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Il viaggio iniziatico dei migranti attraverso le “Acque della Morte” del Mediteranno

Il migrante e la morte

4.4 Il viaggio iniziatico dei migranti attraverso le “Acque della Morte” del Mediteranno

Abbiamo già avuto modo di parlare nel secondo capitolo del significato del battesimo nella religione cristiana. Abbiamo inoltre visto come gli elementi che contraddistinguono questo sacramento sono comuni a molte altre credenze e rituali. Per esempio il ruolo dell’acqua come purificatrice e la concezione di morte-rinascita che sottostà ai rituali di iniziazione sono elementi che ricorrono in moltissime altre culture. L’acqua e la morte sono fortemente accomunati così come la rinascita attraverso la purificazione della morte. Acqua, morte, purificazione e rinascita sembrano essere dunque concetti simbolici che si rimandano fortemente tra loro e che in uno scambio virtuoso amplificano i loro effetti. Questa somiglianza tra riti di altre culture e riti giudeo-cristiani è possibile perché queste due religioni abramitiche non hanno inventato niente di nuovo, semmai hanno rilevato componenti che già scorrevano nel terreno culturale dal quale sono cresciute (Eliade 2006: 87). Il simbolismo del battesimo non è quindi in contraddizione con il simbolismo acquatico universalmente noto (ibidem), anzi di esso si serve e ad esso si richiama. Infatti:

“Le «Acque della Morte» sono un Leitmotiv delle mitologie paleoorientali, asiatiche ed oceaniche. L’Acqua «uccide» per eccellenza: dissolve, abolisce qualsiasi forma. Proprio perché è ricca di «germi», essa è creatrice. Del resto il simbolismo della nudità battesimale non è solo il privilegio della tradizione giudeo-cristiana” (ibidem).

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Questa frase è stata pronunciata dal vescovo della diocesi reatina monsignor Delio Lucarelli in occasione della già citata apertura del cimitero reatino che accoglie cristiani, ebrei e musulmani, il 1° novembre 2001. L’iniziativa è stata promossa dal Forum Civiltà dell’Amore e dal Comune di Rieti.

Rintracciare esattamente il motivo di questa universalità è compito assai arduo e rischioso. Da un lato infatti si può cadere in facili innatismi, come se l’esperienza dell’acqua come immagine della morte e dell’abluzione come rituale di purificazione fossero elementi aprioristici di tutte le culture; dall’altro si possono tirare pericolosamente in ballo archetipi evolutivi, rimasti come ricordi ancestrali nelle nostre menti dall’era in cui eravamo pesci, come fa Morin (Morin 1980: 136). Quindi non ci spingeremo ad azzardare un’ipotesi della genesi di questo fenomeno che sembra universale, ma ci limiteremo a constatare il forte potere suggestivo che l’acqua e specialmente il mare ha sull’uomo e come questo gli ricordi complessivamente la morte.

In quest’ottica il viaggio che i migranti compiono nel Mar Mediterraneo e il rischio di morte che questo comporta suggeriscono il fatto che questo passaggio possa essere vissuto come rito di iniziazione. Gli elementi infatti ci sono tutti: molte famiglie di migranti spingono i giovani a partire per cercare fortuna all’estero, non soltanto per migliorare la loro condizione economica, ma anche perché questo comporta prestigio sociale. Si crea così una vera e propria cultura della migrazione (Zanfrini 2007: 107). Avere un figlio migrante è fonte di grande soddisfazione per una famiglia e dimostra la natura embedded del processo migratorio e la sua istituzionalizzazione. Il figlio stesso infatti sentirà il viaggio come tassello fondamentale per entrare a far parte del mondo degli adulti, cioè di coloro che contano e che hanno delle

responsabilità,

proprio come nei riti di iniziazione degli adolescenti, tant’è che

“la migrazione temporanea finisce

con l’essere considerata la cosa da

fare per i giovani, una sorta di «rito di passaggio» che definisce, per i giovani, l’acquisizione di una propria

autonomia e l’assolvimento dei propri obblighi verso la famiglia (D.S. Massey, F. Garcia España 1987; A. Sayad 2002)” (ibidem).

Inoltre la vita che li aspetta arrivati dall’altra parte del mare è una vita migliore, nuova, che risolverà i vecchi problemi. In un’unica parola: una rinascita. Questa rinascita è poi possibile grazie ad un viaggio o ad un passaggio. Ma questi due termini altro non sono che le metafore di cui si serve e di cui è costituito il rito di iniziazione.

Il passaggio è pieno di insidie e in esso si rischia la morte, non solo quella simbolica e sublimata dei riti, ma anche quella reale. Molte volte questo viaggio nel mar Mediterraneo rappresenta difatti il primo incontro con la morte vera e propria: colui che prima ci era accanto e che condivideva con noi la stessa condizione di migrante ora è morto. E’ morto un compagno di viaggio, colui con il quale è facile una immedesimazione completa e che quindi ci permette di esperire la morte nel senso più completo, come abbiamo visto in molti passi della nostra analisi. La morte del compagno di viaggio infatti ha un forte potere autoriflessivo e dà una forte spinta a concepire la vita come un insieme dotato o meno di senso. Cosa accade al migrante dopo un viaggio del genere? Cosa cambia nella sua concezione di se stesso e del mondo? Tre degli intervistati di questa ricerca hanno fatto il viaggio con i gommoni e nelle loro esposizioni mi hanno spiegato le loro emozioni e il cambiamento a cui una simile esperienza li ha portati. Facciamo riferimento all’analisi dei dati del cap. VII per approfondire questi argomenti. Inoltre il simbolismo del rito di iniziazione è quasi sempre collegato al passaggio attraverso una porta stretta, essendo la porta quel passaggio che conduce, metaforicamente, da uno stato ad una altro, da una condizione ad un’altra.

“La soglia delimita concretamente sia il «di fuori» e il «di dentro», sia la possibilità di passare da una zona all’altra (dal profano al sacro; vedi cap. 2). Soprattutto, però, sono le immagini del ponte e della porta stretta che suggeriscono l’idea del passaggio pericoloso e che, per tale motivo, si ritrovano numerose nei rituali e nelle mitologie iniziatiche e funerarie. L’iniziazione, la morte, l’estasi mistica, la conoscenza assoluta, la fede (nel giudaismo e nel cristianesimo), equivalgono a un passaggio da un modo di essere a un altro, operando un vero e proprio mutamento

ontologico” (Eliade 2006: 115). (Fig. 3) La porta d’Europa a Lampedusa

E non è certo un caso se a Lampedusa, in memoria dei migranti morti in mare durante il passaggio, sia stato eretto un monumento che rappresenta una porta, intitolato appunto “La porta d’Europa” (fig. 3). Dal 1988, secondo “Fortress Europe”58, sono 15.638 i migranti che sono morti in mare tentando di raggiungere l’Europa.

“Si è spesso descritto il Mediterraneo, come un mare «rosso di sangue», a motivo delle guerre che nella storia passata si sono combattute e dei morti il cui ricordo sembra commuoverci ancora. Si vuole ignorare, invece, che il Mediterraneo è un mare di sangue, che si alimenta ancor oggi dei corpi senza vita di donne e uomini del nostro tempo. Dove sono tutti gli uomini «invisibili», di cui non si conosce l’identità, la provenienza e che ora giacciono nel fondo di questo mare? Dove sono coloro che si sono imbarcati, stretti in maniera disumana, sulle coste dell’Africa settentrionale e non sono mai sbarcati sulle sponde di qualcuna delle isole italiane? Chi non è mai arrivato a Lampedusa, in Sicilia, in Puglia, oggi dove riposa? Se qualcuno riuscisse a prosciugare tutta l’acqua di questo mare, più che il sangue troverebbe migliaia di corpi distrutti e sfigurati dall’acqua e dal sale del mare, pezzi e brandelli che i pesci non sono riusciti ad eliminare per la sovrabbondanza di carne umana. L’immagine può risultare macabra al nostro pensiero e alla nostra immaginazione pudichi ma tutto questo già avviene sotto i nostri occhi indifferenti e disumani, che cercano appigli nelle legislazioni” (Canta 2010: 21).

Per tutti questi motivi mi sono recato a Lampedusa ad intervistare due testimoni privilegiati del fenomeno degli sbarchi clandestini, il parroco Don Stefano Nastasi e un padre africano, Vincent Mwagala: Sono andato lì per vedere anche, con occhio diretto, cosa accade in una terra di confine.