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III. LA STRADA CONVENZIONALE DI CAMPARA

1. La strada militare di Campara La scelta del percorso.

Dopo le guerre del Primo Settecento, il Veronese era diventato, di fatto, uno spazio che separava i domini mantovani della Casa d’Austria da quelli del Tirolo. Per la Repubblica, il nuovo assetto politico e militare diventò un affar serio. Da un lato, gli eserciti imperiali erano in un certo senso costretti ad attraversare il territorio veneto per raggiungere la fortezza di Mantova, dall’altro, era

rnazionale153. Ma proprio tale posizione strategica metteva la

o «che nasce dalla sovranità territoriale». Perciò, per limitare i danni, occorreva individuare un percorso impossibile per la Repubblica impedirne il passaggio. Non potendo opporsi alle richieste di un vicino divenuto troppo forte, si cercò almeno di regolare con delle convenzioni il transito dei militari, individuando il percorso più adatto e meno dannoso per i sudditi.

Di recente, si è scritto che nel corso del secolo XVIII, lo «spazio economico» veneto appariva frantumato, soprattutto per quel che riguardava la sua rete stradale ritenuta «fatiscente»152. La posizione eccentrica di Venezia rispetto alle grandi vie di comunicazione della pianura padana aveva favorito la formazione, si direbbe oggi, di distretti commerciali autonomi, che potevano fare a meno del porto lagunare per raggiungere i mercati di destinazione. E questo era certamente il caso di Verona, snodo di una rete di traffici internazionali che trovava nel sistema idrografico dell’Adige una via per collegare la Germania al Po, tramite il sistema Tartaro, e da qui o via terra ai valichi degli Appennini; o, per il grande fiume, al porto di Goro, punto d’imbarco per le fiere adriatiche. E questa vocazione, la città l’aveva fin dal tempo della Signoria scaligera, quando era al centro di un’area fieristica di livello inte

provincia veronese nella scomoda situazione di essere un punto di snodo militare e di subire il passaggio di truppe straniere, con tutti i rischi che ciò comportava, dai danni per l’agricoltura alla pratica diffusa del contrabbando.

Insomma, nel corso del Settecento, il Senato si trovò suo malgrado a dover «soddisfare all’obbligo naturale di dare una via a chi non l’ha», senza rinunciare all’esercizio di un diritt

152

Queste riflessioni sono riprese da P. Lanaro, I mercati della Repubblica veneta. Economie cittadine e stato

territoriale (secoli XV-XVIII), Venezia, 1999, specie alle p. 30 e pp. 60-62. Il giudizio negativo della studiosa andrebbe

come na”, CXIII, 1, 2001, pp. 5-35, comunque, per evitare equivoci è più opportuno forse temperato tenendo in maggior conto i fattori ambientali spesso ostici.

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P. Lanaro, Periferie senza centro. Reti fieristiche nello spazio geografico della terraferma veneta in età moderna, in

La pratica dello scambio. Sistemi di fiere, mercanti e città in Europa (1400-1700), a cura della stessa, Venezia, 2003,

pp. 21-51, specie p. 26 e p. 33. Non è qui il caso di riprendere il dibattito sul significato di «regione economica» la intende S. Ciriacono, Economie urbane e industria rurale nell’Italia del Cinque e Seicento: riconversione o

stagnazione?, in “Rivista Storica Italia

che soddisfacesse le esigenze di entrambi i Principi154. La scelta ricadde sulla strada «convenzionale» detta di Campara dal luogo della stazione di acquartieramento delle truppe.

Durante la Guerra di Successione spagnola, la Repubblica scelse la neutralità armata e, del resto, i suoi sforzi bellici erano rivolti alla difesa della Morea. Così, il Senato permise il transito nel suo territorio sia degli eserciti del re Sole sia di quelli imperiali, purché fossero evitati i luoghi murati. Nel 1701, i francesi penetrarono per primi nel Veronese e «senza concerti preliminari», si collocarono lungo un fronte che andava dai monti sopra il lago di Garda fino all’Adige, occupando il villaggio di Rivoli e il passo della Ferrara, sotto il monte Baldo, «per disputare ai tedeschi l’ingresso in Italia»155. Invece, il principe Eugenio di Savoia aggirò il nemico scendendo nel Vicentino dalla Vallarsa, e da qui, per la Valpolicella, giunse fino al Mincio e prese Mantova, il cui

un luogo detto Campara, lontano da centri abitati, poco distante dalle segherie che operavano sulle

duca, non avendo scelto il migliore alleato, «si trovò miseramente abbandonato e la sua città venne occupata dagli imperiali».

Durante il prosieguo del conflitto fu affidato al Provveditore straordinario in Terraferma, Angelo Emo156, il compito di vigilare sui passaggi delle truppe che si erano intensificati fra il 1710 e il 1711. Ora, non si poteva più permettere, come accadeva un tempo, che soldati stranieri s’acquartierassero per tre giorni nel territorio veronese a grave discapito dei sudditi157. Non conveniva neppure agli austriaci un transito così lungo poiché li esponeva a notevoli spese di vettovagliamento in terra straniera e al pericolo di subire continue diserzioni. Tali convenienze reciproche favorirono appuntamenti fra i comandanti veneto e tedesco per cercare un transito più breve così da ridurre a una sola stazione il viaggio dal Tirolo a Mantova. Innanzitutto, il tragitto poteva essere abbreviato facendo sconfinare le truppe a Valeggio sul Mincio da dove si potevano comodamente raggiungere gli acquartieramenti di Goito. Tuttavia, da Borghetto «ultima terra imperiale» non si poteva arrivare in un giorno solo fino a Bussolengo, senza sfiancare reclute e animali, perciò, occorreva trovare un alloggiamento situato a metà percorso. Fu il comandante veneto a individuare una residenza di campagna poco distante dall’Adige e da dove, in una sola giornata, si poteva arrivare al confine della Vallagarina per chi veniva da Mantova; e a quello sul Mincio per chi scendeva dalla Germania158. L’edificio per acquartierare le truppe fu individuato in

154

ASV, PSCC, b. 282, scrittura Alvise Contarini 2°, 20 maggio 1784.

155

Id., b. 285, scrittura Vallaresso e Pesaro, del 4 maggio 1792 che riassume la storia della strada di Campara.

156

Angelo Emo di Pietro (1666-1755), fratello del Sopraintendente Giovanni, fu provveditore straordinario a Verona dal 1710 al 1713. ASV, Avogaria di Comun. Libro d’oro nascite, XI, n. 154 e Barbaro, Arbori de’ patrizi veneziani, c. 400.

157

Prima della riforma, le truppe estere partivano da Ala e in un giorno giungevano a Dolcè, «sette miglia [m. 12.171] circa entro il territorio veneto» dove pernottavano. Poi proseguivano fino a Bussolengo dove trascorrevano un’altra notte; ed infine raggiungevano Villafranca da dove la mattina del quarto giorno superavano il confine con il

Mantovano. Vedi il dispaccio di Emo, 23 gennaio 1711 (1710 m. v.), in ASV, Provveditori da Terra e da Mar, fz. 206.

158

Id., dispaccio di Emo, 3 marzo 1711. Questa convenzione fu stipulata fra il comandante austriaco Wolchenstein e il maresciallo veneto Rossi, ma non ve n’è traccia scritta.

sponde dell’Adige e «dirimpetto a Ponton dove sta d’ordinario il porto che comunica quelle rive»159. Si trattava di una residenza di campagna dei conti veronesi Nogarola, «casa altre volte

uei militari si decisero a osservare la convenzione e a prendere alloggiamento a

afica, ma

nobile, ma desolata dalle armate francesi che tennero lungo tempo quella campagna»160.

Non fu facile convincere gli imperiali a prendere la nuova strada, specie adesso che con «l’unione del Milanese e del Mantovano cogli altri stati ereditari della casa d’Austria», le «occasioni di alloggiare tanti ospiti sono frequentissime»161. Infatti, ancora nel dicembre del 1711, le milizie imperiali scese dalla Vallagarina pretesero di fare le solite tre tappe, e, per impedire tale prepotenza, si rifiutarono loro i necessari carriaggi, cogliendo il pretesto di un’infezione bovina scoppiata in Tirolo162. L’uso politico di questioni sanitarie, diffuso in antico regime, sortì l’effetto voluto e, finalmente, q

Campara163.

Il Senato tentò di stornare quelle fastidiose marce dal Veronese e per un momento, nel 1729, sembrò possibile dirottarle verso la Valtellina, nello stato svizzero dei Grigioni. In quei mesi, l’ambasciatore veneto a Vienna164 ebbe parecchi abboccamenti con quel Governo, esercitando pressioni perché si trovasse una strada alternativa a quella della Vallagarina, ma la nuova guerra scoppiata per la successione del re di Polonia, nel 1733, rese di nuovo impellente il transito dei militari per la via più breve che era quella entro lo Stato veneto. Addirittura, i comandanti austriaci pensarono di spostare eserciti dalla Carinzia ai porti dell’Adriatico, percorrendo la Patria del Friuli, e ci volle tutta l’abilità diplomatica del futuro doge Marco Foscarini per scongiurare quel pericolo e per convincere l’imperatore Carlo VI a rispettare il percorso convenuto e da lui stesso approvato. Insomma, meglio tenersi il male minore, il Veronese scontava la sua collocazione geogr

quel passaggio evitava al resto della Terraferma di essere attraversata da eserciti stranieri.

Il problema dei transiti militari si ripresentò puntualmente divenuta imperatrice Maria Teresa, nel 1740, e anche nelle successive campagne di guerra, fino a quella del 1744. Il Senato inviò per 159

Ponton è sulla sinistra orografica dell’Adige nel comune di Sant’Ambrogio di Valpolicella. La località Campara, sulla sponda opposta, si trova nelle pertinenze di Pastrengo. Vedi Cartina della Provincia di Verona e lago di Garda, Verona, 2009 e La Provincia di Verona, Touring Club Italiano, carta 1:175.000, Milano, 1996.

160

Id., così Emo, 19 marzo 1711, quando scrisse al Senato di voler ridurre a sole due giornate di marcia il transito delle truppe imperiali, «la prima sarà di 13 in 14 miglia [m. 24.341], la seconda 12[m. 20.864]» cosicché «giova sperare assicurato per l’avvenire questo punto e stabilito l’esempio di una sola tappa a gran sollievo di questo territorio». Un cenno al «corridoio veneto di Campara» è in Zalin, op. cit., p. 70.

161

Vedi la citata scrittura dei Provveditori ai confini del 4 maggio 1792.

162

Dispaccio Emo, 1° dicembre 1711. Per la prima volta si cita l’esistenza di un commissario per il passaggio delle truppe estere ed era il veronese conte Giusti. Il 3 luglio, solo due mesi dopo l’accordo, gli imperiali tentarono di far transitare seicento soldati per i territori di Brescia e Bergamo, cosa che se fosse successa avrebbe causato molti danni a quei sudditi, impreparati al passaggio di militari, e «avrebbe disordinata e resa inutile quella provvidenza», con buona pace del «convenuto regolamento». ASV, Provveditori da Terra e da Mar, fz. 206 e fz. 207.

163

Emo diede notizia di come finalmente le truppe imperiali percorressero la strada convenzionale facendo tappa a Campara nei dispacci 27 gennaio, 21 e 29 febbraio 1712 (1711 m. v.); id., fz. 207.

164

Dal 1729 al 1732, era ambasciatore a Vienna Daniele Bragadin (1682-1755) che dovette affrontare parecchie questioni confinarie con l’imperatore Carlo VI, compreso l’affare delle risaie del Tartaro, vedi P. Preto, voce Bragadin

l’occasione precise disposizioni al proprio ambasciatore. Occorreva chiarire che il defunto imperatore s’era impegnato a «incamminar le milizie per la sola via di Campara che è l’antica solita, la più breve e la già assentita». Una «variazione delle marce predette» sarebbe stata accolta a Venezia con «sensibilissima sorpresa» e non avrebbe mai trovato assenso e per il «gravissimo incomodo ed intollerabile danno» derivato ai sudditi veneti; e per la «pubblica dignità» che non poteva permettere neanche a un «Principe amico e benemerito» di attraversare con armati, impunemente, i propri Stati. Le istanze veneziane ebbero esito favorevole e i successivi passaggi di

uppe avvennero tutti per la strada convenzionale di Perarola e Rivoli, fino a Campara165.

a, per Castelnuovo, raggiungeva il confine a

atesino», con il suo apparato fortificatorio costruito fin dentro la roccia del monte Pastello, da dove

tr

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