IV. UN CONFINE IN PIANURA TRA MINCIO E TIONE
7. La corte di Susano.
In queste contrade frontaliere, durante la seconda metà del Settecento, la diffusione della risicoltura avvenne pure nel feudo vescovile di Castellaro dove, nel 1809, la risaia a vicenda arrivò a coprire un terzo della superficie censita (ettari 731 su 2.150) mentre quella stabile si estendeva su altri ettari 110 circa307. Uno dei principali fattori dell’avanzata del riso fu proprio la possibilità di irrigare regolarmente quelle plaghe grazie ai trattati di Ostiglia che permisero l’uso concorde dei canali collettori del Tione e, fra questi, soprattutto del canale Molinella. A essere maggiormente interessata alla risaia fu la corte di Susano che, nel 1768, era detenuta da un proprietario di alto rango, la duchessa di Massa, suocera dell’arciduca Ferdinando governatore della Lombardia308. Tramite il proprio agente, la duchessa espresse alla Commissione il desiderio di costruire un ponte canale in pietra sopra la condotta Molinella per meglio adacquare i suoi coltivi. Ovviamente, il conte di Firmian, plenipotenziario del governo Lombardo, acconsentì senza remore. A Venezia, pur
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I lavori alla fine furono approvati, vedi ASV, PSCC, b. 39. Vedi le lettere dei Provveditori, 28 febbraio 1789 (1790
m. v.); del podestà Mussati, 19 maggio 1789 con annesse le relazioni degli ingegneri Avesani e Cristofoli; e del
provveditore Rambaldi, 7 giugno 1789. Vedi oltre la nota biografica di Cristofoli.
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Sono dati tratti dal catasto napoleonico in Archivio di Stato di Mantova, Catasto, reg. 1517 citato da M. Bertolotti,
La società di Castel d’Ario alla metà dell’Ottocento in Castel d’Ario cit., pp. 65-90, i dati citati alle pp. 66-67. 308
Si trattava di Maria Teresa Cybo-Malaspina (1731-1790), duchessa di Massa e Carrara, vedova di Ercole III, ultimo degli Este duchi di Modena e madre di Maria Beatrice d’Este sposa dell’arciduca Ferdinando, a cui portò in dote i ducati di Modena e Massa. In seguito, la questione coinvolse anche la Commissione incaricata di visitare il Tartaro, vedi sotto il cap. VII.
facendo notare come quel manufatto fosse contrario ai trattati, dato il rango della richiedente, il sopraintendente Tron consigliò di derogare, a patto di permettere anche a un ingegnere veneto di occuparsene309.
Il ponte canale in pietra fu un primo passo verso un ampliamento della superficie a riso della corte di Susano a cui il trattato di Ostiglia aveva assegnato acqua della Molinella per irrigare biolche mantovane 176 (circa ettari 55). Infatti, in seguito, la suocera dell’arciduca richiese ancora di poter ampliare la superficie di terra irrigata e per assecondare i suoi voleri «si è mosso quel Governo a delegare una deputazione di tre consiglieri e di un presidente per esaminare i suoi titoli e decidere della quantità, qualità e uso di quelle acque». Di nuovo, Tron consigliò prudenza, un rifiuto netto poteva provocare decisioni unilaterali a danno della sovranità veneta. Comunque occorreva salvaguardare il diritto di reciproca stabilito dalle convenzioni e perciò si poteva ancora acconsentire, purché fosse presente alle operazioni il Provveditore veronese ai confini. Pur tenendo «conto della qualità del soggetto», nessun suddito veneto doveva risentirne danno, e quindi Tron, da un lato, suggerì di avvisare Milano che s’intendevano offrire tutte le facilitazioni possibili per soddisfare le auliche richieste e, dall’altro, suggerì una soluzione innocua. Infatti, il trattato vincolava l’uso della condotta Molinella, ma nulla vietava d’irrigare la nuova risaia con l’acqua proveniente da vicini fontanili non soggetti alle convenzioni310.
Nel 1777, la duchessa di Massa tornò a manifestare le sue esigenze alla Commissione, temendo danni al condotto Essere dei Due Castelli che irrigava la sua corte di Susano. Fece presentare un memoriale con cui chiese di modificare lo scolo degli irrigui della corte mantovana di Bigarello e, nel contempo, di concedere alla corte di Susano l'uso delle «colaticcie» del condotto dei marchesi Canossa, i maggiori proprietari di Castelbelforte, che defluivano appunto nell'Essere dei due Castelli311. E tutto questo per ridurre a risaia un’altra possessione detta la Longhirola. Il timore della Commissione era però che in tanta confusione alla fine in quell’azienda vi si conducessero, illegalmente, acque prese da un altro canale di confine, la Demorta.
La duchessa di Massa aveva approfittato a suo vantaggio della situazione ambigua del Castellarese, feudo del vescovo di Trento ma ben lontano dalla giurisdizione di quel principe.
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ASV, PSCC, b. 279, cc. 144-146, scrittura di Tron approvata dal Senato con decreto 21 maggio 1768. L’ingegner Barrai si sarebbe recato sul posto per essere presente «alla prima mano dei lavori». Vedi oltre la nota biografica su Barrai.
310
ASV, Senato. Corti, fz. 358, scrittura Tron, 19 novembre 1774, allegata alla parte 26 novembre 1774. In allegato, anche il disegno delle condotte firmato da Cremonesi e Cristofoli. Amministratore era tale don Alfonso Pavesi, mantovano, ma dopo la visita statutaria fu il conte veronese Moscardo Moscardi a presentare una scrittura su
commissione della duchessa. A Susano, anche i padri mantovani di San Domenico avevano fatto costruire una rosta su un condotto detto Frossoldino perché volevano fare «una nuova risarina».
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Il nuovo memoriale della duchessa è riassunto dal sopraintendente Giustinian nella sua scrittura del 9 settembre 1777 in ASV, PSCC, b. 280, cc. 76-83. Giustinian diede parere negativo sulla condotta di Bigarello mentre acconsentì all’uso delle «scolaticcie» delle risaie Canossa. D’interesse come pure la maggiore ditta di Bigarello appartenesse a una famiglia veronese, i conti Murari della Corte, vedi ancora Vivanti, op. cit. , p. 184.
Perciò, i suoi agenti non si fecero scrupolo di ridurre a risaia la Longhirola senza la presenza degli ingegneri austro veneti, come volevano le convenzioni. Non era però la sola in quei siti ad aver disatteso ai concordati poiché non potevano «in questa situazione arrivare gli ordini da Milano, se non in forma di ricercata che ne indebolisce di molto il vigore». L’esperienza aveva insegnato «che i privati colà si fanno meno riguardo di contravvenire al convenuto che in tutto il restante del mantovano». E difatti, la perlustrazione ritrovò altre due piccole risaie ritenute abusive perché eseguite anch’esse senza la presenza dei rispettivi ingegneri312.
L’anno dopo, il 1778, la risaia detta Loghirola nella corte di Susano era già produttiva, tanto che gli agenti della duchessa avevano «arbitrariamente formato due nuovi fossi» e nel contempo intendevano raddrizzare «il tortuoso Essere di Susano» per dare d’estate maggiore velocità alla sua corrente. Ancora una volta, il sopraintendete veneto coglieva un abuso in tale modo di operare313. La questione delle risaie di Susano impensierì Tron tanto che, nel 1780, definì quelle vertenze «le più rilevanti che attualmente esistano nel sistema Tartaro e suoi influenti»314. La soluzione fu trovata grazie all’intervento di un illustre matematico, l’abate Mari315, che progettò un nuovo sistema d’irrigazioni della corte di Susano, accettato dalla Repubblica a patto di non costituire un precedente. Operazioni avviate nel 1781 e felicemente concluse nel 1783 con la sorveglianza stavolta degli ingegneri della Commissione mista e con ciò terminarono le dispute relative alla duchessa, fino alla sua morte, tanto che le visite successive non segnalarono più abusi nella corte di Susano316.
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Id.; Giustinian consigliò di rivolgersi direttamente alla corte di Vienna per togliere gli abusi. L’affare di queste due
piccole risaie durò a lungo finché non fu provato che usavano l’acqua di alcune sorgenti castellaresi.
313
ASV, PSCC, b. 281, vol. II, scrittura Tron, 17 novembre 1778. Tron tuttavia concedeva la possibilità di rettificare l’andamento di quel condotto d’acqua purché non ne avessero danni i sottostanti proprietari di risaie, ossia, i conti Emilei e Francesco Giusti.
314
Id., vol. III, scrittura del 27 dicembre 1780.
315
Giuseppe Mari (1730-1807), ex gesuita, regio matematico camerale e professore d’idraulica a Mantova dedicò una delle sue opere maggiori, Le teorie idrauliche, al conte Zanardi , anch’esso titolare di risaie, vedi F. Mercanti, voce
Mari Giuseppe, DBI, 70 (2007). Anche su di lui vedi il capitolo relativo al Tartaro. 316
Le relazioni degli ingegneri sul progetto Mari furono valutate positivamente dal sovrintendente Giustinian nella sua scrittura del 25 maggio 1781. Fu però il suo successore, Alvise Contarini 2° a dare notizia al Senato della definitiva regolazione delle acque della Corte di Susano con la scrittura del 19 dicembre 1783 in ASV, PSCC, b. 282. Nella litografia del 1853 della carta topografica del territorio distrettuale di Mantova disegnata dall’ingegnere Negrini si vede bene come la corte di Susano attraversata dalla Molinella e delimitata dai condotti dell’Allegrezza e della Demorta, sia tutta ridotta a risaia, in Castel d’Ario, ambiente cit., pp. 88-89.