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Parte 1 MEMORIA, OBLIO E TRAUMA

5. La nostalgia

5.3 Nostalgia, mercato e media

David Lowenthal185 dedica un ampio capitolo della sua opera al fenomeno della nostalgia. Si tratta di un "modern malaise", una malattia della modernità che colpisce i viaggiatori nel tempo e rende il passato una terra straniera da visitare come turisti. Tale fascino per il passato, sostiene Lowenthal, deriva soprattutto dal fatto che si tratta dell'unica dimensione temporale sicura. Il futuro non sembra arrivare mai, il presente è il tempo in cui si ricorda, il passato invece è sicuro, tangibile e inalterato, e assume sempre l'apparenza di casa perché è ciò da cui veniamo, luogo in cui è

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possibile fuggire oltre i confini del presente. Nell'epoca moderna però la nostalgia è diventata un'abitudine, quasi un'epidemia che mostra un altro aspetto del sentimento di rimpianto per il tempo andato: la nostalgia può essere un'ottima etichetta commerciale per vendere il sogno del ritorno al passato: «Since people love nostalgia and firmly believe that what is old is necessarily good, developers capitalize on proximity to historic dwellings; the old buildings adds credibility and status to the new building. […] The remembrance of times past is a burgeoning business in almost every country, and any epoch will do»186. La nostalgia può trasformarsi in una grande mercato, dove il legame con l'intimità della storia privata aiuta a rendere il tempo trascorso commerciabile, ne sono un esempio le pubblicità color sepia di luoghi riconoscibili, ormai scomparsi dalle città contemporanee, un pezzetto di nostalgia disponibile per tutti.

Svetlana Boym individua una vera e propria industria del divertimento della nostalgia, che trasforma l'oggetto del desiderio in oggetto da vendere, in un mercato di souvenir che hanno reso accessibile in Occidente un passato invece proibito in molti paesi dell'Europa Orientale, fino alla caduta del comunismo, e in Estremo Oriente. L'Europa per molto tempo ha visto tale contraddizione tra est e ovest: l'epurazione accurata degli oggetti di una storia cui è imposto un oblio dai regimi totalitari e un passato disponibile ovunque in oggetti in vendita. Un caso molto interessante del rapporto tra mercato e nostalgia è quello raccontato da Roberta Bartoletti187 a partire dal confronto tra la propria esperienza personale di frequentazione della Germania Federale e l'uscita del film Good Bye Lenin! (2003) di Wolfgang Becker. Il film ha sancito ufficialmente l'inizio di una nuova stagione di nostalgia della Germania orientale rappresentata da quei prodotti alimentari che, prima della caduta del muro, si trovavano solo a est. Bartoletti descrive come, dopo la riunificazione, l'ostalgia (nostalgia dell'est, da "ost" in tedesco) si sia radicata in una richiesta di oggetti della vita quotidiana nella Germania orientale. I prodotti (ostprodukte), che fino alla fine degli anni '80 erano stati denigrati da entrambe le parti, sono poi diventati veri e propri oggetti di culto. Di fronte alla scomparsa politica del mondo tedesco orientale semplici prodotti alimentari sono i veicoli di una riappropriazione simbolica che afferma un'identità privata e collettiva, segni di distinzione radicati nei vissuti individuali e familiari, e poi collettivi. Il mondo del marketing e le grandi imprese occidentali hanno saputo sfruttare il nuovo valore identitario assunto dai prodotti dell'est e ne hanno favorito il successo commerciale, anche tra i consumatori a ovest. Il fenomeno degli ostprodukte, in qualità di prodotti nostalgici di un "gusto" tipico dell'est, secondo Bartoletti, rappresentano un caso complesso: da un lato sono elementi identitari legati a memorie incarnate e biografiche, dall'altro le memorie che rappresentano sono diventate lo stimolo per una produzione industriale e la sua comunicazione.

Riguardo al valore commerciale della nostalgia Svetlana Boym osserva forse la contraddizione più forte della contemporaneità negli Stati Uniti: l'America antistorica è invasa da un continuo

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Ivi, pp. 4-6 187

richiamo alle radici attraverso un «inculcation of nostalgia»188 come strategia commerciale che spinge i consumatori a sentire il desiderio e il bisogno non solo di ciò che non hanno perso, ma forse anche di ciò che non conoscono perché non l'hanno mai vissuto. La nostalgia del consumatore trasforma la percezione del tempo in una questione economica, in questo giocano un ruolo importante i mass media e la pubblicità, che velocizzano i tempi di stimolo dello spettatore e tengono sempre attiva la sua attenzione con un bombardamento continuo di messaggi, richiami a bisogni inesistenti.

Oltre alla dimensione puramente economica Lowenthal si interroga su quali significati possano emergere da questa continua invocazione nostalgica del mercato. Il passato appare come un rifugio dal presente, per questo non conta il semplice recupero quanto trovare un tempo da rimpiangere. Non si tratta tanto di rivivere quel tempo, quanto di poter collezionarne i cimeli che ne costruiscono un'immagine fantastica nel presente. Lowenthal trova una risposta nelle parole dello scrittore e giornalista Roger Rosenblatt: attraverso questo aspetto più materialista della nostalgia (ad esempio un vestito old-fashion o l'arredamento vintage di un locale) si esprime il desiderio di uscire dalla modernità senza abbandonarla totalmente. La volontà di rivivere i tempi andati deriva dalla constatazione che quei tempi sono ormai irraggiungibili, definitivamente fuori dalla nostra portata. Il passato sembra sempre più vivido non perché sia necessariamente migliore del presente, ma perché richiama all'infanzia e alla giovinezza, epoche che viviamo con maggiore intensità e quindi più vivide e idealizzate nel ricordo. Non sono quindi gli oggetti o gli specifici eventi del passato che assumono importanza nel presente, quanto l'identificazione della propria storia con questi, le aspirazioni e i pensieri sul futuro che si avevano a quell'epoca.

Oggi la nostalgia rappresenta un'opportunità di fuga dal presente, è diventata uno stato mentale di fronte a un'attualità caratterizzata dalla continua minaccia di una crisi economica, un esaurimento delle risorse naturali e una catastrofe ambientale, il passato diventa così un paradiso più semplice, genuino e perduto. Da questo punto di vista la nostalgia rivela un aspetto duplice, da un lato rappresenta una forma di alienazione dal presente, spesso sfruttata a livello commerciale per un ritorno al passato puramente materiale e fittizio, dall'altro però si presenta come una forma di riaffermazione di un'identità messa in discussione da un presente incerto e omologante, il riconoscimento in valori e abitudini che non trovano spazio nell'attualità. Un esempio interessante a riguardo è il rapporto tra nostalgia e turismo, che Bartoletti189 spiega attraverso l'esempio di Heidiland, la terra di Heidi, luogo nelle Alpi svizzere ispirato al romanzo sulla piccola orfana, reso celebre dai media. Heidiland è un luogo reale, nato puramente dalla fantasia, e diventato il simbolo di una casa e un tempo perduti. Basandosi su una mercificazione delle emozioni, il mercato ha saputo trasformare la scomparsa di un mondo premoderno in una valorizzazione economica e turistica.

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Svetlana Boym, op. cit., cap. The dinosaur: nostalgia and popular culture 189

Un ruolo fondamentale nella diffusione di una nostalgia pervasiva "a largo consumo" è giocato dai media. Fredric Jameson, nel suo libro sul postmoderno190, è molto critico riguardo al recupero del passato nella contemporaneità. Non solo nei tipici prodotti mediatici, ma anche nell'arte, nell'architettura e nella letteratura, vede in opera un saccheggio indiscriminato degli stili del passato, «gioco all'allusione stilistica indiscriminata» frutto di «un'assuefazione - storicamente originale - dei consumatori a un mondo trasformato in pure immagini di se stesso o a pseudo- eventi e "spettacoli"»191. Si tratta di una società in cui si è diffusa una cultura del simulacro, dove anche il passato così citato ne viene modificato, diventando un infinito serbatoio di immagini, un simulacro fotografico. Jameson chiama questa tendenza storicismo, dove la nostalgia rappresenta una fascinazione puramente estetica che nei media si esprime soprattutto al cinema, attraverso quelli che l'autore definisce «nostalgia film», come ad esempio American Graffiti (1973). Questi film portano la citazione del passato in una dimensione sociale e collettiva e rappresentano il tentativo di riappropriarsi di quel passato, in contrapposizione alla continua spinta moderna al cambiamento sotto l'etichetta di "generazione" e dei periodi generazionali. Jameson sostiene una totale incompatibilità tra la rappresentazione nostalgica del passato offerta da questi film, esempio della tendenza nostalgica di tutta l'arte postmoderna, e la storicità. I film della postmodernità (altri esempi sono Il Conformista di Bernardo Bertolucci e Chinatown di Roman Polanski) non puntano a restituire il contenuto storico delle epoche che raccontano, ma recuperano solo una determinata connotazione stilistica dell'epoca. Rendono la «passatezza»192 del passato attraverso quegli elementi visivi che, nell'immaginario diffuso, caratterizzano e connotano una determinata epoca. Il presente è colonizzato esteticamente da queste rappresentazioni nostalgiche: il remake ad esempio pone la nostra conoscenza preacquisita di quel passato in un gioco intertestuale con nuovi elementi di "passatezza" e un effetto estetico pseudostorico. In questo contatto, nella denuncia di Jameson, una storia di effetti stilistici ha preso il posto della storia reale. L'ambientazione così accuratamente costruita dei "film nostalgia" deve dare allo spettatore la sensazione di ritornare al tempo che vogliono ricreare, evitando qualunque riferimento al presente contemporaneo. La ricostruzione storica attraverso il simulacro nostalgico non solo crea una distanza dal presente, ma conferisce a quell'interpretazione della storia la luce nuova di miraggio lontano, quindi desiderabile. In questa linea formale Jameson vede il segnale di un declino della storicità e l'avvento di un modo passivo di vivere la storia: «non si può dire perciò che sia il potere formale della nuova estetica a produrre questo strano occultamento del presente, ma solo che essa, attraverso queste contraddizioni interne, dimostra la gravità di una situazione in cui noi sembriamo essere sempre più incapaci di fornire rappresentazioni adeguate della nostra attuale esperienza»193.

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Fredric Jameson, Il Postmoderno, o la logica culturale del tardo capitalismo, Milano, Garzanti, 1989 191 Ivi, p. 38 192 Ivi, p. 42 193 Ivi, p. 45

Il cinema sembra un ottimo osservatorio sul rapporto tra nostalgia e media. Emiliano Morreale194, che ha dedicato un libro al fenomeno della nostalgia nel cinema italiano, è vicino alle posizioni di Jameson e associa la diffusione del sentimento nostalgico all'avvento di un'età del narcisismo, cominciata negli USA già nei primi anni '60, in Italia solo a partire dal decennio successivo per protrarsi fino ai giorni nostri. Rispetto alle generazioni precedenti, nell'età del narcisismo la nostalgia è generata dalle merci prodotte in serie, stimolata da un feticismo degli oggetti anche nel loro riuso in qualità di elementi estetici. La produzione di merci si accompagna alla diffusione di prodotti culturali di massa che determinano il riconoscimento reciproco intorno a un passato collettivo, per esempio in veste di consumatori di un determinato prodotto o spettatori di un programma televisivo. Avviene una perdita di un senso di continuità temporale del passato più prossimo, e si impone una frammentarietà di eventi, una percezione di cesure traumatiche con fatti gravi (come possono esserlo l'assassinio del presidente Kennedy o il rapimento di Aldo Moro) che determinano una "perdita dell'innocenza". Morreale individua una vera e propria parabola della nostalgia nel corso del Novecento, parallela allo sviluppo dell'arte cinematografica. Riconosce al cinema una particolare affinità con i temi della memoria e della nostalgia: se da un lato il cinema è sempre stato uno dei mezzi più potenti per la creazione di esperienze nostalgiche, basti pensare a oggetti e atmosfere di film come Grease (1978) o il più recente Across the universe (2007), dall'altro però ha offerto anche gli strumenti per una messa in discussione della rappresentazione nostalgica del passato, come le parodie dei "gloriosi anni '60" ad opera di Nanni Moretti o il disilluso finale di C'eravamo tanto amati (1974). Il cinema corre sul doppio binario della sua natura di mezzo di comunicazione di massa e di strumento per una rappresentazione critica della realtà, certo è un buon esempio di come le reciproche influenze tra media e memoria aprano scenari molto complessi, per i quali è difficile usare categorie nette.

Come osserva Katharina Niemeyer195, in un recente volume sul rapporto tra media e nostalgia, è singolare che si assista a un boom dello spirito nostalgico, nei media e nel mercato, proprio alla fine del '900 e alla soglia del nuovo secolo proiettato in un futuro sempre più tecnologico. Secondo Niemeyer non si tratta soltanto di una moda o di un'etichetta commerciale, ma dietro alla creazione di mondi nostalgici è presente una duplice reazione, sia alle nuove tecnologie che cambiano il concetto di tempo e in qualche modo lo contraggono, sia ad una crisi d'identità e di autodefinizione, per cui i media allo stesso tempo curano e incoraggiano il sentimento nostalgico nei confronti della realtà. Non è un caso che la grande recente diffusione della nostalgia sia accompagnata da un boom della memoria, come reazione a dei tempi di vita accelerati. Questa accelerazione e il senso di immediatezza costante ha portato a un'alterazione della percezione del tempo e della storia. Se pensiamo ad esempio ai media di informazione, ai tempi e alle modalità di

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Emiliano Morreale, L'invenzione della nostalgia. Il vintage nel cinema italiano e dintorni, Roma, Donzelli, 2009

195

Katharina Niemeyer (a cura di), Media and Nostalgia. Yearning for the Past, Present and Future, Basingstoke, Palgrave Macmillan, 2014

trasmissione delle notizie in diretta, capiamo come negli ultimi decenni anche il concetto di presente ne sia stato completamente condizionato nell'ottica di una riflessione storica. Il presente diventa una categoria quasi inafferrabile, definibile solo nel momento in cui avviene e non in un lasso di tempo più ampio; non sono cambiate le categorie scientifiche di analisi, ma la nostra percezione del tempo.

Pur osservando come la relazione tra storia, memoria e media presenti nodi problematici, occorre però considerare i media quale "luogo" dove i fatti sono vissuti come storici e dove le memorie possono essere attivate e condivise, inoltre le evoluzioni tecnologiche alla loro base sono parte di un percorso storiografico di evoluzione del pensiero umano. La riflessione di Katharina Niemeyer offre uno sviluppo ulteriore alla presente analisi: riconosce ai media una posizione attiva nel processo memoriale, non solo come semplice stimolo al richiamo di un evento, ma in un rapporto di influenza reciproca con il pubblico nel processo di attribuzione di significato. Per comprendere il nuovo boom memoriale degli anni '90 e il valore del revival nostalgico, veicolati soprattutto attraverso i media, occorre considerare la nostalgia all'interno di un processo mediato, dove i mezzi di comunicazione di massa allo stesso tempo producono contenuti in stile nostalgico sia innescano il sentimento di rimpianto. Il rapporto tra questi due termini è complesso e articolato, mai univoco: le nuove tecnologie mediatiche funzionano da piattaforme di collegamento temporale, spazi di proiezione di memorie nostalgiche e strumenti per manifestare il sentimento, rivolto anche verso se stessi. Una visione nostalgica sulla propria storia offre ai media l'occasione di una riflessione sulla propria evoluzione, sui cambiamenti nelle forme narrative e sull'influenza delle nuove tecnologie di comunicazione in continuo aggiornamento.

A conclusione della sua riflessione Niemeyer si chiede infine a che cosa serva la nostalgia e, citando un articolo del New York Times196 introduce il verbo to nostalgize197. La parola non esiste nei vocabolari della lingua inglese, è una specie di neologismo creato per indicare come la nostalgia possa sviluppare la consapevolezza di essere parte di una comunità che ricorda, ma la parola è interessante anche perché, rispetto all'aggettivo nostalgic, che indica la condizione passiva di chi vive il sentimento, esprime uno stato attivo. L'articolo del New York Times è del 2013 e forse segna un cambiamento sociale in cui i media sono una presenza irrinunciabile: la nostalgia non è più solo un sintomo da curare, un sentimento da lenire, ma può diventare un atto che innesca un processo creativo per cui i media diventano lo spazio non solo per esprimere qualcosa, ma anche per dare forma concreta artistica a una percezione del tempo. In questo modo la nostalgia diventa una forma di interpretazione di un passato che forse non è mai esistito (di fronte all'atto creativo non è neppure importante se sia esistito). La nostalgia diventa atto di creazione e trasformazione di quello stesso passato, come il mondo della Repubblica Democratica Tedesca

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John Tierney, What is Nostalgia good for? Quite a bit, research shows, New York Times, luglio 2013 http://www.nytimes.com/2013/07/09/science/what-is-nostalgia-good-for-quite-a-bit-research-

shows.html?pagewanted=all (ultimo accesso: novembre 2016) 197

ricreato dal protagonista del film Good Bye Lenin! (2003): «I was overwhelmed by my own strategy. The GDR I invented for my mother became more and more the GDR I would have dreamed of»198.

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