• Non ci sono risultati.

Kania: il rock

Nel documento Che cos'è l'improvvisazione musicale? (pagine 126-128)

16 L'improvvisazione come opera d'arte (oggetto di apprezzamento) Ora, vorrei sviluppare la visione di Stephen Davies (2007) e Kania (2011) secondo cui l'opera è un

16.1 Kania: il rock

Nel jazz, abbiamo visto, Kania, come Stephen Davies, sostiene che non ci siano “opere”. Come ho scritto, ne sono convinto, perché per me il concetto di opera è una specie di ipostatizzazione di un certo modo di composizione che richiede fedeltà esecutiva assoluta. L'improvvisazione invece dà una ventata di libertà esecutiva nel jazz: la tradizione performativa identifica i propri tunes in modo tollerante e talvolta generico – spesso gli accordi, che sono la base su cui improvvisare e con cui costruire il giro armonico, sono indicati solo per la loro posizione scalare e la loro funzione di setti- ma maggiore, settima di dominante, minore settima e semidiminuita. Però questa tesi, per Kania, nega che nel jazz ci siano opere in un senso banale: in quanto opere d'arte di jazz valutate estetica- mente (Kania 2011, 397 e segg.).

Questa tesi negativa di Kania mi porta a proporre una mia tesi generale: nell'arte abbiamo il senso che l'opera deve avere una certa durata e un certo potenziale di ripetibilità: il type platonico. Ma questo senso non è naturale: è culturalmente e contestualmente costruito da una produzione artisti- ca musicale romantica. Chi l'ha detto che le cose devono stare così? Le opere d'arte infatti possono essere le cose più evanescenti e evenemenziali. L'improvvisazione per me può essere considerata una vera opera d'arte (non un'opera in senso classicista), in virtù del solo e semplice fatto che la valutiamo, ci piace, ci scalda il cuore, ci annoia, ci fa piangere, ci fa incontrare con gli amici in lo- cali della periferia, ci permette di suonare assieme, ecc.

Non vorrei che l'improvvisazione fosse un discrimine taciuto tra le ontologie, nella proposta di Ka- nia, completamente diverse: tra la classica, il rock e il jazz. Avrei molto da obiettare, in questo caso: perché l'improvvisazione esiste anche (banalizzando) come interpretativo/esornativo nella classica, nel momento solistico del rock e, chiaramente, nel jazz (ma non sempre). Apprezzo che Kania co- struisca modelli ontologici diversi per la musica classica (l'opera è il type, il token è la performan- ce), per la musica jazz (non c'è l'opera-type, né, senza il type, il token, ma solo la performance, Ka- nia 2011) e per il rock (la traccia registrata è l'opera-type, ma non ci sono performance-token, Kania 2006), ma mi preoccupa il fatto che la modellizzazione sia così rigida.

Dopo aver esaminato il caso del jazz, nel capitolo precedente, esamino ora quello del rock. Kania (2006) pensa che ci sia un processo produttivo (una “costruzione”) che giunga alla produzione di

un'opera concreta sottoforma di traccia registrata (“track”). L'opera, in quanto disco, è molto densa di proprietà. Ma nel disco sono registrate delle canzoni, le quali vengono istanziate nelle perfor- mance, che sono esteticamente e ontologicamente secondarie rispetto al disco (2006, 404). La tesi difesa da Kania è questa:

I musicisti rock primariamente costruiscono tracce (tracks). Queste sono opere ontologicacmen- te spesse, come le opere elettroniche classiche, e sono al centro del rock come forma d'arte. Tut- tavia queste tracce manifestano anche delle canzioni. Le canzoni rock, come le canzoni jazz, ma non come le canzoni classiche, tendono a essere molto snelle ontologicamente, concedendo al- terazioni nella strumentazione, testo, melodia e anche armonia. Ma mentre le canzoni rock, come le canzoni classiche, sono opere per la performance simpliciter, le canzoni rock non sono opere, né sono per essere istanziate in un particolare. Le tracce rock non sono tipi speciali di performance della canzone snella che manifestano, come direbbe [Stephen] Davies. Piuttosto, sono costruzioni di studio: opere spesse che manifestano canzoni sottili, senza essere perfor- mance di esse. (Kania 2006, 404)

Questa tesi è problematica a causa del concetto di performance: o accettiamo di parlare di perfor- mance come della sola performance live – la posizione di Kania – o accettiamo che la performance sia ogni possibile occorrenza dell'opera in cui è ravvisabile l'azione umana, comprese le tracce. La mia risposta è che, sotto certe condizioni, anche la traccia registrata è una performance, ma riman- do ai capitoli sulla performance e sulla registrazione. Nella tesi precedente vediamo che Kania defi- nisce la registrazione come una manifestazione; cosa vuol dire “manifestazione”?

Si potrebbe dire che un partitura classica manifesta l'opera di cui è. Chiunque lavora all'interno della tradizione classica può “decifrare” ogni elemento della struttura sonora dell'opera in parti- tura. In effetti, è spesso più facile estrarre l'opera da una manifestazione (manifestation) (ad esempio, una partitura) che da un'istanziazione (cioè, una performance). Anche un esperto in musica classica contemporanea potrebbe non essere in grado di dire, per esempio, quante e quali delle note che si sentono in una performance di un brano contemporaneo, sono determi- nanti dell'opera, piuttosto che il risultato di un obbligo previsto dalla partitura di improvvisare o impegnarsi in qualche procedura aleatoria. Ma questo sarà chiaro nella partitura. Tuttavia le partiture non sono istanziazioni autentiche di opere classiche, perché non sono performance. A mio parere, le tracce di rock hanno un rapporto di manifestazione con le canzoni rock. Chi è esperto nella tradizione può “decifrare” in una traccia la canzone che si manifesta in essa; ma la traccia non è quindi una performance della canzone. Diversamente nel caso classico, tuttavia, poiché la canzone rock è una struttura sonora, ma non per la performance, la traccia manifesta la canzone istanziandola, mentre la partitura del brano potrebbe manifestarla, ma non può istanziarla. (Kania 2006, 405)

Contesto a Kania di fare confusione tra istanziazioni, manifestazioni, performance. Ci sono troppe cose nella sua ontologia del rock. Io dico: le istanziazioni sono ogni istanziazione dell'opera, a pre- scindere dal medium – spartito, registrazione, performance, ecc. La performance invece è l'istanzia- zione eseguita dall'uomo; ma come esistono performance live, esistono anche performance regi- strate. Se uno mi rimproverasse che tracce e performance sono sonore, mentre le partiture sono scritte, risponderei: se uno sa leggere la partitura la decodifica in un suono (mentale o solfeggiato), così come per leggere una traccia ci vuole un lettore cd o mp3.

Inoltre, sostenendo che nel rock ci sono opere-tracce, ma non ci sono istanziazioni, poiché le per- formance istanziano non l'opera ma la canzone sottile, visto che di solito le performance variano molti aspetti del testo, del sound ecc. da come sono manifestati nella traccia (2006, 406-407), per me Kania compie un duplice passo falso. Il primo è che non è facile negare, come fa Kania, che la costruzione di una traccia sia più una performance che un processo di laboratorio. Infatti: come possiamo dire che quanto registrano i musicisti rock non sia la performance contestuale alla regi- strazione? Magari poi alcuni pezzi della performance sono ripresi con i software di editing, magari la post-produzione cambia il suono delle chitarre o della batteria, ma come facciamo a distinguere nettamente? Come facciamo a sapere come agiscono i musicisti e il tecnico del suono nel processo di registrazione? Non si può nemmeno sostenere, come fa Gracyk (2006, 1-98), che il rock sia la presentazione, attraverso la registrazione, di un'opera da parte degli stessi compositori. Spesso i compositori dell'opera sono persone diverse dai musicisti che registrano: possono essere autori, produttori, altri musicisti di rock e di altri generi.

Il secondo passo falso è che Kania o ammette che le decisioni improvvisate – “alterazioni nella strumentazione, testo, melodia e anche armonia” – nel corso della performance sono compositive, e quindi l'opera che ha dei multipli, cangianti, è la canzone, oppure ammette che il modo in cui si rende una performance live non è esteticamente rilevante per la tradizione rock: ma allora perché continuiamo ad andare ai concerti? Kania sembra preferire questa seconda ipotesi.

Ma l'obiezione più decisiva è che il contestualismo di Kania rischia di essere troppo rigido, assu- mendo un concetto di genere monolitico e valido per tutte le sub-tradizioni regionali.

Nel documento Che cos'è l'improvvisazione musicale? (pagine 126-128)

Documenti correlati