• Non ci sono risultati.

4. La ricerca

4.3 Il disegno della ricerca

Per comprendere come si costruisce la pratica lavorativa dell’assistente sociale si sono analizzati, prima separatamente e poi tramite comparazione, due casi relativi a due servizi sociali di base rivolti alla popolazione anziana.

Una prima motivazione sulla scelta di effettuare lo studio nella Regione Lombardia attiene a una considerazione a livello politico-legislativo. Infatti, con la legge quadro dei servizi sociali e la successiva modifica del Titolo V della Costituzione che ha trasferito la competenza in materia assistenziale a livello regionale, la Regione Lombardia si è distinta per l’attivazione di politiche improntate alla managerializzazione dei servizi110. Il modello manageriale propone l’applicazione di modelli organizzativi, tratti dal mondo della produzione e delle aziende, dapprima ai servizi sanitari e, successivamente, ai servizi sociali come soluzioni per il malfunzionamento e la riduzione di sprechi. La sua diffusione si collega con l’ideologia neoliberista che porta in sé la convinzione che i meccanismi di mercato possano produrre un miglioramento sostanziale alla qualità delle prestazioni in campo sociale. Tali politiche pongono l’enfasi da un lato, sulla libertà di scelta delle persone che si rivolgono ai servizi, dall’altro lato, sull’assunzione di un nuovo ruolo della figura professionale dell’assistente sociale. Si tende, quindi, non solo a dare per scontato la capacità di scelta degli utenti nella complessa realtà dei servizi alla persona, ma anche a stimolare l’assunzione, nella figura professionale dell’assistente sociale, del ruolo di

case manager, enfatizzando le competenze manageriali nella gestione dei casi111. Ciò avviene, prevalentemente, attivando servizi assistenziali anche complessi tramite l’erogazione di prestazioni da parte di providers esterni, con l’attenzione a non superare

budget di spesa stabiliti a priori (Bortoli, 2005). Gli studiosi che si sono occupati di

110 Ci si riferisce rispettivamente alle Leggi n. 328 del 2000 “Legge quadro per la realizzazione del

sistema integrato di interventi e servizi sociali” e Legge costituzionale n.3 del 2001 “Modifiche al Titolo

V della seconda parte della Costituzione”.

111 Ampio è il dibattito a livello nazionale e internazionale sul tema: accanto ad esperti che sostengono che il cambiamento sia positivo per il servizio sociale ve ne sono altri che hanno addirittura dichiarato la fine del servizio sociale. Per una disamina sul tema della cultura managerialista nel servizio sociale

questo tema (Dal Pra Ponticelli, 2006; Fargion, 2009a) ritengono che la richiesta di cambiamento del ruolo professionale degli assistenti sociali sia rischiosa perché, come avvenuto in altri Paesi, potrebbe condurre a un aumento di tempo lavoro dedicato alle rendicontazioni e alle procedure. In altri termini, tale impostazione del lavoro potrebbe portare a un aumento notevole del lavoro amministrativo a scapito di quello a diretto contatto con l’utenza, che ha fin dal origini del servizio sociale caratterizzato l’agire professionale. In base a queste considerazioni la Regione Lombardia appare, quindi, nella realtà italiana dei servizi sociali, un ambito privilegiato per studiare la professionalità a partire dalla pratica lavorativa.

Una seconda motivazione è legata alla scelta del servizio sociale di base come ambito privilegiato di studio. Si rileva infatti, come emerge anche da recenti ricerche (Gui, 2001:57; Facchini, 2010: 160), che gli assistenti sociali in Italia trovano prevalentemente collocazione lavorativa nei comuni o nei consorzi di comuni. Inoltre, studi effettuati nell’ambito disciplinare del servizio sociale, tra cui uno studio islandese (Juliusdottir, 2007), rilevano che nei servizi sociali municipali viene attribuita maggior rilevanza alle pratiche lavorative sul campo a scapito dell’interesse teorico di quanto avviene nei servizi sociali specialistici, dove gli assistenti sociali fanno maggiormente ricorso alla possibilità di approfondimento di contenuti teorici propri del loro ambito lavorativo. Tali studi trovano conferma anche nel servizio sociale svedese (Dellgran e Höjer, 2003) dove alcune ricerche dimostrano che i servizi sociali municipali offrono una qualità più bassa se vengono comparati con la qualità offerta in servizi specialistici. In base a queste considerazioni si è, quindi, ritenuto opportuno individuare due servizi sociali di base, situati in contesti di diverse dimensioni e di differente complessità, che come ha rilevato Facchini (2010) in un recente studio, sono variabili significative nello svolgimento del lavoro dell’assistente sociale 112. Si è così scelto di focalizzare la ricerca su due servizi sociali di base collocati in due Comuni della Regione Lombardia e di focalizzare l’osservazione in un’area specifica di intervento, individuata nell’area anziani.

Una prima ragione della scelta relativa all’area di intervento è relativa al fatto che il tema dell’assistenza agli anziani si pone oggi in modo del tutto rilevante nell’ambito del sistema socio-assistenziale (Gori, 2006). Il mutamento demografico in corso,

112 Nell’ultima ricerca svolta in Italia sulla professione degli assistenti sociali emerge che le condizioni di lavoro degli assistenti sociali mutano a seconda dei contesti in particolare scrive Facchini “a vivere

condizioni complessivamente più critiche sono quanti lavorano nei centri di maggiori dimensioni e nelle organizzazioni più complesse, mentre quanti lavorano in comuni di piccole dimensioni e in

caratterizzato dall’intreccio di almeno due fenomeni, la denatalità da un lato e l’aumento di speranza di vita dall’altro lato, ha infatti comportato un progressivo aumento della popolazione anziana e, in particolare, di quella molto anziana (Facchini, 2003). Attualmente le persone con oltre 65 anni costituiscono circa il 18% della popolazione europea, ma nel 2030 si stima saranno quasi un quarto (Gori e Pesaresi, 2005). In Italia, tale tendenza è ulteriormente accentuata: i soggetti sopra i 65 anni sono quasi il 20% e quelli con oltre 80 anni quasi il 5%, ma le proiezioni al 2030 prevedono valori pari rispettivamente a quasi il 30% e a quasi il 10%. Si tratta, quindi, di un trend in forte crescita; non solo: dato che ad aumentare saranno soprattutto i grandi anziani, sopra i 75 e ancor più sopra gli 85 anni, rilevanti saranno le conseguenze sulla richiesta di servizi sia di tipo sanitario che di tipo assistenziale. In questo quadro, l’assistenza agli anziani riguarderà una parte rilevante e significativa del lavoro nei servizi per gli assistenti sociali. Occorre inoltre rilevare che, data la considerevole numerosità dei soggetti ultrasessantacinquenni, già al momento attuale, il 30% degli assistenti sociali che termina il percorso di studi, trova lavoro in servizi che si occupano dell’assistenza alle persone anziane (Facchini, 2010).

Una seconda ragione attiene al fatto che la significatività di quest’area non sta solo nella rilevanza a livello quantitativo dell’utenza potenziale dei servizi e conseguentemente del numero di assistenti sociali che vi lavorano, ma anche nel fatto che si colloca prevalentemente nel servizio sociale di base, ossia in quei servizi connotati da “un’azione professionale di carattere polivalente” (Tassinari, 2005:601) e che per questo si differenziano dai servizi denominati specialistici (o di secondo livello)113. Si tratta, quindi, di servizi che come precedentemente affermato, danno maggior rilevanza allo svolgimento pratico del lavoro sociale a scapito dell’approfondimento teorico. Ciò significa che se si confronta l’area di lavoro degli assistenti sociali che si occupano di anziani con altri ambiti di intervento quali, ad esempio, il lavoro nel settore della tutela minorile, dove si sono sviluppati filoni di studi specifici inerenti alla complessità degli interventi messi in atto (Malacrea, Vassalli, 1990; Cirillo, Cipolloni, 1994; Ghezzi, Vadilonga, 1996), si può notare che il lavoro dell’assistente sociale nel servizio anziani non ha riscosso un interesse specifico a livello teorico in Italia, ma ha

113 Tassinari definisce il servizio sociale di base come “l’azione professionale di carattere polivalente

rivolta a tutta la popolazione di un territorio definito: azione connotata dalla multidimensionalità dell’intervento (persona, organizzazione, territorio), dall’unitarietà metodologica, dall’integrazione socio-sanitaria, dall’interdisciplinarietà, che modella le sue funzioni sulle esigenze del territorio specifico e sviluppa le proprie competenze in un rapporto di fiducia e attraverso processi di attivazione

visto maggiormente interessate altre figure professionali: in campo medico, geriatri (Lucchetti et al., 2007) e in campo assistenziale gli ausiliari socio-assistenziali o operatori socio-sanitari (Longoni, Perucci, 1997; Perucci, 2006).

Studiare la professionalità dell’assistente sociale nell’area anziani significa, quindi, porre attenzione a come viene costruito l’agire professionale in un ambito di lavoro che è stato ben poco oggetto di studio, ma che può porsi come interessante da un lato, per il gran numero di assistenti sociali che impegna e che occuperà sempre più nel tempo e dall’altro lato, per i pochi studi specifici che connotano, in questo ambito, il lavoro dell’assistente sociale.

I due casi di studio sono stati individuati in due uffici di servizio sociale per anziani l’uno appartenente a un comune di 120.000 abitanti e l’altro facente parte di un comune di 27.000 abitanti di due città entrambe appartenenti all’hinterland milanese. In entrambi i comuni, l’ambito di intervento a favore delle persone anziane costituisce uno specifico settore di lavoro per gli assistenti sociali con una principale differenza: nella città con maggiori dimensioni territoriali l’ufficio anziani è formato da un ufficio a se stante, appartenente a un tassello della complessa rete degli uffici di servizio sociale sia tecnici che amministrativi di una struttura organizzativa apicale con più livelli gerarchici di riferimento; mentre nel comune di minori dimensioni territoriali l’area di intervento relativa alle persone anziane appartiene, come tutti gli altri ambiti di intervento, a un unico ufficio di servizio sociale che assolve le competenze e le funzioni del servizio sociale comunale afferenti sia all’area specificatamente tecnica che amministrativa.

Tabella 1 - Criteri di scelta dei casi oggetto di studio Uffici di servizio sociale comunale in Regione Lombardia Ampiezza territoriale Dimensione della città per n.

di abitanti

Contesto organizzativo Servizi sociali nell’Ente

comunale Numero AS in servizio presso Ente Numero AS area anziani Comune A 120.000

- 5 uffici di servizio sociale dislocati in differenti luoghi della città ognuno con 6 assistenti sociali e responsabili -uffici amministrativi - responsabili di aree - dirigente 35 6 Comune B 27.000

1 ufficio di servizio sociale: - 3 assistenti sociali - 4 impiegati - 1 responsabile

4 1

In entrambi i casi gli uffici di servizio sociale comunale sono collocati in sedi decentrate rispetto al palazzo comunale e in aree periferiche della città, in edifici di proprietà comunale in cui vengono svolte anche attività di carattere sanitario. Tale dato non è irrilevante e può essere interpretato come uno dei modi in cui si è cercato di rendere concreta l’integrazione socio-sanitaria.