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La performance improvvisata

Nel documento Che cos'è l'improvvisazione musicale? (pagine 142-145)

18 Che cos'è una performance?

18.1 La performance improvvisata

C'è da notare, seguendo Godlovitch, una gran differenza per una performance che si propone come conforme allo spirito della Werktreue e una performance che si propone come aggiornata, ad esem- pio con i sintetizzatori o con l'improvvisazione di forme. La differenza consiste sia nello statuto on- tologico della performance, che nei valori estetici in campo. Relativamente a questa tesi, non mi in- teressa tanto il caso in cui l'aggiornamento di una composizione viene fatto cambiandone le pro- prietà espressive del suono – tempo, dinamica, accento, timbro, ecc. – o cambiandone le proprietà strumentali – ammesso che anche questa decisione sia improvvisata, cioè presa contestualmente alla performance. Mi interessa invece la performance che tende alla libertà improvvisativa, come

può essere il free jazz o la free improvisation. È chiaro che, come scrive Godlovitch, tra performan- ce autentica e performance improvvisata le intenzioni in gioco sono diverse, e conseguentemente, sono spesso diversi i valori estetici in gioco (Hamilton 2000, 175; Sparti 2010, 72). Ma appare al- trettanto chiaro che è solo una questione di quantità, non di qualità. Non è possibile divorziare i due tipi di performance in modo netto (Scruton 2009, 111). Anche nella Werktreue cerchiamo un certo grado di autonomia e di “creatività”, cioè una certa interpretazione del “verbo” dato dalla scrittura notazionale. Edidin scrive: “nella misura in cui valutiamo la spontaneità nella performance di com- posizioni, stiamo pensando a queste performance come coinvolgenti un elemento improvvisato loro proprio” (1999, 26).

La performance e l'improvvisazione si somigliano perché “i suoni ai quali attende il pubblico sono sequenziati e coordinati dai performer umani in tempo reale, in presenza di un pubblico, per quel pubblico” (Gracyk 1997, 140).

Inoltre, la performance, di qualunque tipo, è sempre “un'attualizzazione delle competenze incorpo- rate” (Bonnerave 2010, 98). Infatti, così come la Werktreue non è immune dall'improvvisazione, anche l'improvvisazione non considera estranea l'autorità testuale – un concetto di testo molto lato, poiché coinvolge un'idea ossimorica di testo orale (Caporaletti 2005, 104 e segg.). In questo senso i termini estetici con cui giudichiamo una performance sono sempre gli stessi, sia essa improvvisa- ta, “autentica” o qualsiasi altra cosa stia in mezzo tra esse. Alperson elenca: “brillante, inventivo, noioso, derivativo, sottile, elegante, stanco, ecc.” (Alperson 1984, 27)

Sento però il bisogno di spiegarmi meglio. Anche se consideriamo una performance con criteri in- dipendenti dal suo modo di produzione, improvvisato o preparato, dobbiamo stare attenti a non de- durre indebitamente che la performance abbia (sempre) improvvisazione come suo momento musi- cale costitutivo. C'è una differenza tra l'improvvisazione e la performance, poiché la performance è intesa come la ripresentazione o la riproduzione di un qualche testo precedente (la sua interpreta- zione in senso stretto), mentre l'improvvisazione si affida alla presenza e al presente (un'interpreta- zione in senso lato, Brown 1996, 365; vedi Valone 1985 contra Alperson). Questo vuol dire che la performance è sicuramente un lavoro di preparazione, entro cui può abitare la sorpresa e l'inaspet- tato – l'improvviso. Di risvolto però vuol dire anche che l'improvvisazione può venire preparata prima (Benson 2003, 143; Hennion 2010, 143 e segg.). Non c'è conflittualità tra improvvisazione e performance sulla “preparazione”. Forse c'è però differenza su come ci si prepara.

Faccio tre ipotesi su come ci si prepara: l'ipotesi modale, l'ipotesi del vincolo, l'ipotesi del tempo. La prima ipotesi: Benson (2003, 154) spiega la questione della preparazione utilizzando termini modali: la performance si prepara secondo ciò che deve essere, cioè secondo necessità o normativi- tà. La performance deve essere così o così. Mentre l'improvvisazione si prepara secondo ciò che

può essere, cioè secondo possibilità (vedi anche Sparti 2010, 62 e segg.); e ciò che realmente sarà, in un'improvvisazione, non è decidibile a priori. La performance si prepara a casa, e accumulando le energie fisiche e cognitive per assicurarsi il buon esito. L'improvvisazione invece fa esercizi a casa per assicurarsi delle possibilità – apprendimento delle scale, degli arpeggi, dei giri armonici, delle formule, della teoria, dei pezzi, dei modi... – e si maturano degli stati cognitivi o stati d'animo – Lee Konitz (in Hamilton 2007b, 107; 111) diceva che si preparava stando rilassato e respirando per far venire le buone idee – e per avere la massima concentrazione nel momento produttivo. La preparazione è ugualmente tecnica e spirituale sia per i performer che per gli improvvisatori, ma in modi diversi. La differenza tra una performance e un'improvvisazione è questa: se chiedete a qual- cuno di raccontare una storia, costui potrebbe ripetere, o a memoria, o improvvisandone i dettagli una storia che conosce già. Se invece improvvisa, potrebbe non sapere dove lo porta la sua storia.

In musica, c'è una differenza significativa tra un'improvvisazione e una performance. Primo, nell'atto di improvvisazione non c'è in principio niente di eseguito (pre-scritto, pre-concepito e forme provate ripetutamente); nell'improvvisazione, il musicista è in qualche modo sopraffatto dal suo stesso suonare. (Coursil 2008, 62)

La seconda ipotesi dice che la riproduzione performativa ha delle possibilità vincolate a un certo materiale specifico, ben individuato, causalmente presente: l'opera. L'improvvisazione ha possibili- tà che non devono rendere conto della riproduzione di nessuna opera, e la causalità del materiale accumulato per l'espressione musicale è molto meno determinante (Benson 2003, 129). Questo non significa che l'improvvisazione non sia la riproduzione di un certo materiale: dei suoni di altri che abbiamo catturato, la nostra attitudine e pratica dello strumento, le istruzioni che impartiamo o che ci vengono impartite con altri mezzi dalla notazione per eseguire il pezzo. Tutto ciò contribuisce a riempire il bagaglio dell'improvvisatore con del materiale.

La terza ipotesi si ricava dal compositore Chris Dench (2007, 77-78) e dal musicologo Ed Sarath (1996): eseguire una performance di un'opera scritta in una partitura è un'operazione che si fa in una linea temporale vettoriale; mentre l'improvvisazione non ha un dispiegamento temporale vetto- riale, ma è un “viaggiare nel tempo”. Nel presente improvvisativo riaffiorano i ricordi musicali; nell'improvvisazione esprimiamo le speranze e i timori nei confronti del discorso musicale ancora da fare, e nei contronti della nostra esistenza.

Resta ancora una differenza da tracciare, quella con la musica aleatoria o stocastica, come quelle di Covell, di Cage103 e di Oliveros. Una performance di musica stocastica somiglia all'improvvisazio-

ne per tanti versi – la poetica in fondo è comune: prevedere e organizzare il caso, estendere il pote-

103 Il rapporto di Cage con l'improvvisazione è oggetto di riconsiderazione critica: il problema è che lo stesso Cage ha più volte cambiato opinione nel corso della sua carriera. Vedi Rivest (2001), Lewis (2004), Feisst (2009).

re degli eventi su di noi e acuire la comprensione della coscienza su di loro.104... La differenza è

però significativa: nella musica stocastica c'è un compositore che lascia spazio agli esecutori, abdi- cando al proprio trono, e prescrive, con previsione, l'imprevedibilità della performance. Nella per- formance aleatoria anche l'esecutore rinuncia alla propria responsabilità e al proprio volere. Sicché, non si può che supporre che la realizzazione performativa dipenda da forze sovrannaturali o poteri superiori, i quali di volta in volta nella storia della cultura sono state identificate con l'ispirazione, le Muse, il genio, ecc.105 L'improvvisazione d'altro canto chiama il performer alla propria missione,

dandogli in cambio la possibilità di venir riconosciuto, socialmente criticamente e economicamen- te, come l'autore della propria musica – il compositore, quindi. La divisione del lavoro produttivo, e conseguentemente anche la spartizione delle revenue sociali e artistiche, è presente nella musica aleatoria come in quella classica; l'improvvisazione, vedremo, serve anche a contestare la presunta naturalezza di questa divisione delle forze produttive musicali.

Nel documento Che cos'è l'improvvisazione musicale? (pagine 142-145)

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