VI. LE «VISITE» AL TARTARO E AI SUOI AFFLUENTI (1771-1795)
8. La disputa per la misurazione delle bocche e l’aumento delle risaie (1787 – 1788)
Nell’estate del 1787, furono ispezionate dai rispettivi ingegneri le sei prese d’acqua presunte deficitarie, mentre ritardava l’inizio della visita statutaria, che poi non si fece, in mancanza di un nuovo commissario587. Il conte D’Arco si scusò per il ritardo, adducendo di non aver avuto ordini in merito dal barone Wilczeck, mentre tra Milano e Venezia, corsero lunghi memoriali su quelle controverse prese d’acqua.
Una volta riuniti, gli ingegneri svolsero di comune accordo i lavori designati, ma per le ispezioni delle fatidiche bocche «si cambiò il mantello», poiché l’ineffabile abate Mari588 sostituì Guardini.
584
Le altre risaie che scolavano all’altezza del bastione termine di Stato erano quella di Pontemolino dei conti Zanardi (ettari 216), le Gazzine dei marchesi Sordi e Strozzi (ettari 128), le Calandre dei conti Beccaguti Verità e Giusti (ettari 143) e l’Agnella del marchese Cavriani (ettari 156). In tutto, ettari 879.
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ASV, PSCC, b. 57, fasc. 1, scrittura Morosini-Giustinian del 23 maggio 1787, anche in ASV, PSCC, b. 283. I due provveditori stabilirono che per buon ordine delle carte, il giornale andava sottoscritto dai visitatori ufficiali e non dai cancellieri e che gli autografi fossero spediti alla Camera principale, quella di Venezia, e le copie a Verona, motivo per cui d’ora in poi tutti gli incartamenti sono reperibili nell’archivio della Magistratura, e non solo nella serie del Senato.
Corti. 586
Id., parte presa il 21 luglio 1787.
587
Id., fasc. 2, D’Arco a Pompei, 1° ottobre 1787. A suo dire, terminate le irrigazioni, la visita sarebbe stata inutile. 588
«Studioso questo soggetto di alterare e di rovesciare coi suoi progetti tutto il sistema convenuto fra li due Principi, da qualche anno ha già cominciato i suoi tentativi, i quali fortunatamente non ebbero ancora effetto», così Giustinian nella
Quel matematico avrebbe voluto «una regolazione o piuttosto riforma di quelle bocche» mentre, opponendosi, l’ingegner Avesani «sostenne la lor sussistenza, come sono di presente».
Le pretese dell’abate Mari furono fatte proprie dal governo di Milano e per rintuzzare quell’attacco, ancora una volta, la Camera dei confini dovette produrre una lunga scrittura e allegare a essa una nota che riepilogava tutta la vertenza che, in sostanza, si restringeva a una diversa valutazione dei sistemi di misurazione delle bocche tra il matematico Mari e l’ingegner Avesani. Grazie al capitano veneto, andarono così a vuoto «tutti gli sforzi di quel regio matematico che sino al primo momento della sua destinazione palesò senza equivoco il suo progetto di sovvertire quanto fu solennemente convenuto fra Principi». Evidentemente, senza la presenza di un leale commissario come il Cauzzi, i mantovani ebbero buon gioco a servirsi ancora una volta dell’ ex gesuita per perseguire i propri scopi. E forse la pretesa rimodulazione delle bocche non era estranea al boicottaggio della visita annuale.
Data la gravità della situazione, non si poteva fare a meno di scriverne anche a Vienna, «onde venga impedito il corso alle innovazioni immaginate e messe a campo dal regio matematico abate Mari, ambizioso troppo della pretesa sua scienza e forse anche mosso da occulti rapporti»589.
Infatti, la modulazione di una bocca dipendeva «in tutte le sue parti da punti fissi ed inalterabili come sono li quattro lati, mentre il battente si misura bensì da un punto fisso che è il ciglio della bocca, ma, nell’altra estremità, dipende dal pelo dell’acqua». La questione sollevata dagli esteri era proprio qui. Pretendevano immutabile la distanza dal punto fisso della bocca al pelo dell’acqua, che invece era una misura variabile, legata al «destino delle stagioni che non soffrono leggi». Oppure da alterazioni «correggibili od emendabili» come, ad esempio, eventuali «arellate» poste dai pescatori «superiormente a una bocca», il mancato sgarbo dell’alveo nelle sue vicinanze e «mille altre eventuali cagioni che devono togliersi per quanto possono confluire all’integrità del sistema convento»590.
In sostanza, l’abate Mari scambiava l’ordine dei fattori. Ai tempi del Trattato, i matematici prima esaminarono i titoli legali delle investiture e poi modularono le bocche perché ricevessero la sola quantità d’acqua stabilita dalle concessioni sovrane. Invece, questo era il punto centrale del
scrittura 3 ottobre 1787, in ASV, PSCC, b. 283 La discussione agostana tra Avesani e Mari riguardò il battente di quattro bocche della Fossa di Pozzolo, mentre la Cardinala e la Pioppa risultarono ben provviste. Ora, quelle bocche «dovevano avere un sito convenuto e immutabile, alterarne anche uno solo, come voleva l’abate Mari, era lo stesso che distruggere il Trattato e «rinnovare il disordine e la confusione».
589
Scrittura Morosini-Giustinian, 15 febbario 1788 (1787 m. v.), anche in ASV, PSCC, b. 283. Consigliarono al Senato di ribadire a Milano«il proprio dissenso a qualunque novità intentar volesse rapporto alle bocche asserite deficienti che non fosse assolutamente analoga al prescritto dai trattati» allegando la lunga nota esplicativa.
590
Dunque, continuava la nota allegata alla scrittura 15 febbraio 1788 (1787 m. v.) cit., la mancanza di una «porzione dell’assegnato battente» non significava necessariamente che la bocca mancasse «della sua competenza di acqua, poiché il battente non essendo che una forza di pressione per cui l’acqua s’introduce con più attività nella bocca, può, ad onta di questa apparente mancanza, esser tale la massa dell’acqua che vi s’introduce che soddisfi anche di vantaggio a tutti que’ titoli pei quali è stata assegnata».
contendere, l’ex gesuita pretendeva di fare un’operazione inversa, ossia, stabilita una volta per tutte la dimensione della bocca di Santa Lucia e il suo battente, ripartirne l’acqua agli utenti; ma, era evidente, volume e forza dell’acqua non potevano essere costanti, dipendendo da numerose variabili, mentre costante, se non in aumento, era la superficie da irrigare. Ne era ben consapevole l’ex gesuita, poiché negò all’ingegner Avesani la misurazione degli irrigui, sola prova di eventuali deficienze, se però la superficie fosse risultata quella prevista dai trattati, cioè campi 80 per quadretto. Insomma, gli esteri insistettero nella richiesta di cambiare sito alla bocca di Santa Lucia, «riforma affatto impossibile quando si vogliano mantenere i trattati».
Invece, se si riducessero alla profondità prescritta gli alvei della Fossa di Pozzolo e della Molinella «levandovi gli interrimenti», se fossero tolti tutti gli sbarramenti posti sui canali dai pescatori, se fossero chiuse le indebite derivazioni d’acqua «sopra i piani troppo elevati», se fossero liberi di fluire gli scoli e gli afferenti secondari, se «le operazioni metodiche degli sgarbi» fossero fatte ai tempi debiti, se, dunque, tutto ciò fosse stato eseguito, solo allora si sarebbe veramente accertato che «tutti godono dell’acqua che è loro dovuta». Del resto, che a suo tempo le bocche furono «piantate con massime uniformi», lo dimostravano gli oltre diciotto anni trascorsi privi di qualsiasi reclamo591.
La situazione era in una fase di stallo anche se nella primavera del 1788 gli ingegneri avevano comunque perlustrato i canali del sistema Tartaro per eseguire le solite opere di manutenzione592; tuttavia, per programmare la visita, saltata l’anno precedente, si era in attesa delle risposte del conte D’Arco alle sollecitazioni del provveditore Pompei. Invece, arrivarono due memoriali, uno da Vienna e l’altro da Milano. Il secondo, insisteva nella petizione per le bocche mantovane e lasciava sotto silenzio ogni riferimento a una nuova visita593; anzi, ora si pretendeva di sostenere la legittimità della nuova risaia Donesmondi, già «proscritta» nel 1784.
Per i Provveditori veneziani, «la mozione di queste inattese difficoltà può partire da due cause non ancora ben conosciute». L'una sarebbe «il maneggio opposto dagli interessati mantovani per sottrarsi insensibilmente dall'osservanza sincera de' trattati e da quanto fu loro ingiunto dalle visite precedenti a tal oggetto». L'altra causa potrebbe «forse partire da un'arcana vista di guadagnar
591
ASV, PSCC, b. 57, fasc. 2, relazione 30 agosto 1787 sottoscritta da Giuseppe Mari e Ignazio Avesani. Misure delle bocche: Tartagliona once 29 sulla soglia, dunque, once 9 (m. 0,25) in più rispetto all’assegnato battente; Santa Lucia once 17 sulla soglia e meno once 6 (m. 0,17) del battente assegnato; Burlasacco once 29,5 (m. 0,83) d’altezza sulla soglia; Sant’Orsola circa once 7 (m. 0,20) sopra la soglia, manca di battente; Strozzi once16 sopra la soglia (m.0,45) e 2 sopra il battente assegnato; Angelini, once 15 (0,42) sopra la soglia; Palazzetto once 20,5 (m. 0,58) sulla soglia. Rimaneva critica solo la situazione della bocca di Santa Lucia.
592
Ad esempio, un sopralluogo fra la Longhirola e la Demorta efu effettuato da Guardini e Avesani il 26 marzo 1788. Dalla loro relazione scopriamo che la tenuta dei Grimani era coltivata a risaia stabile. ASV, PSCC, b. 58, fasc. 3.
593
Id., vedi la scrittura Vallaresso-Pesaro, 23 maggio 1788, anche in ASV, PSCC, b. 283. Il memoriale di Vienna del 18 aprile 1788 era un semplice riscontro a quello veneto. Quello di Milano era del 14 aprile 1788. La poca voglia del conte Wilczeck di occuparsi di tali questioni è dimostrata dal suo diniego di regolare acque miste (ossia, alcune del sistema Tartaro, altre no) provenienti dalle bocche di Castiglione, nonostante il parere favorevole degli ingegneri.
tempo nella discussione minuta delle affacciate difficoltà, il che avrebbe la spiacevole tendenza di preparare nuovi ritardi ed ostacoli anche alla visita dell'anno presente e quindi a far sorgere lentamente nuovi espedienti i quali infine condurrebbero a gravissimi fastidi ed esporrebbero a sovvertimento il sistema convenuto e fino ad ora eseguito di quelle acque»594.
Nonostante l’impasse che si era creata tra i due Governi, a livello locale i rispettivi ingegneri eseguirono i lavori ordinati nel 1786, come la posa di due sostegni alla corte di Susano o l’esame dell’origine delle acque che irrigavano le piccole risaie castellaresi, provenienti da fontane indipendenti dalla Molinella e dunque riscontrate legittime.
Poi, gli ingegneri presentarono un progetto di restauro del delicato sostegno della Borghesana, dove il Tartaro terminava la sua opera irrigatrice e fungeva da scolo delle Grandi Valli Veronesi fino al Canal Bianco. Pensarono d’intervenire sui due casotti dei custodi, pericolanti, di togliere i rilasci provocati dalle fondamenta dei muri verso il sostegno, che formavano una sorta di transito, per impedirne il passaggio, «con pericolo della vita di chi si azzarda». Data la perdurante situazione di rischio, andavano rimosse «le piane al traverso del sostegno che servono di ponte per alzare ed abbassare le tavole», sostituendole con «tre fondili amovibili di larice», da togliersi quando il sostegno restava aperto, così da impedirne l’uso a «contrabbandieri e malviventi», i soli ad aver interesse a giocarsi la pelle per sfuggire alle guardie del dazio595.
Il capitano Avesani allegò una sua scrittura riservata per evidenziare i motivi di convenienza soprattutto veneta del restauro, interessante perché riguarda materia di commercio. Il sostegno della Borghesana era composto di tre luci, chiuse dal 25 marzo al 25 settembre, così da alzare il livello del Tartaro e favorire le irrigazioni, come prescritto dal Trattato. Nei mesi in cui restava aperto, vi transitavano «li prodotti dello Stato passando a Legnago in battellini», ma, ora, avendo ristretto la sezione dell’alveo, i sostegni delle paratoie impedivano «il passaggio a’ battelloni» che erano costretti «a rivolgersi per canali esteri, cioè per il Tartarello di Ostiglia deviando per il Naviglio, pure di Ostiglia, e di là discendendo per la Fossetta [sempre di Ostiglia], sboccano in Tartaro al bastione di San Michele». Avesani ricordava come, diciotto anni prima, «a spese dei veneti mercadanti», fu eretto un sostegno proprio nella Fossetta di Ostiglia «per aprire la navigazione dal Veronese al Mantovano e fuggire il passaggio del Ponte Lagoscuro dove in quel tempo fu aggravato il transito di un 15 per cento», a condizione «che in capo a sedici anni sia consegnato in buon
594
Ibidem. Con parte 24 maggio 1788, il Senato inviava a Milano un memoriale che faceva proprie le considerazioni della Camera e sollecitava la prossima visita che non poteva «ulteriormente differirsi».
595
ASV, PSCC, b. 58, fasc. 3, relazione Guardini-Avesani , Vigasio, 31 maggio 1788. Stessa data anche per il progetto del restauro del sostegno della Borghesana, il cui costo preventivato era di lire mantovane 3.265 da dividere fra le due Camere fiscali.
sistema il sostegno ai mantovani, come infatti successe due anni fa circa»596. Passato questo sostegno «sotto la disciplina del mantovano Governo», fu imposta una gravosa tassa di transito597, che si potrebbe evitare se quei battelli potessero navigare lungo il Tartaro. Dunque, approvare il progetto comporterebbe tre vantaggi: sarebbe impedito il continuo transito dei contrabbandieri, si eviterebbe la rovina dei due caselli e, infine, «li sudditi veneti passerebbero alle imbarcazioni di Legnago per quella parte, senza l’eccedente aggravio che in presente devono soffrire passando per li anzidetti canali esteri».
Continuarono le sollecitazioni inviate dal pubblico rappresentante di Verona al governatore di Mantova598, e finalmente, designato il nuovo commissario imperiale nell’avvocato Luigi Tonni599, il 7 luglio 1788, la visita ordinaria al sistema Tartaro ebbe luogo. Anche da parte veneta ci fu un cambiamento poiché Marco Cristofoli600 subentrò al padre Adriano. Sperando tramontato il sistema delle visite, molti avevano operato delle irregolarità. Per la Commissione fu una fatica improba poiché l’ispezione si rivelò «lunga, farraginosa ed involuta per la straordinaria serie dei suoi articoli e per la molteplicità delli allegati»601
Nella sua relazione riservata, che, cosa insolita, il conte Pompei scrisse subito finita la missione, a Gazzo Veronese, il 3 agosto, sottolineò la soddisfazione reciproca dei due visitatori per aver trovato in piena efficienza tutte le prese d’acqua, nonostante la «straordinaria siccità di più mesi che aveva preceduta la visita», prova «della perfetta esecuzione delle opere» prescritte. Rimanevano tre punti discordi ed erano la mancata ispezione delle acque provenienti dalle bocche di Castiglione Mantovano e gli ormai annosi affari dell’abusiva risaia Palazzina del conte Donesmondi e della negata visita alla Fossetta di Ostiglia602.
596
Id., si tratta del sostegno addotto a prova del diritto veneto all’ispezione di quel canale dove era stata costruita la rosta abusiva della risaia acquistata dal fermiere Antonio Greppi.
597
Id., relazione Avesani, 2 giugno 1788. I mantovani avevano imposto un dazio di transito di lire 2 per ogni sacco di biada e una barca ne poteva caricare circa 50; e soldi 30 «per il passaggio della barca vuota nel suo ritorno che formano lire 101 soldi 10 per ogni carico». Il restauro fu autorizzato con la parte 28 febbraio 1789 (1788 m. v.).
598
Id., lettere del Capitanio, 13 e 23 giugno 1788.
599
L’avvocato Luigi Tonni ricopriva l’incarico di aggiunto dell’Intendenza politica di Mantova. Nel 1791, quando il ducato tornò autonomo da Milano, sarà Consigliere e Assessore della Giunta Governativa, vedi L.C. Volta, Compendio
cronologico-critico della Storia di Mantova…, Mantova, 1838, V, p. 386. 600
Marco Cristofoli fu eletto ingegnere al fiume Tartaro con decreto 11 febbraio 1788 (1787 m. v.); figlio del defunto Adriano, «sotto del quale venne educato e per cui anche supplì lodevolmente per alcuni anni decorsi» ASV, PSCC, b. 283 e b. 57.
601
Così il podestà Alvise Mocenigo 5° nella lettera10 settembre 1788, in ASV, PSCC, b. 58, fasc. 3. In effetti il
Giornale conteneva ben 147 punti con quattordici allegati. 602
Si tratta dell’all. 2 del fascicolo della visita in ASV, PSCC, b. 58, fasc. 3.Il conte Alberto Pompei tra l’altro comunicò «l’interdizione» di due piccole risaie abusive e l’effettuazione della visita di tutte le bocche irrigatorie le cui misure furono riportate nell’all. A, vedi appendice. Vi furono come da allegati ancora le proteste ostigliesi per la carenza d’acqua che però furono prese in considerazione perché il tempo divenne piovoso, rinviandone l’esame alla ispezione dei soli ingegneri.
Gli allegati al «giornale» del 1788, se si ha la pazienza di sfogliarli, evidenziavano ancora una volta il tentativo di aumentare la superficie agricola destinata a risaia e i conflitti che esso generava, dando nel contempo utili informazioni sulle tecniche agricole usate.
Il conte Girolamo Murari avanzò alla Commissione la richiesta di fermare i lavori del nuovo scolo della corte di Susano603. Le nuove arginature avevano rialzato il pelo dell’acqua e non rendevano più possibile lo scolo in Tione della sua nuova piccola risaia posta nelle pertinenze di Sorgà; in subordine, ne supplicava il cambio di sito604.
Supplica analoga fu avanzata dai conti veronesi Giovanni Battista e Alessandro Murari Brà605, possessori di una risaia denominata la Demorta, sempre nelle pertinenze di Sorgà che era in gran parte diventata «infruttuosa e valliva» a causa della nuova arginatura del Tione e della conseguente mancanza di scolo. Imploravano così di poter costruire «una tromba sotto l’alveo di detto fiume» che desse sfogo alle acque stagnanti. Il disegno accluso alla supplica mostrava bene come questa nobile famiglia fosse proprietaria di tutte le valli comprese fra il Tione, al confine con il Castellarese, e l’acqua dell’Essere606. Già nel 1786, i conti Murari avevano cercato di ridurre a risaia un loro terreno a Bonferraro, utilizzando le acque di scolo della tenuta del marchese Pindemonte; e un altro tentativo lo fecero ancora a Sorgà, usando, oltre agli scoli citati, anche le acque «ritratte da fonti sortumosi ora stagnanti»607. In un suo sopralluogo, l’ingegner Avesani scoprì essere quelle fonti e quei canali, in realtà, acque del Tione, soggette ai trattati; perciò quelle nobili istanze furono tutte respinte608.
La corte di Susano continuava a dar pensiero alla Commissione poiché furono presentate altre due richieste che la riguardavano. La prima interessava ancora il conte Girolamo Murari che avrebbe dovuto scavare un altro fosso per non alterare le irrigazioni previste dal piano del matematico Mari; la seconda chiedeva di trasferire la presa d’acqua dei soppressi Carmelitani, ora
603
Id., all. B; si trattava dei lavori per il nuovo scolo «di Bigarello per mezzo della corte di Susano riconosciuto sotto il nome di Essere», già messo in disegno dagli ingegneri austro veneti nel 1787.
604
Id., all. C; con sovrano decreto 5 maggio 1781 fu concesso a Girolamo Murari di ridurre a risaia una piccola valle di sua ragione nelle pertinenze di Sorgà con la condizione che scolasse nel Tione nel luogo indicato dal disegno di A. Cristofori. Nell’all. D, un’altra supplica del conte Murari relativa al piano Mari regolativo degli scoli della corte di Susano.
605
Nel 1773, Giovanni Battista Murari Dalla Corte aveva sposato Vittoria Brà. Con il matrimonio si fusero non solo i cognomi ma anche i patrimoni delle due famiglie. Vedi Morin- Scola Galiardi, op. cit., p. 159, scheda n. 23.
606
ASV, PSCC, b. 58, fasc. 3, all. N; qui anche il disegno d’avviso, n. 10; al n. 4 il disegno relativo all’opera eseguita. Entrambe le richieste furono accolte dal Senato con parte 28 febbraio 1789 (1788 m. v.).
607
Id.; le due suppliche furono presentate dal conte Francesco Murari Brà il 6 maggio 1786 e dopo la sua morte, dai figli Giobatta ed Alessandro il 10 giugno 1786; vedi qui il fascicolo Per i nobili fratelli conti Murari Brà, a cui allegarono un disegno datato 5 febbraio 1780 (1779 m. v.) relativo a circa campi 7 (ettari 2,1) dei Pindemonte in Bonferraro «al presente infruttuosi e di niuna rendita da ridurre a uso di risara»; e un altro del 10 maggio 1786 che mostra due terreni dei conti Murari Brà «di bassa situazione» di complessivi campi 23 (ettari 7), «denominati le vallette in Bonferraro», sono i disegni n. 8 e n. 9.
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La relazione Avesani è del 2 giugno 1787, la scrittura Vallaresso-Pesaro che respinse quelle richieste tuttavia fu stilata solo il 30 agosto 1788, dopo la visita ordinaria, e il decreto del Senato che ordinava di licenziare quei memoriali come se non fossero pervenuti, era del 13 settembre 1788.
nella disponibilità della Camera di Trento609. Per i Provveditori veneziani, mentre si poteva accogliere la prima istanza, la seconda andava respinta. La Repubblica aveva aderito alle richieste della duchessa di Modena solo per far cosa grata, ma purché fosse l’unica eccezione i Trattati. Dunque, il cambiamento di sito andava vietato e «non è poi presumibile un diverso sentimento nell'estero Governo»610.
Poi, alcune questioni sorsero fra nobili veronesi ma con proprietà in entrambi gli Stati confinanti. Il conte Giovanni Emilei e il conte Giusti stavano litigando per lo scolo Merlongola, di cui i Giusti erano stati investiti dai duchi di Mantova fin dal 1664, sull’uso del quale, poi, aveva qualcosa da ridire anche il conte Girolamo Maria Cipolla. Infine il conte Francesco Emilei chiese di poter avere degli scoli per la sua risaia di Fattolé611.
Ben tre furono invece le suppliche presentate dagli utenti della Molinella che denunciarono una tale penuria d’acqua da mettere in forse il raccolto del riso. I nomi dei sottoscrittori sotto riportati rivelano vecchi e nuovi proprietari di risaie con l’ingresso fra loro di una ditta ebrea, frutto delle