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La creatività nell'arte: Carroll

Nel documento Che cos'è l'improvvisazione musicale? (pagine 169-172)

21 Creazione scoperta e improvvisazione

22.1 La creatività nell'arte: Carroll

Sostengo una tesi di Carroll (2010, 53-73): per Carroll la creatività è un concetto descrittivo e valu- tativo assieme. Tale distinzione riesce a schivare l'enfasi romantica – per cui l'artista “creativo” è ispirato, è un “genio”. Ma sostengo tale tesi con una riserva: il concetto di creatività è quasi esclu- sivamente valutativo/critico, e tutti i suoi appigli descrittivi sono deboli e banali. Pertanto chiudo il mio sillogismo: siccome l'improvvisazione è un concetto descrittivo e non valutativo, creatività e improvvisazione non sono sinonimi, come spesso appare. Fermo restando che si può benissimo giudicare “creativa” un'improvvisazione, tale predicato non sembra assolutamente essenziale, e for- se è anzi attribuito in modo esclusivamente enfatico.

A mio avviso la qualità della creatività è dipendente dal contesto in cui le attività creano le opere. Relativamente al contesto, la creatività esiste in cose e persone che reputiamo creative; quindi par- lare di “creatività” è esprimere un giudizio, è compiere un atto valutativo su qualcosa o qualcuno. Tale valutazione è chiaramente relativistica – ciò che pare creativo a me non necessariamente lo è anche per te – e storica – il concetto di creatività ha una storia molto recente, lunga non più di un secolo, vedi Kristeller (1983) e Tatarkiewicz (2004) e, sostengo, non si può adoperare indiscrimina- tamente per qualsivoglia persona o opera del passato. Così come Goehr diceva che Bach non inten-

deva comporre “opere”, assumo che Bach non intendesse essere “creativo”,122 nonostante noi lo

possiamo giudicare tale.

Ora, vediamo da vicino l’argomento di Carroll sulla definizione della creatività artistica.

Carroll si prende la briga di confutare la visione ordinaria di creatività artistica che sembra esclude- re, a priori, una continuità con la tradizione artistica. Questa esclusione avviene perché i nostri pre- giudizi ci portano a pensare la creatività come creatio ex nihilo, e la tradizione come un vincolo de-

terministico. Secondo Carroll nessuna delle due ipotesi è vera, sicché nemmeno la conclusione, che creatività e tradizione non possono stare assieme, è vera.

La confutazione di questo ragionamento avviene sulla base della distinzione dei due sensi in cui si dice creatività: il senso descrittivo e il senso valutativo. In entrambi i sensi la tradizione è, secondo Carroll, una necessità per la creatività.

Cominciamo con il primo senso, quello descrittivo:

In senso descrittivo, la creatività artistica è semplicemente la capacità di produrre nuove opere d’arte che sono intellegibili ad un pubblico appropriatamente preparato e informato. Un artista creativo è qualcuno che è capace di portare avanti – di continuare a produrre nuove opere d’ar- te. (Carroll 2010, p. 56)

A parte la circolarità – si noti la nozione di “intelligibilità” ad un pubblico “appropriatamente pre- parato e informato” – mi sembra piuttosto scontata questa definizione: quale artista, infatti, non crea ogni volta una nuova opera d’arte? In senso descrittivo sembra che “creatività” corrisponda a “creare” tout court. Il senso descrittivo è banalizzante. Basta fare qualcosa di nuovo per essere creativi.

In senso descrittivo, la tradizione è una risorsa per la creatività perché, secondo Carroll, fissa un orizzonte di possibilità che “concentra l’attenzione dell’artista su quelle opzioni che saranno intel- legibili – sia all’artista che al suo pubblico – sullo sfondo storico di una pratica” (Carroll 2010, p.61). Il senso descrittivo dice che affinché certe scelte artistiche, in un certo tempo, siano com- prensibili, è necessario che ve ne siano state altre – non in senso deterministico – in passato. Come scrivevo sopra, questo discorso è in qualche modo circolare: si potrebbe benissimo pensare non solo che certe scelte artistiche passate giustifichino le scelte artistiche attuali, come fanno certi ma- nuali di storia dell’arte, ma che anche le scelte artistiche attuali diano un senso teleologico e pro- gressivo alle scelte artistiche del passato. Così si può pensare, vedi sopra, non solo che la prepara-

122 Per una declinazione intenzionale della creatività, vedi Gaut (2003). Gaut propone questo esperimento mentale: un prigioniero, interamente cosparso di colore, cerca di scappare dalla prigione. Nella cella c’è una tela. I suoi tentativi di fuga lascerebbero sulla tela quello che potremmo chiamare un dipinto. Questo dipinto sarebbe certamente qual- cosa di nuovo; e poniamo il caso che tale dipinto fosse considerato dai critici, dai musei ecc. qualcosa di rivoluzio- nario per la storia dell’arte. Ma noi lo considereremmo creativo? Gaut risponde di no, adducendo il fatto che un’o- pera è considerabile come creativa solo se chi l’ha fatta ha intenzionalmente avuto l’obiettivo di fare un’opera d’ar- te creativa (2003, p. 150).

zione del pubblico sia la condizione di intelligibilità di un’opera, ma che noi stimiamo la prepara- zione di un pubblico solo se per esso siano intellegibili certe opere. Quindi la prima visione ordina- ria della creatività, che la vede come creazione ex nihilo, è falsa. Ora l’argomento di Carroll ha bi- sogno di confutare anche la seconda premessa: che la tradizione impone regole ferree da imitare pedissequamente.

Carroll dice che un artista impara ad andare per conto suo, nel suo percorso artistico, necessaria- mente per imitazione della tradizione (Carroll 2010, p. 62). Ma nell’apprendere, un artista non sola- mente imita: sottopone a critica ciò che imita – sulla base di meta-discorsi pratici.

Imparando le tecniche e le procedure di una forma d’arte, l’artista, spesso indirettamente ma qualche volta apertamente, impara gli scopi e i valori della sua pratica. Tanto più impara i mez- zi della sua pratica attraverso l’imitazione, quanto più arriva a comprenderne gli scopi, le pro- blematiche e le questioni in quanto incorporati in opere, e commentati da altri artisti della sua cerchia, compresi colleghi e maestri. [...] L’imitazione è accompagnata anche dai discorsi, di- scorsi che l’artista ascolta dai suoi maestri, o che legge nei commentari se è un autodidatta, e che impara a formulare da sé e a sé nel processo di venire a capo della pratica (Carroll 2010, p. 62-63).

In virtù della meta-discorsività, la tradizione è così rigida da imporsi sulla personalità dell’artista, è falsa.

Carroll fornisce allora 5 casi in cui la creatività si esercita sui materiali tradizionali: 1. per ripetizio- ne con variazione strutturale o di dettagli – corrisponde al principio di improvvisazione a partire dalle formule; 2. per ibridazione – corrisponde al principio di intertestualità dell'improvvisazione, cioé la capacità che l'improvvisazione ha di pescare da tradizioni di vari paesi – Africa e Europa – e da vari livelli culturali – matrice pop e colta – (vedi Alperson 2010), 3. per importazione di tradi- zioni culturali estranee – ad esempio la cultura letteraria e il gusto per gli abiti per i bopper; 4. per enfatizzazione della tradizione stessa – il movimento dei Young Lions e del Jazz at the Lincoln

Center di Marsalis; oppure, extrema ratio, 5. per rifiuto – le rivoluzioni artistiche, come quella del

free jazz.123

Vediamo, dal senso descrittivo, che cogliamo dalla tradizione non dei materiali a caso, o insignifi- canti. Anzi, ne prendiamo ciò che ci fa comodo – per qualsiasi ragione – e lasciamo lì il resto. Quindi, mi sembra che già in senso descrittivo la creatività è un'implicita valutazione (Bertinetto 2011; Novitz 2003).

Leggiamo:

Dire che un’opera d’arte è creativa è affermare che deve essere valutata come elevata. Ma per

123 Carroll fa altri esempi, non musicali; gli esempi musicali sono una mia responsabilità, spero aiutino a capire me- glio.

quale ragione? Suppongo che sia il valore che un’opera d’arte ha per la tradizione in cui è stata creata (Carroll 2010, p. 69).

In senso valutativo, una cosa o una persona si dicono creative in una tradizione. Quindi in senso va- lutativo riconosciamo precipuamente che le cose e le persone creative non sono creative ex nihilo, né che la tradizione ostacola la creatività, poiché ne è invece la causa.

Le cose o le persone creative ripetono variando, ibridano, giustappongono, amplificano, scardinano questa tradizione. Pertanto, in senso valutativo la creatività si predica di qualcosa o qualcuno relati- vamente a ciò che quel qualcosa o quel qualcuno rappresenta, per un osservatore esterno, nel corso della storia. La valutazione constata l’importanza storica che tale opera o tale artista ha nel cambia- mento della tradizione-relativa; è context-dependent.

Carroll dice che in senso valutativo la creatività si predica retrospettivamente quando si calcolano gli effetti generativi che una certa opera o un certo artista hanno avuto sulla tradizione artistica. Ad esempio il bop è stato incompreso dai contemporanei, ripreso da tutti gli improvvisatori successivi. Ma la creatività non è solo un giudizio ex post: infatti si stimano ex ante le possibili ricadute fertili future di una certa opera o di un certo artista. Si scommette sul peso che avrà l’opera creativa al- l’interno di una tradizione futura. Su che base avviene questa scommessa?

Quando diciamo di un’opera recente “creativa”, vogliamo dire che ha ricombinato elementi e interessi della tradizione in maniera abile, originale e perspicace. In ciò, ci mostra la tradizione e le sue possibilità più chiaramente, ampiamente e perspicuamente delle opere precedenti. […] Con le opere d’arte contemporanee, diciamo che esse sono creative quando rimettono insieme i mezzi e/o gli scopi della tradizione in un modo che la chiarifica – in un modo che porta in pri- mo piano possibilità, impegni e strutture latenti (Carroll 2010, p. 70-71).

Ad esempio Free Jazz (1960) di Coleman non rappresenta solo un modo nuovo di fare jazz, ma so- pratutto cambia le regole stesse di ascoltare il jazz precedente e futuro. Per questa ragione anche opere che non avranno in seguito nessun reale influsso, nessuna ricezione, secondo Carroll non de- vono essere private dell’attribuzione di creatività, in quanto cambiano lo “schematismo” della no- stra percezione dell'arte precedente e futura.

Concludendo, credo che Carroll sia convincente nell'affrontare l’argomento di non esclusività tra creatività e tradizione. Credo sia molto più efficace nel farlo se assumiamo come punto centrale della sua tesi il senso valutativo in cui si dice creatività e mettiamo in secondo piano, per la sua va- ghezza, quello che Carroll indica come senso descrittivo.

Nel documento Che cos'è l'improvvisazione musicale? (pagine 169-172)

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