia trapelare il suo modo d’essere, articolato ed intricante al pari che le città.

In questo modo si scopre che le relazioni sociali, proprio così come “si suol dire”, sono più strette e coinvolgenti, potremmo dire “vincolanti” ma proprio per questo anche più reali. Difficile non essere visti o notati in paese, così come essere lasciati completamente soli o senza ausilio. Questo fa si che esistano regole sociali completamente diverse che in città e

questo prima di tutto perché il numero delle persone che abitano i paesi è molto ristretto. La densità di popolazione non è un fatto irrilevante per definire la struttura sociale di un luogo e i comportamenti delle persone. Le novità per esempio, quelle poche che ci sono, si sentono con più forza. Risaltano e ci si presta maggiore attenzione. La cassa di risonanza dunque, in uno spazio piccolo e tutt’altro che saturo di persone, è molto più grande e perfino i piccoli gesti possono riecheggiare come eventi straordinari. Allo stesso modo è quasi impossibile non condividere un progetto locale o intraprenderlo senza consultare gli altri. Per questo si può ancora parlare di un mondo differente, in quanto a substrato sociale e modi di vivere.

La comunità che abita un luogo in provincia è ben definita nello spazio, molto di più che un quartiere cittadino, anch’esso sicuramente caratterizzato da particolarità tutte specifiche, ma più difficile da isolare e da confinare con esattezza. In provincia invece, retaggio di antichi campanilismi, esistono ancora, certo come sopravvivenze, modi di essere differenti da paese a paese che, mischiati con il fenomeno dell’omologazione culturale e l’appartenenza al villaggio globale della modernità, danno luogo ad un mix di comportamenti tutt’altro che banali e irrilevanti.

Per quanto riguarda lo spazio di riferimento di un abitante medio della provincia dobbiamo immaginare un’area tanto ampia quanto la provincia stessa, se non oltre. Comprare le sigarette e il giornale alla stazione del treno, lavorare a Roma, comprare un vestito in un negozio di un paese adiacente al proprio, andare in palestra nel capoluogo, andare al cinema in Umbria e infine ritornare a casa la sera, sono spostamenti del tutto naturali per chi vive in Provincia. Questo è possibile, ovviamente, grazie alla rete stradale e al potere di movimento dell’automobile stessa, il che vuol dire che il modo di usufruire del territorio è notevolmente cambiato negli ultimi 35-40 anni. Andare a Roma o anche solo a Viterbo, per un abitante di Soriano del 1950, era un fatto straordinario e raro. Ancora in quegli anni infatti e fino agli inizi degli anni ‘60, i paesi erano pieni di stalle per asini che con il loro raglio dominavano i suoni delle valli tutto intorno. Esisteva ancora in quegli anni, a soli 70 km da Roma, la figura del “barcarolo” che traghettava i contadini al di là e al di qua del Tevere.

Ora c’è da sottolineare che non mi sarei dilungato a tratteggiare questo “mondo antico” se ancora non se ne vedessero in giro le sopravvivenze e se queste non fossero importanti per la nostra ricerca. Molti migranti infatti provengono da aree del loro paese che hanno le stesse caratteristiche naturali e sociali su esposte. Molti di loro, dopo aver sperimentato la vita in città, decidono di spostarsi in Provincia per ritrovare queste caratteristiche o semplicemente per vivere con più calma e semplicità. Il lavoro d’altronde in Provincia non manca di certo, proprio per chi si occupa di settori come l’edilizia, i servizi d’assistenza o l’agricoltura.

Capire poi come un migrante si “integri” in una società già molto ristretta e chiusa e come arrivi a “convivere” con gli abitanti di un territorio più definito e stabile rispetto alle metropoli credo siano fenomeni importanti da analizzare e anche abbastanza sconosciuti. La maggior parte degli studi sui migranti infatti si occupa dei migranti delle città perché in esse il fenomeno migratorio è numericamente più rilevante, ma come abbiamo visto (paragrafo 1 di questo capitolo), è solo nei piccoli paesi di Provincia, quelli con meno di 5000 abitanti, che l’incidenza degli stranieri è maggiore. Un’altra opportunità è data dal fatto che la secolarizzazione in provincia è un fenomeno meno presente. I riti funebri quindi dovrebbero permanere più fermi nel tempo rispetto che in città e questo dato è interessante per la nostra analisi in quanto i migranti, su questo terreno, si trovano di fronte ad una strutturazione più solida del fenomeno. La visibilità delle differenze del rito “autoctono” rispetto al loro è più netta, cosa che implica maggiore contaminazione e senso dell’identità, da una parte e dall’altra.

Un altro fondamentale motivo per cui ho scelto questa Provincia è perché in essa, tramite anche altri lavori, sono riuscito nel tempo a creare una rete di relazioni utile per reperire i contatti per le interviste. Affrontare un tema delicato come la morte ha bisogno di un approccio lento e costante, che probabilmente non sarei riuscito ad avere in nessun’altro luogo. Molte persone inoltre sono state contattate tramite intermediari che mi conoscevano bene, che potevano garantire sulla mia professionalità e correttezza, fatto importantissimo per chi deve intervistare anche rifugiati politici. La scelta di un territorio piccolo mi ha dato poi la possibilità di non disperdermi in mille possibilità e di focalizzare l’attenzione solo su alcuni aspetti salienti della ricerca. Questa scelta così particolare dal punto di vista territoriale d’altra parte ha fatto sì che non fossi obbligato a restringere l’attenzione solo e soltanto su una nazionalità di appartenenza dei migranti. Insomma: tra la scelta di effettuare una ricerca sui migranti tout court nella Provincia di Viterbo oppure una su tutti i cinesi d’Italia il realismo e il pragmatismo mi hanno suggerito di scegliere la prima ipotesi.