III. LA STRADA CONVENZIONALE DI CAMPARA
2. Il percorso della strada «convenzionale» o di Campara.
Dopo il 1748, raggiunto ad Aquisgrana un faticoso equilibrio europeo, il passaggio delle truppe austriache per la Terraferma avvenne sempre per la strada «convenzionale» o di Campara. I militari con «bagagli e ospitali» si radunavano a Borghetto166, per entrare nel Veneto a Ossenigo e da qui scendere fino al porto della Perarola, presso Dolcè167, dove avrebbero traghettato l’Adige168. Giunti sulla sponda opposta dovevano fare una scomoda curva per salire le erte (pontare) di Canale (Incanal) e di Rivoli, e attraversare il territorio di Cavaion prima di raggiungere la stazione di Campara per trascorrervi la notte. Per percorrere queste 16 miglia (m. 27.819) ci volevano dalle otto alle nove ore, a seconda delle condizioni climatiche. Viaggio accidentato, poiché si trattava di strette e scomode strade montane dilavate dalle piogge, spesso mal ridotte e bisognose di ripari. La seconda parte del viaggio che dalla stazione di Campar
Valeggio, era facile, pianeggiante e non dava pensieri.
Dunque era il tratto montuoso a creare difficoltà. Si sarebbe potuta usare la comoda strada regia, ma questa transitava sotto la Chiusa, fortezza veneziana posta a tutela della Vallagarina e ciò non poteva consentirsi a stranieri armati. In altre epoche, era stata la «chiave di volta dello spazio
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La ducale è del 4 luglio 1744; copie anche in ASV, PSCC, b. 30. Se ciò non fosse bastato, l’ambasciatore avrebbe dovuto richiedere «espressa udienza alla Regina per ripeter le cose con le più efficaci forme». Per la soluzione
dell’affare vedi le ducali 28 settembre e 14 novembre 1748 e i dispacci n. 131-133 in ASV, Senato. Dispacci Germania, fz. 254. Antonio Diedo (1703-1785), ambasciatore a Vienna dal 1745 al 1749, durante la sua missione si prfilò la soluzione alle vertenze confinarie con l’istituzione del commissariato, P. Preto, voce Diedo Antonio, DBI, 39 (1991).
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Il Borghetto è visibile in una mappa della Biblioteca Comunale di Trento, n. 1345, dove si vede il forte costruito dagli austriaci nel 1734 sui resti di quello abbattuto dai francesi nel 1703. La mappa è edita in Turri - Ruffo, op. cit., p. 213. Perarola o Perarole oggi è un toponimo scomparso.
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Una descrizione anche in von Zach, op. cit., p. 4; nella mappa, tav. VII/14 (Dolcé) si vede bene l’andamento sinuoso dell’Adige e la strada che passa da Ossenigo, Peri presso il passo barca di Rivalta, Dolcè e poco più sotto, ma prima di Ceraino, il passo barca che porta a Canal.
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Così Tron nella sua scrittura dell’11 marzo 1778, in ASV, PSCC, b. 281. Il passo barca era affidato ai barcari delle comunità di Pescantina e Bussolengo.
veniva azionata la catena che impediva la navigazione ai legni ostili169. La digressione per evitare la Chiusa però era molto scomoda e spesso causa di lamentele da parte degli ufficiali asburgici, perché dal porto di Perarola si doveva affrontare un’erta che portava alle cosiddette «portare d’Incanal»170 e occorrevano parecchi animali per trascinare i carri su per l’erta.
Nel 1784, quando il riatto sarebbe costato parecchio, si preferì affrontare la spesa piuttosto che permettere agli esteri di abbandonare la strada «convenzionale»171, ma lo si fece in economia, riparando solo i tratti più degradati, senza por mano a un intervento risolutivo. Fu preventivato un costo di oltre lire venete 62.000, troppo alto per il Territorio veronese che doveva farvi fronte. La questione si dilungò un altro anno finché non si proposero due preventivi di spesa più bassi, uno di lire 24.745 relativo al semplice aggiustamento della strada, l’altro, di lire 32.303, prevedeva di dare «un giro più flessuoso alle Pontare d’Incanal che per il suo presente pendio riesce faticoso alle bestie da traino». Ancora una volta l’efficienza della strada si scontava con i costi che le comunità veronesi non potevano sopportare. E del resto il Corpo territoriale aveva già sborsato quasi lire 900 per i restauri più urgenti. Non si scelse la soluzione definitiva ma la più economica172.
Ancora nel 1790, quando i passaggi di truppe tornarono frequenti, in agosto, «le copiose pioggie hanno prodotto una immemorabile irruzione di acque da cui n’è derivata la rovina del tronco di strada convenzionale tra Campara e la Perarola». I comuni contermini erano obbligati a ripararla, ma potevano solo rattoppare qualche buca. Né potevano sopportare spese maggiori, come già era accaduto nel 1784; dunque, o il Corpo territoriale o l’Erario dovevano correre in loro aiuto per ridare a quel tratto di strada la possibilità di essere percorso dai pesanti carri militari. Per l’ingegnere Saverio Garofoli era «utile abbandonare la metà di detto tronco di strada che trovasi in terreno fradicio, soggetto allo scolo di acque di altissimi monti» e sostituirlo con un fondo più solido che si trovava poco lontano e al riparo dai torrenti173. Insomma, si trattava della stessa proposta fatta cinque anni prima dall’ingegner Salimbeni e scartata perché ritenuta troppo costosa. La scelta, antica ma anacronistica, di affidare ai comuni il mantenimento dell’asse viario non poteva
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La Chiusa è in un disegno del perito Foin del 1775 in ASV, Savi ed Esecutori alle Acque, Adige, rot. 18, dis. 143/b e si trovava tra Ceraino e Volargne, entrambe frazioni dell’attuale comune di Dolcè, prima di essere distrutta dai francesi nel 1801. Vedi U. Sauro, La Chiusa, chiave di volta dello spazio Atesino, in Etsch Adige, cit., p. 52. Sulla Chiusa in questo stesso volume anche A. Gorfer, L’identità atesina, pp. 177-262, p. 206, p. 217 e p. 219.
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Oggi esiste una località Canale (alt. m. 140), frazione del comune di Rivoli Veronese.
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Il capitano ingegner Leonardo Salimbeni preventivò una spesa di lire 62.345 che avrebbe reso la strada solida in stato permanente. Per il Contarini si poteva ridurre l’esborso evitando i lavori «insoliti e non necessari» come la costruzione di due ponti. Scrittura del 20 maggio 1784, in ASV, PSCC, b. 282. Su Salimbeni inviato in seguito dalla Municipalità presso Bonaparte per scongiurare lo spoglio di Verona, vedi Zalin, op. cit., p. 79.
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Id., scrittura del 7 gennaio 1785 (1784 m. v.). Il territorio veronese alla fine si offrì di concorrere al riatto della strada con una somma inferiore dell’8 per cento di quella preventivata di lire 24.745.
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Relazione Garofoli, 18 agosto 1790 in ASV, PSCC, b. 30. Scortato da due soldati a cavallo, l’ingegnere fece riparare la strada «provisionalmente, da comuni conterminanti con più centinaia d’uomini», resa intransitabile dalle «profonde voragini» prodotte dalle acque abbondanti. Per lui sarebbero occorse lire 9.667 per un durevole riatto di «pertiche andanti 5.853» (metri 11.940); e lire 10.260 per la costruzione di due ponti.
garantire la percorribilità di un tratto di strada così frequentato e difatti le lire venete 1.000 necessarie a questi restauri furono anticipate dalla Camera obbligata di Verona174.
Per l’ingegner Garofoli, anziché costringere la truppa ad attraversare il porto di Perarola e ad affrontare le Pontare di Rivoli, «tratto malagevole e per le erte salite e per il strabocchevole concorso di acque e per la poca consistenza del terreno», si poteva avviarla lungo la riva opposta dell’Adige, «più comoda, più consistente e più breve di un miglio». Poi, la strada regia postale era a carico dello Stato e ciò avrebbe sgravato da spese soverchie quei poveri comuni. Finalmente, i soldati avrebbero potuto traghettare a Ponton, lontano solo un miglio dalla stazione di Campara175. Occorreva far presto, poiché si temeva di subire con una decisione unilaterale il cambiamento del percorso176.
Dopo aver fatto presente che un restauro definitivo della vecchia strada convenzionale sarebbe ammontato a lire 20.837, da stabilire se a carico dei comuni limitrofi, del Corpo territoriale o della Cassa pubblica, quei Provveditori ai confini osservarono che, un tempo, la deviazione era stata voluta per evitare il passaggio sotto la fortezza. Forse, «le gelosie del posto e l’opinione che avevano della vecchia architettura militare» suggerirono tale cautela; ma, «oggidì il progresso di quella scienza e la esperienza quotidiana hanno pur troppo insegnato che quasi nessun luogo può riputarsi insuperabile dalla forza di una ben regolata aggressione»177. Se quella cautela ebbe un senso ai primi del Settecento, ora non lo aveva più. Meglio far imbarcare quei soldati a Pontone, come aveva suggerito l’ingegnere Garofoli. Se proprio si temevano disordini alla Chiusa, si poteva rinforzarne il presidio nella parte superiore della rocca, inviando truppe da Verona. Del resto, abusive variazioni al percorso avvenivano già. Al Borghetto avevano iniziato da tempo a «spedire per acqua» i bagagli col pretesto del pessimo stato della strada delle Pontare. In questo modo, non solo alcuni disonesti «si prevalgono ben spesso per introdurre nello Stato in gran copia generi di contrabbando»; ma si arrecavano anche danni alle comunità veronesi obbligate al trasporto di quelle vettovaglie da Campara fino al confine mantovano. Infatti, i loro boari avrebbero dovuto portarsi fino a Pontone e sobbarcarsi un miglio in più di strada178. Senza contare che in caso di piena, l’approdo di zattere e barche avveniva dove possibile, con maggior «difficoltà dei carradori» e arrecando danni alle possessioni calpestate da quelle pesanti ruote.
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Per questi primi urgenti restauri si spesero lire piccole 1.285 soldi 10, pari a ducati 160 grossi 14 v. c., addebitati alla Camera fiscale di Verona. Vedi la scrittura dei Provveditori ,17 dicembre 1790 in ASV, PSCC, b. 284.
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Memoria privata dell’ingegner Garofoli, allegata alla parte del Senato 5 febbraio 1791 (1790 m. v.) con disegno del progettato percorso alternativo, in ASV, PSCC, n. 30/2.
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Non erano timori infondati. Il commissario Giuseppe Prato segnalava che «sogliono bene spesso instradarsi li carri per la fortezza della Chiusa ed in tal modo gran parte del militare armato passa da colà per iscortare il proprio
bagaglio».
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Si tratta dei suggerimenti contenuti nella scrittura Zen e Pesaro, 10 maggio 1791, in ASV, PSCC, b. 284.
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Il commissario Prato al podestà , 26 maggio 1791. Gli austriaci proposero un rimborso di soldi 20 per ogni carro messo a disposizione dalle comunità veronesi, somma ritenuta inadeguata alla fatica e alla perdita di tempo dei villici. ASV, PSCC, b. 30.
Nel 1792, i Provveditori ai confini tornarono a suggerire una riforma del percorso della strada militare179, anche perché quella regia postale proprio da pochi anni era stata «ridotta a soda consistenza con molto comodo de passeggieri». Non potevano più esserci opposizioni ragionevoli al passaggio di truppe sotto il forte della Chiusa. Infatti, «la buona corrispondenza e la posizione dei confini della Casa d’Austria, che assicura li giusti possessi della Repubblica, hanno scemate tale apprensioni». Il nuovo cammino e il traghettamento dell’Adige a Pontone, conveniva a Vienna perché più comodo e breve, conveniva a Venezia che avrebbe risparmiato sui restauri del vecchio percorso soggetto ai dilavamenti.
I provveditori esaminarono anche i risvolti economici della proposta di modifica del percorso. Nessun danno avrebbero avuto i titolari del porto delle Perarola, perché essi non ricevevano alcuna mercede, non essendo le truppe estere soggette ad aggravio. E, del resto, dopo il restauro definitivo della strada regia postale, erano pochi i passeggeri che sceglievano di passare l’Adige in quel punto. Poi, le comunità di Pescantina e Bussolengo erano obbligate al servizio di tutti e tre i porti di quel tratto dell’Adige, Perarola, Settimo e Pontone e per loro un porto valeva l’altro. Anzi, dal cambio, ne avrebbero avuto qualche vantaggio perché se nulla pagavano gli ufficiali austriaci per traghettare a Perarola, avrebbero invece sborsato qualche soldo di mancia ai barcaioli per il più comodo traghetto di Pontone, almeno così si sperava. La strada regia postale poteva essere comodamente usata anche per il trasporto di «bagagli e ospitali» anche se, però, per risparmiare i carriaggi a quelle comunità, «esposte a riflessibili patimenti colle persone e cogli animali nelli ritardi spesse volte causati dall’intemperie delle stagioni, da qualche equivoco negli avvisi e dal disordine delle strade», sarebbe stata più opportuna la via d’acqua. In effetti, lo si è già visto, vettovaglie e infermerie arrivavano a Pontone «o per barca o per zattera».
Il Senato fece proprie le osservazioni dei provveditori e propose alla Corte di Vienna di sostituire il «tronco alpestre che per cinque miglia [m. 8.693] va dal passo della Perarola a quello di Pontone», con la strada postale che «da parecchi anni si trova ristabilita e posta in grado di solidità e di facile passaggio»180. Finalmente, il Senato permise il trasporto per acqua dei bagagli e delle infermerie e il transito delle truppe sotto la fortezza della Chiusa, tragitto più razionale e che evitava inutili spese181. Dalla Camera dei confini veneziana, giunse un’istruzione segreta al commissario di
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Id., è la citata scrittura del 4 maggio che tiene conto delle informazioni del commissario Prato al podestà Almorò Pisani, trasmesse a Venezia il 27 aprile 1792.
180
Id., parte presa l’11 agosto 1792. Con la stessa parte si accordava il salario di ducati 6 mensili all’assistente del commissario di Campara, promosso nell’occasione anche a capitano, Michelangelo Lorenzo Stravalli già in servizio fin dal 9 maggio 1789, in ausilio del padre Paolo Stravalli, malato.
181 Id.,
tuttavia, occorreva una convenzione per stabilire tariffe e regolamenti condivisi. La discussione poteva avvenire tra il Commissario alla guerra di Mantova, il Capitano circolare di Rovereto e il commissario di Campara.
Campara. Lo si rese partecipe che il governo di Milano, anticipando Vienna, aveva già proposto una conferenza a tre per trovare una nuova via alle truppe e che perciò si tenesse pronto182.
Intanto, preoccupato dalle piogge insistenti, il podestà Pisani inviò il commissario Prato a perlustrare la strada convenzionale. Dal Borghetto al porto della Perarola i danni erano di lieve entità e facilmente vi avrebbero supplito i comuni del Corpo della Valpolicella. Come al solito, i problemi si avevano alle «Pontare d’Incanal» dove i torrenti avevano scaricato ghiaia e reso il terreno così argilloso che i pezzi di artiglieria avrebbero potuto facilmente «arrenarsi»183. Insomma, l’unica soluzione era proprio quella di abbandonare questa strada malagevole, ma il progetto di riforma fu approvato tardivamente. Nonostante l’assenso di Milano, sia pur sollecitata dall’ambasciatore veneto, non giunse da Vienna l’approvazione del congresso. Così, ancora nel 1796, i villaggi lungo la strada convenzionale furono chiamati a uno sforzo notevole per un nuovo riparo. Sovrane ducali ne avevano ordinato il restauro provvisorio e, nel contempo, la deviazione delle «acque arbitrariamente introdottevi dai conterminanti possessori». Gli sforzi fatti dall’ingegner Vincenzo Garofoli per renderla percorribile furono notevoli; egli dovette ordinare lo scavo di nuovi scoli, in gran numero, far selciare la strada con ciottoli, dilatarne le parti troppo anguste e far erigere delle «grosse mura a secco» per fiancheggiare le voragini e per impedire che se ne formassero altre. Poi, il frequente passaggio di pesantissimi carriaggi militari lo obbligò a mantenere al suo servizio «numerosi uomini con badilli per riempire le carreggiate fin tanto che fossero consolidate e indurite». E non potevano dirsi mai finiti i lavori, perché «la infelice situazione di questa strada, parte incassata e parte spalleggiata da monti», la rendeva giornalmente soggetta a slavine che ne restringevano la carreggiata o a dilavamenti che aprivano voragini tali da ridurla «impraticabile e pericolosa». Insomma oltre alle circa lire venete 10.000 già spese, per far passare in sicurezza le artiglierie, bisognava stanziarne altre 1.500 per gli imprevisti184.