III. LA STRADA CONVENZIONALE DI CAMPARA
3. La stazione di Campara
A partire dal 1744, le truppe asburgiche fecero regolare stazione nella caserma di Campara. Il proprietario la diede in enfiteusi alla Repubblica per un canone annuo di ducati 80; si trattava di «un grande palazzo di trenta sei camere» con il giardino, i broli e un prato ampio campi 6 (circa ettari 2), ideale per custodire i cavalli dentro una staccionata. Questa soluzione dava un decoroso alloggio
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Id., il commissario Giuseppe Prato sarebbe stato coadiuvato dal cancelliere Marostoni o dal suo vice Cristani. 183
Id., relazione del commissario Prato, 30 novembre 1792.
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Id., le ducali che ordinavano il restauro della strada erano dell’11 luglio e del 29 agosto 1795. La relazione Garofoli del 25 febbraio 1796 (1795 m. v.) è allegata alla lettera del capitanio Antonio Marin Priuli 2° del giorno successivo. Le spese ammontarono a lire 9.534; fra l’altro furono impiegati cinque «marangoni alla paga di lire 3 al giorno» e lavorarono quattordici giorni. Furono trasportati 359 carri di materiale inerte a lire 3 il carro. Gli uomini da badile, da carriola e da zapponi lavorarono in tutto 4.176 giornate, dal 20 luglio fino al 22 febbraio, a lire 1 soldi 10 la giornata.
agli ufficiali nella parte nobile dell’edificio e un comodo acquartieramento per i soldati nei vecchi rustici e nella barchessa.
Nel corso del tempo, vari furono gli interventi di restauro o riadattamento di quei corpi di fabbrica, le cui spese erano a carico della Camera di Verona. Già nel 1753, furono stanziate oltre lire venete 4.000, ma il restauro maggiore fu effettuato vent’anni dopo, sotto la direzione del celebre brigadiere Lorgna185. Occorreva far di nuovo zampillare una sorgente perenne in una fontana sotto il portico d’ingresso della casa, che «era stata impedita dalle rovine», e rendere più stabile il fabbricato e per far questo la Cassa obbligata sborsò altre lire venete 7.830 e destinò lo stanziamento fisso di ducati 25 annui per i lavori di minuto mantenimento186. L’architetto fece anche uno schizzo della stazione che s’insediava in un ampio terreno a forma quadrata, protetto da un muro di cinta e suddiviso in quattro parti, una con «la caserma» e un giardino, un’altra con un secondo giardino, poi una terza con un «terreno rimasto al proprietario» e infine il «prato della cavalleria» al posto del vecchio brolo187.
Altri lavori furono eseguiti alla fine de1789, con l’aumento dei passaggi di truppa diretta in Lombardia. Occorreva rialzare il muro che cingeva il cortile, per impedire le diserzioni che si facevano frequenti, e rifare almeno la facciata della scuderia ch’era ridotta «in uno stato periclitante e ruinoso». Fino a quel momento, l’abilità del commissario Prato era riuscita a sopire le proteste degli ufficiali austriaci, ma un intervento era necessario, per evitare che potessero pretendere qualche altra sistemazione fuori dal percorso convenzionale188.
Più allarmanti giungevano le notizie da Parigi, più aumentava la frequenza dei transiti militari e perciò, nel 1792, si ripropose la necessità di riadattare la tappa di Campara. La scuderia andava ampliata così da ricoverare almeno trecento cavalli anziché quaranta. Ora, le povere bestie si destinavano in un prato annesso, «confuse con gli animali dei carri ed esposte a tutte le eventualità insieme colle vite dei carradori». Poi, in una fredda notte di metà gennaio, i soldati dovettero accamparsi in quel prato «coperto di neve» con 160 cavalli del reggimento Dragoni dello Stato Maggiore e «sottostare alla continua caduta di neve con grandissimi lamenti degli ufficiali»189. Prima d’intervenire con nuovi costosi restauri, i Provveditori vollero chiarire la situazione patrimoniale dell’edificio, per appurare se i direttari non dovessero accollarsi oneri di spesa, ma, in
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Sul celebre matematico e idraulico Lorgna nativo di Cerea (1735-1796), fondatore del Collegio militare di Verona, vedi E. Curi, voce Lorgna Anton Mario, DBI, 66 (2007).
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Id., i lavori furono notificati al Senato con lettera 3 marzo 1753 del capitanio Girolamo Ascanio Giustinian, futuro sopraintendente alla Camera dei confini; la perizia era dell’ingegnere Saverio Avesani e la somma di spesa preventivata di lire 4.221 soldi 6. La seconda perizia di Anton Mario Lorgna è del 24 febbraio 1774 (1773 m. v.).
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Id., disegno Lorgna, 1773. Se fosse l’originale sarebbe la prima volta che verrebbe usato il lemma caserma nei nostri documenti. “Caserma” infatti, secondo il Battaglia, è un francesismo introdotto in Italia agli inizi del secolo XIX.
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ASV, PSCC, b. 283, scrittura Zen - Garzoni, 28 dicembre 1789 approvativo della spesa di ducati 770, pari a lire 4.774.
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Id., Scrittura del 4 maggio 1792; in questa occasione appare per la prima volta in un documento di Cancelleria, redatto dal consultore Pietro Franceschi, il lemma “caserma”.
quegli anni, l’eredità Nogarole era al centro di una vertenza che coinvolgeva diversi attori e che non era risolvibile a breve190. Perciò, ancora una volta, sarebbe stata la Cassa obbligata di Verona a sopportare la spesa.
A differenza delle altre fortezze veronesi, che erano a carico del Territorio, quella di Campara doveva essere ristrutturata a spese pubbliche. Così, per dare sollievo ai militari e ai cavalli, e nel contempo evitare gli oneri di un ampliamento delle scuderie, si optò per una soluzione provvisoria, illudendosi cessassero presto le emergenze militari. Un grande «tezone» di legno avrebbe dato ricovero a uomini e bestie durante l’inverno191.
Le speranze di risparmio andarono deluse. Anzi. Il 16 maggio 1794, per Campara fu «giornata di terrore e spavento». A causa di una scintilla partita «o da qualche pippa di soldato» o dalla cucina del bettoliere «si è appiccato il fuoco alla caserma nel sito al di sopra dell’osteria ove, di seguito, vi era il magazzino della paglia e del fieno». Le fiamme divamparono rapide, perché disgrazia volle che in quel momento vi fossero stipati nei magazzini quindici carri di paglia e venti di fieno che bruciarono in una sola ora e mezza assieme ai due terzi della caserma. Si salvò il quartiere degli ufficiali grazie a un tagliafuoco praticato per tempo192. Nel suo recinto, la caserma incendiata comprendeva magazzini capaci di contenere ottanta carri di foraggio, due scuderie per i cavalli degli ufficiali, i loro alloggi, l’osteria, il prato di sei campi per i cavalli e i carriaggi, cinto da un muro, e una fontana d’acqua perenne. Milleduecento soldati potevano essere acquartierati senza pericolo di frammischiarsi con i locali193. Dunque, era indispensabile dar loro immediato alloggio e al momento ingrato dell’incendio il commissario si rivolse all’oste, che ne accolse cinquecento, e il resto fu ospitato nella casa «che ne serve ad uso di quartiere per li soldati della cavalleria veneta che qui vengono alle occorrenze de’ passaggi»194. Giunta poi una divisone d’artiglieria, il commissario si rivolse a tutti i pochi possidenti di case dei dintorni, ma ovunque ne ricevette «le più assolute negative» e si rassegnò ad accoglierli nel casino privato che teneva a pigione.
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Con un pubblico strumento, nel 1760, la proprietà di Campara era passata al signor Giuseppe Malenza che s’indebitò finché, nel 1765, i creditori si rivalsero sul palazzo che passò in proprietà a Giacomo Righetti. Pare tuttavia che alcune delle proprietà Nogarole fossero vincolate a un fidecommesso per cui si aprì una vertenza fra la famiglia Righetti e il conte Bortolo Dal Bovo, lite continuata nel 1793 dalla vedova Dal Bovo, la contessa Teresa Bevilacqua Lazise. Tutte queste vicende sono nella Stampa Righetti, stampa in causa di 218 pagine, il cui ultimo documento è del 1794, in ASV, PSCC, b. 30.Caduta la Repubblica, nel 1798, Giuseppe Righetti fece istanza alla Commissione Camerale per
rivendicare la proprietà della ex caserma di Campara, come rappresentante dell’eredità Righetti; id., b. 41.
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Id., s’incaricò l’ingegner Ignazio Avesani di costruire un grande tezone, una sorta di grande stalla; intanto l’aiutante Paolo Stravalli aveva speso lire 2.170 per due rastrelli in ferro.
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ASV, PSCC, b. 31, lettera del commissario Prato, 17 maggio 1794. L’incendio era divampato il giorno prima. La caserma capace di alloggiare 1.200 soldati e ospitare 300 cavalli era in quel momento così necessaria alle truppe austriache che da Milano il plenipotenziario Wilczeck si dichiarò disposto a contribuire ai restauri.
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Id., lettera del commissario Prato, 27 maggio 1794.
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Id., si trattava dunque di un’altra caserma più piccola proprietà del nobile Gerardini, data in affitto alla comunità di Cavaion. Il 23 maggio, giunti 200 soldati, essendosi rifiutato l’oste di accoglierli «a motivo de’ disturbi sofferti nel passaggio antecedente», furono anch’essi alloggiati in questa caserma, sia pure «con angustia».
Il computo dei danni trasmesso alla Camera dei confini dal podestà Mocenigo, suscitò a Venezia impressione. L’incalzare degli eventi e il decoro pubblico esigevano immediati restauri e del resto, la necessità di una stazione «non è mai terminata e ragionevolmente non sarà mai per terminare finché le provincie milanesi si trovano soggette allo stesso padrone con quelle del Tirolo e della Germania»195. I Provveditori incaricarono separatamente due ingegneri di recarsi sul posto e di eseguire un preventivo di spesa. Le loro osservazioni diedero risultati molto differenti. Nonostante il recupero del legname dei casoni provvisori, fabbricati per dare un’ospitalità d’emergenza ai soldati, i cui costi furono messi in «detrazione» la somma da stanziare rimaneva alta:
Preventivi per il restauro della Caserma di Campara. Lire venete.
Preventivo ingegner Totale lordo Detrazione Totale
Salimbeni 39.969 4.060 35.909
Avesani 18.579 2.117 16.462
Fonte: ASV, PSCC, b. 31
La differenza fra i due preventivi era dovuta soprattutto al numero di giornate di lavoro necessarie, che Avesani, ingegnere al Tartaro, aveva stimato di gran lunga inferiore rispetto ai calcoli del suo collega, essendo per lui sufficienti due mesi per completare l’opera. Purché si facesse presto, anticipando le piogge autunnali. Alla fine, il Senato prese una risoluzione. Scelse il piano Avesani e ordinò al Savio Cassier del Collegio «l’immediata ballotazione di ducati 2.125 v. c.» per «ridurre la caserma allo stato di prima»196. Le stime dell’ingegner Avesani si rivelarono esatte, la caserma fu terminata il 16 dicembre 1794 e le spese furono superiori al preventivo di appena lire 690, e ciò perché si fece una stanza in più per il ricovero dei soldati, così come aveva richiesto il commissario Prato197.
4. I Carriaggi.
Nel 1731, fu stabilito che fosse obbligo delle comunità veronesi comprese in un raggio di miglia 10 (circa m. 17.387) dalla stazione di Campara fornire i carriaggi necessari al trasporto delle vettovaglie e delle infermerie. Furono così assoggettati a questa sorta di servitù settantadue villaggi,
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Id., scrittura del 3 giugno 1794, decretata dal Senato il 7 successivo.
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Id., scrittura del 24 settembre 1794, decretata dal Senato il 27 successivo. Qui si dice che ducati 2.125 corrispondono a lire piccole venete 17.000, quindi un ducato v. c. valeva lire 8. Qui anche la lettera 21 settembre del commissario Prato.
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Id., disegni della nuova caserma, polizze di spesa e «l’inventario della Caserma di Campara». In realtà il totale speso fu di circa lire 17.907, cui vanno aggiunti ducati 173 (lire venete 1.072) spesi da Stravalli per rastrelli e ferriate e altre lire 685 spese da Avesani per viaggi da Verona a Campara e a Venezia.
quasi tutti della Gardesana, alcuni della Valpolicella e sei sottoborghi di Verona198. Ovviamente, i carrettieri delle comunità andavano retribuiti e fu stabilito come compenso quello di lire venete 21 per ogni carro trainato da quattro buoi, fiorini 3, equivalenti al cambio dell’epoca a lire 15 venete199, a carico del commissario austriaco e lire 6 a carico del Corpo territoriale di Verona che si sarebbe poi rivalso sulle comunità di villaggio non obbligate.
Oltre ai carriaggi, quei settantadue villaggi avrebbero condotto, quando necessario, i buoi per gli attiragli, i cavalli da sella per gli ufficiali, la paglia per il graticcio dei soldati, il foraggio per la cavalleria, candele e porzioni di legna durante l’inverno200. In questa sorta di distretto militare era di fondamentale importanza mantenere agibili le strade secondarie, ma ciò non fu sempre possibile, specie per i villaggi del Monte Baldo201. I loro carri spesso non potevano portarsi al servizio delle «traduzioni de’ pesanti bagagli delle truppe imperiali» perché le acque del torrente Tesina ne impedivano il passaggio e occorreva attendere lungo tempo perché si ritirassero. Un ponte avrebbe risolto il problema e, nel 1789, fu pure progettato con un preventivo di spesa di lire 15.100202, ma essendo la somma troppo elevata, non se ne fece nulla203.
Il sistema veneziano poneva a carico dei villaggi limitrofi le opere di manutenzione delle strade e questa fu forse la causa principale dell’inadeguatezza della rete viaria minore, poiché le comunità locali, specie in montagna, non disponevano delle risorse necessarie per i restauri. Essendo vincolata alla convenzione di Campara, i Provveditori chiesero maggiori lumi al podestà su quella strada «resa impraticabile dopo le pioggie delle ultime stagioni per le quali crollò in parte nel torrente». E costruirvi un ponte di legno era meno economico di uno in pietra, poiché «in quelle situazioni» non vi era più legname e trasportarvelo sarebbe stato molto costoso204.
Il podestà Musatti confermò la povertà di quei villaggi che mai avrebbero potuto sostenere una spesa simile. Si preoccupò anche di far trascrivere il loro estimo che risultò effettivamente molto basso:
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Id., si tratta della terminazione 28 febbraio 1731 (1730 m. v.) del Provveditore straordinario in Terraferma Carlo Pisani, copia a stampa.
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Id., la somma di fiorini 3 (fiorini rainesi, un fiorino = 60 carantani) da corrispondere per ogni carro trainato da quattro buoi è confermata da una lettera del 1791 del barone de Moll da Rovereto.
200
Secondo la stessa lettera per un paio di buoi pagavano fiorini 1 e 12 kreuzer (carantani), per ogni cavallo da sella carantani 12 e per la legna d’inverno due soldi veneti. La convenzione monetaria del 1753 che dava un rapporto di 60 carantani per ogni gulden (fiorino) è citata da A. Martini, Manuale di metrologia, ristampa anastatica edizione Torino 1883, p. 830.
201
Erano dentro il circuito delle miglia 10: Castion, Albisano, Montagna e Marciaga. Castion Veronese (alt. m. 316) e Marciaga (alt. m. 281) sono frazioni del comune di Costermano. Albisano (alt. m. 309) è frazione del comune di Torri del Benaco. Ca’ Montagna (alt. m. 250) è la sede del comune sparso di San Zeno di Montagna.
202
La perizia dell’ingegnere Marco Cristofori in ASV, PSCC, b. 30. Qui anche il disegno (id., n. 30/1).
203
L’ingegner Ignazio Avesani suggerì di far anticipare dalla Pubblica Cassa la spesa e di rifarsi poi sui quattro comuni che avrebbero restituito lire 1.000 all’anno per quindici anni, id, 13 aprile 1790.
204
1789. Estimo dei quattro villaggi della Gardesana in soldi e denari (un soldo = denari 12)
villaggio Estimo reale Estimo zovatico Estimo personale Estimo in tutto
Albisano 16.2 16.6 55 87.8
Castion sopra Garda 19.10 42.6 99 161.4
Marciaga 7 12.6 41 60.6
Montagna 32.7 30 88 150.7
Totale soldi 460.1 (fonte: ASV, PSCC, b. 30)
Il podestà diede pure conto degli «scodaroli per i getti di gravezza per l’anno 1789», da cui aveva ricavato i dati in tabella, «col ragguaglio che ogni testa viene calcolata un soldo, ducati 240 valor de campi un soldo, due bovi o quattro vacche parimenti un soldo». Insomma, essendo il loro estimo complessivo di circa soldi 460, la ripartizione di quella cifra avrebbe caricato ogni soldo d’estimo di poco più di lire 32, troppo. Perciò, era meglio che alla spesa concorresse il Territorio con il suo estimo generale, così come si faceva quando si dovevano restaurare i «tezzoni» a uso militare o quando si pagavano i deputati ai confini dei vari villaggi205.
Non aiutavano le condizioni atmosferiche avverse. Dopo un parziale restauro, sul monte Baldo, nel 1790, «un vento feroce, una tempesta desolatrice e poi un tale diluvio d’acqua», dopo aver devastate queste campagne, «gonfiò talmente il torrente Tesina che stracciò per due terzi almeno e distrusse quella strada di comunicazione», isolando di nuovo quei villaggi206. Dunque, non può stupire che il ponte tardasse a essere costruito. Ancora, nel marzo del 1792, il nuovo podestà lamentò l’assenza a Campara dei carri di quei poveri quattro comuni obbligati alla «traduzion de bagagli», anche se li scusava ammettendo essere per loro impossibile guadare il «Progno della Val Tesina». Quando pioveva, quella strada si rendeva «così precipitosa ed impraticabile che toglie ogni comunicazione persino ai passeggeri»207.
L’abilità dei carrettieri e dei boari fu messa a dura prova nel 1794, quando pervennero avvisi da Rovereto dell’arrivo di «due colonne di pontieri austriaci e di pontoni, ossia barche per l’erezione di ponti di campagna». Data la grandezza e il peso di quel trasporto eccezionale, il comandante della truppa ebbe l’ordine di tenere la strada della Chiusa, di passare a Verona, dove i suoi soldati avrebbero pernottato, per dirigersi nel giorno successivo verso Villafranca. Si trattava di una
205
Ibidem.
206
Lettera del conte Pellegrini da Castion, datata 10 agosto 1790. Il conte Pellegrini si era accollato i costi della manutenzione in cambio di una permuta di terreno che lo aveva avvantaggiato. Vedi la scrittura dei Provveditori ai confini 10 maggio 1791, dove si sostiene che le condotte di quei comuni erano soprattutto di foraggio. ASV, PSCC, b. 285.
207
ASV, PSCC, b. 30. Per stendere il suo dispaccio, Il nuovo podestà Almorò Pisani 3° si avvalse delle relazioni dell’ingegnere Saverio Garofoli: «Questo torrente Tesina, che scorre poche miglia lontano dalla regia strada e che ha il suo origine d’altissimi monti, di frequente rinchiude con le sue acque un riflessibile tratto di paesi e impedisce a quelle popolazioni obbligate di poter accorrere con le loro persone e animali all’asporto degli equipaggi delle estere truppe». Per lui, «un ponte sul Tesina è il solo mezzo necessario per assicurarsi in ogni tempo il servizio utile di quella popolazione , tanto necessario alli frequenti passaggi di truppe».
decisione unilaterale che leniva la sovranità veneta. Era poi sommamente pericoloso il pernottamento a Verona che avrebbe esposto la città alle sregolatezze di una truppa oziosa. Tuttavia, l’obiezione del commissario militare austriaco era fondata, il porto della Perarola non era in grado di permettere il passaggio ai carri pontone e, anche se superato, sarebbe stata poi troppo difficile la salita di quei pesanti convogli fino alle Pontare. Se si voleva evitare un affronto alla sovranità territoriale, ancora una volta, bisognava spendere denaro per allargare la sponda del passo barca e per rinforzare l’erta che saliva alle «Pontare d’Incanal»; e convincere gli ufficiali austriaci che la strada così ampliata sarebbe diventata percorribile anche per quei pesanti pontoni208.
5. I passaggi delle truppe.
Nel secondo Settecento, i passaggi delle truppe austriache avvenivano in modo efficiente e ormai collaudato da una lunga consuetudine. Il comandante della piazza da dove partivano i militari, Mantova, Rovereto o Trento, inviava un avviso al Commissario di Campara, specificando il numero degli ufficiali, dei soldati, detti «teste», e infine dei cavalli. A sua volta il Commissario avvertiva il podestà di Verona, che trasmetteva le informazioni per conoscenza a Venezia209. Poi, il commissario Prato dava disposizioni alle comunità obbligate perché si rendessero disponibili con i carri e con i buoi. Altre comunità, come quelle del monte Baldo, dovevano provvedere al trasporto dei necessari foraggi. Durante la stagione invernale, si forniva a ogni soldato un po’ di legna e delle candele.
Fino a che furono sporadici, non si tenne un registro dei passaggi di truppa, ma, divenuti più frequenti, a partire dal 1789, si annotarono le richieste dei comandanti esteri; e, nel 1791, il commissario Prato iniziò a tenere una precisa contabilità di tutti i passaggi di truppe e delle loro tappe a Campara. Ammontarono a lire venete 9.551 circa, i costi sostenuti in quell’anno dal commissario austriaco per il passaggio delle truppe, e la voce di spesa maggiore fu quella dei carriaggi210.
1791. Teste transitate a Campara .
208
In tutto si spesero lire 746 e soldi 2 per allargare il porto e rinforzare la strada. E altre lire 156 per pagare le 26 paia di buoi «che servirono per attaccar davanti alli cavalli onde far superar le Pontare d’Incanal». ASV, PSCC, b. 31, lettera del podestà, 6 agosto 1794.
209
Ad esempio, l’allora podestà Mussati avvisò i provveditori veneziani che per il 2 luglio 1789 erano attese 500 teste provenienti dal milanese e assicurò che «furono prese le misure perché nelle forme solite e a senso dei veglianti trattati non manchino le occorrenti provvigioni ed assistenze onde tutto proceda con soddisfazione dell’estera truppa e senza fastidiose emergenze». ASV, PSCC, b. 30.
210
Le spese sostenute dal Commissario austriaco erano le seguenti: un carro con due coppie di buoi: fiorini 3 (lire venete 15) a carico degli esteri e lire 6 a carico del corpo territoriale, totale lire venete 21; un paio di buoi: fiorini 1 carantani 12, pari a lire venete 6; fieno per un cavallo da sella: carantani12 pari a lire venete 1; porzione di paglia per un