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Il contributo della critica femminista allo studio della classe sociale

II. Stratificazione sociale e analisi di classe nella società contemporanea:

1. Lo studio delle classi sociali nel pensiero sociologico: dai classici ad alcune recent

1.5 Il contributo della critica femminista allo studio della classe sociale

La proposta di Savage contribuisce ad importare la dimensione culturale nell‟analisi della classe, ma lo sforzo effettuato dal sociologo inglese non pare essere del tutto sufficiente, non riuscendo ad affrontare un altro aspetto a lungo trascurato nell‟analisi

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della classe sociale. Come evidenziato da diversi autori (Skeggs 1997; Reay 1998; Giddens 2001; Anthias 2012), infatti, storicamente nell‟analisi della stratificazione sociale è stato a lungo ignorato il ruolo del genere, dando per scontato che la posizione sociale della donna rispecchiasse quella dei rispettivi padri e mariti. Così, le trasformazioni economiche e del mondo del lavoro da un lato, e la critica femminista dall‟altro, hanno fatto sì che la questione di genere fosse messa a tema anche in relazione all‟analisi di classe, soprattutto in ambito anglosassone.

Infatti, sulla scia della riflessione di Bourdieu, anche se spesso in aperta critica con il sociologo francese49, e degli studiosi della corrente del cultural turn, molte studiose femministe che si occupano di stratificazione hanno iniziato ad affrontare il tema dell‟aspetto culturale della classe sociale (cfr. ad esempio Devine 1992, 1998; Crompton 1998; Charlesworth 2000), e viceversa, studiose femministe interessate alla cultura hanno iniziato ad interessarsi al tema della stratificazione sociale e della classe (cfr., a titolo di esempio, Skeggs 1997; Reay 1998; Adkins e Skegg, 2005).

Fiona Devine (2004), ad esempio, pur rifacendosi principalmente alle teorie neo- weberiane di Goldthorpe e Erikson (1993) sulle chances di mobilità sociale, prende in considerazione il suggerimento di Bourdieu di includere anche l‟influenza delle risorse culturali e sociali, oltre a quelle economiche, delle famiglie nel determinare specifici livelli di disuguaglianza. Secondo l‟autrice, la resistenza alla riduzione di tali disuguaglianze opera soprattutto a livello micro delle strategie individuali e familiari di adattamento al contesto circostante (Devine 2004), rendendo quindi necessario osservare le modalità con cui soggetti appartenenti a determinate classi sociali «attingono e applicano risorse familiari inter-generazionali nella riproduzione di svantaggi» (ibidem, trad. mia).

Cruciale è quindi, come già evidenziato dallo stesso Bourdieu e che Devine riprende, non solo l‟importanza delle risorse economiche ma anche la loro conversione in risorse culturali. Devine, infatti, afferma che tutte e tre le forme di capitale vanno analizzate con una triangolazione integrata, non limitandosi a sommare50 il peso delle risorse sociali a quello delle risorse economiche e culturali quando queste sembrano non essere sufficienti (ivi, p. 142). L‟esperienza di classe e le costrizioni che da essa derivano segnano i valori culturali e le pratiche di azione, i quali a loro volta influenzano la costituzione della classe sociale e le costrizioni a essa correlate. In altre parole, in

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Si veda a tale proposito la ricostruzione che Paolucci (2011) effettua del recepimento dell‟opera di Bourdieu presso le studiose femministe e le critiche da essere rivolte all‟autore.

50 Si veda a tal proposito il contributo dell‟intersectionality,

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qualsiasi analisi della riproduzione delle disuguaglianze di classe, è necessario tenere a mente questo loro essere mutualmente costitutivi (ivi, p. 179, cfr. anche Devine e Savage 2001).

Beverly Skeggs (1997) e Diane Reay (1998), invece, sono più interessate, a partire dai loro studi sulla cultura e sul genere, a vedere come questi si intreccino con il tema della classe sociale. Entrambe infatti si interrogano sulle modalità con cui determinate categorie sociali si riconoscono o meno in specifici termini relativi ad alcune culture di classe, in particolare, donne appartenenti alla working class. In linea con la tradizione di pensiero dei cultural studies, esse si approcciano al linguaggio e alla cultura in termini di identità costruite relazionalmente (Devine 2005). Le loro analisi quindi contribuiscono a spostare il focus dell‟attenzione dalla “class-consciousness” alla questione identitaria, ovvero dalla questione della „coscienza di classe‟ al problema di come le persone si identifichino in una determinata classe sociale. Come afferma Skeggs (2004), infatti, «gli accademici possono definire cosa sia la classe, ma come essa venga vissuta può essere sensibilmente diverso. Per questo è così importante comprendere la produzione di rappresentazioni della classe» (ibidem, p. 42). Skeggs ricorda inoltre come sia importante tenere a mente che il mancato riconoscimento da parte delle persone della posizione di classe occupata, non è una prova della „morte‟ della classe sociale e dei suoi effetti in termini di disuguaglianza.

In linea con le riflessioni di Bourdieu, Savage e Skeggs si pone anche Diane Reay (1998, 2005). Secondo l‟Autrice, l‟attenzione a lungo focalizzata esclusivamente alla sfera economica ha messo in ombra le donne, e il ruolo svolto dal genere. È per questo che oltre ad includere nell‟analisi di classe aspetti economici, culturali e sociali, è necessario ripensare la classe anche in termini di «aspetti mobili e dinamici dell‟identità, che continuano a permeare le interazioni quotidiane, nonostante la sua marginalizzazione nel dibattito contemporaneo» (Reay 1998, p. 259).

Essa concorda con quanto asserito da Savage (2000) sul fatto che le identità di classe siano da ritrovare non solo nelle pratiche ma anche nelle loro narrazioni, ma aggiunge anche che tali identità di classe debbano essere cercate anche nelle modalità con cui le persone pensano e si sentono rispetto a tali pratiche, ovvero in quello che definisce «il panorama psichico della classe sociale» (Reay 2005, p. 912). Reay afferma infatti che «le emozioni e i responsi psichici alla classe e alle disuguaglianze di classe contribuiscono in maniera potente alla creazione della classe» (ibidem, trad. mia).

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L‟autrice, che si occupa di sociologia dell‟educazione, basandosi su dati provenienti da alcuni casi studio da lei condotti nell‟ambito di ricerche sulle pratiche educative e di genitorialità, tenta quindi di dimostrare alcuni dei modi in cui aspetti della classe relativi alla sfera emotiva (sentimenti di ambivalenza, inferiorità, odio, etc.) possano costituire «un‟economia psichica della classe sociale» (p. 911).

Un altro degli aspetti più innovativi della riflessione di Reay è costituita dall‟ampliamento dei principali concetti bourdieusiani in un‟ottica di genere, arrivando così a sviluppare il concetto di capitale emotivo51 e richiamando l‟attenzione sul ruolo centrale delle madri.

In conclusione, oltre a dare maggiore rilievo alla dimensione culturale e emotiva nella costituzione delle classi, l‟obiettivo che si pongono queste Autrici femministe, è quello di esplorare anche l‟intersezione tra classe, genere e etnia, andando in direzione di un approccio sempre più multidimensionale allo studio delle disuguaglianze sociali e della stratificazione (Yuval-Davis 2011), in linea con quanto affermato dal paradigma teorico dell‟intersectionality, che si avrà modo di illustrare nel seguente paragrafo.

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