• Non ci sono risultati.

Parte 1 MEMORIA, OBLIO E TRAUMA

2. Forme della memoria

2.2 Memoria culturale

Per definire la memoria culturale dobbiamo tornare al concetto di memoria collettiva di Halbwachs, dove centrale rimane la presenza del gruppo. Il Dizionario della memoria e del ricordo così la definisce: «patrimonio di sapere fondativo dell'identità di un gruppo, che viene oggettivato in dispositivi di memoria o in forme o pratiche simboliche»100.

I "dispositivi di memoria"101 sono strumenti finalizzati a immagazzinare le informazioni e preservarle nel tempo per consegnarle alle future generazioni. L'immagazzinamento può essere interno, attraverso tecniche (mnemotecniche) o strategie per l'apprendimento a memoria dei contenuti da preservare, condizione tipica delle società pre-moderne, oppure esterno in pratiche a noi più familiari attraverso l'ausilio di dispositivi legati allo sviluppo delle forme di trasmissione culturale, dalla scrittura fino alle moderne tecniche digitali. I dispositivi sono alla base del principio di archiviazione del patrimonio culturale, dove l'immagazzinamento esterno delle informazioni presuppone che insieme al contenuto ci sia un supporto che lo contenga e un codice che lo identifichi. L'influenza reciproca di questi tre elementi e la loro possibile trasformazione rappresentano l'evoluzione dei sistemi di archiviazione culturale avvenuti nei secoli, dalle notazioni alfabetiche per supporti come la pietra o la carta fino alle notazioni simboliche che hanno caratterizzato il passaggio dalla scrittura manuale all'uso della stampa, e fino ad un codice numerico nei contemporanei supporti informatici. A prescindere dalla materialità del supporto o dalla sua immaterialità, che distingue l'era digitale e informatica, l'aspetto peculiare della codificazione alla base dell'archiviazione non è solo la capacità di preservare la memoria culturale, ma anche quello di ridurre notevolmente i tempi di recupero delle informazioni, aumentando affidabilità e qualità della conservazione dei dati. Il tema dell'affidabilità dei dispositivi di immagazzinamento è diventato pregnante soprattutto con l'avvento di sistemi analogici, come fonografia, fotografia e film, che sembravano sottrarre il dato registrato alla caducità del tempo,

100

Nicolas Pethes, Jens Ruchatz (a cura di), Dizionario della memoria e del ricordo, Milano, Bruno Mondadori, 2005, p.316

101

fissandolo attraverso processi chimici e fisici, e portando contemporaneamente alla ribalta le questioni del rapporto tra la realtà e la sua rappresentazione tecnica.

Per definire la memoria culturale è importante individuare i tratti distintivi che la strutturano: non presenta un valore universale, ma si riferisce all'identità concreta del gruppo che vi fa riferimento; è sorretta da un principio ricostruttivo, cioè si basa sull'esigenza presente dell'identità del gruppo e ricostruisce il passato selezionando gli elementi di stabilità per la sopravvivenza della comunità a cui è legata. Questa proprietà determina un atteggiamento non neutro nei confronti del passato e della verità storica, in quanto il processo di ricostruzione può trasformare un semplice evento in un mito intorno a cui si riuniscono e riconoscono i membri della comunità memoriale. Proprio perché il recupero del passato è frutto di selezione e ricostruzione, la memoria culturale si presenta come un'entità organizzata che non permette libero arbitrio o contestazione da parte del singolo, ma si affida alla tutela di istituzioni e custodi specifici professionisti, incaricati della conservazione del patrimonio memoriale. Come elemento unificante la memoria culturale produce una scala di valori che guida interpretazioni e delimitazioni nella vita quotidiana, in una forma di autocoscienza e autocontrollo del gruppo, in questo senso tale memoria è vincolante e riflessiva. Infine si presenta modellata in diverse forme concrete, scritti, immagini e riti, che le danno consistenza e la rendono trasmissibile.

Jan e Aleida Assmann sono tra gli studiosi che più si sono dedicati ad una definizione e descrizione della memoria culturale, soprattutto nella sua specificità rispetto ad altre forme del ricordo.

Jan Assmann102 riprende l'impostazione teorica di Maurice Halbwachs, rifiutando la concezione della memoria come un aspetto puramente interiore e psicologico dell'individuo, ma sottolinea come proprio fattori esterni sociali e culturali vadano a determinare l'organizzazione e la conservazione nel tempo dei contenuti di tale memoria. Nella sua trattazione Jan Assmann riconosce a Halbwachs il merito di aver ravvisato per primo l'importanza di questa dislocazione esterna della memoria, fuori dal panorama neurologico e cerebrale del cervello umano. Individua quattro ambiti che caratterizzano la dimensione esterna sociale della memoria, di cui quella culturale ne è solo un aspetto. Insieme a una memoria mimetica, delle cose e comunicativa, quella culturale riguarda la trasmissione del senso di un patrimonio condiviso, diventa l'ambito che riunisce tutte le altre proprio perché rappresenta il sistema di senso da tramandare. La memoria mimetica è superata nel momento in cui l'atto imitativo si trasforma in rito e assume un valore aggiunto all'aspetto funzionale, i riti infatti rappresentano i momenti di trasmissione e riattualizzazione del contenuto culturale di una società. Anche la memoria delle cose può trasformarsi in culturale quando gli oggetti perdono un senso legato solo alla loro funzionalità quotidiana e assumono il significato di simboli, icone, rappresentazioni, cioè trasmettitori di un senso ulteriore, veicoli di riconoscimento reciproco e d'identità per la comunità. L'ambito

102

comunicativo è quello che rende evidente come la memoria non sia solo una questione fisiologica individuale, ma che debba essere spiegata in maniera "sistemica"103, cioè tenendo conto dell'interazione tra individui.

Assmann spiega come, su un piano sistemico, l'apparato comunicativo debba costituire uno spazio esterno dove creare forme di archiviazione, codificazione, memorizzazione e nuova diffusione delle informazioni, dove quindi passi il senso culturale di una società, atto che richiede la presenza di quadri istituzionali e sistemi di notazione. Nella circolazione del senso culturale, tre sono i quadri di riferimento incaricati di fornire una rappresentazione simbolica della specifica cultura: il sistema politico, quello economico e i miti fondativi di un'identità collettiva.

Secondo Assmann nella fase precedente all'introduzione della scrittura, nelle culture basate sulla pura mnemotecnica e su sistemi di notazione pre-scrittori, la memoria culturale coincide con il sistema di valori circolante all'interno di un dato gruppo sociale legato a una specifica epoca; solo con l'avvento della scrittura è possibile parlare di una reale memoria esteriorizzata, autonoma dall'aspetto puramente comunicativo contingente. Attraverso l'impiego della forma scritta lo spazio esterno della comunicazione diventa più complesso e la memoria ad esso associata può trasmettere un contenuto che vada oltre il dato comunicato legato a una singola epoca. Assmann definisce la scrittura memoria esteriorizzata basata su una dialettica tra "espansione e svuotamento"104: essa permette un enorme ampliamento della capacità di immagazzinare e recuperare i dati già immagazzinati, allo stesso tempo però comporta una riduzione delle potenzialità mnemoniche della mente. La scrittura quindi porta ad una forma di esteriorizzazione e diffusione del contenuto culturale di una società, tale processo implica da un lato la fissazione, la conservazione di tale patrimonio e il suo recupero anche in epoche lontane dal presente, dall'altro però, come sottolinea Assmann, tale patrimonio o una parte di esso può subire forme di oblio interne alla pratica stessa di archiviazione e essere sottoposto a manipolazione e censura allo scopo di una rimozione.

Aleida Assmann105 annovera la scrittura tra i mediatori della memoria, indicando come il suo valore in relazione al ricordo cambi in base al periodo storico e alla cultura di riferimento, basti pensare alla rivoluzione portata dalla stampa nell'epoca moderna. La studiosa tedesca indaga il tema della memoria dal punto di vista della letteratura, da cui ricava gli esempi dimostrativi delle sue teorie.

Fin dalla cultura egizia scrittura è sinonimo di eternità, i poeti latini riconoscono alla scrittura la capacità di rendere il testo accessibile a riletture future e quindi in grado di garantire un'immortalità all'opera come alla personalità del poeta; in seguito, dopo il crollo dell'impero romano, il Rinascimento ha potuto osservare come i testi scritti degli autori latini siano sopravvissuti ai

103 Ivi, p. XVI 104 Ivi, p. XIX 105

monumenti. Oltre a essere lo strumento che consegna all'immortalità le opere e gli autori, la scrittura è anche supporto per la memoria, diventandone allo stesso tempo metafora e mediatore.

Sulle considerazioni di Platone che denuncia il pericolo di un'atrofizzazione della capacità mnemonica portata dall'uso della scrittura e distingue tra mneme (ricetta per la memoria) e

hypomnema (richiamare alla mente)106, Aleida Assmann introduce i termini ars e vis107: il primo rappresenta l'archiviazione, ogni processo meccanico che permette di riprodurre l'informazione immagazzinata; tale processo può servirsi di supporti materiali come appunto la scrittura o anche di supporti immateriali come la capacità mnemonica umana. Se ars è la memoria istituzionale, culturale conservata negli archivi, dove il fattore temporale è assente, sospeso in un'eterna conservazione contro il tempo, vis rappresenta invece il ricordare individuale, la memoria soggettiva dove la dimensione temporale diventa un elemento influente: il tempo «vi si inscrive attivamente, in questo processo della memoria si giunge a una vera e propria discontinuità tra deposito e recupero del dato.

Mentre nella mnemotecnica la coincidenza di output e input è decisiva, nel ricordo soggettivo si stabilisce la loro differenza»108. Ciò che distingue l'archiviazione dal ricordo soggettivo è l'incertezza nell'atto, soggettivamente si può ricordare o non ricordare e soprattutto si può essere consapevoli del ricordo recuperato solo a posteriori. A differenza di ars, l'archiviazione che si realizza in una lotta contro il tempo e contro l'oblio, vis esprime un processo di ricordo ricostruttivo, nasce dal presente e perciò implica una trasformazione, un rinnovamento del dato ricordato nella fase di recupero. Nella fase di conservazione l'archivio utilizza tecniche esterne sicure per neutralizzare gli effetti del tempo sul dato immagazzinato, il ricordo soggettivo invece non può garantire alcuna sicurezza nella conservazione dei suoi contenuti: il dato vive una trasformazione, nel tempo e per il tempo, che ne diventa il suo stesso significato e dimostra come non si possa considerare la memoria personale un deposito ermetico, immune dal trascorrere degli anni e delle epoche, anzi l'interazione con il periodo di latenza diventa una forza che determina il contenuto del ricordo.

Nel rapporto tra la scrittura e la memoria culturale, Aleida Assmann vede nell'800 un cambiamento importante nell'atteggiamento verso i testi come forme di lotta all'oblio. La fiducia incrollabile nel potere di conservazione e riproduzione garantito dalla stampa stava già tramontando, dal Prelude di William Wordsworth Assmann coglie una consapevolezza generale di transitorietà del sapere umano, in cui anche testi e documenti, come monumenti e edifici, sono destinati a scomparire, mentre solo la natura sembra in grado di sopravvivere al tempo. Subentra invece una nuova coscienza storica, basata non su ciò che è rimasto, ma su ciò che è scomparso. Se le epoche precedenti basavano il loro rapporto verso la memoria culturale sull'archiviazione, a partire dall'800 si sviluppa una consapevolezza storica che tiene conto anche di elementi

106

Platone, Fedro, in Opere complete, vol. I, Bari, Laterza, 1967, pp. 790-791 107

Aleida Assmann, op.cit., pp. 29-33 108

mancanti, di ciò che è andato perduto, quindi di distruzione e oblio, ed è così che nei confronti del patrimonio culturale si passa "dal testo alla traccia"109, dove la traccia rimanda solo ad un frammento del passato.

Il concetto di traccia, osserva Aleida Assmann, contiene entrambi i termini di memoria e oblio, poiché ha connaturata in sé l'idea di ciò che rimane e ciò che manca del passato, mentre il testo presenta un ponte diretto con il passato, il contenuto di ciò che si è potuto/voluto conservare di un'epoca. La nozione di traccia si estese fino a comprendere anche le immagini fotografiche e i resti archeologici, e così la transizione dai testi ai lasciati fisici rimasti a testimonianze del passato «è indice del passaggio dall'intenzionalità e dalla verbalità del segno grafico alla pregnanza materiale della traccia, che, pur non nascendo come segno, è leggibile retroattivamente in quanto tale»110. L'ultima fase nel processo di evoluzione della scrittura, dai geroglifici attraverso la consistenza analogica, è l'inconsistenza materiale del digitale, scrittura basata su un codice. Secondo l'autrice il passaggio alla scrittura elettronica del testo mette fine alla collaborazione di scrittura e memoria, la sua virtualità rompe la relazione con il corpo e con la memoria umana, in quanto per una lettura della scrittura elettronica è necessario il filtro di elaboratori per le traduzioni dei codici, dove l'uomo rimane una presenza marginale.

I concetti di ars e vis anticipano la distinzione tra memoria funzionale e memoria-archivio, proposta dalla stessa Assmann e di cui parleremo più avanti nel rapporto tra memoria, storia e potere. Qui interessa però sottolineare come l'idea di memoria culturale dell'autrice si basi sulla convivenza tra un aspetto soggettivo e vivente, legato maggiormente ad un portatore (una persona o un gruppo), trasmettitore di valori etici, selettivo nei confronti del passato e impegnato nel creare un ponte con il presente e il futuro; e un aspetto più incorporeo, astratto della memoria che non si incarna in soggetti viventi, basato su una separazione radicale con il passato, di cui trasmette solo verità e non valori111. Nel considerare sempre entrambi gli aspetti, quello soggettivo privato e quello più politico istituzionale, Aleida Assmann fa emergere sempre una mediazione nella definizione di memoria culturale, atteggiamento teorico che riesce a cogliere e riflettere la complessità della realtà moderna con cui si confronta la sopravvivenza del patrimonio culturale.

Jose van Dijck112 osserva come, nel suo modello di ricordo, la studiosa dia molta importanza alla materialità degli oggetti memoriali, che siano testi o immagini, quali contenitori, metafore e mediatori della memoria, e ciò la distingue da tutti gli altri accademici che si sono occupati dell'argomento. Gli oggetti rappresentano il principale ancoraggio che unisce dimensione individuale e collettiva nel processo del ricordo, recuperando alcune riflessioni fatte sul carattere profondamente sociale degli oggetti memoriali personali. Emerge ancora una volta come la

109 Ivi, p. 232 110 Ivi, p. 234 111 Ivi, p. 148 112

José van Dijck, Mediated memories in the digital age, Stanford, Stanford University Press, 2007, Kindle e- book, cap. 1

memoria culturale possa essere pienamente compresa solo come risultato di un mutuo scambio interdipendente tra individuo e collettività. Pur apprezzandone l'impostazione, secondo van Dijck però il modello di Aleida Assmann non approfondisce molto il ruolo dei media e degli strumenti mediali nella formazione della memoria culturale. Come altri storici e psicologi si riferisce ai media come schemi o depositi che modellano le nostre esperienze, un elemento problematico che influisce sul dibattito riguardante la memoria. Nell'opera di Aleida Assmann, come per altri studiosi, media e memoria rimangono due ambiti distinti spesso antagonisti, dove i media non sono considerati parte del sistema memoriale, ma assumono una connotazione negativa di influenza problematica sulla psiche dell'individuo.

Il rapporto con la scrittura appare un elemento fondamentale per la stabilizzazione e il tramandamento della cultura di una società. Jan Assmann113 per definire la memoria culturale si serve della distinzione tra questa e la memoria comunicativa, dove nuovamente risulta centrale il rapporto tra ricordo biografico e condivisione collettiva, per cui ritornano valide le distinzioni operate da Halbwachs.

La memoria comunicativa riguarda i ricordi che compongono il passato recente condivisibile tra i membri della stessa generazione, tale memoria nasce nel gruppo di contemporanei e trova il suo limite nella durata dei membri, quando gli appartenenti al gruppo muoiono, la memoria di quella generazione non è in grado di sopravvivere e si crea una memoria nuova legata ad un altro gruppo generazionale. In questo tipo di memoria collettiva, spiega Assmann, sono attive due forme: un ricordo fondante, che anche nelle società prive scrittura si riconnette al mito delle origini e si concretizza in pratiche stabilizzate, verbali e non, come rituali, danze, miti ma anche abiti e ornamenti, punti di riferimento per il ricordo collettivo e il riconoscimento di un'identità comune; il ricordo biografico si riferisce alle vicende personali del singolo, ma sempre in relazione alla sua collocazione nel gruppo di appartenenza, quindi nel quadro di una memoria collettiva comunicativa.

La memoria culturale si differenzia da quella comunicativa per il suo carattere istituzionalizzato, trovando la sua ragione di esistere nel rapporto con la storia. La memoria culturale si basa su un recupero del passato storico che ruota attorno ad alcuni momenti particolari, per cui la storia cessa di essere una successione di fatti accaduti nel passato, ma si trasforma in "storia ricordata"114, in mito, cioè un insieme di fatti che assumono una valenza simbolica per la comunità di quella cultura. La differenza tra mito e storia s'interrompe quando il mito diventa storia fondante, una storia raccontata delle origini di quella specifica cultura: «attraverso il ricordo la storia diventa mito; in tal modo essa, lungi dal divenire non reale, solo ora si fa realtà, come forza durevole normativa

113

Jan Assmann, op. cit. 114

e formativa»115. Il ricordo quindi assume un senso sacrale per la comunità che si riunisce in quella data a celebrare e riattualizzare il passato fondante in una festa.

Nel momento di riunione la comunità rivive e ribadisce la propria identità collettiva, inoltre il carattere festivo della celebrazione aggiunge qualcosa di extraquotidiano, il cui cerimoniale assume, nella comunicazione transgenerazionale, un aspetto formativo che si concretizza in testi, immagini, gesti rituali, danze. Il carattere più sociologico della memoria culturale però emerge nella struttura di partecipazione, come la chiama Jan Assmann.

Se la memoria comunicativa offre una pratica del ricordo diffusa, senza una gerarchizzazione tra le figure memoriali specialistiche, la memoria culturale si caratterizza invece per una partecipazione differenziata, sia nelle società illetterate sia per quelle alfabetizzate. I detentori specializzati nella trasmissione del sapere, che siano bardi, sciamani o insegnanti e scrittori, si distinguono per un distacco dalla vita quotidiana degli altri membri della società, sono guide cui sono rivolte richieste specifiche sui contenuti del patrimonio culturale di cui sono esperti. La partecipazione alla memoria culturale non può definirsi diffusa, sia per la presenza di ruoli speciali delegati alla detenzione del patrimonio sia per i meccanismi di "controllo" nella sua diffusione, che richiedono una formazione specifica, in una dialettica complessa tra dovere e preclusione del diritto di partecipazione. In relazione al patrimonio culturale la popolazione di una società si divide così tra coloro che vi possono accedere, ma con l'obbligo di dimostrare, tramite verifiche formali, la propria competenza e padronanza delle forme comunicative pertinenti alla trasmissione di tale sapere, e coloro che vi rimangono esclusi. Si tratta di una divisione tra l'elite di specialisti della cultura e il resto della comunità in una "polarità del ricordo culturale"116.

Abbiamo osservato come la scrittura diventi un elemento fondamentale per la stabilizzazione e il tramandamento del patrimonio, ma per le culture prive di scritture occorre individuare altre forme di partecipazione e organizzazione della propria memoria. Essere presenti e riunirsi in momenti di aggregazione collettivi diventa necessario per la trasmissione di una memoria e un'identità, le feste e i riti svolgono tale funzione. Attraverso la loro regolarità le celebrazioni si fanno garanti d i una comunicazione del sapere alla collettività, riaffermano identità e coerenza del gruppo nel tempo e nello spazio e articolano la vita della comunità in momento festivo e quotidianità. Durante la festa la collettività che partecipa viene a contatto con la dimensione cosmica del mito fondante, delle origini. Nelle società prive di scrittura la scansione bidimensionale della memoria culturale appare ancora più evidente: tempo festivo e tempo quotidiano sono caratterizzati da due comunicazioni, quella ordinaria e quella cerimoniale. La festa rappresenta il momento di concretizzazione di una memoria culturale condivisa tra tutti, élite e collettività; allo stesso tempo si rende evidente la scansione di questa bitemporalità: «la memoria culturale allarga o integra il mondo quotidiano con

115

Ivi, p. 27 116

la dimensione delle negazioni e delle potenzialità, ovviando così alle restrizioni che la vita quotidiana impone all'esistenza»117.