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V. I giovani e l’ uscita da casa

3. Lasciare casa: emozioni e paure

Nel paragrafo precedente abbiamo preso in esame le motivazioni che spingono i giovani a scegliere di uscire da casa. Ma quali sono le emozioni che essi provano nel momento in cui effettivamente escono? Queste emozioni riguardano solamente sentimenti positivi?

In generale, dalle parole dei giovani che hanno partecipato alla ricerca, il momento dell‟uscita da casa viene visto come un momento positivo, fonte di felicità e soddisfazione personale.

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Non solo, infatti, i giovani sperimentano per la prima volta la sensazione di essere

veramente indipendenti, ma iniziano a provare soddisfazione per le cose che

quotidianamente essi fanno, anche semplicemente il cucinare da soli i propri pasti, o la risoluzione in autonomia di problemi come, ad esempio, la smacchiatura di un capo di biancheria. Esemplificative le parole di questi intervistati:

L‟indipendenza assoluta. Assoluta (sottolinea con la voce, ndr) (…). Nel senso che comunque non c‟è più la mamma che ti fa da mangiare, che stira, che ti… (Gardenia_1_M)

Mi sentivo pienamente indipendente, poi a me piace molto stare da sola, avere le mie cose, cucinare per me quindi ero contenta… (Verbena_1_F)

(…) La cosa che dicevo sempre è: un conto è dire “si, so fare questo, so fare quell‟altro”, però magari… avendo magari la mamma casalinga non è che tutte le volte ti metti alla prova, invece così – faccio un esempio stupido – se non mi si smacchia una cosa dico, “che cosa devo utilizzare?” Perché magari la mamma me lo smacchiava quando ero a casa e così dici posso chiederlo per un futuro. Perché pensavo fosse utile avere i genitori in vita piuttosto che perdere i genitori e trovarsi da solo senza essersi mai trovarti….(a gestire le cose in autonomia, ndr)…perché comunque devi fare dalla A alla Z, e comunque (anche, ndr) se stai a casa e aiuti non è fare dalla A alla Z, bene o male…(Gerbera_2_F)

Vivere da soli rappresenta quindi un nuovo stimolo, per i giovani intervistati, ma anche una fonte di appagamento, in grado di restituire nuovi significati e nuovo spessore anche alle routinarie attività che scandiscono il tempo dedicato alla riproduzione. Quando interrogato a questo proposito, Geranio_2_M porta l‟esempio della lavatrice e dei panni sporchi:

Cioè se io ho, faccio per dire, una lavatrice da fare, e di solito la devo fare io ovviamente, succede che magari che ne faccio meno, cioè ho meno roba pulita di quando stavo ancora a casa coi miei, però quando la faccio so che la sto facendo per avere la roba pulita. Cioè, so che quello che sto facendo lo sto facendo per me (sottolinea con la voce, ndr), per avere la roba pulita, mentre un tempo anche solo buttare la roba nel cesto mi scocciava perché non vedevo il fatto del....anche se non dovevo fare niente, eh, buttarla nel cesto e trovarmela stirata nell‟armadio… dicevo “va beh la butterò domani”. Adesso dico “magari lo faccio domani”, però quando

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poi lo faccio sono consapevole che non devo aspettare troppo, che se no non ho più nulla, cioè....ci sono una serie di automatismi…. quindi questo secondo me… è una banalità eh, ma ce ne sono mille altre, come cucinare, fare la spesa, eccetera, che ti appagano molto...(Geranio_2_M)

Il fatto di essere andati a vivere da soli, inoltre, e di poter contare su un proprio spazio, rappresenta anche un‟occasione per creare maggiore socialità e rinforzare le basi delle relazioni affettive con amici e partner. Sempre le parole di Geranio_2_M ci illustrano in maniera efficace quanto appena affermato:

Geranio_2_M: (in casa tua, ndr) puoi invitare chiunque quando vuoi, puoi far dormire qualcuno senza problemi (…). Cioè se tu vuoi far dormire otto persone in sala, sai che.... non c‟è problema (…). Un‟altra cosa... più di questo, cioè più della libertà, tra virgolette diciamo, è l‟obbligo di avere delle relazioni sociali, perché se io.... è un po‟ la differenza tra l‟essere single e l‟essere fidanzati. Se io so che torno a casa e non c‟è nessuno, non che stia male, perché potrei fare... (…) me ne potrei stare a casa a fare le mie cose (…) ma sono molto più portato a starmene fuori, perché se non c‟è nessuno entro a casa e penso, “ok questo è il posto in cui dormo”, però non (ho) affetti, non ho da rendere conto a una persona (…) E quindi questo significava che io quando ero da solo me ne stavo sempre fuori. E mi stimolava a cercare rapporti (…)

Intervistatrice: cioè ti spinge a essere più “friendly”?

Geranio_2_M: esatto. Esattamente. E ovviamente poi anche sapere di avere la disponibilità di un posto fa sì che tu sia nei confronti degli altri... è anche una questione di predisposizione... però è anche una questione... cioè la predisposizione favorita dai fatti. Cioè se tu sai di avere un posto, dici ad un altro “facciamo qualcosa da me”, poi magari lo fai una volta su dieci, e potevi farlo anche a casa con questa frequenza, cioè non era un problema… Però a casa non lo avresti mai neanche proposto, o non lo avresti proposto con questa frequenza. Cioè io appena mi sono trasferito, ho detto “ragazzi dalle sei in poi chiunque di voi voglia venire a trovarmi mi chiama, mi squilla, e viene”. E poi, a parte che non ero mai a casa, sopratutto agli inizi, però... se tu mi chiami resto a casa ovviamente, oppure ci vediamo fuori.. come adesso eh! Nel senso.. Però il senso è che io potevo dire questo. Cioè se anche fosse arrivata gente tutti i giorni, ogni giorno, chissene frega, anzi ben venga. A casa dei miei avrei dovuto dire... “eh sai ieri è venuto Pincopallino, oggi...” (Geranio_2_M)

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Il tema del rapporto tra vivere da soli e sfera relazionale emerge anche nei racconti degli altri intervistati. Andare a vivere da soli, poter avere scambi con amici in maniera più libera, contribuisce alla crescita individuale dei giovani. Questo percorso di crescita appare essere ancora più forte nel caso in cui l‟uscita da casa abbia comportato la condivisione degli spazi abitativi con altre persone, come ad esempio uno studentato, come ci racconta Tulipano_1_F, primogenita di tre fratelli, uscita di casa appena finite le superiori per trasferirsi nella città sede del corso universitario frequentato:

Guarda, io mi sentivo come un personaggio di Hermann Hesse in questo viaggio di crescita… dentro un romanzo, un po‟… (.) Tutte le persone erano nella mia situazione, (…) interessi simili, un po‟ affrontando gli stessi problemi di essere via di casa per la prima volta. Si instaurano dei rapporti molto stretti, molto facilmente. È stato bello, entusiasmante e non…pieno di paure, ecco. (Tulipano_1_F)

Uscire da casa, però, non è solo sinonimo di spensieratezza e tranquillità: i ragazzi infatti iniziano a cimentarsi anche nella gestione delle loro prime responsabilità da adulti, come ad esempio, sottolinea Azalea_1_F relativamente alla sua esperienza, gestire i lavori di ristrutturazione della propria casa.

Intervistatrice: E cose negative legate a quel periodo in cui hai iniziato a vivere qua da sola, te ne ricordi? Ce ne sono state, o tendenzialmente era tutto positivo? Azalea_1_F: Ero un po‟ schizzata! Perché tra le ristrutturazioni e tutto il resto comunque è una bella botta tutte insieme! Nel senso, un conto è se uno lo fa da grande, secondo me. Lì io ero cinna, ero piccolina…

Intervistatrice: E hai pensato a tutto da sola?

Azalea_1_F: Mah si… cioè c‟ho la mia mamma che comunque lei… però non volevo.. non volevo all‟inizio gente in mezzo alle scatole… faccio tutto io da sola… ma è stato abbastanza peso! Cioè a livello emotivo ero abbastanza stressata! Però va beh… (Azalea_1_F)

In alcuni casi, poi, la gestione di queste nuove e più adulte responsabilità, soprattutto nel caso in cui debbano essere affrontate da soli, senza la possibilità di condivisione con altri, rappresenta uno scoglio alla decisione di andare a vivere da soli, tanto che la scelta di uscire da casa viene presa solamente in concomitanza con l‟avvio di un progetto di coppia, come avvenuto nel caso di Orchidea_F, figlia unica, uscita di casa a 26 anni, per

170 andare a convivere con il fidanzato di allora:

Molto probabilmente se fossi dovuta andare a vivere da sola…. Sarebbe un passo che forse non avrei fatto, nel senso che…. Tipo avrei fatto fatica, l‟avrei sentita di più questo uscire da casa… sono andata a vivere comunque con un compagno che già conoscevo da tanto tempo… Io l‟ho conosciuto molto giovane, quindi mi ha accompagnato in tutto il mio percorso di crescita… quindi per me era come uscire da una famiglia e entrare in un‟altra famiglia. Non ho mai sentito lo stacco di dire “vado a vivere da sola”… cose del genere. Sicuramente a quell‟età‟ cominciavo comunque a sentire l‟esigenza di provare a fare qualcosa di… Da sola, o comunque provare a mettermi anche in gioco. Perché comunque uscire da una famiglia in cui si sta molto bene è‟ sempre molto difficile. Non sai mai effettivamente cosa vai a trovare… ecco però si l‟esigenza un pochino di vedere come andava…(…). Più che di avere i miei spazi, di provare a sperimentare come fossi io in spazi diversi. (Orchidea_F)

Dai racconti dei giovani coinvolti nella ricerca, un primo elemento che emerge con evidenza dalle loro parole, rispetto all‟andare a vivere da soli, è la sensazione di avere iniziato a gettare le basi per il proprio personale percorso di vita. Parole come “mio”, “veramente mio”, “io”, ricorrono nei loro discorsi molto spesso.

Lavanda_F, ad esempio, descrivere così le emozioni provate nel momento in cui, ventiquattrenne,andò a vivere da sola:

Iniziare a vivere, insomma no?... Iniziare qualcosa di mio. (…) iniziare a vivere per me. (…) Ho la mia casa, (…) che poi tra l‟altro l‟ho… è che mi piace proprio, l‟ho cercata, ho aspettato del tempo, e quando l‟ho trovata l‟ho presa. È mia. (…) (Casa significa, ndr) praticamente tutto! Sono molto attaccata alla casa…. (mi vengono in mente parole, ndr ) tutte molto belle, calde… sai, accogliente, il nido, no? La casa è il punto di riferimento. Se c‟è il resto vada non vada… l‟importante è che ci sia casa insomma. (Lavanda_F)

Per lei, il momento in cui ogni giorno varca la soglia di casa rappresenta un momento di grande soddisfazione e sollievo. Non solo, « (…) andare a vivere da sola ha dato quel giro di boa che ci voleva (per sentirsi adulta ndr)» (Lavanda_F).

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L‟emozione che provi è “sono diventata grande” nel senso dici “mamma mia, cioè cosa ho realizzato”. Io mi ricordo che quando la casa era vuota andavo lì a vedere e dicevo “però, cioè, ho messo via dei soldi, sono contenta”. Certo, dopo fai il mutuo, tutte le tue cose, però dici “finalmente ho ottenuto una cosa che dopo dici cioè è casa mia”. Proprio quando entri che apri la porta e dici “Belloooo, casa mia!” poi stavo tranquilla. Paure, mai. Cioè, magari quando ero qua (la casa dei genitori, ndR) dicevo, la casa è più grande, quando rimanevo magari da sola in estate, dicevo “mamma mia i ladri, le cose…” Invece lì (casa sua, ndR) non mi viene neanche la paura dei ladri, (…) mai avuto paura, difficoltà a dormire, quelle cose lì. (Gerbera_2_F)

Il fatto di essere da soli non è però solamente fonte di sensazioni positive, a volte infatti può diventare una sensazione di solitudine eccessivamente pesante da sopportare per qualcuno. Le parole di Ciclamino_2_M ben descrivono questa sensazione:

Allora….Una cosa che mi piace e a tratti mi pesa è che quando torno a casa non c‟è nessuno. E a volte è proprio bello! Entri, c‟è silenzio, non devi rendere conto a nessuno. Fai quello che ti pare. Ti vuoi rilassare ti rilassi, vuoi fare un‟altra cosa, la fai. Cioè, non c‟è veramente nessuno che ti rompe le balle. Che da un lato per me è spettacolare, veramente ci sono certe volte che non vedo l‟ora. Altre volte… è comunque pesante, perché alla fine insomma… Anche condividere qualcosa con qualcuno che non sia un genitore probabilmente non è affatto male, ecco. (Ciclamino_2_M)

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