VI. LE «VISITE» AL TARTARO E AI SUOI AFFLUENTI (1771-1795)
6. Una nuova Commissione La visita del 1784.
L’eccessivo caldo lamentato dal conte Miniscalchi fu il preludio alla sua richiesta di essere sostituito, fatto insolito nell’ambito dei provveditori ai confini delle province che rimanevano in carica praticamente a vita560; difatti, il conte veronese mantenne il titolo e l’onorificenza di
557
Ibidem. I documenti a cui Contarini fece riferimento sono i citati memoriali del Senato 23 febbraio 1782 (1781 m. v.) e 26 novembre 1782. Poi la parte del Senato 5 aprile 1783, i memoriali di Milano e Vienna del 29 aprile e 3 giugno 1783. Il residente veneto fece notare a Wilczeck quanto meglio sarebbe se gli utenti della Molinella prendessero dal Mincio l’acqua di cui necessitano.
558
Id., parte del 10 gennaio 1784 (1783 m. v.) anche in ASV, PSCC, b. 57. Nel contempo si esprimeva soddisfazione per la soluzione di varie vertenze compresa quella delle irrigazioni di Susano.
559
Id.,nella sua supplica del 26 settembre 1783, Cristofoli dice di aver servito la Repubblica come ingegnere per 45 anni e «nel caso della neutralità del 1745 allora che ebbi l’onore d’essere impiegato nel riparare le fortezze essendo provveditor generale Emo e nelle delicate commissioni in cui fu adoperata la mia insufficienza sotto Pietro Correr, di felice memoria, nei confini del Cadore e del Mantovano e poi col Tron pel Tartaro; e nella laboriosa rifabbrica di questo ponte Navi e della costruzione di quei grandiosi sostegni con porte legnaghese e ostigliese e del ponte di barche sopra l’Adige e del Palazzo Provisionale di Castel Nuovo e acconcio delle pubbliche strade all’occasione del passaggio degli esteri principi e segnatamente S.A.R. la regina di Napoli e di S.M.C.I. l’imperatore». Ora, ridotto in età avanzata e a «incomodi di salute» supplica di farsi assistere senza aggravio dal figlio Marcantonio. L’ultima sua fatica fu l’assistenza ai «cavamenti» del Tartaro eseguiti fra il 3 marzo e il 19 aprile, per i quali chiedeva il rimborso di lire 869 e soldi10, corrispondenti al salario di tre persone da lui impiegate.
560
Tuttavia, l’insoddisfazione del Senato per alcuni atteggiamenti del conte Miniscalchi deve aver avuto un suo peso. Infatti, nel 1794, quando si trattò di nominare il successore al defunto conte Rambaldi come provveditore ai confini del Basso Veronese, al Miniscalchi il Collegio preferì il conte Marco Marioni, vedi ASV, PSCC, b. 60.
provveditore, ma al suo posto, a ispezionare il Tartaro, fu designato il conte d’Illasi, Alberto Pompei. Anche il commissario austriaco fu sostituito. Il conte Colloredo fu destinato ad altro incarico e del resto, si andavano aggravando le sue condizioni di salute.
Se i Governi avevano istituito il sistema delle visite, era per evitare se possibile il loro coinvolgimento in disonorevoli dispute locali, cosa che invece le ultime ispezioni non erano riuscite a ottenere, per un eccessivo protagonismo del commissario Colloredo e un’esagerata remissività del provveditore Miniscalchi. Preoccupava soprattutto l’idea di una nuova visita straordinaria che avrebbe dovuto rimisurare tutte le prese d’acqua, caldeggiata dal matematico Mari. Il Senato vi aveva acconsentito contro voglia e, infatti, nella memoria approvativa scrisse che a eseguirla sarebbe stato uno dei nobili veronesi dell’Ufficio ai confini, senza impegnare il rango di un patrizio senatore, com’era avvenuto in passato con Tron. Insomma, se proprio si doveva fare doveva essere il meno vicina possibile a un nuovo commissariato. E poco costosa. Ma, per fortuna, a Milano, resosi finalmente ben conto della complessità della materia, il nuovo plenipotenziario Wilczeck decise di non assecondare il progetto Colloredo; e designò a succedergli un consigliere del Magistrato Camerale che non aveva possedimenti fondiari di rilievo nel Mantovano561.
Che l’impegno profuso in quell’anno dalla nuova Commissione sia stato maggiore che in passato, lo denotano l’aumento delle giornate impiegate e il nuovo metodo con cui i cancellieri compilarono il Giornale. Pur mantenendo il consueto diario, a ogni materia trattata si diede un numero, il corrispettivo di un paragrafo, detto «punto», così da individuarla più facilmente, senza sfogliare tutto l’incartamento che ogni anno diventava sempre più voluminoso562.
La decisone di lasciar cadere non solo la nuova rimodulazione delle bocche mantovane, che era lavoro improbo, ma anche il piano delle nuove escavazioni annuali, dava il segno della mutata politica confinaria sul Tartaro. Di un ritorno al buon vicinare. Le visite furono così restituite al loro vero compito, ossia, limitarsi a verificare l’esatta applicazione dei trattati. Si mantenne però la compilazione della tabella delle prese d’acqua, chiamata «allegato A» in tutte le successive ispezioni, che avrebbero però riportato solo lo «stato dell’acqua sulle soglie delle bocche»563, senza ulteriori misurazioni.
561
Infatti, il consigliere Giuseppe Cauzzi non risulta tra i grandi proprietari mantovani censiti da Vivanti, op. cit., come lo erano invece i suoi predecessori. Nella prima visita gli fu affiancato un aiutante, vedi scheda in appendice, per evitare forse gli errori commessi dal conte Colloredo.
562
ASV, Senato. Corti, fz. 414, Giornale sottoscritto il 3 settembre 1784, allegato alla parte 10 febbraio 1785 (1784 m.
v). 563
Id., punto n. 78. Nei canali «dove non vi sono bocche che regolino il fondo loro» vale quanto stabilito dai trattati e così per le fontane, «ragguagliando la defluenza delle loro acque al fondo de’ canali recipienti in modo che scorrano più liberamente». Si dovrà fare invece lo scavo del Tartaro dalla Borghesana al Bastione di San Michele, già ordinato nel 1783, a carico delle Camere di Verona e Mantova. Con loro relazione 28 giugno 1784, gli ingegneri hanno preventivato una spesa di lire mantovane 17.420, come nel 1767, id., punto n. 79.
Con questa visita, a maggior chiarezza dei rispettivi Governi, iniziò pure una nuova procedura. Alla fine dei lavori, la Commissione pro tempore avrebbero indicato in una nota a parte le questioni irrisolte solo per ragioni tecniche, ma sulla cui esecuzione vi era parere favorevole; erano di solito interventi di manutenzione degli alvei, degli argini o delle prese delle seriole che si delegavano ai rispettivi ingegneri e il cui compimento si sarebbe verificato l’anno dopo.
Scorrendo l’elenco di questa prima nota, si leggono ben trentuno operazioni a carico dei mantovani, alcune delle quali multiple, come il riatto delle sette bocche della Molinella o il riparo degli argini dei fossi di Susano e Castellaro; si andava dalla chiusura di alcune «fugarole» alla costruzione di «begoni» in pietra, dallo «smacchiamento» di alcuni argini, allo scavo del letto del Tartarello di Ostiglia.
Le due decisioni politicamente più importanti furono prese a Castellaro. Si ordinò al Governatore di non immischiarsi nei lavori della Commissione, poiché il suo ruolo era puramente notarile; e si stabilì di biolche 100 (circa ettari 31) la superficie da destinare a risaia a Susano, oltre a quella già concessa dai trattati, «al fine di prevenire gl’indebiti abusi degli affittuari» e di «assicurare la defluenza delle acque a beneficio degli inferiori». Qui non mancò la scoperta dell’ennesima risaia abusiva, o almeno ritenuta tale, del conte Donesmondi; mentre s’invitarono le monache di Sant’Orsola a spostare il «redifosso» all’interno della loro risaia, per non usurpare con le tare il terreno comune.
I lavori ordinati nel Veronese furono in tutto quattordici e riguardavano soprattutto nuovi scavi e sgarbamenti a carico del Consorzio, segno che gli utenti veronesi, almeno sulla carta, erano stati più disciplinati dei mantovani. Tuttavia, anche nel Veneto, a Calcinaro, furono scoperte due piccole risaie abusive che alteravano il libero corso degli scoli e che dunque andavano rimosse e distrutti i ponti canali che le servivano564.
Il conte Pompei aveva «trepidato non poco nel momento di assumere una sì grave incombenza». Tuttavia sopperì all’inesperienza studiando le «saggie» istruzioni ricevute prima di partire, meditando «sui brevi lumi» che gli furono dati nella Cancelleria dei confini e, soprattutto, tenendo conto della «fida scorta eziandio dei Trattati»565. Perciò, il filo conduttore della visita fu l’applicazione del convenuto fra i Principi che aveva sistemato «in ogni sua parte l’economico politico affare».
L’argomento più delicato ereditato dalla nuova Commissione fu quello «delle pretese e tentate alterazioni delle quattro bocche poste sul Mantovano imputate di defettosa costruzione», tanto che «si era convenuto dai Governi di fare per esse una visita straordinaria». Tuttavia, osservò Pompei,
564
Id., note dei lavori mantovani e veronesi allegate alla parte 10 febbraio cit.
565
Id., relazione riservata, 25 settembre 1784. Significativo che Pompei non citi il suo predecessore Miniscalchi. In allegato la relazione congiunta, del 3 settembre 1784, che è un resoconto del giornale.
per appurare eventuali difetti nella facitura di quelle prese d’acqua occorreva prima ristabilire la situazione così com’era al tempo dei trattati. Ebbene, la Commissione avevano riscontrato nel Mantovano numerosi «arbitri», descritti nel giornale a cui si dovevano aggiungere quelli «non potuti verificarsi cogli esperimenti, ma che pur sussistono». Secondo Pompei, le irrigazioni mantovane si «estendevano a mille biolche, circa, oltre il prescritto» (circa 331 ettari); chi poteva escludere che non fosse questa la causa delle «quattro bocche scarseggianti?». Per lui, che si levassero «le moltissime contravvenzioni», che si restituisse il trattato «all’esatta sua osservanza» e, ne era certo, «tutto sarebbe tornato nella quiete». Il commissario mantovano non si oppose a tali argomentazioni, anzi. «In modo del tutto privato» il conte Pompei riuscì a sapere che il governo di Milano non era soddisfatto del suo matematico, l’abate Mari, e che avrebbe voluto «vedere sussidiate le nominate bocche coll’allontanare i disordini».
Che il consigliere Cauzzi fosse meglio disposto lo si appurò affrontando la questione della vietata visita alla Fossetta di Ostiglia; l’ispezione non si fece in via ufficiale, ma comunque la Commissione tutta fece un sopralluogo, in via informale, e si appurò «esistere tuttavia» la rosta abusiva, come avevano già riferito le spie, «quantunque l’anno scorso dal visitator austriaco sia stata asserita la sua distruzione».
Il capitanio di Verona, evidenziò il diverso modus operandi della nuova commissione, ligia ai trattati. Per lui, era «consolante l’osservazione della natura diversa dei disordini rilevati nel Mantovano da quelli del Veronese, ritrovandosi nell’estero stato molto più riflessibili e pesanti ed all’incontro di pochissima entità e quasi accidentali quelli» operati dai sudditi veneti566. Pure il sopraintendente Contarini si disse soddisfatto e, n’era certo, anche il Senato avrebbe tratto giusti «motivi di compiacenza». Durante la visita, si contenne persino l’abate Mari «che negli anni decorsi si fece autore di progetti inammissibili e promotore di pericolose innovazioni», giungendo così a porre «in sistema cauto e inalterabile le sinora arbitrarie e irregolari irrigazioni di Susano»567. Una lode particolare andava al nuovo provveditore Pompei che aveva scoperto numerosi abusi e scongiurato la visita straordinaria alle quattro bocche mantovane.
Unico neo rimaneva l’ostinazione con cui il Governo lombardo continuò a impedire l’ispezione della Fossetta di Ostiglia. Il Senato reiterò le proprie proteste, sia a Milano che a Vienna. Non si capiva il perché di tale rifiuto, eppure, si fece notare, «su di essa vi è lo sperone regolatore delle sue acque che viene mantenuto dai veronesi in virtù di vecchie e nuove convenzioni»; eppure, ancora, si era proposto agli ingegneri veneti di esaminare un piano regolativo di quel canale, richiesta però impossibile da esaudire «senza l’oculare ispezione». Infine, coperta da un’allusiva ma chiara
566
Id., lettera del capitanio Girolamo Savorgnan del 22 novembre 1784, allegata alla parte 10 febbraio.
567
formula diplomatica, l’accusa più vera: non si voleva credere «che tale impedimento provenga dal desiderio di qualche suddito austriaco di tenere in piedi qualche sopraffazione»568.