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La ricezione della registrazione

Nel documento Che cos'è l'improvvisazione musicale? (pagine 154-157)

19 La musica registrata

19.3 La ricezione della registrazione

La tecnologia di registrazione è cambiata relativamente meno dei supporti con cui ascoltiamo le re- gistrazioni. Dalla matrice alla registrazione digitale, il salto è stato fatto solo nella definizione so- nora; cambia invece molto nelle possibilità di accesso da parte delle masse ai prodotti discografici. Gli strumenti sono progressivamente diventati molto meno costosi e sempre più portatili. Grazie a tutti questi ausili, siamo in grado di ascoltare una performance di musica proveniente dall'altra par- te del mondo così come una performance di molti anni fa (Gracyk 1997, 139; Ashby 2010, 123 e segg.; Budd in Childs, Hobbs et al. 1982, 56). L'offerta sovrabbondante ha spezzato l'egemonia estetica della musica occidentale e classica (Ashby 2010, 182) in favore di prodotti musicali

poco adatti ai salotti borghesi: sono musiche “rumorose”, che utilizzano strumenti elettrici e in- citano a balli sfrenati; musiche che iniziano a utilizzare lo studio di registrazione per produrre suoni che non sono semplicemente tentativi di riprodurre l'esecuzione dal vivo e che allo stesso tempo sembrano abbastanza semplici da favorire l'imitazione al di fuori del contesto istituziona- le per intero. (Middleton 2001, 127)

Queste musiche folk, popular, jazz, rock, ecc. erano più preparate alla registrazione di quanto lo fosse la musica classica occidentale; se questa vedeva una pratica di trasmissione lunga secoli sotto

forma di “notazione”, le musiche rumorose trovavano trasmissione più adatta attraverso la registra- zione, per tutto quel portato di “sporcizia” musicale, di stonature e di improvvisazione che non tro- vano codifica notazionale. Ovviamente però la trasmissione fonografica mondialista rappresentava anche una miniera d'oro per l'industria musicale. In prima battuta, è questo l'effetto più evidente della registrazione: l'istituzione di un “villaggio globale” (McLuhan 1967; 1995; Ong 1986) in cui ogni valore musicale è diffuso e scambiato in parte oralmente – perché la registrazione è audio – in parte graficamente – perché la registrazione fissa dei segni su un supporto, ancorché magnetico o digitale.

Tuttavia, la registrazione ha istituito questo villaggio globale musicale, in cui il mercato si estende per quasi tutta la superficie, non tanto perché il materiale viene registrato e fissato su un supporto, quanto perché cambia il modo in cui tale supporto si trasmette. Jacques Attali (1985) l'ha chiamata “economia ripetitiva”. Così la tecnologia ha aiutato la trasmissione, e come vedremo, un tipo di ascolto. Si è passati dalla radio e al commercio di vinili alle cassette, ai cd, a sfortunati prodotti come i minidisc, e ora agli mp3, iPod, e di nuovo a strumenti misti di broadcasting/on demand come YouTube, Deezer e Spotify. L'effetto della rivoluzione digitale è stato quello di aver allargato ancora di più il villaggio globale. La registrazione su “solchi” poteva pretendere un prezzo di ac- cesso e richiedeva uno spazio fisico di conservazione: gli impianti hi-fi arredano le case tanto quanto le tv. Sicché era raro che un collezionista di dischi possedesse più versioni, cioè più perfor- mance, delle stesse opere. Mentre con il digitale il prezzo e lo spazio fisico sono ostacoli superati: possiamo avere non solo la registrazione di The Head on the Door (1985) dei Cure in mp3, ma an- che tutti i bootleg dei concerti del 1985.

La tecnologia di ascolto non ha avuto un impatto solo nel modo in cui ascoltiamo le registrazioni, ma anche il modo in cui analizziamo la musica (e l'abbiamo visto con tutta la pletora di ragiona- menti ontologici) e il modo in cui la musica condiziona la nostra visione dell'arte.

Una conseguenza del villaggio globale, in cui gli strumenti di registrazione servono anche alla ri- produzione – come la cassetta, il lettore cd, il pc con i suoi mp3 in hard-disk –, è quella di aver reso “democratico” l'ascolto. Suonare musica è oggi un sinonimo di mettere su un disco: non serve né abilità né ricchezza. Questo fatto ha reso quotidiana e vernacolare l'esperienza musicale. Tant'è che la musica è diventata sottofondo nei supermercati o nei bar (Gioia 2007, 14), nei quali viene impiegata per selezionare i consumatori più adatti ai prodotti offerti e indirizzarli nell'acquisto (De- Nora 2000, 109 e segg.). La musica è un elemento della vita quotidiana che può essere dato per scontato. Molta musica sembra essere ascoltata e riprodotta in un contesto individualistico (Gracyk 1997, 147; DeNora 2000; Middleton 2001, 127 e segg.), pornografico (Ashby 2010), “distratto”

(Adorno e Horkheimer 1997; Benjamin 2000) e infine “decontestualizzato” (Fisher e Potter 1997; DeNora 2000; Middleton 2001, 138 e segg.; Davies 2007, 333 e segg.), in parte perché la tecnolo- gia ha reso disponibile la musica sempre e dovunque, in parte perché la parcellizzazione del lavoro e l'appello sociale a un piacere individuale, narcisistico e frammentato comportano l'esclusione del- l'ascolto come momento di incontro collettivo. L'mp3 e l'iPod hanno configurato la nostra espe- rienza musicale secondo criteri di facilità di accesso, casualità di riproduzione, decontestualizza- zione tra musiche di diversi generi e culture, portabilità; sono tecnologie che non sono nemmeno più protesi corporee, ma si innestano con gli auricolari direttamente nel nostro corpo biologico dentro il canale auditivo. Per Ashby (2010, 175) sono tecnologie che rappresentano “una rivoluzio- ne musicale più che uno sviluppo dei media”. Anche l'obiezione che muove Gracyk (1997, 148), che il pubblico degli mp3 non ha perso compattezza perché si scambia opinioni nei forum su inter- net, è fuori centro: su internet non ci si incontra, e l'esperienza non si fa assieme. Attali (1985, 100 e segg.) parla dell'ascolto musicale performativo come di un “sacrificio rituale”: con ciò Attali vuol argomentare che il sacrificio del proprio tempo vitale quotidiano per l'ascolto musicale è messo al sicuro grazie al disco, che uno può ascoltarsi quando vuole con chi vuole. Quindi

un'opera il cui autore forse non ascoltò più di una volta in vita sua (come il caso della Nona

Sinfonia di Beethoven e della maggior parte dei lavori di Mozart) diventa accessibile a una moltitudine di persone, e diventa ripetibile fuori dallo spettacolo delle sue performance. Ottiene disponibilità. Perde il suo carattere festivo e religioso in quanto simulacro di sacrificio. Cessa di essere un evento unico, eccezionale, ascoltato una sola volta da pochi. (Attali 1985, 100)

Davies (2007, 310) scrive che “un aspetto del godimento concesso dalla performance musicale è il senso della comunità che si genera tra i partecipanti, compreso il pubblico”. Mi pare giusto, ma quanto godimento è concesso dall'ascolto di musica registrata? La tesi che faccio mia è che la regi- strazione offre un godimento per lo più solitario e onanistico, e sempre meno oggi siamo portati ad ascoltare la musica in contesti sociali allargati, rituali, festosi, situazionali. Forse, lo dirò, l'improv- visazione serve anche a questo scopo di “resistenza”.

Il fonografo ha avuto un ruolo anche nel modificare la percezione della musica e dei musicisti. Ha cancellato quell'aura – per fare un paragone filosofico importante – di unicità e distanza che corre- va tra l'orchestra e l'ascoltatore (Sterritt 2000).

In seguito a una sorta di legge culturale della domanda e dell’offerta, il proliferare di qualsiasi forma d’arte sembra portare inevitabilmente alla sua svalutazione. Come la fotografia ha porta- to a una volgarizzazione dell’immagine visiva e la diffusione della stampa ha sminuito la digni- tà della parola scritta, il facile accesso a registrazioni musicali a basso costo ha portato a una

svalutazione sia dell’esecuzione musicale sia dell’esecutore. (Gioia 2007, 14)

La semplicità di ottenere una registrazione ha svalutato la forma d'arte al punto di aver abbassato la figura del musicista dal professionista, o dal passatempo del borghese, nel vicino di pianerottolo. Lo “Xerox Rock” (Middleton 2001, 130) – Xerox è la marca di fotocopiatori – significa che la spe- ranza di produrre musica, non solo in registrazione ma anche live, fa parte del nostro incontro quo- tidiano con la musica. Tutti noi vogliamo suonare. Quindi il giudizio di svalutazione non deve esse- re colto con una sfumatura soltanto critica: la registrazione ha sì svalutato per un verso, ma ha an- che accresciuto le conoscenze musicali delle persone comunemente non-informate. La registrazio- ne ha contribuito a formare presso di loro una coscienza pratica e pre-teoretica di come le cose fun- zionano nella musica, ad esempio una certa sensibilità verso la tonica o verso le scale blues. Ha dato literacy alle masse che normalmente non avrebbero potuto ascoltare la musica (Ashby 2010, 171-175; Middleton 2001, 131 e segg.) a causa del prezzo dei biglietti, teatri distanti, diversità di classe sociale, ecc. Un ascoltatore riesce benissimo a distinguere le caratteristiche essenziali di un pezzo ascoltandolo in registrazione, perché è immerso in una cultura che pre-codifica gli aspetti sa- lienti di una musica, a seconda dei generi, degli stili, dell'opera precedente del compositore, ecc.

Nel documento Che cos'è l'improvvisazione musicale? (pagine 154-157)

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