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Dall’osservazione alla scrittura

4. La ricerca

4.6 Dall’osservazione alla scrittura

Durante la ricerca sul campo l’adattamento ai tempi e agli spazi del servizio, la messa a punto di tecniche ad hoc per raccogliere appunti e permanere sul campo senza intralciare assistenti sociali, altri professionisti ed utenti non è stato né automatico, né scontato. Il ritmo che contraddistingue il lavoro quotidiano, l’eterogeneità di eventi che l’assistente sociale si trova a fronteggiare, hanno contrassegnato anche il lavoro etnografico. In questo senso l’etnografia è un modo di avvicinarsi a fenomeni e alle pratiche sociali, dove spetta al ricercatore individuare in ogni situazione la tecnica da utilizzare e il modo corretto di stare sul campo per poi ricomporne il quadro (Bruni, Fasol, Gherardi, 2007). D’accordo con Bruni (2003), anche la stesura del resoconto etnografico non solo situa il ricercatore all’interno dei contesti d’azione osservati, ma costituisce delle vere e proprie unità di azione/interazione, sulle quali potersi soffermare in sede di analisi e di riflessione teorica.

La raccolta delle note etnografiche ha seguito i principi metodologici dell’antropologo Spradley (1979, in Gobo, 1999, 2001) e riassumibili nell’identificazione del linguaggio di coloro che parlano (primo principio) e nella registrazione precisa di ciò che essi dicono (secondo principio). Si è quindi cercato il più possibile nella stesura delle note di campo di riportare fedelmente le parole utilizzate dai soggetti osservati e di utilizzare un linguaggio “concreto” nel descrivere le azioni-base (terzo principio) 125. Oltre alle note di campo, peraltro molto dense e numerose, la stesura del diario di ricerca ha accompagnato l’attività etnografica durante tutto il periodo di permanenza sul campo126. L’accrescimento continuo del materiale, il senso di smarrimento provato di fronte all’enorme quantità di note raccolte, mi ha portato, fin da subito, a sentire la necessità di sistemare gli appunti. Lo sforzo di mantenere in ordine il materiale si è rilevato

125 In questo senso l’allontanamento dal servizio sociale in cui precedentemente prestavo l’attività lavorativa, durante l’esperienza del Dottorato si è rivelato molto utile, perché mi ha facilitato nel prendere le distanze dall’utilizzo di un linguaggio che altrimenti avrei dato per scontato.

spesso vano, ma anche proficuo: ogni tentativo di ri-ordinare quanto scritto portava, infatti, alcune volte, alla crescita dello stato di ansia sia per l’enorme quantità di appunti presi sia per le difficoltà incontrate nella sistematizzazione; altre volte, facilitava l’emergere di collegamenti tra le osservazioni effettuate. Il fissare nella mente avvenimenti e riflessioni sugli stessi ha poi permesso l’emergere di categorie non contemplate a priori, alcune delle quali sono state abbandonate durante il lavoro, altre invece si sono sviluppate, durante l’analisi, con maggior chiarezza.

La scrittura, sia per il riordino degli appunti presi, sia per la stesura dei capitoli di analisi dei dati della ricerca, è stata occasione per una riflessione di carattere meta-etnografico in quanto scrivendo si è continuato a rileggere, analizzare i dati (Tota, 2001:183) e a trovare i collegamenti. Questo ha portato a numerose revisioni del testo finale, esito di continue integrazioni e correzioni, tanto che la costruzione di tale testo si è rilevata un’operazione faticosa e problematica, che ha richiesto anche scelte impegnative (Marzano, 2006). Si è infatti scelto di ricondurre il materiale raccolto alle fasi di lavoro che contraddistinguono il processo di aiuto realizzato dall’assistente sociale che, per la circolarità e dinamicità che lo caratterizza (De Robertis, 1986), non è stato semplice ricostruire a posteriori.

La parte relativa all’analisi dei dati, che compone la terza parte della ricerca, è quindi scritta come un racconto etnografico corredato sia da situazioni osservate sia da stralci di interviste effettuate. Tutti i nomi propri utilizzati sono frutto di fantasia, per garantire l’anonimato ai soggetti coinvolti. Spesso, ci si è riferiti al ruolo rivestito dalle persone coinvolte nell’interazione e si parla di un generico assistente sociale, ausiliario socio-assistenziale, impiegato, utente e così via.

Per sottolineare le specificità che contraddistinguono ognuno dei due casi oggetti di studio, si è scelto di presentarli separatamente e di dedicare al confronto un successivo capitolo. Si ritiene, infatti, che ciascuna delle due realtà studiate sia dotata di caratteristiche particolari che, se da un lato non rendono generalizzabile la ricerca, dall’altro lato delineano le peculiarità e il valore in termini qualitativi dello studio effettuato.

PARTE TERZA

Premessa

Oggetto di questa parte è la presentazione dei casi di studio. Nei primi due capitoli si approfondisce il lavoro svolto dall’assistente sociale in ciascuno dei due contesti lavorativi di cui si presentano le caratteristiche territoriali e organizzative descrivendo lo sviluppo della pratica di presa in carico e evidenziando sia i punti di forza sia le criticità. Nell’analisi si pone particolare attenzione al processo di aiuto alla persona, aspetto che connota la professionalità dell’assistente sociale, che viene suddiviso nelle fasi che lo compongono. Nonostante tali fasi siano definite in modi eterogenei dai diversi autori (De Robertis, 1981, 1985, 1986; Dal Pra Ponticelli, 1987, 2005; Lerma, 1992)127, ai fini di una chiarezza espositiva, si è scelto di presentare i risultati raggruppandole, così come descritte da De Robertis (1981, 1985, 1986), in due macrofasi dove, nella prima, attenendosi alla distinzione effettuata da Dal Pra Ponticelli (1987, 2005) e recepita da altri teorici di servizio sociale (Campanini, 2008a), sono compresi gli aspetti conoscitivo/descrittivi e valutativo/decisionali, mentre nella seconda, le fasi di attuazione e conclusione del processo di aiuto all’utente128 .L'analisi di entrambe le macrofasi viene effettuata dando particolare rilievo agli strumenti professionali utilizzati (Bartolomei, Passera, 2005) 129. Emergono così: gli attori con i quali l’assistente sociale interagisce, gli strumenti utilizzati, i luoghi in cui avvengono tali interazioni e i processi che le caratterizzano. Si pone, inoltre, particolare attenzione alle dinamiche tra gli attori e alle strategie utilizzate per aggirare le norme al fine di delineare le declinazioni operative che la pratica lavorativa assume nei due casi di studio. Nell’ultimo capitolo, infine, viene effettuato un confronto tra i due casi analizzati rilevando similitudini, peculiarità, potenzialità e criticità della partica di presa in carico del caso.

127 De Robertis (1981 trad.it 1986) parla di: domanda o problema sociale, analisi della situazione, valutazione preliminare e operativa, realizzazione della strategia di intervento, valutazione dei risultati, conclusione. Dal Pra Ponticelli (1987) descrive le fasi del processo di aiuto suddividendole in: individuazione o riconoscimento del problema, raccolta delle informazioni per una prima analisi della situazione, valutazione della situazione, elaborazione del progetto di intervento e contratto, attuazione del piano, valutazione del processo di aiuto e dei risultati ottenuti, conclusione; infine, Lerma (1992) le articola in: ascolto della domanda, valutazione della situazione, progettazione dell’intervento, attivazione dell’intervento, conclusione.

128 Con il termine macrofase intendo un raggruppamento di più fasi come di seguito esplicitato nel testo.

129 Per strumenti professionali dell’assistente sociale ci si riferisce alla classificazione effettuata da Bartolomei, Passera (2005:173) che comprende il colloquio, la visita domiciliare, il contratto, le riunioni