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Parte 1 MEMORIA, OBLIO E TRAUMA

4. Forme dell’oblio

4.2 Forme e usi dell'oblio

L'oblio, come la memoria, è una facoltà che riguarda sia il singolo individuo che la collettività, ma è soprattutto nella dimensione pubblica e culturale che la dimenticanza assume un significato negativo. Paul Connerton169 sottolinea come generalmente nel dibattito intellettuale intorno alla memoria culturale, il ricordo e la commemorazione siano considerate azioni positive e l'oblio un difetto, il fallimento dell'obbligo morale a ricordare, ma questa posizione non è necessariamente ovvia e evidente. L'oblio non è sempre un fallimento e soprattutto non è sempre qualcosa per cui sentirsi in colpa, ma occorre partire dalla considerazione che non si tratti di un fenomeno unitario e statico, per questo Connerton propone di articolare l'oblio in diverse tipologie.

Repressive erasure, la cancellazione repressiva, è forse la forma di oblio più brutale, non tanto

nei modi violenti con cui è imposto, quanto nel risultato cui conduce. Può essere impiegato per negare un fatto, un'epoca, così come per creare una rottura nella continuità storica. Questo tipo di oblio è finalizzato alla creazione di un'immagine del passato che i poteri più forti vogliono imporre nella sfera pubblica, anche operando una revisione della storia in funzione del presente. Non sempre l'imposizione dell'oblio repressivo agisce con violenza, può esserne un buon esempio l'organizzazione di un museo dove la disposizione degli spazi che guida il visitatore in un percorso attraverso la storia è come una dichiarazione di memoria e dimenticanza. Il percorso espositivo è una narrazione di ciò che è importante ricordare: nei periodi e nelle aree geografiche disposte le une accanto alle altre spesso non sono molto evidenti tagli e rimozioni di altre parti della storia. Un altro esempio interessante in questo senso è il movimento Futurista, che con la predicazione di un rifiuto del passato, proponeva la cancellazione di tutte le istituzioni incaricate di conservare e trasmettere una memoria e un sistema di valori tradizionali, cui contrapponevano un'estetizzazione del presente della vita quotidiana urbana.

Prescriptive forgetting è il secondo tipo di oblio proposto da Connerton. Anche questa forma di

dimenticanza può essere imposta come atto di potere da parte dello stato ma, a differenza della cancellazione repressiva, è considerato una forma di pacificazione per tutte le parti coinvolte in un cambiamento storico, pertanto è promosso e accettato pubblicamente. Dietro la firma di un trattato di pace dopo un conflitto internazionale o civile, esiste un'implicita richiesta non tanto di perdonare quanto di dimenticare il passato. Sul passato che potrebbe innescare una catena di vendette nella popolazione civile è richiesto un oblio da tutte le parti offese. Un esempio può essere la situazione di diversi paesi europei dopo la fine della seconda guerra mondiale: un oblio prescrittivo si è imposto come base per la riaffermazione di un minimo di coesione sociale e per ristabilire la legittimazione dello stato in società che fino a pochi anni prima erano state governate da poteri totalitari. Un esempio vicino al nostro caso studio è l'oblio imposto da Josip Broz Tito sulle forme di

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collaborazionismo nazifascista e sui crimini civili compiuti da diversi gruppi in Jugoslavia durante la seconda guerra mondiale; lo scopo di tale oblio imposto fu di trovare una forma di pacificazione nel mito della lotta partigiana di liberazione per ricostruire un paese unito. Le tracce di queste memorie storiche sopite però rimasero all'interno della società jugoslava e esplosero in odio etnico nelle guerre degli anni '90.

Forgetting that is constitutive in the formation of a new identity è fortemente legato al precedente,

una sua continuazione. Nella riflessione sull'oblio prescrittivo si sottolinea ancora la perdita, ma qui la dimenticanza avviene in vista di una nuova identità e segna un taglio con il passato per uno sviluppo futuro. In questa prospettiva l'oblio s'inserisce in un processo per cui una nuova identità si costruisce sulla base di nuove memorie e su taciti silenzi, proprio perché il confronto con il passato senza l'oblio creerebbe una dissonanza cognitiva troppo forte rispetto al nuovo sistema di valori. Connerton propone come esempio l'avvento del capitalismo, caratterizzato da due componenti, entrambe che prevedono un oblio della condizione precedente. La componente economica implica il superamento della condizione feudale antica, e poi l'aspetto psicologico influisce sui singoli individui, portando a un cambiamento irreversibile dello stile di vita e nuove opportunità di emancipazione dalle vecchie gerarchie. Il cambiamento è talmente radicale che i vecchi valori e ruoli devono essere dimenticati perché non funzionano più nel nuovo sistema sociale. L'azione a lungo termine di questo tipo di oblio, quale scarto culturale per la formazione di una nuova identità, si manifesta attraverso due aspetti culturali evidenti, la diffusione di un nuovo vocabolario e la graduale scomparsa di quello precedente, ormai diventato obsoleto.

Il quarto tipo di oblio è l'amnesia strutturale, structural amnesia, che Connerton spiega attraverso gli studi di John Barnes (1947) sulle genealogie: all'interno della propria storia genealogica, una persona tende a ricordare solo gli individui di rilevanza sociale, per cui la linea parentale maschile diventa più memorabile di quella femminile e, tra i maschi, tendono a essere dimenticati in modo strutturale gli individui che non hanno dato il proprio nome a nuclei familiari all'interno della stirpe. In contrasto con l'amnesia strutturale, per cui la dimenticanza si basa su una carenza di informazioni riguardo a individui che per questo cadono in oblio, forgetting as annulment avviene invece come conseguenza di un'eccedenza di informazioni. Nel corso dei secoli tale forma di oblio è diventata quasi una necessità di fronte alla centralità sempre crescente della memoria nella cultura occidentale e al peso morale del dovere al ricordo. Il contenuto del patrimonio memoriale è in continua crescita e questo pone il problema di trovare uno spazio e operare una selezione, in questa prospettiva l'oblio diventa un meccanismo parte dell'amministrazione del patrimonio culturale. Il ruolo dell'oblio infatti si è manifestato in due fasi: la prima è stata caratterizzata dallo sviluppo dell'archivio come base per la formazione dello stato moderno, la seconda è stata la diffusione delle nuove tecnologie informatiche che hanno permesso una trasmissione delle informazioni molto più ampia. La prima fase è caratterizzata da una forte centralizzazione del potere sulla cultura e sull'informazione, la seconda invece dalla continua produzione e da una

distribuzione sempre più pervasiva dei contenuti. La selezione e l'oblio saranno la priorità del XXI secolo, dove la necessità di produzione lo era nel XIX.

Il sesto tipo di oblio si genera all'interno di una logica di consumismo capitalistico, forgetting as

planned obsolescence. La dimenticanza diventa parte di un sistema di produzione e consumo

dove anche l'obsolescenza è programmata. Nei decenni il capitalismo ha spostato la sua attenzione dalla produzione di merci a quella di servizi, dal momento che la vita di un bene materiale si è sempre più accorciata comprendendo anche la sua eventuale obsolescenza. La programmazione a lungo termine nella vita di un prodotto è diventata sempre meno importante di fronte alla velocità di sfruttamento della singola merce e alla necessità di distinguersi come consumatori, prima che tutti gli altri comprino lo stesso prodotto. In questo funzionamento del mercato l'oblio diventa un meccanismo necessario, e quindi pianificato: l'accelerazione nella creazione di prodotti e servizi sempre nuovi e "originali" implica che quegli stessi prodotti e servizi abbiano una vita molto breve. Avviene una rigenerazione del mercato che richiede un continuo atto di scarto: la dimenticanza dei vecchi prodotti, per lasciare il posto ai nuovi, diventa un'operazione vitale.

Si ritorna a un ambito più prettamente politico con l'ultimo tipo di oblio, forgetting as humiliated

silence. Nel silenzio dell'umiliazione provocato da una vergogna collettiva è percepibile sia un

desiderio di dimenticare sia l'effetto dell'oblio. Connerton porta come esempio la Germania e la reazione alla distruzione di numerose città tedesche alla fine della seconda guerra mondiale. Per molti anni dopo non comparvero studi storici né opere di finzione di autori tedeschi che raccontassero le violenze avvenute nei giorni della caduta. Come si può spiegare un mezzo secolo di silenzio su una tale esperienza collettiva? Connerton trova risposta in un tacito senso di vergogna e umiliazione cui si lega un desiderio di superamento nella memoria collettiva delle colpe più gravose. Le rovine delle città tedesche devastate dall'esercito degli alleati rappresentarono i segni di un percorso di autodistruzione cui fu condotta la Germania, di conseguenza la rapida ricostruzione delle stesse città può essere interpretata anche come la volontà di dimenticare non solo gli eventi traumatici subiti, ma soprattutto le colpe assunte di fronte al resto del mondo.

La panoramica offerta da Connerton ha il grande pregio di presentare l'oblio come un fenomeno complesso, che sarebbe riduttivo descrivere come il semplice negativo del ricordo. Il contatto con la realtà e con le situazioni reali, storiche o economiche o individuali, rendono l'oblio un fenomeno parallelo a quello del ricordare, determinato dall'azione di diversi agenti che, come influiscono su ciò che si consegna alla memoria, così intervengono su ciò che va rimosso. Tali agenti possono essere il potere politico, lo stato, il mercato, il singolo individuo. L'articolo pubblicato nella rivista

Memory Studies fa parte di una riflessione più complessiva sull'oblio che Connerton ha portato

avanti nell'opera successiva170, dedicata all'oblio nella società contemporanea, in cui ne individua temporalità e topografie. La tesi di Connerton è che la vita moderna sia organizzata in diverse

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temporalità istituzionalizzate (il tempo lavorativo, del consumo, quello della carriera lavorativa, quello della produzione di informazione e dei mezzi di comunicazione); ognuna di queste è strettamente legata a delle dimensioni spaziali che ne sono parte integrante e comporta una forma di oblio culturale.

Da un punto di vista diverso, quello dell'etnologo, anche Marc Augé171 si è occupato di memoria e oblio, riconoscendo tra i due lo stesso rapporto che intercorre tra la vita e la morte, l'una fa parte del funzionamento dell'altra. Per Augé nell'oblio non si perde la memoria quanto il ricordo, cioè l'impressione di ciò che resta. In questo senso si dimentica non la memoria in toto, ma la rielaborazione di un fatto, l'impressione che se ne è ricavata. E in questa distinzione tra oblio, memoria e ricordi Augé paragona il funzionamento della mente a un'opera da giardiniere: i ricordi sono come le piante, alcune andranno potate e sfrondate per lasciare lo spazio a altre di fiorire e svilupparsi, e una volta che la pianta fiorisce e compie la sua trasformazione, il fiore rappresenta l'oblio della sua origine, il seme.

Nei suoi studi sui riti Augé individua tre forme dell'oblio che rappresentano i modi di vivere il tempo tra la memoria del passato, l'attesa del futuro e il presente. La prima forma è il ritorno, si tratta della volontà di dimenticare il passato più prossimo e ristabilire un contatto con il passato più antico e remoto. Nel rito il ritorno si esprime attraverso la possessione, chi è posseduto dallo spirito di un altro perde coscienza di sé. Il posseduto dimentica il momento della possessione quando lo spirito lo abbandona e può ritornare cosciente. La seconda forma è la sospensione, che punta a vivere in un tempo presente immobile, dimenticando passato e futuro. Lo stato di sospensione nel rito si traduce in un un'inversione, di ruoli sociali o sessuali, per un periodo idealizzato (ad esempio la donna assume il ruolo dell'uomo, il suddito quello del re). In questo rito l'oblio agisce come forza isolante rispetto a quello che si era e a quello che si diventerà. Infine la terza forma è quella del cominciamento o ri-cominciamento, che vive il presente come trampolino verso il futuro, dimenticando il passato. La figura rituale corrispondente è l'iniziazione, per cui ciò che si dimentica è quello che si era prima del rito e quello che si sarà nella nuova forma futura.

Augé osserva come l'oblio, nelle sue forme, si eserciti sempre a partire dal presente: il ritorno al presente dal passato remoto della prima figura, la sospensione nel tempo attuale nella seconda, infine il presente come punto di partenza per la proiezione nel futuro nella terza. L'attuale per Augé è l'unico tempo in cui l'oblio si manifesta, poiché il passato è rimosso e il futuro non è ancora, solo delineato. Rimangono due precisazioni da fare sulla sua classificazione. Primo. Le figure corrispondenti alle forme di oblio hanno una dimensione individuale e una sociale che non sempre coincidono: possessione, iniziazione e inversione portano la prova individuale in un contesto sociale dove la percezione del tempo per l'individuo e per la collettività sono diverse, così come i significati attribuiti ai riti. Nella possessione, la comunità conserva memoria dell'episodio, la persona posseduta invece deve dimenticare l'accaduto; l'inversione è vissuta dall'individuo fuori

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dal tempo, ma il rito si presenta come la reazione a una condizione drammatica per la comunità; infine il rito di iniziazione è vissuto come momento unico dall'iniziato, ma poi con i suoi compagni assisterà all'iniziazione di altri e, da spettatore, il rito assumerà un carattere più ripetitivo e ricorrente. La partecipazione al rito presenta delle differenze tra chi lo esegue e chi vi assiste, ma implica sempre una situazione collettiva e un sentimento contagioso, quindi anche l'oblio, che si apre sul presente o sul passato o verso il futuro, coinvolge l'individuo e da lui anche la collettività.

Per Augé il rapporto con il tempo e la sua percezione sono sempre vissuti al singolare e declinati al plurale, questo significa che a ricordare come a dimenticare si è sempre parte di una comunità sociale e memoriale. La seconda osservazione approfondisce la prima e riguarda il concetto di identità individuale. La divisione tra individuo e società si relativizza all'interno del rito, nel contesto rituale delle figure dell'oblio appare ancora più evidente come la memoria (o la dimenticanza) e l'identità si costruiscano attraverso il rapporto con gli altri: la possessione avviene attraverso il riconoscimento di un'identità aggiuntiva al posseduto da parte della collettività; l'inversione si basa sull'identificazione (e quindi il rovesciamento) di un'identità sessuale o sociale del singolo protagonista; infine lo scopo stesso dell'iniziazione consiste nel conferire, attraverso il rito, uno status identitario nuovo ai soggetti iniziati.

Questi due studiosi possono apparire divergenti nei loro punti di partenza, se Connerton indaga soprattutto la contemporaneità, Augé si basa su suoi studi di popolazioni africane e americane, apparentemente così lontane dall'uomo moderno occidentale. Ho scelto di descrivere l'oblio attraverso le osservazioni di questi due studiosi perché entrambi mostrano come non si possa considerare l'oblio semplicemente in qualità di memoria al negativo. L'oblio fa parte della nostra identità, perché si è evoluto insieme alla nostra cultura, tanto quanto il valore che siamo abituati a conferire alla memoria. Entrambi diventano elementi necessari alla costruzione di un'identità storica collettiva e alla percezione della propria storia individuale. Così gli studi di Connerton e Augé mostrano non solo come l'oblio sia diventato un elemento costitutivo della modernità, ma anche come abbia assunto forme diverse, risultato dei cambiamenti storici del '900 e delle nuove pratiche sociali, consumistiche e comunicative contemporanee. Vorrei concludere questa parte con una riflessione che ci conduce all'argomento del prossimo capitolo dedicato all'oblio come forza negativa di fronte alla memoria storica.

Yosef Hayim Yerushalmi172, in occasione di un convegno a New York sul tema "gli usi dell'oblio", propone un intervento sul valore del dimenticare e del troppo ricordare. Siamo tutti abituati a considerare la dimenticanza come una patologia: mentre la nostra maggiore preoccupazione consiste in esercitare e implementare le facoltà mnemoniche, a livello collettivo già Nietzsche nel 1874 aveva annunciato la crisi dello storicismo, arrivando ad affermare che non è possibile vivere, sia come individui che come popolo, senza oblio. È invece importante saper discernere quando è

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Yosef Hayim Yerushalmi, Nicole Loraux, Hans Mommsen, Jean-Claude Milner, Gianni Vattimo, Usi

necessario sentire in modo storico, quindi ricordare, e quando sentire in modo non-storico, cioè dimenticare, entrambi sono ugualmente necessari alla salute di una singola persona quanto di un'intera società. Il giusto sta nel mezzo, tra memoria e oblio. Yerushalmi si interroga allora su cosa dovremmo a ogni costo ricordare e cosa invece dimenticare, forse non si arriverà mai a una risposta netta e precisa. Riguardo alla mente abbiamo visto come la dimenticanza sia inevitabile per il suo funzionamento, ma è a livello collettivo che sorgono tali interrogativi e, sostiene Yerushalmi, la nozione di oblio collettivo risulta tanto problematica quanto quella di memoria collettiva. Possiamo affermare che una società ricordi quando un certo passato è accettato come dotato di senso e trasmesso alla nuova generazione, invece una società dimentica quando avviene una rottura nel processo di trasmissione, una generazione si rifiuta di trasmettere quel passato alla successiva. L'oblio collettivo avviene quando le comunità memoriali non trasmettono il passato ai posteri e ciò può avvenire in modo passivo, per indifferenza e indolenza, oppure intenzionalmente, o come effetto di fatti storici gravi. Solo quando il passato diventa tradizione allora può sopravvivere. L'avvento della storiografia moderna richiede una separazione dello storico e della sua attività dalla pratica memoriale del suo gruppo di appartenenza.

Per la storiografia ogni fatto e dettaglio possono essere degni di indagine e conservazione storica, ma questo non è il campo della memoria (non quello dell'oblio). La storiografia non può fungere da sostituto della memoria collettiva, ma, mentre l'imperativo morale storico rimane intatto, per Yerushalmi la società contemporanea sembra affetta da un declino della memoria collettiva e da una minore consapevolezza del proprio passato, forse per le stesse caratteristiche evidenziate da Connerton nelle forme di temporalità e oblio della contemporaneità. Yerushalmi sposta la questione dell'oblio su un piano di cui ci occuperemo nella prossima parte parlando di negazionismo e revisionismo. Tra gli usi dell'oblio egli vede anche il rischio di una distorsione delle testimonianze storiche di una memoria collettiva così condivisa come l'Olocausto, a favore di un passato mitico basato sulla revisione dei documenti e la messa in discussione dell'evidenza storica. Partito dalle affermazioni di Nietzsche sulla necessità di dimenticare, Yerushalmi conclude che, di fronte all'uso dell'oblio al servizio del silente revisionismo storico, meglio decidere di ricordare troppo e che niente venga perduto, per offrire un quadro completo di tutte le interpretazioni possibili.

Chissà se tale scelta sia realmente possibile nello sviluppo storico e culturale della società occidentale.