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Parte 1 MEMORIA, OBLIO E TRAUMA

3. Ricostruzione storica e rievocazione memoriale

3.3 Uso politico del patrimonio storico e memoriale

3.3.2 Il documento e l'archivio

L'altro aspetto che qui vorrei analizzare, attraverso cui il potere politico esercita un controllo sulla rappresentazione e conservazione del passato, è la forma dell'archivio, a partire dalla distinzione proposta da Le Goff158 tra monumento e documento.

Dal latino documentum, la parola documento deriva da docere, "insegnare". A partire dal XIX secolo il termine comincia ad essere associato alla ricerca storica, fino ad assumere il significato di testimonianza, prova scritta e fondamento del processo di verificabilità e obiettività dei fatti. Nella ricostruzione storica che Le Goff fa del termine documento sottolinea come nella storiografia istituzionale di tutti i paesi europei, a partire dall'800, si assista a una netta predominanza del documento sul monumento, nel rapporto con il passato. Con l'avvento della scuola positivista il documento trionfa, assumendo sempre più il significato di testo, si afferma così il principio che alla base del mestiere di storico ci debba essere la consultazione dei documenti scritti, anche a costo di non riconoscere l'esistenza di fatti che non siano stati registrati o scritti. Sono soprattutto gli autori della rivista "Annales", negli anni '20 del '900, a portare un allargamento del concetto di documento, soprattutto in mancanza di prove scritte, spingendo a considerare utili per la ricerca storica tutte le forme attraverso cui l'uomo si esprime. Questo allargamento ha poi portato, negli anni '60, a una vera e propria rivoluzione documentaria, quantitativa e qualitativa, con un maggiore

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interesse da parte degli storici per temi della memoria collettiva e le vicende della gente comune. Tale rivoluzione ha condotto a un nuovo modo di concepire il materiale storico, non come una serie di documenti scritti, ma come un corpus di dati eterogenei che include anche elementi del patrimonio culturale e memoriale. Si è inoltre sviluppato un nuovo atteggiamento critico nei confronti del documento quale prova di veridicità storica assoluta dei fatti. Questo passaggio è interessante per il nostro percorso perché permette di cogliere il momento in cui nella storiografia contemporanea si è compreso che non esiste un documento oggettivo, innocuo e immune dal proprio tempo.

Come rileva Le Goff, con la rivoluzione documentaria si è portato al centro della ricerca storica la critica del documento in qualità di monumento e il suo utilizzo da parte del potere. Crolla l'idea positivista della neutralità e autenticità a priori del documento, considerato invece un prodotto del proprio tempo, risultato dei rapporti di forze che detenevano il potere nella società dell'epoca. «Solo l'analisi del documento in quanto documento consente alla memoria collettiva di recuperarlo e allo storico di usarlo scientificamente, cioè con piena conoscenza di causa»159. Il documento è monumento perché, come l'artefatto sul suolo pubblico, rappresenta il frutto delle dinamiche con cui le diverse società hanno costruito una data immagine di sé da consegnare al futuro. Ogni documento, come il monumento, è vero e falso allo stesso tempo, figlio della propria epoca, ha un'apparenza costruita che lo storico deve analizzare per comprendere i meccanismi dell'epoca che hanno portato alla sua realizzazione.

La critica al documento è il punto di partenza che vorrei proporre per la comprensione di luoghi delegati alla conservazione del patrimonio culturale e ammantati di un'aura di oggettività come l'archivio.

Jacques Derrida, all'inizio del saggio Mal d'archivio, precisa come, già partendo dall'etimologia sia possibile comprendere il duplice aspetto di questa forma di magazzino memoriale: "archivio" contiene in greco la parola arché, che significa "inizio", ma anche "comando", "autorità", quindi nel cuore della parola è contenuto un doppio significato, il luogo da cui le cose cominciano e contemporaneamente il luogo dove l'autorità esercita il potere sociale. Il primo significato di "archivio" viene dal greco archeion, la residenza degli arconti, i magistrati supremi che detenevano il potere politico e presso la loro casa venivano depositati i testi della legge160. Ecco che già dall'origine della parola è possibile comprendere come il senso primo dell'archivio racchiuda due elementi giunti fino ai nostri tempi, la conservazione di documenti e l'espressione del potere politico. L'archivio era quindi legato a funzioni amministrative, ad atti pubblici e soprattutto alla conservazione in forma scritta dei documenti fondativi e prescrittivi di una società, che ha come logica fondante l'adozione di sistemi di registrazione, come la scrittura. La prima funzione dell'archivio è legata alla memoria, non storica, ma del potere. Derrida vede l'archivio come

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Ivi, p. 452 160

un'istituzione politica che conserva la legge e il diritto stesso che l'autorizza. La politica che nasce dall'archivio non è una questione tra tante, ma determina interamente la res publica, infatti non esiste alcun «potere politico senza controllo dell'archivio, se non della memoria. La democratizzazione effettiva si misura sempre con questo criterio essenziale: la partecipazione e l'accesso all'archivio, alla sua costituzione e alla sua interpretazione»161.

Controllare gli archivi significa controllare la memoria. Dopo la rivoluzione francese, e la rottura con un sistema normativo feudale, l'archivio come istituzione politica perde il suo valore giuridico e diventa fonte per gli studi di storia, ma rimane un importante veicolo di trasmissione del patrimonio culturale e dell'immagine del passato di una società.

Aleida Assmann vede l'archivio quale «magazzino del sapere collettivo»162, e come tale vi riconosce tre funzioni importanti: selezione, conservazione, accessibilità; in particolare selezione e accessibilità sono i concetti chiave ai fini del nostro discorso. Prima dell'800 le attività fondamentali degli archivi erano la raccolta e la conservazione di dati, successivamente anche lo smaltimento e la selezione del materiale sono diventati questioni centrali. Ciò che fa emergere i criteri di selezione è la necessità di "cassazione" del materiale ritenuto superfluo: ogni epoca ha i propri criteri di selezione che possono anche non essere condivisi dalle generazioni successive, quindi ogni generazione deve confrontarsi non solo con la conservazione del proprio patrimonio culturale, ma soprattutto con le mancanze, le precedenti cassazioni di documenti e informazioni che non dipendono da fattori bellici o ambientali, ma da giudizio umano. Foucault163 definisce l'archivio non come la somma dei testi di una determinata cultura o le istituzioni incaricate di conservare i discorsi che ne hanno costituito la tradizione, ma la legge che stabilisce ciò che può essere conservato, quindi ricordato. L'archivio rappresenta anche la legge che stabilisce come queste informazioni debbano essere presentate, che si manifestino in regolarità specifiche, che alcune appaiano più vivide di altre anche se più lontane nel tempo. L'archivio definisce il sistema di enunciabilità degli eventi e ne stabilisce l'attualità, la rappresentazione.

L'archivio si esprime come forma di potere su memoria e storia di una società anche attraverso la sua accessibilità. La dimensione democratica o dittatoriale di una società è misurabile dall'apertura degli archivi o dalla segretezza cui sono sottoposti. Esso rappresenta la memoria di uno stato, infatti dove non esiste un archivio o dove venga distrutto, non esiste un'ufficialità nella dimensione della res publica e non è possibile sottoporre la società e il suo governo al giudizio critico. Interessante a riguardo il confronto di Aleida Assmann164 tra i regimi totalitari, che smantellano la memoria-archivio in favore di una memoria funzionale, molto più limitata nel tempo e circostanziata, con le società democratiche, che tendono a espandere la memoria-archivio

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Ivi, p. 14 162

Aleida Assmann, Ricordare. Forme e mutamenti della memoria culturale, Bologna, Il Mulino, 2002, p. 382 163

Michel Foucault, L'archeologia del sapere. Una metodologia per la storia della cultura, Milano, BUR, 2013, Kindle e-book

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sfavorendo quella funzionale. Sono entrambe forme dell'esercizio di un potere sulla trasmissione del patrimonio culturale e memoriale. È utile quindi considerare l'archivio, come il museo, a metà strada tra questi due estremi e tenere presente che i contenuti della memoria funzionale di un'epoca possono sempre diventare patrimonio nella memoria-archivio di un'altra, da documenti di uso quotidiano dello stato a fonti storiche, oggi ne è un esempio lo studio di alcuni regimi filosovietici grazie all'apertura degli archivi statali dell'epoca. Da contenuto della memoria funzionale a patrimonio della memoria-archivio, i testi della storia hanno sempre il potenziale di diventare eredità per la memoria culturale delle generazioni successive.