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Le politiche abitative nel contesto comunitario europeo

III. I giovani e le politiche per la casa in Italia: un vuoto da colmare

1. Le politiche abitative nel contesto comunitario europeo

Uno degli obiettivi di questo capitolo è tracciare i principali orientamenti in materia di politiche abitative in Italia. Prima di fare ciò, tuttavia, è necessario definire in maniera più circoscritta cosa si intenda per politiche abitative. Quando si guarda a quanto è stato fatto in materia di casa, infatti, ci si trova di fronte a interventi che vanno dalla costruzione di alloggi per le fasce più svantaggiate della popolazione, ad agevolazioni fiscali per la ristrutturazione, incentivi per l‟acquisto della prima abitazione, interventi di regolamentazione del mercato del credito, e così via. Ci troviamo, dunque, di fronte sia a strumenti che ad azioni, in molteplici e diversi settori (Minelli 2004). È pertanto necessario andare oltre l‟idea di politiche abitative come quell‟insieme di policy rivolte al solo abitare sociale, solitamente riservato alle fasce deboli o a individui con profili di multi-problematicità, e pensare alla politica per la casa come «quell‟insieme di azioni pubbliche mirate a governare il mercato delle abitazioni in un paese» (ivi, p. 25), parte integrate delle politiche sociali. Minelli (2004) propone di classificare le politiche pubbliche in tema di casa distinguendo tra sostegni indiretti o diretti, e tra preferenza per l‟affitto o l‟acquisto dell‟abitazione, tracciando così uno schema entro cui è possibile iscrivere tutti gli interventi in materia abitativa attuati da enti autonomi e governi locali nel corso del tempo.

Tab. 8. Le politiche per la casa: interventi, obiettivi, strumenti

Diretto Indiretto Proprietà Produzione e vendita Credito; politiche fiscali

Affitto Produzione e gestione Regolazione; sussidi; incentivi

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Prima di passare alla presentazione dell‟insieme degli strumenti e delle azioni intraprese in Italia (e non solo) nei riguarda della casa, è necessario ricordare come la questione abitativa si intrecci strettamente sia con questioni afferenti alla sfera dell‟economia in generale, sia con la sfera politica di ogni Paese.

In termini economici, le case sono un bene il cui prezzo viene a determinarsi per il concorrere di micro e macroelementi (Baldini 2010). Dal punto di vista macro, la dimensione dell‟offerta abitativa è molto rigida, mentre la dimensione della domanda può subire variazioni anche brusche, a causa di dinamiche dei redditi, cambiamenti di aspettative sui redditi futuri, variazioni nei tassi di interesse e cambiamenti normativi. La maggiore flessibilità della dimensione della domanda abitativa è inoltre correlata a fenomeni sociali, quali mutamenti nella struttura demografica di una determinata popolazione, impatto dei flussi migratori, cambiamenti culturali nelle preferenze e abitudini degli individui e delle famiglie. Infine, determinante nella costruzione del prezzo di un immobile è anche la sua localizzazione in termini geografici (nord-sud, centro-periferia, ecc.).

Per quanto riguarda i mutamenti in termini di preferenza per l‟acquisto o l‟affitto della casa, diversi sono i fattori che possono intervenire nella spiegazione (Baldini 2010).

Innanzitutto, esistono asimmetrie informative tra proprietari ed inquilini: quest‟ultimi infatti potrebbero non essere “buoni pagatori”; non garantendo quindi la certezza del pagamento, per via di questa incertezza quindi i proprietari tendono ad affittare a prezzi superiori, rendendo preferibile l‟acquisto dell‟abitazione qualora possibile. C‟è inoltre da tenere in considerazione l‟efficienza del mercato del credito, e le possibilità di accesso a mutui e prestiti dei singoli individui. In particolare, la questione del credito e della disponibilità di denaro diventa rilevante se si considerano anche i costi di transazione necessari all‟acquisto di un immobile residenziale, che possono spingere per questa opzione o verso l‟affitto. Vi sono poi da valutare le preferenze individuali rispetto ai luoghi e zone preferibili per l‟insediamento. Infine, come anticipato nell‟introduzione, è necessario tenere a mente il ruolo delle politiche pubbliche, e il loro impatto sulla disponibilità e accessibilità di alloggi, che possono anche essere incentivati come “forma di investimento” da particolari politiche fiscali.

Le politiche abitative sono contraddistinte poi non solo da uno stretto intreccio con la dimensione economica, ma anche con la sfera della politica in generale. Dal momento che la casa costituisce un bisogno primario e la base su cui poggiano le fondamenta

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delle famiglie, non di rado i partiti politici hanno “sfruttato” la questione abitativa per ampliare le loro basi elettorali e guadagnare voti dalle diverse classi sociali presenti nella popolazione di riferimento. Come ricorda Baldini (2010), ad esempio, in Italia dal Secondo Dopoguerra in poi la storia politica edilizia è stata dominata dalla preferenza per la proprietà, preferenza fortemente incentivata e promossa dal partito allora dominante, la Democrazia Cristiana, per ampliare il cosiddetto ceto medio, nel tentativo di indebolire la classe operaia, orientata maggiormente verso il Partito Comunista. Simili situazioni sono state rilevate non solo in Italia, ma anche negli Stati Uniti (Minelli 2004) e nel Regno Unito.

Seppure con alcuni elementi simili, non vi è stato tuttavia in Europa un unico modello di sviluppo delle politiche abitative, come testimonia anche il fatto che non vi sono stati finora interventi diretti dell‟Unione Europea, che ha preferito trattare della questione abitativa indirettamente, intervenendo con direttive nella sfera dell‟ambiente, del lavoro e della lotta alla povertà ed esclusione sociale55. La questione abitativa è stata comunque oggetto di interesse degli organi dell‟Unione, soprattutto in termini di monitoraggio e raccolta dati. Con la Commissione europea collabora inoltre il Cecodhas (Comitato europeo di coordinamento per le politiche abitative56), che lavora, in particolare, su temi relativi all‟edilizia sociale e il contrasto all‟homelessness.

Non solo quindi non esiste un unico “modello europeo” delle politiche per la casa, ma anche all‟interno di paesi con regimi di welfare simili è possibile rilevare scelte in materia di politica abitativa molto differenti (Baldini 2010), in termini tanto di azioni e

policies attuate, quanto di ripartizione delle competenze tra poteri centrali ed autonomie

locali.

Negli ultimi anni, tuttavia, è possibile delineare una linea di sviluppo comune alle politiche abitative attuate dai diversi Paesi. Essenzialmente, è possibile tracciare tre fasi

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Recentemente infatti l‟Ue ha richiamato la questione della casa come diritto fondamentale dei cittadini nel Trattato di Nizza (2000). L‟art. 34 della Carta (Sicurezza sociale e assistenza sociale), comma 3, afferma che «al fine di lottare contro l‟esclusione sociale e la povertà, l‟Unione riconosce e rispetta il diritto all‟assistenza sociale e all‟assistenza abitativa volte a garantire un‟esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongono di risorse sufficienti, secondo le modalità stabilite dal diritto comunitario e le legislazioni e prassi nazionali». Già nel 1996 era tuttavia stato costituito un fondo regionale specifico per lo sviluppo economico e la qualità ambientale, che tiene conto della riqualificazione ambientale e del tessuto abitativo come parametri di valutazione. Ancora, nel periodo 2000-2006 sono stati riconfermati i programmi Urban I e Urban II, da cui partono finanziamenti per azioni di riqualificazione urbana (Minelli 2004). Negli ultimi anni, infine, l‟azione comunitaria è stata diretta in modo particolare verso il social

housing (cfr. Delibera del Parlamento Europeo dell‟11 giugno 2013) e verso la sostenibilità dei

finanziamenti per la casa nella situazione di crisi attuale (cfr. testo finale della 19° riunione informale dei Ministri Europei della Casa, Bruxelles, 10 dicembre 2013, http://www.mit.gov.it/mit/mop_all.php?p_id=17126).

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distinte delle politiche per la casa (ivi). La prima fase, successiva alla fine della Seconda Guerra Mondiale, vede un forte impegno dello Stato nel campo dell‟edilizia sociale, avente principalmente lo scopo di ricostruire il patrimonio immobiliare perso durante la guerra. La seconda fase, che va dagli Anni Sessanta a metà del decennio successivo circa, vede gli Stati impegnati nel campo dell‟edilizia residenziale con una maggiore attenzione alla questione qualitativa dei fabbricati e al rinnovamento del tessuto urbano. È in questo periodo, inoltre, che inizia l‟azione di incentivo della proprietà ad opera di alcuni partiti di governo in alcuni Paesi, in cui la casa viene a costituirsi come un “oggetto” con cui controllare le preferenze elettorali della popolazione. La terza fase, infine, che va metà Anni Settanta ai giorni nostri, vede la conclusione del positivo ciclo economico (il cd. “boom”) ed un progressivo disimpegno dello Stato dal settore abitativo, anche per via dei deficit pubblici in aumento. L‟intervento pubblico quindi si fa più leggero: gli Stati intraprendono più che altro azioni volte a rendere maggiormente flessibile il mercato immobiliare (sia delle case di proprietà che degli alloggi in affitto). La flessibilizzazione e la differenziazione diventano criteri perseguiti anche per andare incontro alle esigenze abitative delle “nuove” famiglie, createsi a seguito dei cambiamenti sociali e demografici avvenuti nel corso degli ultimi decenni (famiglie composte da anziani soli, ad esempio, genitori separati, ragazze madri, ecc.).

È all‟interno di questo inquadramento generale che si collocano le azioni di politica abitativa intraprese anche dal nostro Paese negli ultimi decenni. Nelle pagine seguenti si procederà quindi ad un breve riepilogo cronologico delle tappe legislative in materia di casa, per poi passare, nel successivo paragrafo, ad analizzare più nel dettaglio quali sono gli attori e gli strumenti di policy a disposizione delle istituzioni centrali e locali.

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