• Non ci sono risultati.

Parte 1 MEMORIA, OBLIO E TRAUMA

6. Trauma e memoria

6.1 Il trauma non è una semplice memoria

Il trauma è uno dei temi legati alla memoria che maggiormente sfugge a nette definizioni. In senso medico è possibile rilevare un trauma fisico, ma quando ci si sposta in ambito psichico o culturale, il concetto diventa difficilmente individuabile, e questo per il fatto che il trauma non indica un episodio o un'azione negativa, ma le sue conseguenze sulla mente e sulla persona. Il trauma non è visibile, ma se ne possono riconoscere solo le manifestazioni attraverso cui emerge. Il trauma psichico infatti si manifesta quando un'esperienza estrema di violenza lascia nella psiche un segno tale da non poter essere rielaborato in maniera adeguata e per questo si traduce in disturbi sintomatici (come la sindrome psicotraumatica o il disturbo post traumatico da stress). Nel suo rapporto con la memoria, il trauma diventa uno stato che blocca la mente tra ricordo e oblio: si tratta di un fatto che non può essere dimenticato, perché la persona non riesce a rielaborarlo, e allo stesso tempo non può essere ricordato, data l'intensità emotiva insopportabile che accompagna il ricordo, quindi riemerge sotto forma di sintomi somatici. Come già accennato nel capitolo dedicato all'oblio e alle diverse forme di amnesia, nell'evento traumatico la mente è sottoposta a una sovrastimolazione che influisce sul processo di immagazzinamento, al punto tale da perdere numerose informazioni. Si produce così una lacuna mnestica, che è il risultato di una dissociazione della memoria o di una rimozione; l'evento traumatico tuttavia lascia delle tracce che riemergono sotto forma di incubi, flashback e allucinazioni. L'evento traumatico viene immagazzinato, ma non riesce a passare allo stato di ricordo conscio rievocato volontariamente: i ricordi traumatici riemergono in forme inconsapevoli per il soggetto che non riesce a definirli a livello verbale. Oltre a manifestazioni somatiche, il trauma può manifestarsi attraverso ripercussioni che sono definite "ricordo incarnato", poiché la vittima percepisce la presenza di un corpo estraneo nel proprio. Per il forte legame con le condizioni fisiche della persona colpita, il ricordo incarnato può essere individuato e rielaborato solo partendo dalle reazioni corporee suscitate in condizioni fisiologiche simili alla situazione che ha determinato il trauma. Su un piano sia individuale che collettivo il trauma che non è stato rielaborato da chi l'ha subito in prima persona, può essere trasmesso anche alle generazioni successive, che non erano presenti al fatto traumatico, ma che possono presentare alcune reazioni sintomatologiche legate all'evento. Si tratta di una trasmissione transgenerazionale199.

Cathy Caruth200, una delle principali studiose di Trauma Studies, denuncia una difficoltà nel definire il trauma, proprio a partire dalla categoria medica del disturbo post-traumatico da stress (DPTS). Molte descrizioni concordano sul fatto che si tratti della risposta psichica, a volte ritardata, a un evento molto intenso, che assume la forma di ripetuti sogni, allucinazioni, pensieri o

199

Nicolas Pethes, Jens Ruchatz (a cura di), Dizionario della memoria e del ricordo, Milano, Bruno Mondadori, 2005

200

Cathy Caruth (a cura di), Trauma: explorations in memory, Baltimora, The Johns Hopkins University Press, 1995

comportamenti che hanno origine dall'evento stesso, uniti a un intorpidimento che può manifestarsi subito dopo o durante l'esperienza traumatica. Secondo Caruth anche questa definizione, semplice e condivisa, manca di riconoscere come non sia possibile definire la patologia né in base alla natura dell'evento (può essere catastrofico o meno, e soprattutto non tutti gli individui coinvolti ne risultano ugualmente traumatizzati) né in termini di una ricostruzione distorta dell'evento stesso. Per Caruth la patologia consiste piuttosto nella ricezione dell'evento e nella struttura che viene conferita alla sua esperienza: il fatto traumatico si caratterizza per non essere assimilato completamente nel momento del suo accadimento, ma solo tardivamente nelle ripetute manifestazioni ossessionanti che colgono la persona coinvolta. Il trauma si manifesta attraverso una possessione della persona da parte dell'immagine dell'evento.

Due aspetti importanti concorrono a definire il trauma, osservati già da Freud nei suoi studi degli anni '20 sui reduci della prima guerra mondiale: la rappresentazione letterale dell'evento e il periodo di latenza. Il sogno traumatico ricorrente non può essere interpretato come emersione inconscia di sentimenti repressi, ma si tratta del ritorno letterale dell'evento contro la volontà del soggetto che l'ha vissuto. La natura del trauma emerge per la sua fedeltà all'evento nella rappresentazione di sogni e flashback. Il contenuto non-simbolico e letterale, e il ritorno insistente delle rappresentazioni traumatiche, costituiscono il centro e i sintomi della patologia che, in relazione alla storia: «The traumatized, we might say, carry an impossible history within them, or they become themselves the symptom of a history that they cannot entirely possess»201.

La fedeltà all'esperienza scioccante in sogni e flashback non è un problema solo per chi ascolta la persona traumatizzata, perché non riesce a stabilire il grado di realtà di queste manifestazioni, ma diventa difficoltoso anche per la vittima, che non considera tale rappresentazione come parte della propria conoscenza o del proprio vissuto. Freud lo chiama "periodo di incubazione": la latenza del trauma è il periodo trascorso tra il fatto e la prima manifestazione dei sintomi, in cui gli effetti di quanto accaduto non sono ancora evidenti. Non si tratta di una fase di dimenticanza dopo il fatto, ma segna il momento in cui la vittima comincia realmente a esperire ciò che è successo, poiché all'epoca non era cosciente della realtà che stava accadendo. Il potere storico del trauma, precisa Caruth, non consiste infatti nella ripetizione degli eventi nella mente delle vittime, ma è solo passando attraverso un periodo di rimozione intrinseco al trauma che le persone possono fare esperienza del fatto traumatizzante. Nel trauma la repressione è sostituita dalla latenza ed è proprio in questo lasso temporale, vuoto e inconscio, che mantiene il ricordo dell'evento nella sua fedeltà al reale.

Nella dimensione storica il tema della veridicità del trauma diventa il nucleo potente della testimonianza. Cathy Caruth sottolinea come gli studi sul trattamento dei casi traumatici si trovino di fronte a due problemi legati alla natura del trauma: non solo come aiutare ad alleviare la sofferenza, ma soprattutto come comprendere la natura di tale sofferenza senza perdere la forza e

201

la verità della realtà che il ricordo del trauma conserva e che i testimoni cercano di affrontare e trasmettere in una dimensione collettiva. Come ho già accennato parlando della testimonianza in ambito storico, il legame tra memoria e trauma mette in campo la questione dei falsi ricordi che può portare alla messa in discussione della veridicità di alcune rievocazioni e dei metodi utilizzati per la loro scoperta. Soprattutto in sede legale occorre distinguere i ricordi completamente falsi da quelli suggeriti e da quelli totalmente veri. Tuttavia, precisa Caruth, la questione della veridicità dei ricordi traumatici porta allo scoperto anche un atteggiamento presente nell'ascoltatore: la difficoltà a credere in rievocazioni che sono definite false solo perché non emergono in forme facilmente riconoscibili. In questo senso la portata storica e giuridica della Shoah, e i successivi casi di negazionismo, hanno messo al centro del dibattito il ruolo del testimone, il valore etico, oltre che storiografico, della memoria traumatica, e l'urgenza di creare nuovi metodi di ascolto per riconoscere la veridicità di memorie che, secondo i criteri tradizionali, risulterebbero non affidabili. Nel suo valore testimoniale il trauma implica un nuovo modo di concepire la storia, oltre i riferimenti convenzionali: «The historical power of the trauma is not just that the experience is repeated after its forgetting, but that it is only in and through its inherent forgetting that it is first experienced at all. And it is this inherent latency of the event that paradoxically explains the peculiar, temporal structure, the belatedness.»202 […] «For history to be a history of trauma means that it is referential precisely to the extent that it is not fully perceived as it occurs; or to put it somewhat differently, that a history can be grasped only in the very inaccessibility of its occurrence.»203

In questa sede non mi occuperò del trauma in campo clinico e terapeutico, oltre alle utili primarie definizioni per comprendere il fenomeno. La dimensione individuale è imprescindibile, ma qui il trauma è trattato per le sue ripercussioni nella dimensione collettiva e culturale, per questo l'esperienza del singolo è osservata più nel suo ruolo storico, nelle forme di una narrazione che entra a far parte di una memoria collettiva.