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Una lista aperta di criteri per individuare l'improvvisazione

Nel documento Che cos'è l'improvvisazione musicale? (pagine 52-55)

8 L'improvvisazione è una composizione

8.1 Una lista aperta di criteri per individuare l'improvvisazione

La domanda che pongo alla fine del capitolo precedente, non è una domanda ontologica. Non esige nemmeno una risposta intensionale. Invece vorrei capire come facciamo a sapere quando ci trovia- mo di fronte a una composizione in cui l'improvvisazione è centrale, piuttosto che a una composi-

onde sulla battigia, è una composizione. Avendo detto che è un uso più metaforico che letterale, penso basti per mettermi a riparo da possibili obiezioni circa l'importanza dell'agire umano per la vera e propria composizione mu- sicale.

zione occidentale che dà vita a un oggetto, l'opera.28 Chiaramente, è molto più facile sapere che tipo

di lavoro compositivo è stato fatto se sappiamo qualcosa della storia della composizione o se il con- testo culturale ci dà delle informazioni in più. In questo paragrafo però mi concentro, come molta filosofia, solo sull'oggetto in sé (vedi Cavell 1976, 181), ben avvertendo l'implicito riduzionismo di quest'operazione.

Dei buoni criteri per individuare l'improvvisazione mi sembrano essere quelli che ho già enunciato. Con questi criteri alla mano, non abbiamo una definizione del concetto di improvvisazione musica- le. Piuttosto abbiamo dei criteri qualche volta sufficienti, mai necessari, sempre utili per la ricezio- ne critica avente lo scopo di distinguere tra le diverse forme di composizione. I criteri sono: 1. i tempi e i metodi di produzione; 2. la catena causale che va dalla composizione all'esecuzione; 3. le intenzioni del musicista;29 4. il rapporto del musicista con la tradizione.30

La composizione in senso occidentale, diciamo pure “classica”, è una pratica che consiste nell'iscri- vere con caratteri notazionali i suoni – scrivere su spartito. Si compie al pianoforte, seduti a casa, in previsione di un'esecuzione. L'esecuzione “classica” ha caratteri sociali e estetici particolari. La composizione è valutata per ciò che lascia: un oggetto durevole per l'apprezzamento estetico, l'ana- lisi, l'interpretazione, lo scambio economico. In una parola, l'opera.31

Quindi essa è:

1. una fase in due tempi di produzione: composizione e esecuzione; 2. la composizione è la causa dell'esecuzione; 3. il compositore ha l'intenzione di produrre un oggetto per la contemplazione este- tica; l'esecutore ha il compito di veicolare fedelmente il modo in cui un individuo isolato, il compo- sitore, ha composto dei suoni; 4. la tradizione è influente, ingombrante, decisiva: l'oggetto mostra formalmente un rapporto dialettico con la tradizione – alcune possibilità sono che esso sia progres- sivo, all'avanguardia, in stile –, così come il compositore e l'esecutore cercano di compiere il loro mestiere in ossequio alla tradizione compositiva e alla tradizione performativa. Il rapporto degli ar- tisti con quelli della generazione dei loro padri si inserisce in una storia lineare, fatta di progresso e sviluppo.32

28 Un problema, che vedremo, è che anche nella composizione classica si sono spazi strettissimi di improvvisazione. 29 Musicista è più neutro rispetto a “compositore”, “performer”, “improvvisatore”.

30 Lo ribadisco: questa lista non è che un possibile modo di inquadrare la questione epistemologicamente, non ontolo- gicamente.

31 Dahlhaus (1979) dà 5 criteri per identificare una composizione in senso più pieno, come dice lui. L'opera è 1. un oggetto musicale individuale e chiuso in sé, 2. elaborato, 3. fissato per iscritto per 4. essere eseguito, 5. e quello che è elaborato e scritto costituisce la parte essenziale dell’oggetto estetico ascoltato dall’ascoltatore.

32 Posso intanto accennare, dal momento che è il cuore di questa tesi, al fatto che a seconda delle intenzioni e delle tra- dizioni, le diverse pratiche inquadrano anche diversi modi di strutturazione sociale. È evidentemente un fatto dipen- dente, talvolta anche determinante. Nell'improvvisazione, la pratica musicale delinea e risente di una relazione so- ciale basata su qualcosa di simile al rituale. Mentre nella composizione occidentale il compositore avrebbe poco da esigere se non ci fosse un contesto sociale pronto ad accogliere i suoi comandamenti. La struttura delle relazioni

Con questi criteri l'improvvisazione, invece, è individuata per essere un tipo di composizione che: 1. è immediatamente, cioè senza media che veicolano la comunicazione musicale (riferimenti diret- ti a spartiti, consegne del compositore, ecc.), una performance. Cioè è una performance-di-compo- sizione: è il farsi evento, e qualche volta, anche il farsi show (Bailey 2010, 64), dell'arte di compor- re i suoni. Il prodotto di questo processo può non essere – anche se di solito lo è – ontologicamente rilevante, poiché può non essere lì dove cade il focus di apprezzamento dell'arte, per il musicista, per il pubblico e per la critica (Brown 1996, 357). Il processo improvvisativo può invece (raramen- te) essere l'unico elemento rilevante per le convenzioni della pratica produttiva e la ricezione esteti- ca. Il processo di comporre un'improvvisazione richiede una lunga familiarità con il tipo di musica che o su cui si intende improvvisare, e con il proprio strumento musicale. Possiamo valutare l'asso- lo improvvisato alla fine dell'esecuzione pubblica, non solo in quanto processo ma anche come pro- dotto – i termini estetici impiegati dal primo lato sono quelli dinamici, come “sorprendente”, “noio- so”, “energico”, ecc., dall'altro sono quelli statici e formali come “riuscito”, “brillante”, “zeppo di errori”, ecc.; ovviamente ci sono differenze molto sottili e permeabili tra “processo” e “prodotto”. Ogni registrazione del processo su un supporto, come un disco o una trascrizione, non impongono né sufficientemente né necessariamente l'attenzione estetica su di sé. Il prodotto fisico dell'improv- visazione può essere valutato autonomamente dall'esecuzione pubblica – il jazz ha creato un merca- to di feticci discografici –, ma in qualche modo è contrastante con la performance improvvisata; 2. lascia spazio alle decisioni dell'improvvisatore, il quale non deve rispondere a pretese di autorità del compositore. Non ci sono istruzioni compositive tanto normative da essere una specie di mac- china di Turing: a ogni segno, un'azione. È vero che nemmeno nella musica classica la riproduzione più fedele delle opere, secondo ideali di Werktreue, è “digitale”. Ma la fedeltà nell'improvvisazione non risponde al principio dell'autorità testuale. Non c'è un antecedente metafisico o una causa iden- tificati con una scrittura su un supporto esterno alla coscienza del musicista o alla coscienza collet- tiva dei musicisti; anche se ci può essere benissimo uno spartito come “trampolino” per l'improvvi- sazione. In questo caso, le istruzioni scritte e esterne sono metafisicamente non-deterministe. L'im- provvisazione non è un modo performativo che sanzioni l'interpretazione, o la discrepanza, dalle istruzioni. L'improvvisazione, che è un insieme di modi performativi molto diversi e di gradi più o meno intensi, a seconda delle prassi, può essere anche il rifiuto di qualsiasi istruzione eteronoma; 3. è “intenzionata” direttamente alla resa performativa. Sia chiaro che non è assolutamente una que- stione di coincidenza temporale o causale tra composizione e performance, ma di coincidenza in-

tenzionale, o come scrive Goldoni (2013), una questione di “poetiche”.33 L'improvvisazione non

mira alla conservazione di sé in un oggetto. Pertanto l'improvvisazione intende consegnare all'at- tenzione estetica non un oggetto, ma il processo della sua propria costituzione. Allora, l'improvvi- sazione non è tanto la composizione nel momento della performance, perché potrebbe essere prepa- rata prima, quanto piuttosto la presa di decisioni compositive nel momento della performance – su questo slittamento, torno dopo.

4. tollera un rapporto “lasco” con ogni tradizione musicale, che pure è ritenuta significativa dal mu- sicista. Nell'improvvisazione la performance non è l'esecuzione di una composizione prescritta. In questo caso il rapporto con la tradizione sarebbe molto meno lasco; ma è sempre e comunque un problema di grado. La tradizione, e il contesto musicale vincolano il musicista, certamente. L'im- provvisatore impara dai maestri e dai propri compagni. La preparazione è meno conservativa, meno scritta, più fresca e personale e più sullo strumento. Lo stile e le convenzioni performative e im- provvisative sono influenti (vedi per esempio Csikszentmihályi e Rich 1997), ma non sono deter- ministiche: il musicista improvvisatore ha una certa capacità di negoziazione, di disubbidienza alle imposizioni contestuali-stilistiche-tradizionali.34

Nel documento Che cos'è l'improvvisazione musicale? (pagine 52-55)

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