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Kivy e il platonismo hard

Nel documento Che cos'è l'improvvisazione musicale? (pagine 71-75)

10 L'ontologia type/token e il platonismo musicale

10.3 Kivy e il platonismo hard

Kivy è probabilmente il filosofo della musica che più di ogni altro ha conosciuto più favori dentro e fuori le accademie. Le sue tesi ardite, sorrette da una notevole capacità di scrittura, lo hanno fatto balzare agli onori delle cronache filosofiche e in cima alle classifiche dei libri di estetica più vendu- ti. Il platonismo di Kivy è un platonismo estremo (2007a e 2007b). La radicalità della sua visione platonista è scomponibile in tre tesi: 1. L'opera è un universale astratto scoperto, non creato, dal compositore; 2. Le performance sono occorrenze che stanno per l'opera non come sostitute, ma come esempi; 3. Il performer è moralmente tenuto a rispettare le consegne date dalla partitura. La prima tesi. Kivy risponde al cratability claim di Levinson: la composizione è una scoperta piut- tosto che un tipo di creazione o invenzione. Intanto, la creazione non è incompatibile con una sco- perta: ogni invenzione è in parte una scoperta – come l’invenzione dell’aeroplano comporta la sco- perta di alcune leggi di termodinamica – e la scoperta è in parte un’invenzione. L'esempio paradig- matico del creatore artistico, Mozart, per Kivy può essere altrettanto il paradigma di uno scopritore. Infatti Mozart è soprattutto valutato per l'originalità, per l'anticonformismo, per la personalità, per come risolve i problemi compositivi con soluzioni senza precedenti; ha ragione Kivy a dire che sono tutte qualità attribuibili anche a uno scopritore come Einstein.

Però la differenza tra creazione e scoperta è importante non solo per la valutazione, ma anche per l'ontologia. Levinson aveva stabilito che le opere musicali devono essere tali che non esistono pri- ma dell’attività del compositore ed esistono per tramite di questa attività. Invece secondo Kivy le opere musicali non vengono ad esistere ontologicamente grazie al compositore, ma vengono episte- mologicamente ad esistere tramite il compositore, il quale “accede” al regno degli eterni grazie al proprio genio. Kivy cita spesso Mozart anche perché nelle sue partiture manoscritte ci sono poche correzioni: segno, secondo lui, di intuizioni – “scoperte” – quasi divine.

Kivy prende in carico l'obiezione al processo creativo come scoperta (vedi anche il saggio “Platoni- sm in music: Another Defense” in Kivy 2003, 59-74). L'obiezione è questa: la nostra idea comune

di come si realizza il processo compositivo è totalmente differente dall’idea di composizione come scoperta; e inoltre è difficile pensare che un “oggetto” complesso e metafisicamente ingombrante come una sinfonia preesista alla sua composizione. Kivy risponde: anche una scoperta esige lavoro, prove, errori, creatività. Una scoperta si dispiega nel tempo, non è (quasi mai) un'intuizione fulmi- nea. Ma, dal punto di vista del senso comune, ci chiediamo: dove esiste l'universale prima della sua trascrizione su spartito? La risposta di Kivy è imbarazzante: esiste nella testa del compositore (Kivy 2007, 173), proprio come noi comuni mortali abbiamo spesso melodie o Ohrwurm in testa. Sicché la scrittura su spartito non è la “composizione” dell'opera; è invece la prima occorrenza non sonora dell'opera.

Questo punto è molto forte. In ciò Kivy si mostra in disaccordo con Wolterstorff. Secondo Kivy, Wolterstorff accetta una conseguenza che mette a repentaglio l’intera sua dottrina. Abbiamo visto che Wolterstorff considera le opere musicali come norm-kind, cioè kind che prescrivono la corret- tezza per le occorrenze, quindi ammettono occorrenze impropriamente o propriamente formate. La conseguenza di questa visione metafisica è che per Wolterstorff improvvisare non è comporre – al- meno il “primo” Wolterstorff.49 Per Wolterstorff l'improvvisazione non è composta, ma eseguita.

Per Levinson l'improvvisazione non dà opere, ma comunque è musica.

Kivy non è d’accordo, per lui improvvisare e comporre sono sinonimi.50 L'improvvisazione è un

tipo di composizione, che si verifica quando la composizione coincide con la sua prima esecuzione. Una specie di tesi come quella di Alperson, solo che Alperson aggiunge anche che è l'unica esecu- zione.

L’errore di Wolterstorff, secondo Kivy, sta nel considerare la partitura come una ricetta per l’esecu- zione musicale. Non è che sia del tutto sbagliato, le partiture possono essere considerate così. Però in quanto ricetta, dice Kivy, la partitura prescrive solo in una direzione: è solo l'esercizio di autorità del compositore sull'esecutore. Kivy ritiene che invece è del tutto normale che un musicista ben al- lenato riesca a trascrivere su partitura ciò che sente ad orecchio, senza avere avuto il comando del compositore. C’è anche l’altra direzione: la partitura è anche la scoperta di una struttura sonora. Se la scoperta avviene alla scrivania in sei mesi, o se avviene al pianoforte nella stessa sera, poco cam-

49 Ripeto quanto ho scritto sopra. Perché Wolterstorff insiste sul fatto che improvvisare non è comporre? Perché senza l’autorità di una partitura non possiamo distinguere, nell’improvvisazione, quali proprietà siano necessarie per una corretta, per una buona o per una pessima esecuzione.

50 L’esempio che porta Kivy è quello di Bach che improvvisa un ricercare a sei voci a partire da una melodia fornita dal re Federico il Grande (L'offerta musicale). Kivy sostiene l'idea che, durante l’improvvisazione di Bach, la musi- ca gli abitasse in testa, e che Bach non abbia fatto che tradurla sulla tastiera. Sono molto critico nei confronti di una tale idea di improvvisazione, che non tiene conto né della situazione contestuale, né della storia della musica e del materiale musicale, né dell'occasione di improvvisazione. È semplicemente un'idea romantica dell'improvvisatore individuale.

bia per Kivy. La composizione non è lo stabilire la correttezza dell'occorrenza dell'opera, ma è lo scoprire una struttura sonora eterna e perfetta. La partitura non è solo la normatività, è anche la de-

scrizione di una struttura sonora. Nei confronti della perfezione platonica dell'opera, Kivy sostiene che una partitura determina unicamente un’esecuzione corretta, sotto un dato insieme di convenzio- ni implicite per interpretarla. Unicamente va preso alla leggera: c'è solo una struttura sonora, ma di- versi modi di realizzarla. Tale struttura sonora, per Kivy, non coinvolge proprietà come quelle dei mezzi performativi, le quali secondo Levinson sono necessarie. Il platonismo robusto di Kivy non prevede che la struttura sonora si “sporchi” con elementi concreti come la strumentazione, che di- pende ovviamente dall'evoluzione tecnologica. La struttura sonora, per Kivy, è comunque preserva- ta, nel rispetto di altezze e durate (Kivy 1993, 83 e seguenti), a prescindere dal tipo di mezzo im- piegato per realizzarla (ad esempio, archi d'epoca, archi microfonati o un cd).

È un dato di fatto, fino a buona parte dell'era classica, che il concetto comune della musica stru- mentale era informato da solo quei tipi di attitudini “laissez-faire” verso la strumentazione. Se l'era della musica strumentale va dall'ultimo quarto del sedicesimo secolo al 1986, almeno la metà dell'era è chiaramente dominata da un completo ad libitum, un'attitudine non-essenzialista nei confronti di quali strumenti debbano usati per realizzare ciascun pezzo di musica. Se l'intui- zione è fondata nella pratica, e non consegnata dall'alto, allora metà della storia della musica strumentale notata incorpora l'intuizione che, pace Levinson, la strumentazione e i mezzi di produzione non sono una proprietà essenziale dell'opera musicale. (nel saggio “Orchestrating Platonism”, in Kivy 1993, 78)

Ora, mi sembra strano che per criticare l'aggiunta dei mezzi performativi Kivy adotti la strategia di andare a vedere nella pratica contestuale, nelle nostre “intuizioni” di senso comune. È un platoni- smo che deve ancora decidersi se essere speculativo o rispettare il principio di conformità alle in- tuizioni di senso comune. Questo per me è, come dirò sotto, un punto debole di tutto il programma platonista. Anche Levinson difende il creazionismo perché conforme al senso comune; mentre tutto il resto della sua proposta è energicamente speculativo. In altri punti Kivy specula contro il senso comune: quando ad esempio scrive che, in conformità con Goodman, solo altezza e durata sono ne- cessarie.

La seconda tesi di Kivy sostiene che ci siano affermazioni che si fanno sulle opere in cui le proprie- tà acusticamente percepite vengono predicate delle opere stesse, non delle esecuzioni. L'esecuzione non sostituisce il type; è metafisicamente una sua occorrenza.

L'unità delle Variazioni Goldberg, o la passione che si avverte nelle sinfonie Sturm und Drang di Haydn sono sicuramente proprietà di questi stessi lavori, siano o non siano proprietà di tutte (o di nessuna) delle loro esecuzioni. E presumibilmente, trattandosi di unità e passione musica-

li, sono proprietà udibili. (Kivy 2007, 154)

Questo vuol dire che, per Kivy, quando sento le Variazioni Goldberg, non sto ascoltando un'esecu- zione di quest'opera; sto ascoltando quest'opera. Il type allora non è solo la struttura sonora; è la struttura sonora provvista delle sue proprietà estetiche. Il che è contraddittorio: Platone ne prende- rebbe le distanze. Come si fa ad attribuire proprietà emotive o sensibili a un astratto? Posso dire che non sento alcuna passione in alcuna esecuzione delle sinfonie di Haydn? E nel caso in cui la senta, posso dire che il giudizio estetico è un predicato che io attribuisco per conto mio e non una proprie- tà dell'opera? Mi sembra che in questo caso siamo anche lontanissimi dai presupposti kantiani cui si dice continuatore Kivy. “Dunque stiamo dicendo qualcosa dell'opera (interpretata come un uni- versale o come un tipo): stiamo predicando la passione, anche se non stiamo dicendo che ha la pro- prietà acusticamente percepita dell'essere appassionata” (2007, 154). E allora che tipo di passione è? È l'idea platonica della passione che inerisce al type, in una partecipazione tra universali che non appartiene agli uomini?

L'analogia che fa Kivy non aiuta. È come quando si dice “il leone maschio ha la criniera”: al genere “leone maschio” non crescono veramente i peli. Ma obietterei: “avere la criniera” è una proprietà, diciamo così, predicata analogicamente, come dice Wolterstorff;51 il caso della “passione” sembra

dato da Kivy in modo diverso, poiché viene predicata non analogicamente, bensì analiticamente; e questo per me è fortemente problematico.52 C'è una confusione nella profilatura metafisica del type

proposta da Kivy. La ragione di questa confusione per me sta nell'aver proposto il type come un universale provvisto stranamente di alcune proprietà espressive o estetiche – forse recuperando la nozione di kind e la predicazione analogica da Wolterstorff le cose sarebbero filate più lisce.

3. Kivy dice che un performer ha l’obbligo morale di seguire ciò che è scritto in una composizione il più fedelmente possibile. (“Live performances and dead composers: On the ethics of musical in- terpretation”, in Kivy 1993, 105 e segg.). Altrimenti perché un compositore dovrebbe consegnare la struttura sonora che ha scoperto? E perché un esecutore dovrebbe eseguire proprio quella cosa lì come è scritta? Secondo Kivy si tratta di un caso analogo a quello del testamento: la partitura è una specie di testamento artistico lasciato dal compositore ai posteri.

Quindi cosa vuol dire, per Kivy: improvvisare su Beethoven è immorale? Forse Beethoven stesso sarebbe stato meno conservatore nella sua idea di musica di quanto lo sia Kivy. Le opere di Beetho- ven vengono rese nei modi più originali giorno dopo giorno. E nessuno, da che ne sappia io, è stato accusato di oscenità in luogo pubblico. Vedremo dopo con le critiche di Predelli a Kivy, e più oltre

51 Per una critica dell'analogia tra il type opera e i generi naturali, vedi Nussbaum 2003 e 2007, 143-188.

52 Vedremo sotto che è sbagliato postulare un contenuto emotivo o espressivo alla musica. In ciò sono d'accordo con le vecchie tesi di Hanslick.

con la nozione di “intenzione” del performer, se quanto Kivy suggerisce sia plausibile.

Nel documento Che cos'è l'improvvisazione musicale? (pagine 71-75)

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