VI. LE «VISITE» AL TARTARO E AI SUOI AFFLUENTI (1771-1795)
9. Risolta la questione delle bocche dall’ingegner Avesani e la visita del
Nel maggio del 1789, gli ingegneri perlustrarono i canali del sistema Tartaro per verificarne lo stato. Così ad esempio, disposero di risistemare le condotte del conte veronese Girolamo Murari dalla Corte, in qualità stavolta di utente mantovano; difatti, le sue risaie si estendevano di qua e di là del confine, fra il Tione e la strada che da Castellaro portava a Sorgà616.
Durante quel sopralluogo, fatto sconcertante, fu scoperto un «grandioso interrimento» nell’alveo della «ravara» di Pozzolo che impediva all’omonima Fossa di prendere acqua dal Mincio e se ne ordinò la distruzione. Si fecero poi le necessarie escavazioni ai letti del Tione e della Molinella trovati troppo alti. Queste gravi ed evidenti irregolarità, assieme ad «altri impedimenti inferiori e arbitrî», diedero il destro al capitano Avesani d’indicare in essi la «causa principale della deficienza di acqua delle bocche mantovane», denunciate da tante petulanti istanze. Si ricorderà come invece il regio matematico Mari aveva sempre sostenuto dipendere una tale penuria «da una mala posizione
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Id., con promemoria 28 febbraio cit., il Senato si scrisse a Milano, fra l’altro, di non poter più dissimulare la propria
insofferenza per «lo studio continuo di novità per la parte de’ mantovani che a passo a passo tende a confondere e variare la espressa volontà e l’osservanza dei trattati» e per la mancata rimozione della risaia Donesmondi.
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ASV, PSCC, b. 58, fasc. 4, disegno n. 3, datato Villimpenta, 14 maggio 1789 e sottoscritto da Guardini, Avesani e Cristofoli. I proprietari limitrofi erano Giacomo Quattrina, i fratelli Massari, i conti Murari Brà, il conte Chiodo, gli eredi Cortella e Giuseppe Mirandola, ma si vede bene come il conte Girolamo fosse il più importante possidente di quelle pertinenze.
di bocche», senza aver mai neppure preso in considerazione l’ipotesi, appunto, di irregolarità, ora portata alla luce dall’esperienza. Si era giunti finalmente al nocciolo della questione. I mantovani mal sopportavano le costose operazioni di manutenzione di quel complesso sistema idrico e cercavano di scaricarle sui veneti. Secondo Avesani, una volta ripristinata la situazione originaria a Pozzolo e ridato il giusto fondo agli alvei dei canali, nel giro di due anni, tempo occorrente per l’escavazione degli altri rami «inferiori e depressi», le bocche controverse avrebbero avuto la loro competenza d’acqua e, scrisse quel valido ingegnere, «avrò l’onore di aver servito in questa spinosa circostanza con pubblica utilità a disimpegno di una vertenza che poteva portare l’amara conseguenza della distruzione di un solenne trattato»617.
Ancora una volta, la ferma opposizione della Camera dei confini a qualsiasi deroga delle regole convenute fu utile alla causa veneta; il pragmatismo di chi in Senato aveva testardamente indicato nel rispetto dei Trattati l’unica via per salvaguardare i diritti della Repubblica ebbe la meglio. Quando si riuscivano a evitare le dispute teoriche e a fare invece esperienza «in faccia ai luoghi», alla lunga, si addiveniva a una soluzione «equa e giusta» delle vertenze, avendo il Senato al suo servizio una classe di tecnici preparati e fedeli come lo era il capitano Ignazio Avesani. Sgombrato il campo dalla questione delle prese d’acqua mantovane, la visita statutaria del luglio 1789 ebbe esito felice.
Il Giornale della perlustrazione era di cento e trentatré punti, nei quali s’indicarono molte operazioni da eseguirsi, condivise dalla Commissione, tanto che la relazione congiunta ne era solo una sintesi. Unica novità pareva essere un mutamento dell’ordine delle stazioni, la conclusiva, dove si facevano i «lavori di tavolino», anziché a Isola della Scala era stata trasferita ad Ostiglia. Il fatto di rilievo fu che nessuna delle bocche mantovane lamentò deficienza d’acqua618. Anche nella sua relazione privata il conte d’Illasi manifestò piena soddisfazione, tutto era in regola «riguardo ai mulini, alle bocche, ai stramazzi, non meno che all’espurgo delle originarie fontane, agli scavamenti dei canali ed infine ai regolari loro sgarbi». Tuttavia, meritava un sovrappiù di attenzione «un begone nuovamente costrutto in cotto con gargami di marmo ed usciara» sotto la strada che da Ostiglia conduceva a Pontemolino, poco sopra lo scolo della risaia Agnella e che comunicava immediatamente col naviglio di Ostiglia619.
Anche le istanze presentate dagli utenti erano dirette a migliorare il sistema. Ad esempio, per il conte Giuliari, l’apertura degli «usciaroni d’Isola della Scala» che servivano «a dar scarico al fiume
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Id., relazione Avesani-Guardini, 4 maggio 1789, dove si elencano tredici operazioni eseguite nel Mantovano e dodici nel Veronese. In un’altra si diede nota dei cavamanti; infine, la relazione riservata Avesani, da cui si traggono le notizie successive, del 18 maggio, tutte allegate al dispaccio del podestà Giulio Antonio Mussati, 22 maggio 1789.
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Id., tab. A allegata al Giornale, 20 luglio 1789, assieme alla relazione Tonni-Pompei.
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Id., Giornale, punto n. 128. Essendo del marchese Cavriani, la Commissione decise di non farlo demolire anche perché «era noto dal 1784 e non costava proscritto dal Trattato».
Tartaro in casi d’escrescenze, rotte e altro», se avvenisse durante il tempo delle irrigazioni, gli avrebbe fatto perdere l’intero raccolto di riso, «non avendo condotto solitario» per deviare «nuovamente le acque nell’alveo inferiormente ai molini detti la Giarella»620. Chiedeva perciò di aprire uno scolo «a salvezza del proprio fondo, con quelle discipline che verranno decise dagli ingegneri»621.
In quell’anno, altri indizi confermarono il successo della risicoltura. Infatti, il conte Alessandro Montanari chiese d’irrigare tutti e 8 i campi (ettari 2,43) della sua risaia detta la Centamina, nelle pertinenze di Nogara, a norma dei suoi giusti titoli622.
Se i Provveditori veneziani si dissero soddisfatti per il continuato silenzio della corte di Vienna sopra l’affare delle bocchette mantovane, erano invece preoccupati per quello perdurante sulle altre tre questioni rimaste in contenzioso: la divisione delle acque di Castiglione, la dismissione della risaia Donesmondi e la mancata ispezione alla Fossetta di Ostiglia623. In tali materie, anziché da Vienna, giunsero risposte dal governo di Milano, ancora una volta negative, poiché si pretendeva irrigata con acqua libere la risaia Donesmondi, come pure libere erano le acque di Castiglione. Si arrivò persino all’improntitudine di asserire che mai la Fossetta di Ostiglia fosse stata inclusa nei trattati, giocando su uno scambio d’idronimo, poiché, nel secolo XVI, quel canale era chiamato Fossetta Mantovana; solo sapendo che dietro c’erano gli interessi di un uomo potente come il conte Greppi si poteva spiegare tanta ostinazione che non faceva certo onore al governo di Milano e che provocò, come ovvio, una ripetitiva nota di protesta del Magistrato veneto che smontò punto per punto tutte le incongrue argomentazioni estere624. Nonostante tali differenze, il lavoro degli ingegneri procedette proficuo e condiviso e venti opere furono eseguite, metà nel Veronese e metà nel Mantovano, compreso il progetto di scolo della risaia del conte Giuliari625.
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Già da tempo proprietari a Isola della Scala, nel 1715, i conti Giuliari avevano ampliato le loro possessioni
acquistando la corte Palazzina dai Magnini i quali, nel 1608, avevano ottenuto dai Beni Inculti l’investitura d’acqua per azionare una pila e irrigare campi 80 (ettari 24) di risaia, vedi la scheda di A. Silvestroni, Corte Magnini-Giuliari alla
Palazzina, in Isola della Scala cit. pp.166-67. 621
ASV, PSCC, b. 58, fasc. 4, all. B; anche il conte Girolamo Murari della Corte chiese di costruire un nuovo livello sull’Essere di Susano per facilitare il deflusso delle acque, id., all. C; mentre un rialzo di uno stramazzo domandò l’incaricato d’affari della Duchessa di Modena, id., all. D.
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Id., all. E. Il conte Montanari ora riusciva a irrigarne solo campi 3. Come giusto titolo presentò l’investitura dei Beni Inculti a Valerio Viola confermata dal Senato il 26 agosto 1679. Chiese alla Commissione d’indicargli il modo con cui attuare il suo progetto. Essendo materia difficile, prima di decidere, i Provveditori chiesero ulteriori verifiche, vedi ASV, PSCC, b. 284, scrittura 26 gennaio 1790 (1789 m. v.).
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Id., scrittura Zen-Garzoni, 26 gennaio 1790 (1789 m. v.), approvata con parte 30 gennaio successivo. Tra l’altro, si commetteva all’ambasciatore veneto a Vienna di ottenere ordini positivi in merito alle tre questioni ancora in sospeso, vedi anche ASV, PSCC, b. 58, fasc. 4.
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ASV, PSCC, b. 58, fasc. 5, memoriale del governo di Milano, 16 maggio 1790 e nota veneta senza data.
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Id., relazione Guardini, Avesani e Cristofoli, 7 giugno 1790, allegata alla lettera del podestà Mussati del successivo 10 giugno, con il progetto dello scolo Giuliari e il preventivo di spesa di circa lire venete 1.000, vedi disegno n. 1.