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Parte 1 MEMORIA, OBLIO E TRAUMA

5. La nostalgia

5.1 Storia e caratterizzazione di un sentimento

La nostalgia è un sentimento complesso, che si nutre del suo rapporto con il passato, spesso trasfigurandolo in funzione del presente e della forte carica emotiva con cui avviene il ricordo. Svetlana Boym179 è una degli studiosi più importanti dei Nostalgia Studies, in particolare si è occupata di definire, esteticamente e culturalmente, questo sentimento legato alla memoria proprio alla fine del XX secolo, dopo la caduta del muro di Berlino e la fine dell'impero sovietico. Già l'etimologia della parola contiene tutto il suo potente significato: nostalgia deriva dal greco nostos, il viaggio, il ritorno a casa, e algia da algos, dolore, tristezza. Nella lingua inglese la parola nostalgia è tradotta anche homesickness, che rende perfettamente il significato di un sentimento di dolore, triste e malinconico, per il desiderio di tornare a casa.

Boym precisa che pur derivando dal greco, il termine non è stato coniato nell'antica Grecia, ma da un medico svizzero nel 1688 per indicare la malattia di chi soffriva dal desiderio di tornare in patria. Molto meno romanticamente il termine quindi è nato in ambito medico, e poi entrato nell'uso comune anche di altri campi come la letteratura e la politica. La nostalgia era considerata una vera

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e propria malattia che provocava sintomi fisici e psichici quali emicrania, vertigini, affanno, sogni turbolenti e soprattutto rappresentazioni distorte della realtà. I pazienti più colpiti da questa malattia erano i soldati e i marinai, per cui il desiderio di tornare in patria diventava una vera e propria ossessione. La malinconia cronica dei nostalgici dimostrava un grande attaccamento alla patria, ma allo stesso tempo era vista come segno di pigrizia e indolenza dei giovani che preferivano rimanere a casa invece che andare a combattere. Alla fine del XVIII secolo i medici arrivarono alla conclusione che non si trattasse di una malattia legata allo spazio, per cui il ritorno a casa potesse essere la soluzione, ma legata anche al tempo, fino a diventare nel XIX secolo la malattia dell'epoca moderna. La nostalgia era diventata qualcosa di diverso dal dolore per l'allontanamento dalla madrepatria, aveva a che fare con un nuovo senso del tempo, nato dall'idea di progresso portato dalla rivoluzione industriale. Il nostos come ritorno a casa non era più soltanto una questione individuale, ma riguardava un mancato riconoscimento in un sistema di valori scomparso. Come precisa Boym, la nostalgia moderna implica un senso di lutto innescato dall'impossibilità del ritorno mitico e dalla perdita di un mondo fatto di valori familiari.

L'idea di tempo ereditata dalla rivoluzione industriale e diffusa nel XIX secolo era rappresentata dal linguaggio impersonale dei numeri, un tempo-denaro oggettivo determinato dalla logica del capitalismo. Per la prima volta nella storia umana, con il progresso venivano schiacciati in un'unica dimensione il tempo dell'esperienza e quello dell'aspettativa, per cui non era importante una riflessione sul passato, ma uno sguardo sempre rivolto al miglioramento futuro. Il progresso divenne la forma di rappresentazione globale applicata a tutto, all'individuo come alla nazione, al tempo come allo spazio; in questo contesto la nostalgia divenne il rimpianto per il tempo dell'esperienza, il ricordo di una realtà locale di fronte all'imperante omogenea cultura globale. A partire dal XVIII secolo la nostalgia divenne anche un sentimento diffuso tra poeti e artisti, sintomo di sensibilità e di un nuovo sentimento patriottico, celebrato dal Romanticismo per il quale il desiderio di un ritorno a casa divenne il cuore di un nuovo nazionalismo romantico. Il viaggiatore dei grand tour ricercava nelle rovine europee il riflesso di un paesaggio interiore personale, e proprio le rovine diventavano lo specchio dell'irripetibilità e dell'irreversibilità del tempo di questa nostalgia romantica che si nutriva della distanza tra il presente del nostalgico e il passato dell'oggetto desiderato.

Dalla metà del XIX secolo la nostalgia entrò nel vocabolario della politica, così la terra sognata diventò la costruzione della nazione, attraverso le tradizioni e i canti popolari, il richiamo a un tempo passato che poteva essere vivificato: ecco che il nostos della nazione si presentò come un viaggio di ritorno alle origini attraverso un percorso di sofferenza verso la gloria presente. La nascita e l'affermazione dello stato come Nazione, infatti, implicò un contratto sociale basato anche sul legame emozionale, per cui l'appartenenza a un passato comune divenne un elemento di condivisione tra il popolo. Proprio da questo periodo la nostalgia cominciò a essere istituzionalizzata in musei nazionali e locali, il passato condiviso era messo a disposizione del

pubblico per essere conosciuto e, per la prima volta, nell'800, si cominciò a restaurare i monumenti per riportarli alle sembianze originali. La nostalgia divenne così parte dello spazio pubblico: l'inafferrabile sentimento, che prima era uno stato individuale e privato, ora invece era organizzato e destinato alla conservazione, alla classificazione negli schedari e nei depositi di musei, biblioteche e archivi. La nostalgia come emozione storica, contemporanea alla nascita di una cultura di massa, divenne un patrimonio conoscibile e assunse uno spazio pubblico nei segni commemorativi della nazione. La cultura da salotto si trasformò in una celebrazione rituale e collettiva dei tempi perduti, delle giovinezze e delle occasioni andate. Modernizzazione e industrializzazione modificarono irreparabilmente e in poco tempo non solo il paesaggio, ma anche ritmi e stili di vita, mentre un passato di tradizione e localismi diventava sempre più distante e oggetto di un desiderio. Come sottolinea Boym riprendendo la riflessione di Nora, infatti, i lieux de mémoire sono creati, e assumono maggiore valore, dove i reali milieux de mémoire, luoghi del ricordo, si cancellano o sbiadiscono lentamente con il passare del tempo. Il rituale commemorativo nostalgico interviene così per colmare l'irreversibilità del tempo, ma si tratta di un circuito senza soluzione: quanto maggiore è la perdita e la distanza nel tempo, tanto più quello stesso passato sarà soggetto a un'idealizzazione e a una visione nostalgica. Dopo aver individuato l'origine e lo sviluppo di questo sentimento occorre una precisazione anche geografica: la nostalgia era considerata una "malattia" tipicamente europea. La giovane popolazione americana del XIX secolo era portatrice di uno spirito nuovo, che viveva nel presente e non aveva abbastanza passato da rimpiangere. Questo atteggiamento ha permesso alla società americana di farsi portatrice del progresso e di diffondere un caratteristico American way of life, che trascese storia e memoria, diffuso attraverso quella cultura popolare di massa che ancora oggi fa della memoria un ingranaggio del capitalismo consumista.

Il veloce progresso a partire dal XVIII secolo ha suscitato una spontanea opposizione tra la conservazione della tradizione e la rivoluzione moderna, ma secondo Boym tale contrasto è assolutamente ingannevole. Appare più pertinente fare una distinzione non tra lo spirito tradizionale e quello moderno, quanto tra modernità e modernizzazione, che accompagna la fine del XIX secolo e l'ingresso nel XX. La modernizzazione è la nuova realtà di progresso portata dall'industrializzazione e dalle scoperte tecnologiche, la modernità è un progetto critico, conseguenza di progresso e modernizzazione. La modernità ambivalente e critica alle soglie del XX secolo impegnò scrittori, poeti, artisti e scienziati in un dibattito, che Boym definisce l'ultimo esempio di confronto tra intellettuali per raggiungere una comprensione esauriente della condizione umana nella modernità e una nuova concezione del tempo. Non solo arte e letteratura si alimentarono di tale dibattito, ne fu coinvolta anche la sociologia che all'epoca si basava sulla distinzione tra comunità tradizionale e società moderna, con una forte tendenza a idealizzare il modello di vita fornito dalle comunità tradizionali, di fronte alla condizione opprimente della vita urbana. Anche la sociologia si trovò impegnata nella comprensione degli effetti della

modernizzazione, denunciando soprattutto il rischio di una burocratizzazione dei rapporti umani in nome della maggiore efficienza richiesta dal sistema capitalistico.

Nel XX secolo il sentimento nostalgico si legò alle vicende delle due guerre mondiali, anche se con le distruzioni di massa dopo la seconda fu difficile idealizzare un passato che aveva portato a due conflitti di tale portata. Nel secondo dopoguerra fu in campo artistico che avvenne una rivalutazione del sentimento retrospettivo e della cultura popolare attraverso la corrente del postmodernismo. Furono i movimenti a-moderni o off-modernisti che, dalla loro posizione "in disparte", continuarono una riflessione sul lascito della modernità e su un approccio affettivo e sentimentale al tempo. Molti artisti erano anche esuli, lontani senza speranza di ritorno imminente in patria, per loro la condizione off non era solo una scelta artistica, ma uno stile di vita e una visione che portavano nel paese di accoglienza.

Alla fine del '900 con la caduta della cortina di ferro e lo smembramento dell'Unione Sovietica e degli ultimi paesi di area socialista, la nostalgia assunse una nuova sfumatura politica, con la volontà di riaffermare e far sopravvivere un'identità che la diffusione della cultura occidentale e capitalista rischiava di cancellare in una globalizzazione omogenea. Conclude Svetlana Boym nella sua riflessione storica: se all'inizio del '900 le avanguardie del nuovo secolo rifiutavano un recupero nostalgico del passato, alla fine dello stesso secolo è ancora la nostalgia a offrire uno spunto di riflessione sulla cultura del ricordo a cui ci ha portato la spinta modernista.

La studiosa individua due tipi di nostalgia che caratterizzano il rapporto individuale con il passato. Non si tratta soltanto di una ricostruzione del proprio racconto biografico, ma della percezione di sé e del senso di appartenenza a una comunità, reale o immaginaria, memoriale collettiva. Questa precisazione sul sentimento nostalgico ritornerà in uno dei capitoli successivi, parlando del cinema nostalgico serbo dopo la caduta della Jugoslavia. I registi che, a partire dagli anni '90, hanno reinterpretato il passato titino nel presente dei nuovi stati, hanno messo in connessione il proprio ricordo biografico di un tempo felice con i ricordi di un'intera generazione. La classificazione proposta da Boym è apparsa in un suo libro all'inizio del 2000, e trovo interessante che i fatti del '900 abbiano fatto emergere come quel sentimento di appartenenza a un popolo o a una nazione fosse molto più complesso di un semplice rimpianto per un'età di giovinezza o per una casa lontana. Il sentimento nostalgico ereditato dal XX secolo ci permette di riflettere su come il mondo delle nazioni sia irrimediabilmente cambiato, e di conseguenza anche i meccanismi di identificazione nazionale e di appartenenza a una precisa tradizione. La patria, con il suo patrimonio memoriale, è diventata un concetto molto più fluido che necessita della distanza per diventare evidente, non solo geografica o temporale, ma temporale-geografica nel caso del rimpianto per paesi che non esistono più, come la Jugoslavia.

I due tipi di nostalgia qui analizzati si distinguono soprattutto per il diverso modo di vivere tale sentimento: l'atteggiamento riflessivo si sofferma sulla perdita e la contempla, quello restauratore sugli effetti concreti cui tale sentimento può portare. La nostalgia restauratrice non si crogiola nella

malinconia del ricordo, ma punta alla ricostruzione della casa nel presente. Non si accontenta di constatare la distanza, ma ha un progetto di recupero dei segni concreti della patria perduta nel luogo e nel tempo attuali, per questo si caratterizza per un revival di miti e simboli nazionali e nazionalistici, la costruzione di monumenti e miti antimoderni della storia. Il progetto di ricostruzione non è definito nostalgico dai suoi partecipanti, ma si fa portatore di una verità storica da riaffermare. Alla base della nostalgia restauratrice ci posso essere anche tradizioni inventate da cui derivano momenti rituali, simbolici, formalizzati e il senso della perdita quale elemento di coesione tra i membri della comunità memoriale. Attraverso una retorica di continuità con il passato, la nostalgia restauratrice è spesso alla base di pratiche commemorative nazionali, create da un'autorità statale per rinforzare un senso di coesione sociale e il riconoscimento in un'identità culturale garantita. Questo tipo di nostalgia, spiega Boym, è spesso utilizzato come strumento di propaganda di un potere che veicola la memoria nazionale attraverso due forme di narrazione: il ritorno alle origini e la teoria del complotto. La visione complottista interpreta la storia come il ripetersi ciclico di una lotta per difendere la casa minacciata da un nemico immaginario e stereotipato. La nostalgia in questo meccanismo non è mai un sentimento individuale, ma un filtro di interpretazione collettivo del passato, che conduce a una visione paranoica della realtà: il rischio di tale visione è quello di dimenticare la realtà presente per sostituirla con una costruzione mitica della madrepatria totalmente illusoria, che ha come risultato una separazione tra un "noi" e un "loro" costruiti a tavolino. Il XX secolo ci ha fornito numerosi esempi di stragi e repressioni portate avanti in nome di teorie complottiste su nemici immaginari della madrepatria restaurata. Quella restauratrice quindi è una nostalgia che non si esprime attraverso il dolore per la distanza, quanto piuttosto attraverso artefatti e situazioni simboliche che ribadiscono la lotta continua per riaffermare il passato. Se per la nostalgia restauratrice il passato non è percepito in forma di durata, ma come un'immagine fissa originale da ricreare nel presente, la nostalgia riflessiva invece si sofferma sul sentimento originato dal tempo che passa. Si tratta di una riflessione sul passato nella sua durata e, senza alcun risvolto nazionale, implica la dimensione intima della memoria personale anche di fronte ai cambiamenti storici. Si alimenta della malinconia della distanza e per questo vive di un'eterna procrastinazione o impossibilità del ritorno a casa. Proprio perché nasce da una riflessione critica sul passato, la nostalgia riflessiva non ha uno spirito nazionalistico e sempre serioso, ma riesce anche a essere auto-ironica e umoristica, con una frammentarietà che deriva da un racconto emotivo della propria storia personale. La riflessione nostalgica sul passato non ha come obiettivo ultimo la creazione di una patria nel presente, ma trova il suo senso nel ritorno impossibile a casa: nel viaggio infinito si aprono scenari molteplici di rappresentazione del passato, solo la creatività può fornire gli strumenti per l'elaborazione del sentimento struggente. La riflessione nostalgica non si esprime nello spazio pubblico come la nostalgia restauratrice, ma trova la sua dimensione collettiva nei ricordi dei singoli individui che condividono il medesimo rimpianto nei confronti di un passato traumatico. La nostalgia rende possibile un contatto

immaginario tra esuli e espatriati che tendono a ricordare emotivamente, unendo vicende personali alla storia collettiva, questo grazie alla condivisione di cornici culturali e memoriali collettive in cui i singoli ricordi si riconoscono senza appartenere a una memoria nazionale imposta dall'esterno. Le narrazioni delle esperienze individuali si muovono all'interno di un linguaggio culturale in cui altri possono riconoscere il proprio passato e la stessa condizione di esule. La narrazione in questo linguaggio riconoscibile e condivisibile è una forma di elaborazione di un lutto permanente che, proprio perché insanabile, apre a soluzioni creative sempre nuove, come dimostrano gli esiti artistici di una rielaborazione della scomparsa Jugoslavia.

Dopo aver cercato di definire la nostalgia come sentimento e di tracciare la sua evoluzione storica, nei prossimi capitoli vorrei soffermarmi su due aspetti che riguardano tale sviluppo. L'interpretazione politica e quella commerciale della nostalgia a mio parere rappresentano le due facce di questo sentimento nella contemporaneità e gli esiti attuali di un lungo percorso cominciato secoli fa.